Nel dibattito sono intervenuti
anche: Luisa Gonella, Alessandra del Ri, Silvana Olmo, Pat Sophie Graja,
Giorgio Fedeli, Paolo Gonella, Danilo Gava, Ettore Lariani.
Vittorio Mazzucconi
Siamo arrivati alla fine delle nostre fatiche, cioè, a dire il vero, della
vostra pazienza e della mia fatica....
Abbiamo percorso o almeno accennato nelle grandi linee la vicenda dell'anima
attraverso diversi miti - l'ultimo è stato quello di Psiche - e l'abbiamo
letta attraverso gli aspetti problematici dell'amore, prima nell'unione
di due esseri e poi nella loro separazione. Il percorso è infine sfociato
nell'assunzione di Psiche fra gli Dei, che è metafora del fatto che l'anima
umana scopre la sua divinità: il fine più bello, più vero, più santo della
nostra vita. L'ultima volta ci siamo chiesti: cosa vuol dire essere assunti
fra gli Dei, scoprire la nostra divinità? Forse uno si alza la mattina
e dice "io sono Dio"? Non credo proprio che sia così, ma piuttosto che
uno scopra a poco a poco una realtà interiore, che però non è neppure
l'anima propriamente detta. Noi ci facciamo sull'anima delle idee non
molto chiare, ma in qualche modo l'anima non è un'entità superiore ma
forse solo un vascello, un veicolo, che ci porta verso la vera entità
superiore, che è il Sé che abbiamo in noi. Quindi l'ultimo incontro era
dedicato a questo Sé, che chiamiamo anche il Testimone, che è in noi ma
al tempo stesso è staccato da noi, è staccato cioè dalla nostra personalità,
mentre è noi stessi nel senso di essere il nostro vero essere. Il senso
di tutto il cammino dell'evoluzione umana è di scoprirlo e di identificarsi
con questo - diciamo - personaggio, con questo essere spirituale. Quello
che chiamo il Sé è lo stesso che gli induisti chiamano l'Atrman, e l'Atman
è identico a Dio. E' lo stesso concetto: Dio è la sostanza spirituale
dell'universo, che poi si manifesta in ogni creatura, in ogni forma, in
ogni tempo, e si presenta anche in noi, che non solo siamo fatti a immagine
e somiglianza di Dio come dice la bibbia ma siamo noi stessi il Dio nel
suo farsi, il Dio in fieri. Questo essere spirituale guarda in qualche
modo le nostre azioni, le azioni della personalità, e ne è staccato, almeno
fino al punto in cui noi, invece di essere completamente persi nella vicenda
umana, nelle passioni, nella corsa al denaro e in ogni altra cosa, non
riusciamo un po' alla volta a orientarci, prendendo infine coscienza di
questo Sé interiore.
Nell'ultimo incontro ci siamo divertiti a vedere diversi modi, anche un
po' naif, in cui la mia pittura rappresenta questo Sé. L'abbiamo visto
come un vecchio saggio, o come un compagno di viaggio, l'abbiamo visto
come l'amato o l'amante, l'essere maschile a cui tende il femminile, o
il femminile a cui tende il maschile, e per finire l'abbiamo visto come
il Cristo perché, in un'ottica tutta diversa da quella orientale, nella
nostra religione è il Cristo la nostra centralità. Ricordate quello che
diceva San Paolo: "io non vivo più per me stesso, ma è Cristo che vive
in me", è cioè il concetto che la nostra personalità dovrebbe essere completamente
cancellata per mettere in luce il vero protagonista, quello che sopravvive
alla morte, che ha la vita eterna, e questo, secondo la nostra religione,
è appunto il Cristo. L'avvicinamento al Sé, in oriente, si fa con delle
pratiche rituali, delle meditazioni, con dei mantra, mentre nel cristianesimo
lo si fa con una esperienza molto più radicale. Paolo, che cade sulla
strada di Damasco e viene folgorato, è un po' il modello della rivelazione
in ognuno di noi del Cristo, quando e come potrà manifestarsi. L'ultima
volta, mi è accaduto di parlare di questa interpretazione mostrando il
quadro "Lettura Dantesca", che io appunto leggo in questo modo. Il quadro
fa parte di un trittico molto ma molto grande. (ho sempre cominciato i
progetti di architettura, anche per dei grandi complessi, con dei piccolissimi
schizzi, una volta, quando fumavo, addirittura sul retro di pacchetti
di sigarette durante l'attesa in qualche aeroporto, mentre, quando dipingo,
mi butto d'impeto e con una gestualità diretta su delle tele molto grandi...)
E' una grande narrazione che comincia con Adamo ed Eva, nel vero senso
della parola, che associo liberamente anche all'inferno cristiano, e poi,
attraverso il purgatorio, si giunge finalmente a questa specie di intuizione
del paradiso. Ma il paradiso come è visto? come un cadere, un arrendersi,
anche se questo può apparire strano. Qui si vede la prua di una grande
barca - il resto del quadro mostra che la barca è carica di umanità, fra
la folla si vede perfino una donna che allatta un bambino -m ma il fine
di questa navigazione è un naufragio. Lo è infatti per tutti noi, non
dobbiamo farci delle illusioni, ma un conto è un naufragio subìto come
fallimento delle ambizioni, dei progetti di vita basati sul nulla - noi
viviamo assolutamente nel nulla - e un conto è invece l'arrendersi a Dio,
quando uno capisce il rapporto fra la sua personalità, del tutto effimera,
e il divino che è come questa grande rosa del quadro, come quella che
Dante vedeva nell'ultimo canto del suo paradiso. Questo cadere, questo
gesto di arrendersi con le braccia aperte è in fin dei conti anche il
gesto del Crocifisso che abbiamo visto in altri quadri, non tanto come
l'essere inchiodato a uno strumento di tortura, ma come un gesto di apertura
spirituale, quasi di esultanza per la vittoria sulla morte. E' a questo
che ci fa pensare il quadro.
Dopo averlo ricordato, in questa serata parliamo della nascita spirituale.
Pensavo che forse avrei dovuto cambiare titolo e l'ho anche scritto nel
biglietto di invito. Forse si poteva dire "verso la nascita spirituale"
perché non è che noi qui stasera nasciamo spiritualmente, ma andiamo,
diciamo, verso questa nascita. Questo, da un certo punto di vista, è un
processo. Da un altro invece è vero anche il contrario, cioè che noi nasciamo
in ogni momento. Quindi questo concetto di nascita dobbiamo trovare il
modo di capirlo insieme. Non è un evento che si produce a un tratto, come
si dice dell'illuminazione: uno nasce spiritualmente, capisce tutto, sfonda
la barriera della nostra ignoranza, accede a un'altra sfera. E' un processo
verso questo ma, nello stesso tempo, ogni momento di tale processo è autentico,
cioè non è che noi oggi siamo in uno stato negativo o insufficiente, e
che solo un giorno avremo l'illuminazione. Io tendo a credere che in ogni
istante tutto è bello, tutto è necessario, armonico, e quindi noi nasciamo
anche in questo momento in tutto quello che facciamo, è come essere sempre
il seme di una possibilità di nascita. Poi bisogna distinguere: stiamo
parlando di una nascita fisica o di una nascita spirituale? La nascita
fisica la conosciamo tutti perché ne abbiamo fatto una piccola esperienza:
sappiamo che ci conduce alla morte, anche se io sono convinto, e lo sono
anche altri oltre a me, che dopo la morte seguirà una nuova nascita perché
la vita è un fatto ciclico .E poi c'è la nascita spirituale, che uno può
immaginare come una conversione, una rivelazione, un'illuminazione ma,
come vi dicevo, io tendo ad avvicinarla alla nostra vita reale ed a scoprire
in ogni momento di vita fisica, in carne ed ossa, questo principio di
nascita. Basta saperlo vedere e dare a ogni cosa un valore nascente. Più
avanti vi farò vedere un progetto che si chiama proprio "La città Nascente"e
che vuole appunto rivelare e far vivere questo valore nella realtà, in
un'intera città, ma, prima, continuiamo ancora a interpretarlo attraverso
i quadri, in due letture che sono dedicate alla Nascita e alla Spirale...
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