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C.1.2.31 |
Indice ARTE E PSICHE |
Dibattito
- Incontro n° 22 Luisa G. Questa vela che hai progettato è fatta, dicevi, di lastre di marmo? Avrei pensato a qualcosa di più leggero, una vela appunto... Vittorio M. Sono lastre di marmo appese. Ma sai, la cosa perversa di questi progetti è che.... uno può essere libero di esprimersi su una tela o di scrivere una poesia, ma io pretendo di costruire le mie visioni, sono responsabile quando disegno, quindi sapessi quanto ho pensato a come sostenere questa vela, come farla realmente. Quindi, vedi, ci sono dei cavi che sono sospesi alla sommità e vanno poi fino a terra, sostenendo questa superficie di marmo bianco, Essa è poi ancorata ad ogni piano le cui superfici si estendono fino alla vela. Volendo entrare nei dettagli di questo progetto...c'è perfino un teatro al suo interno per 3000 persone, con tutti i problemi che ha comportato.... Alessandra D. ...la vela e tutta la Piramide, a che scopo sono destinate? Vittorio M. ...a una nuova università e a un grande museo. Per esempio, lo stadio dell'imperatore che facevo vedere prima (ho utilizzato una ricostruzione fatta da qualcuno ad uso dei turisti ma che è abbastanza veritiera) immaginatelo lastricato di marmo, facendone in effetti un nuovo Fòro, lo spazio dii ingresso della piramide, aperto a migliaia di studenti e visitatori di tutto il mondo. Dovrebbe essere bellissimo di rivivere lo splendore di una parte dei palazzi imperiali, unito però alla nostra modernità, in una straordinaria coesistenza di antico e moderno. Quanto all'antico, certe volte la sua architettura era modulare e quindi, se sappiamo perfettamente come era fatta una campata di questi portici, con le colonne, gli archi, le trabeazioni, nulla sarà più facile che ricostruirne tutta la sequenza, mentre non mi sognerei mai di proporre di riprodurre fantasiosamente qualcosa di più complesso. Noi viviamo in un tempo con delle possibilità straordinarie, alle frontiere della conoscenza, dell'informatica, e si aprono ogni giorno nuovi orizzonti. Così, anche la separazione fra passato e futuro è possibile che venga superata. Non è che io vi stia a parlare di macchine del tempo o invenzioni del genere, però sta di fatto che la consapevolezza dell'uomo contemporaneo ormai si allarga nel tempo e nello spazio enormemente di più di quella dell'uomo antico e che tutto tende a diventare compresente. Saranno quindi possibili delle ricostruzioni virtuali, saranno possibili anche scoperte di forme di memoria inimmaginabili. A me però non colpisce l'aspetto fantascientifico di queste cose, mentre vorrei che qualunque sviluppo, qualunque realizzazione fosse riportata a una centralità interiore, posta al servizio dell'uomo, dell'anima e non di una tecnologia fine a se stessa. Una cosa che vi può divertire, almeno fino a un certo punto, è di immaginare di fare una bella passeggiata nel Fòro Romano, non più però incespicando fra le pietre sconnesse delle rovine, non più logorando quel poco che è rimasto a forza di camminarci, ma transitando nella passerella aerea che, nel progetto della Piramide, dovrebbe collegarla alle terme di Caracalla, che ne costituirebbero così l'atrio ingresso sulla Via dei Fori Imperiali. Con questa passerella si giungerebbe alla Piramide, godendo strada facendo di una meravigliosa vista dei Fòri, senza rovinarli. Voi direte....ti preoccupi di non consumare le pietre dei Fori e poi, con la Oiramide, vuoi rovinare tutta Roma!! ...risate Fa parte del nostro tempo anche il dominio delle virtualità. Non è infatti detto che tutto debba essere necessariamente costruito e demolito, e poi nuovamente costruito e demolito come è stato fatto nella storia...anche il pensarlo è una realizzazione, ed è importante che sia così perché, dove la realtà ti chiude, ti tarpa le ali, l'immaginazione invece ti apre la mente e genera magari altre opere, in altri luoghi, in altri tempi. Silvana O. Possiamo tornare, Vittorio, ai quadri, alla parte artistica più legata alla nascita? Pat Sophie G. Avevo però una cosa da dire a proposito della Città Nascente. Io ho letto i tuoi libri ma quando ho letto quello di Firenze (a), dopo quello di Milano (b), ho sentito qualcosa di completamente diverso. Era come un viaggio nel non-tempo. A un certo punto veniva fuori questo questo fiore, bello, pulito, nitido, che poi è anche qualcosa di "ricevente", come una grande antenna parabolica. E' lì che ho sentito che prima, nel movimento dell'evoluzione umana, c'è stato veramente un principio che ci arrivava dall'alto senza che noi ne fossimo coscienti, mentre poi, a un certo punto, esso è sbocciato e siamo noi stessi che possiamo decidere di riceverlo, come fai tu con il Fiore.. Ecco, il percorso di questo progetto su Firenze mi ha dato questa impressione, mentre quello di Milano sembrava quasi un'epopea, una cosa straordinaria....bisogna leggere i tuoi libri per capire questi progetti. Man mano che li leggi tu senti come si muovono e come arrivano alla loro espressione. Quello di Firenze è stato come una gioia: a un certo punto. Il Fiore si è aperto! E 'vero, è un po' un'utopia, però è reale! Vittorio M. Io ringrazio molto Pat Sophie, che ha una sensibilità straordinaria. Quando parla, non sempre si può esattamente capire quello che vuol dire, si esprime su un registro di sensibilità, però io, che ho la ventura di riascoltare poi dopo tutto quello che voi dite... lo ascolto, lo scrivo, capisco tante cose che magari non afferravo interamente subito...vedo che la sensibilità di Pat Sophie coglie tante cose che altri non colgono. Te ne do veramente atto e ti ringrazio. La realtà ha tante facce: un altro vedrebbe solo l'aspetto pratico...".ma come, demolisci degli edifici, chissà che valore hanno"...mentre tu invece vedi un riferimento meraviglioso, spirituale, poi c'è un piano puramente artistico, un altro più urbanistico sociale, sono tanti i piani. Se uno si avvicina alla verità, condivide con la verità questo fatto, che puoi vederla da tanti punti di vista e ognuno ne vede un aspetto, e chi è che vede tutto quanto? magari nessuno....Oggi, leggendo, mi sono ricordato il senso della parola "epifania"che vuol dire.... non la befana... ma il vedere dall'alto. Tante cose nei miei progetti io le vedo dall'alto, però è un alto che è anche un basso, è anche un profondo. Vanno insieme, come la terra e il cielo..... Pat Sophie G. E' un aldilà nell'al di qua Vittorio M. In questo senso sono progetti atemporali, anche se potrebbero essere realizzati oggi stesso, lo dovrebbero anzi ma ciò non è possibile per le circostanze che ci appiattiscono su un presente, che è privo tanto di profondità quanto di visione. Silvana O. Ma Vittorio. scusa, perché non pensare ex novo, cioè anziché concentrarsi sulle città che hanno la loro storia, il loro passato, concentrarsi su una nuova nascita... Vittorio M. ...nello stesso modo, quando tu sei nata, non sei nata ex novo, ma è stato messo insieme in te quello che ti ha dato tuo padre, quello che ti ha dato tua madre, in una serie infinita di influenze incrociate, di cromosomi, più il tuo karma, più le tue precedenti incarnazioni...Quello che tu puoi essere di nuovo è solo la vita che nasce da tutto questo. E quando tu pianti una pianta in un terreno, il terreno è fatto di residui di innumerevoli creature, di morti, di vite passate. Nulla parte da un terreno astratto, vergine, mentre tutto può essere nuovo se gli dai questo valore nascente. A Firenze sto facendo qualcosa di interamente nuovo, di nascente, come il seme di uno sviluppo che ha però la radice in tutto il passato. Certo, se mi incaricassero di fare il progetto di una nuova città in Cina, non mi tirerei certo indietro, ma metterei a frutto, in qualcosa di nuovo, quello che ho imparato, anzi quello di cui mi sono nutrito come lo fa una pianta nel terreno. . Silvana O. E' appunto questo che va fatto. Io, vivendo a Milano 2, vedo che si sono applicate delle soluzioni di avanguardia, dove c'erano lo spazio e le possibilità per farlo. Quello che impari dal passato serve a costruire il nuovo. Vittorio M. Vi ho fatto vedere queste architetture perché testimoniano della nascita, che è il nostro tema di stasera, nei modi legati a diverse realtà, ma non vorrei rimanere nell'urbanistica, nell'architettura - tu stessa proponevi di tornare ai quadri - e vorrei quindi parlare ancora della nascita, come in questo quadro che abbiamo già visto e che si adatta a Natale. Non si vede però in esso il bambino Gesù che nasce ma un essere spirituale. E' una lettura della sua divinità o, più in generale, del nostro destino divino, che si può aprire con una nascita spirituale? Silvana O. Anche Gesù dice: "se non nascerete una seconda volta"...La seconda nascita in questa vita è un po' il discorso che facevi tu dell'illuminazione (a) La Città Nascente, Edizioni Dedalo 1985) (b) La Città a Immagine e Somiglianza dell'Uomo, Hoepli 1967) Vittorio M. Esattamente. Parliamo di questo. Dicevamo che l'illuminazione viene vista come qualcosa che accade in un certo momento, come si dice del Buddha. Si pensa che in esso tutto si svela, come accadde anche a Archimede quando esclamò "Eureka"...ma c'è appunto una differenza su cui vale la pena riflettere. Un conto è un'acquisizione intellettuale, un'idea che può venirti all'improvviso, una lampadina che si accende, mentre l'illuminazione mi sembra qualcosa di molto più profondo, come un nascere. Certo, nella nascita c'è il momento di un primo vagito, ma è un processo che viene da molto lontano, da nove mesi di gestazione, che seguono il concepimento, e il concepimento viene da tutta una storia che ha creato i cromosomi, che ha determinato i rapporti fra i genitori ecc., L'illuminazione è come questa nascita, è anche come il sorgere del sole, che non avviene all'improvviso ma è preceduto da un chiarore crescente sul finire della notte. O è come un fiore che sboccia, dopo che la pianta ha lungamente preparato questo momento...Può accadere così anche per noi? Ma chi conosce i tempi della nostra gestazione? Pat Sophie G. E' l'accorgersi... Vittorio M. E' l'accorgersi...dobbiamo certo aspettare che il sole sorga per accorgerci che è giorno ma il nostro compito non finisce lì. Tutta la nostra giornata, tutta la nostra vita devono essere una continua apertura, una continua nascita, in modo da cogliere sempre il significato nascente dell'essere e riconoscerlo in tutto, come in tutto bisogna riconoscere Dio, che è la nascita per eccellenza, la Creazione continua, eterna. Quanto alle nostre piccole opere, devono essere anche loro un "accorgersi", per quel poco che possiamo vedere, un riconoscere, un testimoniare... Giorgio F. Concordo con quello che si sta dicendo. Io trovo che tutta la tua pittura ed anche il tuo lavoro architettonico sano in fortissima continuità, sono un susseguirsi di vissuti, non c'è un punto in cui quello che è stato è stato, c'è una rivelazione, e poi c'è un altro punto, in una situazione di continuità. Anche in questo quadro che hai fatto vedere adesso c'è questo dinamismo, questo vissuto, che io trovo che tu riesci ad esprimere benissimo anche a livello cromatico. Per esempio, quello che vediamo qua sembrerebbe un notturno, che però è rischiarato da queste strisce rosse. C'è molto calore, come una serie di vite che sembrano coagularsi nella tua pittura in questa serie di rossi. A me per esempio ha colpito molto Iside... Vittorio M. Guardiamolo. C'è in effetti molto rosso Giorgio F. Per me è molto bello. Io trovo che questo crepitare di rosso, dove non c'è una linea, è senza soluzione di continuità fra la vita che hai vissuto in precedenza, quella che viviamo ora e una futura illuminazione... trovo che in architettura lo esprimi in maniera bellissima, l'apertura del Fiore è secondo me geniale, in pittura io, personalmente - poi ognuno porta a casa qualcosa di diverso - è coerente, con questo fondo caldo che ritroviamo, se si guarda bene, in tutta la serie che ci hai fatto vedere, c'è alla base questo elemento magmatico, caldo.... Vittorio M. ...e c'è anche altro, il rapporto fra la terra e il cielo...A proposito del quadro di cui parla Giorgio, mi viene da pensare che l'ho dipinto un giorno - sono passati quarant'anni - e .adesso cominciamo a guardarlo come un quadro antico. E' proprio una bella scoperta!. Lo diceva, mi sembra La Bruyère: nous qui sommes si modernes sérons considérés un jour comme des anciens! Silvana O. Perché hai chiamato il quadro Iside, la divinità femminile della religione egizia? Vittorio M. Non lo so. In quel momento, ero forse vicino a Iside e a Osiride, in qualche modo Pat Sophie G. forse sei stato fatto a pezzi come Osiride? Vittorio M. Nel quadro c'è un sacco di pezzi, ma sono pesci. In qualche modo questa signora Iside è la luna che sta facendo alzare le maree e uscire i pesci dall'acqua. Il perché poi un pesce sia sgozzato, senza testa, non l'ho capito per molto tempo, ma direi oggi che ci parla di una morte e di un'anima che è chiamata da Iside in cielo. Dal pesce sembra infatti nascere tutta una spirale che conduce l'anima a Iside o a Osiride.... Silvana O. D'Annunzio diceva: "io rinasco ogni mattina" Vittorio M. Non vorrei fare un torto a un poeta, ma temo che intendesse con questo la rinascita, ogni giorno, della voglia di vivere, mentre noi cerchiamo di avvicinarci alla nascita spirituale. Nei quadri che abbiamo visto, ce ne sono tanti che hanno dipinto l'aurora, come un preludio, un'attesa di tale nascita, ma mi ricordo quello che mi ha detto una volta Pat Sophie, cioè che si vede sempre che sta per nascere il sole e poi...non nasce! In realtà nasce ma è molto rapido il passaggio dall'aurora al tramonto e bisogna fare questo passaggio infinite volte per "accorgersene" come dici tu, questa è un pochino la risposta, no? Altrimenti, sarebbe come pensare che uno la mattina sta per svegliarsi, poi apre gli occhi, si gode subito il sole a mezzogiorno... ed è così arrivato. No, non è così: il sole nasce, poi sale fino a mezzogiorno, c'è poi il pomeriggio e la sera in cui tramonta, e poi c'è la notte e poi di nuovo il sorgere del sole nel mattino seguente. Questo passaggio bisogna farlo in tutti i sensi. Anche una carota, un filo d'erba, o qualunque altra cosa, per crescere deve essere esposta al sole innumerevoli volte, e così dobbiamo farlo tutti noi, anche chi non crede alla reincarnazione. Ma, in questo continuo e ciclico passaggio attraverso la vita e la morte, la luce e l'oscurità, cosa accade alla fine? Si raggiunge forse una luce permanente, perpetua? Rispetto alla transitorietà delle nostre vite diremmo di si, pensando al nostro Sé perenne che abbiamo tanto evocato, ma se però guardiamo a una scala cosmica, probabilmente il processo continua, continua...Un astro ruota intorno a un altro, una galassia intorno a un'altra galassia, e così il nostro Sé riconoscerà un altro Sé più grande intorno a cui ruotare....qualcosa che non possiamo assolutamente immaginare, anche se possiamo scoprire che, nonostante la sua immensità, è comunque dentro di noi. Tornando adesso alla vita ordinaria, mi trovavo una volta alle Seychelles in un albergo in cui, la sera, c'era un po' di intrattenimento. Ricordo una ballerina che ballava....torno in camera e faccio questo quadro. Chissà quali sono i meandri della psiche che fan sì che uno veda una bella ragazza, una ballerina, e dipinga dopo una scena che ha una valenza molto più grande, non contingente, in cui c'è un senso di circolarità - guardate questo braccio con la mano che tocca il suo piede - la circolarità del tutto....C'è poi una luce verso cui la figura tende, come verso un sole nascente, ma ce n' è anche un'altra che è intrinseca alla figura. E' lo stesso discorso su ciò che è fuori ma che è anche dentro di noi. Nella circolarità c'è un centro, il centro interiore. Adesso devo interrogarvi: tu, Paolo, non dici niente? Paolo G. ascolto... Vittorio M. Ascolti anche tu, troppo comodo, e tu Ettore ? Ettore L. Ettore ascolta e gode, ammira e gode Vittorio M. anche a me piace molto ascoltare. Normalmente, quando vado alle conferenze e il conferenziere chiede: c'è qualcuno che ha delle domande? io mi nascondo tutto e non dico mai nulla, però stavolta sono dall'altra parte... Silvana O. Hai bisogno di un supporto? Vittorio M. Si, anche di un supporto. Un dialogo deve essere almeno a due...e Danilo, è silenzioso anche lui? Danilo G. Tornando alla città, hai interpretato la Piramide come un'arca futurista? Vittorio M. Parli del progetto di Roma? e, immagino, di futurismo nel senso che guarda al futuro...Che sia un'arca è vero, è proprio un'arca. Io ho alcuni difetti...uno dei principali è che disegno continuamente delle arche, ne ho fatte almeno una dozzina e alcune le ho anche costruite, altre immaginate,. sognate, e ne parleremo forse in un prossimo incontro. Questa continuità e insistenza nel comunicare lo stesso messaggio, mi fanno purtroppo pensare a una premonizione di tipo catastrofico, cioè io sono convinto che il mondo vada alla deriva e che occuparsi di fare l'arca sia quindi un'attività della massima urgenza. Silvana O. Pensi anche tu che il mondo finirà nel 2012? Vittorio M. Senza impegnarmi con delle date precise..., temo che le prospettive del mondo siano drammatiche, ed io sono portato a viverne l'annuncio anche nella normalità del mio lavoro.. Quante volte comincio un progetto con tutt'altri intenti, magari è un incarico, di fare un palazzo dello sport o un centro commerciale, un centro di congressi o quello che volete, e diventa un'arca., ma non perché io lo voglia. Anzi, poiché so che lo diventerà, cerco di contrastare questa tendenza: cosa c'entra l'arca, io devo guardare al problema di come deve funzionare un centro commerciale o altri temi che mi sono posti. Vi ho poi già raccontato che, qualunque sia il contesto in cui si situa il mio progetto, viene sempre il momento in cui, come una rivelazione, si svela l'arca, che si orienta ineluttabilmente verso l'oriente. Cosa vuol dire l'ARCA? Vuol dire un'arca di salvezza, in un'ottica catastrofica, vuol dire un'aspirazione spirituale, un vascello cosmico, come lo è una falce di luna, vuol dire la nostra anima che è ugualmente un vascello, vuol dire anche uno scrigno in cui riporre i tesori della civiltà... Danilo G. Un concetto di conservazione... Vittorio M. ...anche di conservazione, conservazione per il futuro. Ma adesso vi faccio rivedere l'arca del progetto di Firenze. Ecco, questo edificio l'abbiamo visto come fiore, come bocciolo aperto, ma è facendo questo disegno alla fine del progetto che mi sono accorto come questo lato in cui viene interrotta la spirale segua esattamente l'orientazione verso oriente, ed è di nuovo l'arca, e di nuovo qui si presenta sia come un vascello sia come un riferimento spirituale, sia come uno scrigno, un canestro, un contenitore che porta i tesori del mondo...c'è sempre questo fondo apocalittico che io sento molto, in qualche modo vedo il necessario lavoro dell'uomo come un costruire, attraverso delle vicissitudini drammatiche, l'arca, che è insieme un guardare a una meta cosmica e un salvare quello che di più bello l'uomo ha fatto A questo aggiungerei il significato ancora più profondo di un'offerta sacrale. Tutta la vita è un'offerta sacrale. Per ciò che riguarda la Piramide di Roma, che è quadrata, vi ho già mostrato che la diagonale dell'edificio è come la prua di una grande nave, l'arca, che va verso l'oriente. Tutti i templi pagani, tutte le chiese cristiane sono sempre rivolti a Oriente. La sola che fa eccezione, sapete qual'è? San Pietro! San Pietro va al contrario, come se voltasse le spalle al sole nascente, e lo stesso fanno i sacerdoti che celebrano messa rivolti da qualche tempo verso la gente e non verso il tabernacolo dell'abside, orientata appunto ad oriente.... Ecco qui un architetto: che cosa ne dice dell'idea di costruire sul Palatino questa roba? Ettore L. Ah ecco! Be..., io l'apprezzo tantissimo, assolutamente! Vittorio M. Grazie, tuttavia devo farti parte di una riflessione. Da una parte, io credo profondamente in questi progetti, ci credo al punto di disegnarli a un livello esecutivo, come se dovessero essere costruiti domattina, e non certo come una provocazione, come molti pensano. Ricordo però Le Corbusier che fece una volta il progetto di un quartiere pieno di torri, il Plan Voisin, che comportava la demolizione di una delle zone più affascinanti di Parigi, il Marais. Non glielo fecero fare, e per tutta la vita lui ha continuato a lamentarsi di non aver potuto realizzare la sua opera. A me sembra di essere meno esigente o almeno miglior filosofo, pensando che, se non mi fanno realizzare la Piramide, può anche darsi che..."insomma, tout passe... forse è meglio così"... aderendo in tal modo a una tendenza che mi sembra di cogliere nel nostro tempo, o almeno spero che si faccia strada: che bisogna forse saper realizzare anche solo su un piano virtuale. Il piano virtuale potrebbe essere anche quello vero, perché gli edifici prima o poi crollano, Roma ce ne dà un esempio fantastico... tutti questi meravigliosi palazzi sono ora ridotti in polvere, così sarebbe un giorno ridotta in polvere anche la mia Piramide, se mai fosse realizzata, mentre la realizzazione di ciò che acquisisci nella tua anima, che ti apre un orizzonte interiore e che quindi possiamo considerare virtuale, è la sola cosa reale. Lo dicevi anche tu, Paolo, nell’altro incontro, che "le sole cose reali sono quelle invisibili". Che quelle visibili siano irreali lo sappiamo d'altra parte tutti...Allora, il dare forma all'invisibile, chi lo fa col pennello, chi con un verso, chi con un progetto è certo bello, è come amare indipendentemente dal fatto che l'amore non venga magari corrisposto. Certo, l’architettura è sempre stata legata all’idea di un progetto fatto per essere costruito, tuttavia si è già costruito tanto che può essere benvenuta anche l'idea di buttare giù qualche cosa o dell'astenersi dal costruire ancora. Ecco, il prossimo incontro verrà incentrato sull’idea del vuoto, perché quando uno cerca in sé poi finisce col trovare il vuoto, ossia il pieno ma di altri valori. Bisogna saper creare il vuoto anche in determinati ambiti, innanzitutto dentro di sé, come assoluta ricettività, come un grembo materno, e poi anche nella città. Quindi io propongo di ....demolire il centro di Milano! Ma ne parleremo un'altra volta Silvana O. Vuoi demolire anche il Duomo? Vittorio M. No, no…però il Duomo ridotto a rovina sarebbe affascinante....Ho visto a Cipro delle bellissime architetture gotiche perché, quando Cipro era un regno Franco, i crociati avevano portato degli architetti dalla Francia che costruirono delle chiese gotiche di altissima qualità, come se fossero a Parigi o a Chartres, ma ridotte oggi in rovina in seguito alla dominazione turca, salvo alcune trasformate in moschee. Per noi, che associamo l'aspetto di rovina ad edifici classici, per lo più ridotti a ruderi spogliati delle finiture architettoniche, è veramente interessante vedere delle rovine gotiche, che sono molto più strutturali, quasi dei manuali di costruzione o di smontaggio di opere in pietra. Silvana O. Di che parte di Cipro stai parlando? Vittorio M. Del lato turco. Nel lato greco non c’è quasi nulla, né di gotico, né di classico, niente, è stato tutto fatto fuori….mentre nel lato turco, tutto è stato lasciato andare, con le rovine e con un certo fascino che vi si associa. E appunto può darsi che il Duomo di Milano un giorno sia così. Ho appena spiegato prima ad Alessandra che, davanti al Duomo, c'era un tempo un'antica basilica, Santa Tecla, che fu appunto demolita nel Rinascimento per realizzare una piazza davanti al Duomo in costruzione: una piazza che prese appunto la forma della basilica distrutta, come il suo calco. E' a metà dell'ottocento che la piazza è stata enormemente allargata per assumere la proporzione, anzi la sproporzione attuale.. Nella storia succedono molte cose, con tremende distruzioni in seguito alle quali sorgono nuove costruzioni, nuove civiltà. Non voglio evocare l'incubo di una guerra atomica, ma è ovvio che la dimensione della morte è indispensabile per la vita, e che questo vale sia per le nostre esistenze individuali che per le civiltà.. Possiamo forse immaginare di vivere dei secoli o che le nostre città, le nostre istituzioni, le nostre lingue rimangano immutate nei millenni? No, ed è al contrario molto fecondo che, su ogni piano, degli individui e dei popoli, possiamo conoscere anche gli inverni della morte, della distruzione o della barbarie, per poi rinascere sempre di nuovo. La civiltà romana è morta, ed è da questa morte che è nata la nostra civiltà che oggi sta per morire anch'essa. Se si potesse guardare indietro nel tempo, penso che si troverebbero anche altre civiltà, altri cicli, e che comunque ci saranno in futuro, secondo dei ritmi che fanno parte della ciclicità della vita. Quindi anche il Duomo per il momento lo conserviamo, più avanti ci faremo un pensierino….voi ridete di questo, ma pensate quanti meravigliosi templi del passato sono andati perduti. Silvana O. Bè... anche a Milano ci sono stati tanti cambiamenti. Napoleone... Vittorio M. ...Napoleone ha fatto radere al suolo la chiesa di San Francesco, bellissima chiesa gotica che sorgeva accanto alla Cattolica, la gente non se ne ricorda neppure…. Ettore L. Ne son successe di cose. Nel '49 hanno distrutto la chiesa di San Giovanni in Conca in Piazza Missori. Adesso se ne vede mezza abside e si pensa che il resto sia stato bombardato. No, è perché il Soprintendente, due giorni dopo l'avvio delle demolizioni, è riuscito a bloccarle, salvando almeno un frammento dell'abside e la cripta. Vittorio M. Prima vi ho fatto vedere la vista aerea del plastico di Roma antica, ci siamo ben capiti che non è la Roma di oggi? Della Roma di allora rimane solo il Colosseo, guardate quanti templi, quante basiliche, quante case sono scomparse. Basti dire che le macerie di questa immane distruzione hanno fatto salire il livello della città di qualche metro, come del resto è accaduto anche a Milano... Ettore L. Infatti, ci sono le rovine del teatro romano alcuni metri sotto il palazzo della Camera di Commercio. Io ho lavorato a una sua sistemazione museografica interattiva, dove si vedono alcune ambientazioni che evocano la vita dell'epoca. Pare che siano molto suggestive. Vittorio M. Oltre all'interesse archeologico e alle suggestioni che si associano ai tempi passati, vorrei per finire attirare la tua attenzione, Silvana, come psicologa, sul rapporto con l'ombra di cui ci siamo occupati fin dall'inizio di questo Seminario. Lo riconoscerei adesso non solo nel nostro animo, come tu farai in sede di analisi, ma anche nel passato, nella radice della città, nelle esperienze di morte, distruzione e rimozione che si sono avvicendate nella storia e che si sono sedimentate nell'inconscio della città. Se vogliamo intraprendere opere nuove, luminose, creative, dovremo prendere coscienza di questo fondo oscuro e portarlo a consapevolezza, esattamente come lo si fa in una terapia. Non è poi un'idea stravagante che il mondo e la città siano malati e quindi bisognosi di cure. Il progetto di cura a cui stiamo lavorando non comporta solo dei rimedi materiali e neppure delle teorie, ma un entrare in sintonia con l'anima: è la nostra anima, Psiche, che permea la città e il mondo, cercando di ricondurli alla salute, all'armonia. torna all'inizio dell'Incontro n° 22 il dibattito può proseguire on line scrivendoci: arcadelduomo@gmail.com |