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C.1.1.17 |
il Lavoro Spirituale Il Rinnovamento dell'uomo Incontro n° 12 del 10 giugno 2009 Conversazione di Vittorio Mazzucconi, sul tema: Il Lavoro Spirituale |
Indice IL LAVORO SPIRITUALE |
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Nel dibattito sono intervenuti anche: Giovanni Bonomo, Pat Sophie Graja, Gerardo Palmieri, Roberta Ribali, Paolo Manasse, Patrizia Gioia, Caterina Bazzani, Lorenza Franco, Gianni Castelli. Vittorio Mazzucconi Vi ringrazio molto per essere venuti. Siamo giunti all'ultimo incontro di questo Seminario, e devo dire che l’ho trovato un’esperienza molto bella da ogni punto di vista, sia personalmente come auto-centratura, come impegno a capire anche me stesso, sia come incontro con altre persone che ugualmente e in una certa misura mi hanno aperto il loro mondo, quindi come relazione, come cammino ispirato da questo intento che io chiamo “spirituale”- tra virgolette, perché, pur essendo la parola più importante che ci sia, essa viene usata spesso molto male - e poi è stato anche un'occasione di convivialità poiché, dopo tante conversazioni e scambi di idee, abbiamo fatto anche molte belle cene insieme. Nota: per visualizzare le immagini proiettate cliccare sui link che, secondo i casi, si riferiscono alle relative Schede, o ad altri incontri, o alle pagine del nostro sito. La Città a Immagine e Somiglianza dell'Uomo* La prima immagine è la copertina del libro che ha questo titolo (vedi Incontro n. 3) e che ho scritto quarant'anni anni fa: non vorrei di nuovo ripeterlo suscitando il tedio in quelli che già lo conoscono, però un leit-motiv del libro e del Seminario è stato proprio la scissione tra ragione e sentimento, fra umano e divino, che si è fatta particolarmente evidente nel nostro tempo, con l'intento che ci prefiggiamo di lavorare alla sua ricomposizione. . L'immagine di copertina del libro mi sembra che esprima molto bene l'incontro fra umano e divino e l'idea che esso si può realizzare nell'incrocio fra i due assi del mondo, il verticale e l'orizzontale, che ne esprimono l'essenza, e che sono anche le due braccia della croce, o i due assi ortogonali con cui si fondava in antico la città. Al di là del meraviglioso affresco di Michelangelo e anche del riferimento alle antiche città, mi riferisco al valore che questa idea di incrocio può avere in progetti reali e attuali, come vedremo più avanti. Sempre nello stesso libro, la prima immagine che si trova è quella di un altro affresco, di Giotto, in cui si vede un albero e San Francesco che parla agli uccelli. Perché metterla in un libro di urbanistica, che è una disciplina razionale e addirittura arida? Perché per me è un punto centrale che la ragione deve sempre svilupparsi in rapporto al cuore, al sentimento. Intendo per “sentimento”, magari impropriamente, non solo le nostre emozioni, ma il lato oscuro dell'essere, la natura, la vita inconscia dell'albero o quella di tutte le creature. E' quindi nel senso di una presa di coscienza di questa realtà e della sua integrazione con la ragione che bisogna ripensare la città e non solo. E' nell'integrazione, nell'unità riconquistata il senso della spiritualità che dobbiamo realizzare in noi stessi, non certo in un discorso teologico, ma in qualcosa che va al nostro cuore, che ci collega alla natura e a tutte le creature, e che in tutto sente la presenza di Dio, come faceva appunto San Francesco. Venendo adesso a Milano, vediamo un'immagine, la pianta dell'antica Mediolanum. La città è certo molto cambiata da allora, la Milano romana è anzi completamente scomparsa, così come lo sarà un giorno quella di oggi, ma c'è qualcosa di perenne ed essenziale da osservare: se guardiamo il centro storico di Milano, che ha pressappoco una forma rotonda, esso ci appare come un seme, in cui si distinguono due parti, le cotiledoni, e, fra di esse, lo spazio interstiziale. Tutti i semi sono fatti così, ci sono queste due parti laterali e poi c’è lo spazio interno in cui si forma e cresce invece la pianta. Infatti, guardando la pianta della città, si vedono questi due lembi, che fra l’altro anche dal punto di vista morfologico non sono poi cambiati più di tanto e, fra di essi, lo spazio centrale che dal Castello va alla Cà Granda passando per l’antico Foro, che è appunto lo spazio della vita della città nel tempo e che ha quindi subito le maggiori trasformazioni. E' anche lo spazio da cui essa in qualche modo è uscita, per divenire la grande metropoli contemporanea.. Una seconda immagine riguarda il progetto Aix-Etoile per una nuova città vicino a Parigi (vedi Incontro n. 1 ), in cui ho potuto rappresentare quasi alla lettera questa dualità fra il sentimento, con le forme organiche che ne derivano e di cui sono un esempio le città medioevali, e la ragione, con l'impianto razionale tipico delle città greco-romane. L'area è stata quindi divisa in due parti, da un lato e dall'altro della ferrovia Paris-Lyon, progettando due piccole città, di cui ho poi sviluppato a fondo quella di ispirazione classica che vediamo nell'immagine. Passiamo adesso a un’altra cosa: questo è un edificio fatto a Parigi, in Avenue Matignon, (vedi anche Incontro n. 4) nel cuore della città: l’idea di costruire un edificio nuovo in quel luogo era molto controversa, perché è un quartiere storico in cui la Soprintendenza esigeva non dico un rispetto dell’antico, ma una totale assenza di moderno, praticamente una conformità piatta, anche mimetica,. Comunque questo progetto, che è passato con immense difficoltà – ha suscitato l'opposizione di Ministri, il caso è arrivato perfino al Presidente Pompidou, ne hanno parlato i giornali ecc - è riuscito a portare a termine una piccola rivoluzione. Dopo esser stato giudicato come un atto dissacrante, un'offesa per l'antico, ha finito con l'essere celebratissimo e portato ad esempio dell'inserimento di un'architettura contemporanea in un contesto storico. Ecco una mappa di Parigi, disegnata come una persona che guarda al suo cuore: un cuore vuoto! Era lo spazio delle Halles, i mercati generali di Parigi, un luogo pulsante di una straordinaria vita popolare, come potete immaginare. Ma da quando i mercati sono stati spostati altrove, demolendo anche i padiglioni di Baltard che li ospitavano, è rimasto questo vuoto nel centro della città. Fra le diverse proposte per recuperarne la vita, il mio progetto lo interpreta in un intento di rifondazione. Oltre a tanti aspetti che sarebbe lungo esplorare, colpisce l'edificio che pongo nel mezzo di questo spazio: una grande barca, anzi un'Arca, la mia prima arca che, tempo dopo, mi sono accorto essere una figlia legittima di Parigi, il cui stemma porta appunto l'immagine di una barca sulla Senna (l'Ile de la Cité è in un certo senso una barca ed ha anche una prua scolpita che la ricorda) Un aspetto misterioso di molti miei progetti è quello del rapporto con un monumento vicino in cui è presente l'identità del luogo. In questo caso è la chiesa di Saint Eustache, dalle cui proporzioni nascono quelle della mia Arca. Anche questa vuol essere un tempio, anche questa ha un significato sacrale. La prossima immagine riguarda invece l’intervento in un altro luogo: qui non dovevo rifondare alcunché, ma dovevo solo sentire in me un rapporto di sensibilità, di risonanza interiore appunto, con un luogo magico: il cratere di un vulcano preistorico, che si è spento e riempito col tempo, per diventare una dolce prateria circondata dai frammenti del cratere, diventati oggi dei declivi e delle montagne rivestite di pini. Questo è invece un complesso di edifici che ho fatto a Atene. Esso doveva essere un centro commerciale e di uffici, lo è anzi, ma con un senso particolare che gli ho conferito chiamandolo Nuova Agorà, ispirandomi a quella dell'antica Atene. Nell'Incontro n. 1 e nell'Incontro n. 4 ho già avuto modo di illustrare il progetto. Qui siamo a Berlino. Il simbolo dell'antica Berlino è il Castello, castello che fu molto danneggiato durante i bombardamenti dell'ultima guerra e poi raso al suolo dal regime comunista con l'intento di sostituirlo con un edificio moderno ispirato ai nuovi valori della RDT . Adesso si è invece recuperato il senso dell'importanza di questa radice della storia tedesca e si è anzi deciso di ricostruire il Castello tale e quale. Quindici anni fa io avevo proposto di ricostruirlo come frammento, come rovina, confrontata invece con una nuova opera, un nuovo monumento ... ancora una volta, ecco un'Arca, ma un Arca che contiene in sé una specie di acropoli di cristallo. Al di là della distruzione e dei mutamenti politici, volevo rappresentare un mondo in costruzione e una nuova idealità, alta e civile, a cui riferirsi. (vedi scheda Arche 2) Questa invece è la Beic, la Biblioteca Europea di Milano, un progetto che era molto basato sull'idea dell'Arca. Riguardandola oggi con voi, vorrei attirare la vostra attenzione sul lago che avevo proposto davanti a questo edificio, in cui si sarebbe riflessa l'immagine dell'Arca. (vedi scheda Arche 2) Quando ho fatto il progetto, non avevo pensato a un particolare significato per questo riflesso ma adesso mi sembra di capirlo: riflettere è conoscere, la conoscenza è proprio in sé un riflesso della realtà, ma la realtà è il vero, o non ne è forse solo una parte? La realtà e il suo riflesso conoscitivo formano in verità un insieme, una totalità, ed è essa che è il solo vero. Uno degli esempi più clamorosi delle mie proposte di rifondazione di città è quello di Firenze, di cui si è parlato a diverse riprese nel corso del Seminario. Nella foto aerea del centro di Firenze, vedete l'Arno, a sinistra Santa Maria del Fiore, nel centro la Piazza della Repubblica. Le parti colorate in marroncino indicano tutto quello che è stato fatto fra fine ottocento e inizio novecento. Si è raso al suolo il centro medioevale della città per costruire un nuovo centro, sulla scia , anche se tardiva, della breve scelta di Firenze come capitale d'Italia. Si sono costruiti edifici per le banche, le assicurazioni, le poste, nello stile pomposo del tempo. Guardando però più a fondo, si vede che, in questa stessa zona, c'era una volta l'antica città etrusco-romana, il cui tracciato è oggi ricostruibile proprio grazie ai lavori di scavo per la costruzione di questi brutti edifici. L'idea di rifondare la città si appoggia all'idea che sia possibile, come era stato possibile cent'anni fa, di sperimentare oggi, di creare oggi, di fare nel nostro tempo un nuovo centro, non più per la Firenze capitale provvisoria di un' Italia appena riunificata, e neppure per una Firenze capitale oggi del turismo e del piccolo cabotaggio politico regionale. Oggi occorre pensare a Firenze come a una vera città dell'arte, una vera capitale della cultura, in un senso proprio universale, e quindi attrezzarla, svilupparla in modo da creare nel centro della città un campus universitario. Nel progetto di questo campus bisogna per prima cosa recuperare la radice, perché l'educazione dei giovani è in primo luogo il prendereconsapevolezza della storia, della radice. In questa ideale rifondazione, si fa tabula rasa degli edifici esistenti di ben scarso valore (vi spaventate ma, quando furono costruiti cent'anni fa, non si dovettero forse demolire gli edifici precedenti?) si tracciano di nuovo gli assi fondamentali, il cardo e il decumano, che sono quelli della città romana, si ritrova l'antico Foro, si rimette in luce il podio dell'antico tempio, si ritrovano qua e là le tracce dell'antica città, e soprattutto si segue l'intento nuovo e perenne di una meravigliosa rinascita. Non è forse Firenze la città del “Rinascimento”? Nel centro del progetto, dove abbiamo ritrovato l'incrocio sacrale, disegniamo adesso questo edificio che è fatto di tanti ottagoni che si susseguono in forma di spirale, che è proprio il Fiore, la fioritura dell'antichissima anima di questa città. Non per nulla a due passi c'è Santa Maria del Fiore, questa idea del fiore è proprio insita in Firenze, “Florentia”era l'antico nome della città, c'è proprio in essa questo senso di perenne fioritura, che io cerco di rendere di nuovo presente perché lo Spirito è sempre vivo, mentre sono morte o vanno morendo le sue tracce, e quello che non si può conservare o rinnovare completamente è condannato alla mummificazione o alla scomparsa. Questa è Roma. Anche per Roma ho qualche piccola idea profanante, anzi rifondante. Essa nasce dal Palatino, dove fu fondata la “città quadrata” di Romolo. Ritorniamo col pensiero alla mitica fondazione, quando si tracciarono gli assi del sacro incrocio di cui vi ho parlato. La Roma di allora è completamente scomparsa mentre, in suo luogo, si è sono sviluppate nel tempo nuove forme di abitato, con dei templi, alcuni palazzi e, infine, l'insieme dei palazzi imperiali, anch'essi scomparsi. Non so se per caso, o per qualche occulta saggezza, la pianta dei palazzi imperiali si riporta a un centro che, secondo le mie riflessioni, è proprio il centro della Roma primitiva. Il mio intento è quello di ripartire da questo centro per sognare, evocare l'antica fondazione, e soprattutto perché essa sia nello stesso tempo una nuova, un impulso per il rinnovamento di Roma. Veniamo a Milano. Questo progetto è l'ultima tappa del nostro percorso. Il disegno che mostro fa apparireche l'edificio dell'Arca, proposto per essere realizzato davanti al Duomo, è, come nel progetto per Roma, una piramide rovesciata,. Questo senso del rovesciamento è insito in tutta la mia opera: è rovesciato l'edificio del Fiore nel nuovo centro di Firenze rispetto al suo Cupolone, è rovesciato il progetto urbanistico per Milano, con l'idea di un vuoto dove c'è la città attuale e di una città densissima dove c'è invece adesso la periferia o la campagna...ci sono cento altri esempi nei miei progetti di questo impulso, che non è assolutamente un impulso di profanazione o di provocazione, o qualcosa di rivoluzionario o anarchico. E' invece solo un rimettere le cose al loro posto, o almeno un indicare dove esso dovrebbe essere....Mentre la piramide antica, con la sua costruzione dalla base alla cima, si identificava col potere, la piramide rovesciata è invece qualcosa che parte dal cuore, dal centro interiore e disegna quindi un movimento di apertura, di espansione spirituale. Ecco quindi una prima indicazione di cos'è il “posto” giusto. Uno degli aspetti più impressionanti dell'Arca è infine la visione notturna, quando essa sembra una grande lampada di luce. Ciò va inteso in un senso spirituale, ma non bisogna per questo trascurare anche l'intento più pratico di fare dell'Arca un super-centro di informazioni, ben visibile nel centro della città, e un'icona dell'Expo. Un progetto che viene da lontano deve così giungere all'appuntamento con il presente, così come un intento spirituale deve realizzarsi hic et nunc, nella città reale. Dibattito Giovanni B. Con l'Arca del Duomo, hai trovato il Santo Gral ...! Vittorio M. ... in qualche modo! E' un'immagine a cui non avevo mai pensato, anche perché, quando sento parlare di Santo Gral, ho un certo sospetto, dovuto a tutte le storie che ci si costruisce sopra. Devo comunque informarmi. E' comunque vero che certe volte si hanno delle indicazioni da dove non si sarebbe mai immaginato di averle. Una volta un politico, guardando il progetto dell'Arca del Duomo e in particolare la forma della barca che è sotto la piramide rovesciata, disse che era un fonte battesimale ... L'avrei baciato, perché è proprio questo che ho nel cuore. Io non avrei osato dire “è un nuovo battistero” però, in qualche modo, è vero, infatti c'è anche l'acqua .... Il progetto si riferisce molto all'antico Battistero, in cui Sant'Ambrogio battezzò Sant'Agostino. E lo fa perché era quello un momento cruciale della storia, così vicino a quello di oggi: finiva una civiltà, ne prendeva inizio un'altra, con un gesto di nascita spirituale, un gesto in contrasto con il mondo in cui vivevano, che richiedeva molto coraggio. Il progetto della piazza è in strettissimo rapporto con l'antico battistero e osa proporne il rinnovamento in altra forma, con l'Arca da costruire davanti al Duomo. D'altra parte, in passato, il battistero veniva sempre costruito davanti alla cattedrale. Bisognava infatti essere battezzati prima di poter essere accolti nello spazio sacro della chiesa. Pat Sophie G. L'altro giorno avevi parlato molto del vuoto e avevi menzionato anche la Bhagavad Gita, vorrei parlarne ma, oggi, non posso esprimermi più di tanto perché mi è successa la cosa forse più bella della mia vita: mi hanno licenziata, perché metto l'anima nelle mie lezioni a scuola. Mi sono permessa di elaborare un discorso sull'anima con questi esseri umani, che qualcuno definisce bambini, ho parlato di gioia e beatitudine, di cose che hanno a che fare con la quantistica .... i bambini hanno capito tutto, i genitori no. Vittorio M. Posso risponderti su diversi piani: rischio anch'io di essere licenziato...mi è accaduto diverse volte nella vita di fare dei progetti che nel mio intimo sento come atti religiosi, ma che sono stati percepiti, ordinati, pagati come atti rivolti a un'utilità pratica ... per esempio l'Arca delle Nevi, di cui ho parlato come di un gesto di preghiera, era in realtà una sala di pattinaggio. Mai più avrei potuto dire alla Prefettura del Cantal che mi ha incaricato del progetto che avrei invece disegnato una chiesa, un tempio ... Il progetto di Atene è un centro commerciale ... ho dovuto in qualche far passare di contrabbando l'idea del tempio rovesciato e segreto. Guarda che Gesù stesso aveva detto “a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio”. Bisogna avere un senso realistico nella vita. Io adesso non so giudicare da un punto di vista pedagogico se ai bambini si possano insegnare cose così complesse, come la fisica quantistica ... Pat Sophie G. dice che non sono complesse. Gerardo P. dice che la differenza fra questa serata e un'aula scolastica è che la nostra è una scelta libera, se parteciparvi o no, se ascoltare o andarcene, mentre a scuola non è così. Anche se dici delle cose molto belle e interessanti, possono essere percepite come una violenza. Pat Sophie G. Il punto è che l'essere umano fa il suo percorso e a noi, fin da bambini, occorre viverne lo sviluppo ... lo si fa nel vuoto meraviglioso che è l'essere umano. Per quale motivo rifiutarsi all'apertura e non comprendere tutto ciò che è vita? Vittorio M. Quando abbiamo parlato di vuoto...Pat in particolare l'ha compreso come un vuoto interiore e ci ha detto che il bambino è un vuoto, è plasmabile. Un bambino che dal punto di vista della mente, l'ha certamente molto piccolina mentre, come anima, ha una grande dimensione che poi, un po' alla volta, si rimpicciolisce come dicevi tu e viene riempita di una congerie di conoscenze, di informazioni, per lo più di tipo materialistico. Quindi, il coltivare questo vuoto dovrebbe essere il compito più importante. E infatti il pensiero che soggiace a tutte le mie idee deliranti sull'urbanistica - non mi licenziano solo perché ... ma non lo so neanch'io - è proprio quello di proporre questo vuoto in cui la funzione principale è quella dell'educazione. Il nucleo del mio pensiero urbanistico è che il principio dell'educazione dovrebbe presiedere a tutti i livelli, cominciando a disegnare le case in piccoli gruppi intorno a un asilo di infanzia, e poi un gruppo più grande che definisce il bacino di una scuola elementare e poi su su fino alla scuola media, al liceo, e soprattutto all'università, che dovrebbe secondo me coincidere con il cuore, con il centro della città, diventando la fucina, il vaso magico, il crogiolo, il Santo Gral in cui creare i nuovi uomini. Tutto questo però nelle grandi linee e in un senso filosofico, mentre, nella pratica, come potrei scrivere al sindaco che, da un giorno all'altro, bisogna demolire l'attuale centro di Milano? Mi prenderebbero per matto, e così, non penso che si possa così facilmente introdurre dei nuovi principi pedagogici in una scuola elementare, non saprei entrare in questo campo, ma immagino che possano esserci delle considerazioni, rispetto alle quali bisogna ricordarsi qualche volta le parole di Gesù riguardo a quel che è di Cesare. Ricordo però anche come Gesù parlava di realtà spirituali in un modo così semplice che potevano capirlo anche dei poveri pescatori, e quindi penso che sia possibile e vero parlare ai bambini di cose spirituali, come dici tu, anche se non sarà facile farlo accettare alla mentalità di una scuola tradizionale. Pat Sophie G. E' stato un successo...la persona è tale fin da bambino, anche se di questo aspetto fondamentale nessuno ne parla mai. Nel bambino esiste una saggezza (non a parole perché è poetico dirlo) e una capacità di comprensione del tutto e addirittura del particolare del tutto che, se non cogli quel momento e non gli permetti di esprimersi, quando poi il bambino diventerà un adulto, a parte qualcuno illuminato, farà fatica a viverlo. C'è una verità profonda in quello che dici. Tu, Roberta, per caso hai qualcosa da dire su questo? Roberta R. Non conosco i contenuti che Pat ha cercato di trasmettere ai bambini. Se l'hanno licenziata per questo, dovevano essere un messaggio molto forte e non possiamo liquidarlo in cinque minuti Vittorio M. Insomma, esser stata licenziata per questi pensieri potrebbe essere un onore per te, ma sono cose che richiederebbero un approfondimento che non possiamo fare adesso. Ci siamo trovati per parlare della rifondazione della città, che non è possibile se non rifondando se stessi. Quest'opera la facciamo da grandi con la nostra consapevolezza di oggi, ma si ricollega a un'attenzione per il bambino interiore. Quando diciamo bambino, diciamo tabula rasa? No, diciamo terreno vergine, vuoto di sovrastrutture ma pieno di possibilità nascenti. Nel mio libro su Firenze immagino sempre la scena dell'aruspice, delle giovenche che trainavano l'aratro per tracciare il solco, della nascita della città. Riportarsi al momento nascente è una nuova creazione ma non una tabula rasa. Cerchiamo di viverla recuperando la radice, la centralità dell'essere, onorando quello che non si è ancora configurato, irrigidito, come la preziosa riserva del vuoto interiore, del momento nascente che abbiamo in noi ... Roberta R Il percorso che tu hai indicato è anche quello della psicanalisi. Non possiamo fare una tabula rasa, quando abbiamo vent'anni abbiamo già una storia, se dobbiamo rifondarci dobbiamo utilizzare tutto il materiale che abbiamo dentro di noi, possiamo aggiungere qualcosa, livellare o buttar giù qualche edificio, ma non possiamo radere al suolo una città. Possiamo, come stai facendo tu, ripensare una città. Il discorso che fa Pat è un discorso creativo, esattamente in questo percorso. Giovanni B. Mi ha colpito quello che hai detto in poche parole. Hai dato una bellissima definizione: guardare al passato in un senso creativo ... bisogna creare rispettando le conquiste anche architettoniche del passato. Vittorio M. Porrei però l'accento sul creare .. .il Bramante che ha demolito mezzo Colosseo per fare i suoi edifici...io non lo farei....però questo ci fa vedere la forza di una creatività che non esita ad appropriarsi delle vestigia del passato, facendole vivere trasformate nel presente. San Pietro è rivestita dei marmi rubati ai palazzi imperiali di cui abbiamo appena visto le rovine del tutto spoglie. I tempi sono diversi, oggi non lo faremmo, però l'urgenza della vita, del nuovo, è più forte di quella della conservazione del passato. Tanto meglio se sarà un nuovo così maturo, così civile da non aver bisogno di distruggere, portando anzi in sé il passato come qualcosa di sempre vivo. Insomma, un albero non può negare la propria radice, ma questa serve a nutrire il suo sviluppo, non a bloccarlo ... Paolo M. Vorrei fare una domanda: ... tu hai parlato del sentimento, o elemento femminile, in rapporto con quello razionale. Ora, io non conosco molto l'architettura, conosco meglio altre discipline, altre arti, ma mi sembra che il rapporto fra i due elementi sia molto difficile da descrivere, può cambiare da disciplina a disciplina e fra artista e artista. La musica dodecafonica parte per esempio da un'idea molto razionale che poi viene applicata, un razionale da cui nasce il momento creativo, mentre ci sono altre forme, sempre nel campo della musica, in cui si parte più da un elemento puramente creativo, che poi viene razionalizzato. In un quadro non c'era magari un'intenzione, c'era piuttosto un elemento vitale all'origine, mentre tutto ciò è molto diverso in diverse discipline. Nella musica possono esserci entrambi gli aspetti, nell'arte, nella pittura anche, e mi chiedo nel tuo lavoro quale sia la linea che segui. Non so se c'è forse un momento razionale che sembra precedere il disegno, come questa idea della rifondazione della città, o quella di capovolgere la piramide, o la similitudine del rapporto fra la radice e le foglie, o se invece la razionalizzazione che esponi non segua il lavoro creativo. Vittorio M. Io ho una certa idea di questo. Cioè, a differenza di una gran parte delle tendenze contemporanee, astrattamente razionali, o di un'altra parte che si abbandona invece a pulsioni che vengono dall'inconscio, io sento molto in me questo equilibrio nativo fra sentimento e ragione. Ho parlato prima della rifondazione della città: non è mica una teoria a priori, è una constatazione che faccio guardando al lavoro di decenni, anche ne corso di questo Seminario. Mi accorgo come c'è stato un impulso costante, che non nasce da un'idea razionale, tipo “voglio fare questo o quest'altro”, no, nasce come un albero, nasce dalla terra, da una situazione interiore, nasce nello stesso modo in cui un poeta prende la penna e scrive il primo verso, o un musicista, non dodecafonico, sente un impulso, penso a un Beethoven, a un Mozart, da cui nasce poi una costruzione .... Questo impulso che viene, diciamo genericamente dal cuore, o dalla radice, cresce e si accompagna a un intervento della ragione che passo passo lo corrobora, gli dà forma. Guardiamo l'albero: la linfa vene dalla terra e sale verso la luce del cielo che permette la sintesi clorofilliana e di dare corpo all'albero. Se ci fosse troppa luce, troppa ragione, l'albero seccherebbe, se vivesse nell'oscurità non vivrebbe neanche. La compresenza di queste due cose, il sentimento e la ragione, deve esserci anche in un'opera d'arte, in cui la forma razionale non può fare a meno del sentimento, di un amore , di una pulsione emotiva.. Anche questa non può fare a meno della ragione che però, in sé, può agire anche in senso distruttivo e non solo in senso creativo. La vera creazione, la vera opera, a similitudine di quello che vedi nella natura, è una combinazione delle due cose, e personalmente ritengo di avere la grande fortuna di viverla in modo molto completo. Patrizia G. Mi sembra che questa sera stia venendo fuori una cosa, così difficile per ognuno di noi da tenere insieme, cioè queste due parti. Citando una frase di Gesù, che voglio donare a Patrizia Sophie, lui dice “sii nel mondo ma non del mondo”. Credo che questo esprima bene la difficoltà di ogni essere umano - credo che ognuno di noi sia creativo - di confrontare la forza creativa che ha dentro con una forza distruttiva che c'è sempre fuori, che potrebbe essere la società - penso alle due città di Agostino - proprio perché questa dicotomia è la forza creatrice che ogni volta dobbiamo trasformare in creatività e non distruttività. Tu hai fatto vedere prima quella bellissima storia della pianta di Milano, di questo seme che è diviso in due. E' proprio nel mezzo che nasce ogni volta la potenzialità della nuova vita, la co-creazione di cui noi siamo artefici. A me piace sempre citare la realtà cosmoteandrica di Panikar, perché penso che sia un passo ulteriore a cui siamo chiamati, nel senso non tanto di una novità quanto del tener vivo dentro di noi un principio di speranza. Come dice Bloch. dobbiamo portare il soldato sul campo di battaglia, ma anche riportarlo in vita, perché la memoria ci serve, ma nello stesso tempo dobbiamo essere pronti a creare qualche cosa di nuovo. In questo senso, io ogni giorno mi rendo conto della difficoltà di un essere umano, di saper sostare negli opposti, che ci sono, che sono parte costitutiva della nostra vita e che dobbiamo tenere proprio così, come un giocoliere tiene le due palle...c'è questo e c'è quello, non questo o quello, ci sono tutti e due.... (Vittorio interrompe: mai scegliere fra i due, ma ricercarne l'unione, la fusione, direi anzi il figlio che nasce da questa unione ..) Giovanni B. E' bello quello che tu, Vittorio, mi hai fatto vedere prima. Non è per caso che, nell'evoluzione dell'uomo, si passa dal convesso al concavo...guardiamo le prime costruzioni, le prime piramidi, poi le cupole, come quella di San Pietro per esempio, giungendo a costruzioni sempre più complesse, man mano che ci si evolve. Adesso abbiamo le parabole che sono come tanti ricettacoli aperti verso il cielo per captare le onde hertziane, usate magari poi a sproposito, ma già l'idea della parabola che capta da un satellite fa pensare a un ricettacolo di qualcosa di spirituale. E quindi la piramide che è l'esempio, il principio della prima edificazione storica, adesso si rovescia nel tuo progetto dell'Arca del Duomo per suggellare questo capovolgimento verso la spiritualità. Entriamo nell'età dell'Aquario (Pat Sophie aggiunge: è la clessidra ...) Vittorio M. Nel progetto c'è uno specchio d'acqua che permette di leggere la piramide rovesciata proprio come una clessidra. Comunque tu dici una cosa molto giusta: nella nuova era, auguriamoci che tutte le cupole, quella di San Pietro per cominciare, si rovescino e sboccino come fiori! Nell'edificio del Fiore, che ho disegnato per il nuovo centro di Firenze, intuisci che esso è proprio il rovesciamento e la fioritura del vicino Cupolone, ma c'è di più: è proprio una forma di concavità, di ricettività, come hai detto prima. In un libro che scritto tempo fa si racconta una mia interpretazione un po' particolare delle piramidi: dicevo che esse saranno un giorno guardate come delle costruzioni sottomarine, mentre le vere costruzioni del futuro saranno quelle che sorgeranno e si apriranno al di sopra di esse, in una dimensione superiore, come può esserlo quella del cielo rispetto al mare. Se guardi le piramidi maya, hai proprio questa percezione. Si arrivava dolorosamente (pensate ai prigionieri che dovevano salirle) fino alla sommità, dove c'era un tempietto davanti al quale le vittime venivano sacrificate. Veniva realizzata un'enorme struttura, non solo di pietre ma di tutta una società, della sua cultura, del potere che la dominava, per cercare un contatto col divino in cui veniva visto un punto d'arrivo, come la cima della piramide. Invece è da questo punto che il contatto può forse cominciare, perché il divino è al di sopra. Dove finisce la costruzione della piramide terrena può forse cominciare quella della piramide celeste, rovesciata rispetto alle nostre e che, dal nostro cuore, si innalza come un gesto di 'apertura verso la luce. Giovanni B. Adesso che sento la tua spiegazione, me la sento di avvalorare e sostenere questo progetto. Caterina B. In tutti questi progetti, queste immagini che abbiamo visto, mi colpisce il vuoto che nel progetto di Milano cerchi di creare. Questo vuoto in realtà è pieno, ci siamo noi, c'è l'individuo, l'uomo che si nutre di tutto quello che lo circonda, per elaborare pensieri, per crescere ... Come impressione, mi sembra che stai cercando di dare nuovi elementi, sia riscoprendo le radici (quello che c'è sotto e che non tutti sanno guardando all'immagine dell'Arca) sia proponendo una nuova interpretazione, una nuova apertura, ma sempre riempiendo lo spazio vuoto che è quello in cui c'è la vita. La vita pulsa nel vuoto, non nel pieno Vittorio M. Il pieno è la vita già prodotta, mentre il vuoto è da dove viene generata, è il grembo. Caterina B. Esatto, con questi progetti, con l'idea della barca ancestrale, con il vuoto e la nuova lettura che ci dai dell'interno dell'Arca come di un fiore che si apre, suggerisci elementi che ci permettono di elaborare qualcosa dal vuoto che è in noi, e quindi questa nuova interpretazione mi sembra un suggerimento ad andare oltre. Vittorio M. Questo fiore virtuale è proprio come un chakra...Per riportare però il discorso a qualcosa di semplice e utile, non perdendoci, appunto...nel vuoto, vorrei citare un sano principio Yoga che dice che, quando mangiamo, dovremmo mettere nel nostro corpo un terzo di cibo solido, un terzo di liquido, e lasciare l'ultimo terzo vuoto! Vittorio M. Siamo così giunti alla fine del nostro Seminario e anche di questa serata che, essendosi protratta oltre le previsioni, non permette più un dibattito conclusivo su altri aspetti, come l'arte, a cui ci dedicheremo magari in un'altra occasione. torna all'inizio dell'Incontro n° 12 il dibattito può proseguire on line scrivendoci: arcadelduomo@gmail.com |