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C.1.1.8 |
il Lavoro Spirituale La Rifondazione della città Incontro n° 3 dell'8 aprile 2009 Conversazione di Vittorio Mazzucconi La città a Immagine e somiglianza dell’Uomo |
Indice IL LAVORO SPIRITUALE |
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Nel dibattito sono intervenuti anche Angela Sacchi, Bernardo Rossi, Lelia Frazzini, Giacomo Lucani, Marco Bolla, Francesca Molinari Vittorio Mazzucconi Nei due incontri precedenti abbiamo visto due aspetti della vita della città: quello della sua
fondazione e quello del suo sviluppo nella metropoli contemporanea. Abbiamo parlato però di
fondazione non solo come dell'atto remoto di nascita della città, ma come di un atto presente e
addirittura futuro. La metropoli contemporanea ci è d'altra parte sembrata di una tale mostruosità
(non parlo delle piccole e medie città italiane ma delle vere metropoli mondiali) che il solo modo
per rimediare ad essa è appunto di pensare a una rifondazione della città. Nel ripensare alla radice i problemi dovremo guardare in primo luogo a noi stessi, ritrovando una
misura nel rapporto fra mente e cuore, ragione e sentimento, e quindi civiltà e natura che appaiono
oggi scissi, derivando proprio da questa scissione la crisi globale del nostro mondo. Ognuna delle città federate avrà una sua identità, di cui abbiamo discusso la volta scorsa,
intuendo però che un' identità si definisce a tanti livelli: personale, famigliare, di luogo, di storia, di
appartenenze economiche, sociali, culturali. Avrà un'identità, anzi una super-identità anche la
nuova
metropoli. Ne desumo anche che, per quanto le sue attività siano disseminate in un ambito
regionale che vedrà il formarsi di molteplici centri di interesse, essa avrà un centro comune.
Pensiamo all'immagine di un sistema planetario con un sole centrale e tanti pianeti orbitanti, ma
possiamo evocare anche l'idea di cuore. L'organismo urbano deve avere un cuore, e ciò varrà non
solo in un senso meccanico, come motore della vita della metropoli, ma anche nel senso più
complesso e misterioso che si attribuisce al cuore, sede della vita, dei sentimenti, luogo dell'anima.
Nella nuova metropoli, che reintegra così e riunisce l'intelletto e il
cuore, mancherebbe ancora un elemento se volessimo paragonarla all'uomo,
facendone appunto “la città a immagine e somiglianza dell'uomo”.
Questo elemento è la volontà: volontà politica, volontà pianificatrice.
Non si fondano le città senza un atto di volontà. Non vorrei però qui
addentrarmi nella politica, che è appunto l'idea della polis o almeno
dovrebbe esserlo in luogo di scadere in quello che si intende oggi per
politica, ma affermare che il primo gesto di una volontà politica è
il tracciato della strada. |
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Nel mio libro di quarant'anni fa, La città a Immagine e Somiglianza dell'Uomo, ho cercato di
elaborare queste riflessioni sulla città. Il libro si compone di due parti: la prima pensa la città nella
storia e nel presente ma, come ho già detto, vedendo il presente come una via senza sbocco, si
dedica alla ricerca di come la città dovrebbe essere nella sua essenza, o forse anche in un futuro,
che esso sia il day after o comunque il giorno di un risveglio spirituale dell'umanità. Questa ricerca
è la stessa del cammino interiore che bisogna compiere in noi stessi e nelle nostre opere, in ogni
campo, come il movimento essenziale dell'anima.
Guardiamo alla pianura fra il Ticino e l'Adda, in cui sorgono molti abitati, piccoli o grandi, alcuni
sono vere e proprie cittadine, con un loro carattere, una loro storia. A fronte della tendenza a
saldarsi l'uno all'altro, divenendo così una periferia indifferenziata, (con l'immigrazione in atto, non
possiamo essere sicuri che Milano non finisca col diventare una megalopoli come quelle del terzo
mondo ...) stabiliamo il principio di ridisegnarli uno per uno, con attenzione alla loro struttura
sociale, alle loro attività, alla loro storia, individuandone così un'identità da salvaguardare.
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Per far funzionare una città, occorre un tracciato razionale, come quello della rete ortogonale delle
città romane o di quelle americane, non una ragnatela di strade che conducono a un centro
puntiforme come nella Milano di oggi. Ho sperimentato questo principio con l'ipotesi di sovrapporre
all'attuale reticolo stradale una rete autostradale ortogonale. Che rivoluzione, che incredibili
trasformazioni in tutto il territorio potrebbero derivare da questo principio, ma è evidentemente solo
un'ipotesi di scuola. Con riguardo invece all'impostazione radio-centrica di Milano, una città cioè del tipo “naturale”, o organico a somiglianza di un albero, con le sue strade radiali e circolari, la nuova rete autostradale non potrà prescindere da questa caratteristica, ma al contrario dovrà abbracciarla e potenziarla. Si perpetueranno così gli svantaggi di un sistema radio-centrico? No, la soluzione del problema sarà nel “curvare” la rete ortogonale intorno al centro del sistema, cosa possibile date le sue dimensioni. All'interno di ogni maglia, sopravviverà e si svilupperà invece il tracciato naturale. Si potrà dire, in un certo senso, che avremo così reso possibile un carattere organico delle piccole città nel più grande ambito razionale della metropoli. Essa costituisce infatti una sintesi fra le due fondamentali categorie dell'organicità e della razionalità, che la storia ci mostra nelle città romane e medioevali, ma a cui è necessario riferirci anche oggi in forme contemporanee, con il significato più generale del rapporto fra natura e civiltà, libertà e legge, e finalmente sentimento e ragione. |
5, il progetto E veniamo adesso al centro del sistema dove tutte le autostrade radiali convergerebbero in un
punto, se non le fermassimo su un anello terminale in corrispondenza alla cinta dei Bastioni.
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All'esterno della cinta, si svilupperà la città moderna con il suo centro di affari e la concentrazione
urbana che ne conseguirà a ridosso della “diga” dei Bastioni. All'interno invece ... dovremo pensare
a uno svuotamento nel tempo della città attuale. Ma sapete come si è formata?
C'era all'origine un borgo celtico, quindi una città Romana, che fu perfino la capitale dell'Impero nell'ultimo secolo. In questo stesso periodo, per tanti versi non meno drammatico del nostro, il Vescovo Ambrogio, puntando il compasso nel centro della città, descrisse un cerchio lungo il quale fondò una serie di basiliche, San Simpliciano, Sant'Eustorgio, quella che fu poi dedicata alla stesso Sant'Ambrogio, ed altre. Questo cerchio non aveva nessun rapporto con il perimetro della città romana né con il suo Foro, mentre si fondava sull'intuizione di una città futura e sull'intento spirituale a cui orientarla. Nel caso di Milano, invece, la sua morfologia radio-centrica ci porta a concepire i due centri uno dentro l'altro: il centro economico nella corona intorno alla cinta dei Bastioni, e quello culturale invece entro la cerchia dei Navigli. Fra le due cerchie il vuoto, espressione del distacco fra la civiltà passata e la futura, in cui lo spazio del presente è “dissolto”. E' una teoria ben ardita, si dirà, ma è semplicemente una teoria che interpreta il drammatico passaggio fra due civiltà non come un'ordinata evoluzione, ma come una rivoluzione epocale, un salto al di là del presente e del prossimo futuro. Auspichiamo che sia questo il tipo di crescita che si farà strada nella nostra consapevolezza, ma sarà esso applicato? Sapremo imboccare questa strada? Se si guarda al diagramma, esso sembra, ahimè, anche il cratere di un'immane esplosione. Fa forse parte anch'essa del futuro di un'umanità alla drammatica ricerca di un nuovo orientamento? Dibattito Angela Sacchi Sono affascinata dal progetto, ma come si fa a pensare a distruggere tutta una città per realizzarlo? Vittorio Mazzucconi Ricordo ancora che un piano urbanistico deve essere pensato nel tempo e che il tempo di una città
come Milano si conta in millenni. In questi millenni quante Milano abbiamo visto svilupparsi e
scomparire?: l'antico borgo celtico, la città romana, la città medioevale, la città del Rinascimento,
quella dei secoli seguenti, che hanno lasciato per fortuna maggiori tracce. La maggior parte della
città in cui viviamo è opera dell'ultimo secolo o poco più, con incorporati dei frammenti delle
epoche precedenti. Di quella romana che era perfino la capitale dell'impero, non c'è per esempio
quasi niente. Pensate poi alla città dopo l'ultima guerra, in buona parte demolita dai
bombardamenti. Se, nel momento della ricostruzione, ci fosse stato un progetto come questo,
vivremmo oggi in una città ben diversa. L'importante è quindi questo: concepire un grande
disegno, uno sviluppo ideale, che si potrà realizzare via via che le circostanze lo permetteranno. Angela Sacchi Noi però viviamo nel presente: come si può fare astrazione dal contesto degli edifici che ci sono famigliari e che hanno spesso un loro pregio, senza parlare dei valori immobiliari ... Vittorio Mazzucconi Si, tutto ciò fa parte del presente, ma il presente passa rapidamente, anzi non esiste proprio. Rimangono per un po', è vero, gli edifici, che hanno una vita un po' più lunga della nostra, ma non eterna. Altrimenti vivremmo ancora nella città romana e saremmo sempre vivi anche noi, se volessimo annullare la necessità vitale della morte. Essa non vale solo per ognuno di noi, ma anche per i nostri edifici. Si pensa che un progetto, una visione, siano pura utopia, ma non sarebbe forse un'utopia incredibilmente folle quella di credere che non solo gli edifici ma la società e tutta la città rimangano per sempre come sono? Bernardo Rossi Mi ha colpito l'idea di mettere l'università nel centro storico, ma non la si sta forse trasferendo in periferia? Vittorio Mazzucconi Purtroppo è quanto accade, forse a immagine del fatto che anche il pensiero umano si sviluppa
oggi “in periferia”, cioè in molteplici specializzazioni, che sono periferiche rispetto a una centralità,
a un nucleo essenziale: il divino in noi.
Lelia Frazzini A me non piace molto l'idea di decidere a priori le zone e le funzioni, stabilendo priorità, identità e quant'altro. Anche per la divisione della metropoli in cittadine ci sarebbe da dire: d'accordo sullo sforzo di evitare in tal modo un'estensione indifferenziata della metropoli, ma uno dei vantaggi di vivere, appunto, in una metropoli, è quello di essere liberi da un contesto esclusivamente locale, di poter scegliere il proprio “villaggio” ossia un ambiente riconoscibile e fatto proprio, o anche solo una cerchia di amici dovunque essi abitino, e soprattutto di poter cambiare tutto ciò come e quando si vuole. E non parliamo della libertà di andare a vivere anche in altre città e in altre nazioni. Nel mondo contemporaneo tutto questo grazie a Dio è possibile e ne è anzi l'essenza, la caratteristica, a cui non vorrei proprio rinunciare. Vittorio Mazzucconi Bravissima! Abbraccio interamente il tuo punto di vista. Il progetto che ho proposto è solo un modello che indica una linea di pensiero, una regola, ma sta poi alla vita viverlo appunto e anche liberamente trasgredirlo. Converrai però con me che una libertà illimitata, una trasgressione permanente non sono la soluzione. Occorre il riferimento a una regola per poter intelligentemente uscirne. Vorrei dire del nostro modello di città quanto è stato detto della bellezza: che è una sorta di matematica liberamente trasgredita, oppure paragonarla a un seme, che deve essere ben chiuso, lucido e perfetto. Quando poi la pianta crescerà, ci saranno mille fattori perché la sua forma vari e si adatti liberamente all'ambiente. Carlo Pieroni Io non vorrei vedere una città piena di autostrade. Noi vorremmo invece liberarci delle macchine per ridurre lo smog, e dire basta all'infatuazione per le macchine, in nome proprio di una civiltà diversa. Vittorio Mazzucconi Io sono un buon camminatore ... però penso che la macchina abbia veramente rivoluzionato il nostro modo di vivere, non sempre in senso positivo, ma è certo che anche il modo di pensare la città non può che essere integralmente diverso da quello del passato. I centri storici? Va benissimo pedonalizzarli. Chiuderemo anzi alle macchine anche gli spazi destinati al verde, alla vita famigliare, a percorsi commerciali, a quelli di accesso alle scuole e tanti altri. Ma in tutto il resto del territorio urbano non solo non si può fare a meno delle macchine ma bisogna anzi potenziarne l'uso in modo che,da ogni luogo della metropoli, se ne possa raggiungere ogni altro. Una rete stradale ordinaria non lo permette certo ed è per questo che occorre una rete autostradale, oltre a una rete di trasporto su rotaia, ugualmente generalizzata. Si direbbe che il principale problema della Amministrazione pubblica sia di fare la guerra alle macchine, mentre essa dovrebbe occuparsi del contrario: aprire alle macchine la possibilità di servire il nostro bisogno di mobilità e di sviluppo. E' in tal modo che sarà possibile la grande metropoli regionale. Senza macchine, essa non sarebbe neppure pensabile. Giacomo Lucani L'enfasi che lei ha dato al centro è suggestiva ma mi sembra che appartenga a un vecchio modo di pensare la città, la città appunto con un solo centro, come lo è Milano. Non le sembra che oggi invece bisogna pensare a una città policentrica e anche alla possibilità che una molteplicità di centri si realizzi spontaneamente, dove nascono coaguli di attività, di incontro, di scambi commerciali che possono poi divenire anche culturali ... Vittorio Mazzucconi A dir la verità, si vedono molti centri commerciali ma quanto alla loro valenza culturale avrei
qualche dubbio ... Nel senso tradizionale della parola “centro”, penso comunque ai centri delle
cittadine federate, oltre ad altri nodi di interesse del tipo di cui lei parla. Saranno molteplici, ma è
importante che la metropoli abbia il centro dei centri, che dividiamo però in due parti. Una,
all'interno della Cerchia dei Navigli, sarà il luogo della storia, delle memorie comuni, della
Cattedrale, delle grandi istituzioni culturali fra cui l'università, nulla in comune quindi con un centro
di commerci e affari come quello attuale a cui lei forse pensa. L'altra parte, cioè il centro delle
funzioni economiche, si svilupperà al di là della cinta dei Bastioni e vorrei parlarne ricordando
l'immagine del cuore, che invia il sangue a tutto l'organismo e da esso lo riceve di ritorno. Parlo di
organismo e non di “periferia” perché è nello spirito della nuova metropoli che ognuna delle sue
parti abbia un'autonomia e un'identità che ne faranno appunto, in sé, dei centri significativi e non
delle mere parti di una periferia amorfa. Marco Bolla Cosa ne pensi dei nuovi grattacieli della Fiera? Vittorio Mazzucconi Penso che, come quelli del Centro Direzionale, essi facciano parte di quella concentrazione del
terziario che anche il nostro progetto preconizza in tutta la zona anulare esterna alla cinta dei
Bastioni.
Francesca Molinari Ritornando al suo progetto si, è molto bello, ma richiederebbe un potere totalitario per essere trasferito sul terreno, e quindi, a ben guardare, non è nello spirito di una vera modernità democratica. Questa richiede concertazione, autonomie, elaborazione dal basso e non un piano imposto dall'alto. Vittorio Mazzucconi Un discorso sulla democrazia e i suoi limiti esula dalle mie competenze. Confesso che mi
piacciono molto, nella storia, i fondatori di città che ne dettano il tracciato, o un Sisto V che
ridisegna Roma con le sue nuove strade che mettono in rapporto le basiliche principali, o un
Barone Haussman che getta sul reticolo medioevale di Parigi la sue rete di boulevards, mentre
detesto i piani regolatori che non propongono interventi molto più leggeri, ma lo fanno in modo
burocratico, alieno sia dal vero potere che dalla vita popolare.
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