Dibattito - Incontro n° 21
Roberto P.
Quando tu dici che Dio è in noi, è un concetto che in parte condivido
e in parte .mi sfugge, mi sfugge sempre, nel senso che questo Dio che
è dentro di me, lo vedo in determinate manifestazioni, lo sento in certi
momenti, è dentro di me ma a volte però non lo sento, non riesco a cogliere
il senso in cui tu lo dici. Oltretutto, nei tuoi quadri, vedo che nei
primi è un Dio oscuro, buio, opprimente, mentre adesso siamo arrivati
a un Dio solare. Io, dentro di me, credo di vivere Dio in una maniera
diversa
Vittorio M.
Scusa, ma che ognuno lo veda in modo diverso è lapalissiano, siamo sette
miliardi di persone e ci sono quindi almeno sette miliardi di modi diversi
di vederlo. La verità è una sola ma i punti di vista cambiano. Però,
quello che dicevi prima, che senti in te questo blocco....
Roberto P.
...nella vita quotidiana mi succede che non sento Dio dentro di me,
che lo vivo senza coscienza
Vittorio M.
Molte di queste immagini mostrano appunto il Sé inconscio, mostrano
la sua oscurità, mostrano il nostro voltarci dall'altra parte rispetto
a un messaggio divino: direi che sono cose vicine alla situazione di
cui hai parlato e in cui più o meno ci troviamo tutti. E' proprio assiomatico
che noi, per il fatto stesso di essere nati in questo mondo, di trovarci
qui, siamo in una condizione di oscurità, come una caduta rispetto a
una centralità divina da cui siamo precipitati. Se uno vuol rendersi
conto di questa oscurità, di questa caduta, e vuole così vedere in faccia
la la propria ombra, che è l'abc di ogni vero cammino interiore, non
può che identificarsi con un essere amputato e oscuro.
Per ciò che mi riguarda, in questo seminario ho molto osato, ponendomi
nudo, con verità, per quello che sono. Se poi alla fine c'è nei miei
quadri un'immagine luminosa, sia pure conquistata attraverso l'estremo
del dolore, beh, direi che questo è un fatto positivo. Non che io pretenda
però di avere acquisito chissà quale livello, ma diciamo che posso testimoniare
del cammino percorso: sono nell'oscurità, però so che c'è una luce,
come un pesce che, pur essendo nell'acqua, si rendesse conto che al
di fuori dell'acqua c'è un altro mondo...o come dire che uno muore,
però sa che la vita è eterna. Ma lo sa come? Lo sa per intuizione, per
analogia, per fede, ma la fede non può essere una cosa imparata a memoria,
come quando si recita con le parole del Credo che Dio è il creatore
del cielo e della terra...no, la fede è un convincimento interiore a
cui si giunge con dolore e poi, al termine di un travaglio, con serenità..Io,
che in qualche modo ho questa fede, ce l'ho anzi fermamente, mi spendo
a comunicarvela aiutandomi con i quadri, anche se non sono opere molto
felici. Parlando della mia pittura ho spesso evocato un bambino Down,
che è una parte di me. Dopo essermi dedicato per decenni all'architettura,
che porta a un livello molto sofisticato di pensiero, mi sono accorto
in un certo momento della mia vita di avere una parte oscura, la mia
ombra, come se fosse un mio fratellino Down, e da allora me lo sono
sempre portato dietro tenendolo per mano, ed ho così scoperto che era
solo attraverso di lui che io potevo crescere. E' solamente attraverso
l'oscurità che si arriva alla luce
Roberto P.
Ovviamente, devo partire dalla mia esperienza soggettiva. Nonostante
le avversità della vita che ho attraversato, la mia visione di Dio non
è mai stata buia, non è mai stata oscura. Se avessi dovuto dipingere
io, non avrei mai usato colori scuri, la mia visione di Dio è sempre
stata solare. Ti chiedo come mai in alcuni tuoi quadri c'è questa illuminazione,
mentre in altri, siccome Dio è dentro di te soltanto in parte, lo dipingi
mutilato. Una visione dall'esterno mi dà invece un altro tipo di lettura
Vittorio M.
Non vorrei parlare troppo del mio approccio personale ma, diciamo, il
concetto è abbastanza chiaro. Io non mi faccio un'idea astratta di Dio,
dicendo che Dio è il massimo della luce. No, il Dio che è dentro di
me è nel massimo dell'ombra. In qualunque analisi, se non conosci l'ombra
non conosci niente. Dante, nella Divina Commedia, ne ha speso un terzo
nell'oscurità dell'inferno e un altro terzo nella faticosa esperienza
del Purgatorio. Questa è la realtà, non bisogna farsi un'idea intellettuale
e illusoria di quello che ci trascende. Partendo da questo riconoscimento,
vediamo di migliorare l'immagine che ci facciamo di Dio, e lo potremo
fare solo migliorando noi stessi. La mia versione è autentica anche
se potrà sembrare opprimente, non dipingo Dio come potrei immaginarlo
facendomi qualche illusione, ma come sento la sua presenza in me, dolorosamente
avvolta nella mia oscurità, ma non perché io sia un uomo che per sua
natura tenda al buio, al nero, che sia iscritto a sette sataniche o
roba del genere, ma semplicemente perché assumo in pieno questa natura,
non solo mia ma della condizione umana. L'abbiamo detto all'inizio del
Seminario: per uscire dalla caverna oscura, bisogna dapprima rendersi
conto di esserci.
E' la mia lettura personale, ma c'è qualcuno che ha da dire qualcos'altro?
Paolo M.
Mi sembra che ci sia una tensione abbastanza evidente, come un oscillare
fra due concezioni diverse, in quello che dici dei tuoi quadri, sul
rapporto con la divinità. Una, che si sente in questi ultimi quadri,
è molto orientale, buddista, per cui uno riconosce Dio in sé stesso
e anche in tutte le cose, e poi c'è la figura del Cristo della tradizione
in cui siamo cresciuti, che però è una cosa diversa, perché Dio, nella
religione cristiana, è altro da me, è il Padre, siamo a sua immagine
e somiglianza però è Dio, poi c'è lo Spirito Santo e poi ci sei tu,
sono ben diverse queste cose. Mi sembra appunto che nei tuoi quadri
e in quello che racconti, si alternino questi concetti e che ci sia
una tensione, non voglio dire non risolta. Ci parli poi di Gesù, dell'oscurità,
della croce, mentre nell'ultima parte prevale questa visione buddista,
che non so quanto sii accordi con la croce, il dolore... mi sembra che
ci sia un sincretismo..
Vittorio M.
Ma scusa, Paolo, non devi paragonare alcune nozioni sulle religioni
orientali con altre sull'insegnamento della Chiesa, che sono ovviamente
diverse, ma renderti conto piuttosto che sta nascendo nell'animo dell'uomo
del nostro tempo un nuovo impulso religioso, che si scopre figlio di
quanto hanno scoperto gli orientali da una parte e il cristianesimo
dall'altra. Io sono molto vicino all'idea orientale del Sé, dell'Atman,
però la vedo e la abbraccio interamente anche nel Cristo. Osservo che,
mentre gli orientali pensano di raggiungere Dio con delle pratiche rituali,
con la meditazione, con la concentrazione ecc., nel cristianesimo la
si raggiunge con il dolore e con la croce, che è un'esperienza molto
più pregnante dal punto di vista umano, un'esperienza decisiva. Io considererei
l'illuminazione orientale come l'essere, appunto, illuminati da un nobile
pensiero, un nobile intento, come è stato predicato dal Buddha, mentre
l'esperienza cristiana non è tanto l'essere illuminati, ma convertiti,
anzi folgorati come Paolo sulla via di Damasco. E' qualcosa che accade
in carne ed ossa, un farsi crocifiggere, scoprendo che il Cristo oscuro
che è in noi, che è morto nella tenebra, è anche il principio della
Resurrezione. Io lo associo anche a un principio di luce, al sole, e
anche all'oscurità da cui la luce emerge, vedendo quindi in tutto questo
una ciclicità che mi sembra il vero senso della vita. Non mi piace l'accezione
del sincretismo come di un voler mettere insieme delle cose inconciliabili
mentre penso a una religione per l'uomo di oggi che sappia nutrirsi
dei contributi delle religioni del passato, non guardando alla loro
lettera, frutto di culture locali e diverse, ma alla radice del senso
religioso, che è comune ad ogni religione e ad ogni uomo.
Livio Z. Mi sono fatto spesso una domanda: Einstein credeva in Dio?
Vittorio M.
Certamente, l'ha proprio dichiarato, ma per forza: sarebbe solo un piccolo
scienziato quello che si limitasse al piano dell'osservazione e della
verifica sperimentale - anche se è quello che fa fare dei grandi progressi
alla conoscenza empirica e anche teorica - ma un grande scienziato,
che ha delle grandi intuizioni, una grande anima, non può che essere
profondissimamente religioso. Certo non crederà alla Madonna o a un
Gesù figlio unigenito di Dio, a un Santo o a un altro, ma non potrà
che essere profondamente religioso.
Livio insiste:
ma l'ha veramente dichiarato? Roberto gli risponde che lo ha fatto in
molte occasioni...
Vittorio M.
Un grande scienziato che vede la meraviglia e la complessità dell'universo
non può che essere religioso. Si dichiarerà magari ateo all'inizio ma
solo su un piano contingente, nel senso che non crederà alle favole
della Chiesa - anche io non ci credo - a parte il fatto che sono favole
di cui, quando arrivi ad avere una religiosità profonda, finisci con
lo scoprire la verità, non letterale come ti hanno insegnato, ma come
simbolo, come è d'altra parte vero per tutte le favole. Il cristianesimo
è un messaggio che si rivolge a tanti livelli, da quello della nonnina
che ha una fede semplice che però le è di conforto, a quella del Santo,
del mistico o del grande scienziato. Ci sono diversi piani di conoscenza.
Uno che si applica solo a un piano pratico, come fa spesso chi crede
nella scienza, non può essere autorizzato a concludere che non esista
un piano trascendentale ma solo che non ha gli strumenti (e il cuore)
per conoscerlo..
Roberto P.
Vittorio, ti posso fare una domanda provocatoria? Tu dipingi o parli....quello
che prevale è la croce, non c'è mai la Natività. Io ho questa impressione,
che quando tu pensi al cristianesimo, prevale la visione del dolore...
Vittorio M.
...ma non è vero! Mi do però una spiegazione pratica di quello che dici:
tu non sei venuto sempre ai nostri incontri e forse sei stato sfortunato...Ho
dipinto molte volte la Natività anche se sarebbe difficile farti vedere
adesso tanti quadri, ma quello che mi ha sempre preso non riguarda il
rappresentare o meno la Natività - ci sono tanti pittori che la dipingono
ma non per questo sono particolarmente credenti - è' il principio della
nascita che è centrale in tutto il mio lavoro. L'ho rappresentato anche
dipingendo infinite volte l'"Aurora", non è forse una nascita?; il titolo
del prossimo incontro è la "Nascita spirituale"; ho fatto il progetto
di Firenze che si chiama "La Città Nascente", non c'è nulla che mi commuova
quanto la nascita....quello che vi presento è un discorso che va dalla
nascita alla morte e non certo sulla sola morte. E' una meditazione
sullo svolgimento della vita umana, che, anche dopo la morte, vedo continuare
nella nuova nascita della reincarnazione...
Livio Z.
Mi sono spesso domandato se Dio non sia un'invenzione necessaria dell'uomo
Vittorio M.
L'altro giorno ho sentito una conferenza su Darwin che, da quando ha
scoperto la teoria dell'evoluzione, è diventato sinonimo della negazione
di Dio. Darwin diceva invece di non avere nulla contro l'idea di un
Dio, ma solo di "non averne bisogno". Scoprendo, aggiungeva, che le
leggi del mondo sono quelle dell'evoluzione, non c'è nessun bisogno
di immaginare un Dio creatore.
Lo trovo un punto di vista perlomeno limitato. Se è vero che tutto funziona
secondo le leggi dell'evoluzione, ci si può chiedere di dove vengono
queste leggi. A dire il vero, esse non fanno che aprirti uno spiraglio
su una incredibile, meravigliosa armonia dell'universo, un'armonia che
comprende infinite cose, fra cui l'evoluzione delle specie. Non dico
che tutto ciò sia creato da qualcuno o che esista un grande disegno,
ma siamo certamente lungi dal capire qualcosa di certo su una realtà
che ci trascende. Come però, in ognuno di noi, accanto agli aspetti
materiali del funzionamento del nostro corpo, sentiamo la presenza di
un'anima, di un centro interiore, così possiamo intuire che in tutto
l'universo materiale ci sia un Spirito di cui l'universo stesso sarà
la manifestazione.
Questo è un pensiero religioso che qualunque grande scienziato non può
che condividere. La presunzione di poter negare Dio per il solo fatto
di arrivare a scoprire alcuni piccoli aspetti del mondo fisico, sarebbe
un po' come negare l'arte, l'ispirazione di un grande artista perché
si è scoperto la formula chimica dei colori dei suoi quadri.
Gerardo P.
anche l'Arca del Duomo è una forma di nascita
Vittorio M
Si, esattamente. In tutti i miei progetti c'è questo senso di aspirazione,
di nascita, espressi in modi diversi. Tu citi l'Arca del Duomo, con
la sua forma di piramide aperta e rovesciata, mentre la piramide tradizionale
è una forma chiusa ( era una forma di potere e quindi associata alla
morte, non per nulla le piramidi erano tombe) La piramide rovesciata
si associa invece a un'idea di apertura, come un fiore o qualcosa che
si apre, che nasce, mentre ciò che si chiude è qualcosa che muore.
Ma tutto questo c'è nella vita, il sole nasce la mattina e muore la
sera e va bene così, e va ancora meglio che la mattina dopo rinasca
ancora, questa è la formidabile analogia che è alla base di ogni speranza
di reincarnazione. Comunque, io vi ho presentato una piccola antologica
di pittura e ho finito col diventare una specie di predicatore, perché
vi parlo dell'arte dal punto di vista dei contenuti, cosa che è molto
trascurata nell'arte contemporanea. Sono i contenuti della vicenda umana.
Come avete potuto ascoltare, vedere e condividere nel corso dei nostri
incontri, è stata una meditazione non svolta in astratto ma condotta
sul filo, fin dall'inizio, dell'eros. Nella caverna in cui viviamo,
per uscire bisogna trovare un'uscita, ma la luce che può aiutarci in
questa ricerca, la torcia che abbiamo in mano, è l'eros. Come dicevamo
prima, questo è vero a tutti i livelli, dall'amore per una bella ragazza
all'amore per Dio, è la stessa cosa anche se su piani diversi.
Paolo G.
Non so dove ho letto che si può associare Dio all'immaginazione, è una
parola chiave: se esiste Dio, è colui che ha osato immaginare ogni cosa.
Vittorio M.
Un Dio che ha immaginato il mondo, è questo che vuoi dire? Possiamo
anche concludere che siamo un pensiero di Dio, siamo un'immaginazione
di Dio, nulla esiste senza il suo pensiero...ma, senza andare troppo
lontano, direi......
Gerardo P.
...forse siamo il suo gioco...
Vittorio M.
...già, la sua play station...però l'idea dell'immaginazione alla base
della Creazione è bellissima...ci sarebbe dunque qualcuno che ha immaginato
l'evoluzione da cui poi l'uomo ha estratto una teoria, o che si è sbizzarrito
in alcuni aspetti della materia su cui hanno poi lavorato i fisici quantistici....Però
l'immaginazione mi fa pensare anche agli artisti. Si sa che essi, accanto
ad altre qualità, sono spesso narcisisti, come dei commedianti, anzi
dei mimi, fanno la mimica di Dio. Dio ha creato il mondo e l'artista
fa un quadro. In qualche modo è un creatore anche lui, ripete il gesto
creativo, che è il gesto di dare nascita, immaginando, creando delle
opere, anche se ai livelli limitati in cui ce lo permette la condizione
umana. C'è chi dice che così facendo l'uomo è co-creatore del mondo
ma li mi sembra che si perda un poco il senso delle proporzioni, anche
se è vero che la nostra vita, nella misura in cui si ispira all'immaginazione,
all'amore, al donarsi, è una continua creazione: ce n'è una, gigantesca,
in atto nel cosmo e ce n'è un'altra, piccina piccina, che è la nostra.
Giorgio F
Mi fai pensare a questo tuo piccolo bambino Down, come lo chiami tu,
con una definizione che per me è però riduttiva. In realtà permette
a te e permette agli altri di arrivare a comprendere tutto il cammino,
quindi è essenziale
Vittorio M.
...quindi ha una sua funzione, meno male. Non è poi che usi la parola
Down in un senso peggiorativo. Ho già detto prima, rispondendo a Roberto,
come l'incontro con l'aspetto irrazionale, con l'ombra che ho personificato
nel bambino, mi ha portato a riequilibrare il dominio in me della razionalità.
La pittura è stata questo, il tirare fuori questo aspetto, ed è stata
per me una bella auto-terapia. Come dicevamo prima, la terapia, per
uno che va in analisi, è di prendere contatto con la propria ombra.
Io non ho fatto analisi ma l'ho fatta attraverso i quadri, e la mia
insistenza sull'oscurità mostra proprio un sincero attaccamento a questo
bambino Down...(d'altra parte, rispetto a Dio, al Sé, non siamo forse
Down tutti noi?)...che spero sia adesso un po' cresciuto. Se poi questa
esperienza serve anche agli altri, è solo positivo. Quando un pittore
fa una mostra, si va a vederne i quadri, magari non si vedono neanche
perché alle vernici c'è un sacco di gente, e poi è talvolta difficile
di capire i quadri moderni; allora uno legge qualcosa che ha scritto
il critico e che è magari ancora più difficile da capire. Nell'insieme
è un'esperienza abbastanza superficiale, non approfondita mentre, grazie
alla vostra cortesia e bontà d'animo, in tutti questi incontri vi siete
avvicinati a una lettura più attenta e condivisa, che poi non è neanche
propriamente artistica e tanto meno critica, ma che ha magari messo
qualche seme nel vostro animo. Sembra molto piccolo, ma sta a noi farlo
crescere, proprio come il bambino interiore che ho chiamato Down, ognuno
come può....
Livio Z.
L'arte è salvifica, in particolare la musica. Mi ricorda quel pianista,
che si è salvato suonando il piano...
Vittorio M.
si, quel film meraviglioso, Il Pianista, di Polianski.
Roberto chiede di vedere un quadro di G. a Panarea.
Vittorio M.
Come tutti i quadri, ha un fondo di vita vissuta, anche se io tendo
a portare ciò che mi accade su un altro livello. Qui ero a Panarea con
la mia donna che , al ritorno a Milano, dopo qualche mese mi ha lasciato.
Lei leggeva seduta sul muretto del patio; nel quadro c'era anche il
suo volto, poi il quadro l'ho ripreso tempo dopo, l'ho rifatto, il volto
è stato cancellato perché, dopo l'abbandono, ero in uno stato di dolore
e anche di risentimento. Nello stesso tempo sembra essere scesa l'oscurità
su una scena che era in realtà quella di un bel pomeriggio di Agosto
mentre, stagliandosi sul fondo scuro, la veste della donna si è tinta
di rosa ed è diventata più bella, impreziosendosi con dei ricami d'oro.....
Gerardo P.
Era rimasto solo un bell'involucro...
Vittorio M.
...ecco, rimane un involucro, con una sua forma, una sua carnalità,
ma rimane soprattutto il dolore dell'abbandono. Il quadro si legge poi
sempre come metafora dell'anima che, pur trovandosi nell'oscurità, tende
a una rinascita aurorale, non magari nella forma di un nuovo amore ma
in quella della meditazione, della conoscenza. Questo stava forse scritto
nel piccolo libro che la donna sta leggendo.
Gerardo P.
non hai trovato altre muse ispiratrici nei tuoi viaggi?
Vittorio M.
Certo ho trovato delle donne, ma l'ispirazione è un'altra cosa. E' in
rapporto a quanto tu investi nella relazione con una persona. Guarda
Dante che ha portato questa ispirazione su un piano angelico, ha reso
Beatrice una manifestazione di Dio, un essere meraviglioso. In generale
l'ispirazione rimane però più spesso su un piano erotico o sentimentale,
ed è accaduto anche a me di viverla talvolta su questo piano. Ciò però
che mi ha più colpito e mi ha portato ad amplificare il dolore di una
separazione è stato di risentirla come premonizione o metafora della
separazione dell'anima dal corpo. Avendo conosciuto molti amori, avendone
vissuto ripetutamente la nascita e la fine, ho conosciuto anche molte
morti. Questa è la chiave di tante mie riflessioni. Ora, non c'è dubbio
che un amore profondamente vissuto in tutto il suo svolgimento è uno
dei più grandi insegnamenti per istruirci a capire le verità della vita,
le verità che non si imparano leggendo i libri e studiando filosofia
ma vivendone certi nessi fondamentali. C'è chi, in seguito a un dolore,
si è suicidato, altri si sono realizzati. L'amore tocca le corde più
profonde del nostro animo, però quello che è consumato a livello di
divertimento non c'entra niente con quello che invece è introiettato
e portato su un altro piano.
Gerardo P.
guarda quello che ha fatto Gauguin con gli amori consumati in tutta
la vita, ha fatto dei capolavori stupendi
Vittorio M.
Non voglio fare gerarchie fra diversi amori e tanto meno fra diversi
artisti. La materia prima, il fuoco, è quella...poi un artista fa una
cosa e un altro un'altra. Per ciò che mi riguarda, quando vivo l'amore
non dipingo molto, mentre viene dopo il momento del canto di dolore
in cui l'amore viene sublimato
Livio Z.
Tout passe, tout lasse, tout casse
Vittorio M.
però vedi... quando un rapporto si stanca e poi finisce col rompersi,
non ha una grande risonanza, mentre, se viene stroncato un rapporto
sul più bello, è come un fulmine che ti cade addosso a ciel sereno,
e questo crea un travaglio incredibile, mi è accaduto diverse volte,
direi che fa bene, uno si abitua a lavorare con i fulmini (come facevano
gli antichi aruspici etruschi...) mentre gli amori che non hanno questo
trauma vanno a finire nel tout passe ecc. oppure in una vita ordinaria,
anch'essa utile ma su un altro piano, una vita operativa, in cui uno
si sposa, fa figli, prende così cura della sua famiglia, partecipa di
una vita sociale, ma quando questo non è dato e l'amore viene rifiutato
e interrotto, allora prende un'altra linea evolutiva, non permette di
fare dei figli in carne ed ossa ma conduce ad altre nasacite...
Gerardo P.
Tutta la rappresentazione dei tuoi amori finiti è sempre negativa, ignorando
il periodo felice. Anche quella è una realtà che esiste, prima della
rottura e della fine terminale. C'è l'esperienza che crea intimità,
non c'è soltanto la fine in un rapporto, la realtà è tutto un registro
che dura fino alla fine, quello che si riceve da un rapporto amoroso
come da qualunque altra cosa, ha una valenza che ha anche dei momenti
positivi. Tu sei ispirato essenzialmente da questa sofferenza dovuta
alla rottura, però chissà quanto ti ha dato l'amore prima della rottura
Vittorio M.
Enormemente. Non ho mica detto che è valido solo quello che segue la
rottura. Lo è a maggior ragione la bellezza dell'amore, la sua fioritura,
il sentimento, il cuore, la carne, mentre tu vivi tutto questo. Ci sono
molti quadri che hanno tradotto questa vitalità dell'amore in forme,
in testimonianze pittoriche positive..ma purtroppo, ti ripeto, è quando
uno incontra il dolore, che questo ti scuote dalle fondamenta. Il sorriso
non ti scuote, ti fa venir voglia di dare un bacio, di fare l'amore,
di sentire la tua compagna vicina mentre, quando non ce l'hai più, senti
la morte nel cuore, vivi il dramma della separazione. Uno può cercare
di distrarsi, un' altro, come me, è portato a riflettere sul fatto che
il dramma della separazione non è solo quello di un amore andato male,
ma è la condizione umana: noi viviamo in questa terra proprio perché
siamo separati dal divino e, quando moriamo, siamo separati anche dal
corpo...
Gerardo P.
C'è una realtà esistenziale in tutte le cose, c'è un principio e una
fine, gli amori, le emozioni, le vite...
Vittorio M.
Si, abbiamo parlato a lungo del principio e della fine in tutte le cose....Quando
ami una persona e ne sei riamato, hai un bimbo, vivi una situazione
felice che ti sembra dover durare per sempre. Se invece poi ti accade
di perderla, allora lì tocchi il fondo della questione, perché la disgrazia
che ti capita non è solo un caso fortuito o perfino secondario rispetto
alla felicità che hai vissuto, ma ti mostra l'ineluttabile corso della
vita: Se non fosse stata questa cosa che ti è capitata, questa donna
che ti ha lasciato, comunque saresti andato verso la fine dell'esperienza
umana, poiché tutto va verso la fine. L'amore, finché dura, ti inebria
con l'illusione che non sia così ma, quando finisce, ti mette appunto,
per un'interiore coincidenza, di fronte alla fine di tutto. E' lì che
nasce allora nell'uomo il bisogno di chiedersi cosa c'è dopo l'amore,
cosa c'è dopo la vita, e anche di testimoniarlo, nella misura in cui
può intuire qualcosa di questo possibile sviluppo.
L'uomo che ha fatto questo cammino è ormai portato a non proiettare
più in una donna la sua anima e anche i desideri del suo corpo, gli
impulsi vitali che ci invitano a vivere la vita in superficie, gioiosamente,
mentre nello stesso tempo servono una forza più profonda che ci spinge
a ricongiungerci in un'unità originaria. Il cammino ci porta a ricercare
ormai questa un'unità non più nell'eros, che ci è servito come una torcia
per trovare l'uscita dalla caverna. L'uscita è in noi stessi, l'unità
è in noi stessi, se troviamo e riconosciamo in noi il Sé interiore.
E' su questo che ho cercato di porre l'attenzione stasera.
il dibattito può proseguire on line scrivendoci:
arcadelduomo@gmail.com