Incontro n° 8 del 26 maggio 2010
Nel dibattito sono intervenuti anche: Federico Ferraris, Gerardo Palmieri, Antonio Miglietta, Silvana Olmo,
Ettore Lariani.
Vittorio Mazzucconi
Il discorso sul sentimento e sulla ragione ci ha accompagnato in tanti modi. Lo abbiamo infatti letto anche
nella forma parallela del femminile e del maschile e, nel penultimo incontro, nel rapporto fra libertà e legge.
Questo rapporto lo abbiamo poi vissuto anche nella città, perché in essa è evidente la necessità di un
insieme di norme che regolamentino le attività dei cittadini, al fine di contemperarne la libertà con la
convivenza sociale. Oltre ad aver citato il concetto di strada, che è la prima legge presente in una città, non
ci siamo però divulgati oltre nella selva delle disposizioni regolamentari di ogni sorte che disciplinano ma
anche mortificano la vita del cittadino, mentre abbiamo preferito parlare della Polis in un senso molto ideale.
Ci siamo riallacciati in tal modo al tema del Seminario "Il Lavoro Spirituale" dell'anno scorso, in cui si
propugnava l'esigenza di una vera e propria rifondazione della città: non di interventi tecnici, o burocratici o
politici, ma proprio di un intento fondativo che è poi a specchio del rifondamento di noi stessi. E' questa
l’impresa essenziale, fondamentale, se vogliamo che il mondo vada avanti, al di là del crollo di ogni valore
che stiamo vivendo e della possibile catastrofe in cui esso può sfociare.
Restando ancora nel tema della città, ma non in quello specifico della legge che in essa si manifesta,
vogliamo parlare adesso del tempio.
Le città sono sempre state raccolte intorno a un tempio: una volta si credeva molto nei valori religiosi ma, a
parte le credenze e anche i poteri che si fondavano su di esse, vogliamo mettere l'accento sulla centralità del
tempio. Come nel nostro essere, nel nostro corpo, c’è un cuore, così nella città c’era un tempio. Questo sia
in epoca greco-romana, sia nel Medioevo, sia nei secoli successivi, anche se con un intento sempre meno
orientato verso una vera spiritualità...
Oggi il tempio, la chiesa, non sono più il centro della città, e quel che è peggio non coincidono più con il
nostro cuore, con la nostra verità, con la nostra ricchezza interiore. Al centro della vita contemporanea,
invece del tempio, abbiamo i monumenti al benessere, al denaro.
Andando però con ordine, mi viene in mente l’immagine del tempio greco. Non so se voi sapete che le sue
forme, le colonne, i triglifi, i particolari decorativi, erano la traduzione dell’originale costruzione in legno,
vengono proprio da questo saper costruire in legno. A parte la tecnica messa a punto in questa attività, c’era
un rapporto con la natura, col famoso "sentimento", parola che abbiamo usato come contenitore per definire
non solo i sentimenti ma anche l'inconscio, la natura, le radici, e anche l'oscurità in cui esse penetrano, o
anche l'appartenenza alla terra, o infine l'appartenenza alle tradizioni che vengono da una lungo processo di
apprendimento. Gli uomini nella foresta hanno cominciato a costruire fisicamente e anche mentalmente le
cose, tagliando gli alberi , mentre più tardi, in una civiltà più avanzata, questa costruzione si è trasferita nel
marmo. E' come dire, seguendo quello che abbiamo sempre detto nel Seminario, che il sentimento si evolve
nella ragione, e oltre. I primitivi non sapevano evidentemente che l'albero usato a colpi d'ascia come
materiale da costruzione, portava in sé la chiave archetipica di ben più sofisticate intuizioni. .
Esse ci hanno mostrato un momento iniziale in cui il sentimento è sorgivo, un momento finale in cui la
ragione decade, ed un momento centrale in cui sentimento e ragione insieme formano un’unità. Il tempio
greco è proprio l’espressione di questa unità, dove non c’è traccia di un sentimento isolato dalla ragione e
neanche di una ragione che abbia fatto tabula rasa del sentimento.
Questa unità si esprimeva anche in forme pratiche: non solo, come dicevo, le forme nel marmo erano la
traduzione di quelle del legno, ma questo lavoro era intessuto alla vita sociale, era tutt'uno con essa.
L'edificazione di tutti i templi ha sempre richiesto i contributi economici dei cittadini, ma si dice che il
Partenone fosse stato costruito mettendo insieme i pezzi di marmo fatti addirittura uno per uno e portati dai
cittadini. Riesce difficile immaginare la perizia e la coordinazione necessaria per una tale opera, ma ci viene
in aiuto, facendo un salto in altri tempi e luoghi, quello che ho saputo in Messico visitando le piramidi Maya.
Anche queste erano fatte col concorso del popolo, perfino delle donne e dei b bambini. Quando vedi queste
piramidi così immense, ti chiedi come potessero farcela. Se vai lì te ne accorgi: sono tutte fatte di piccoli
sassi, sassi di fiume, e quindi anche un bambino poteva portare il suo sasso. Poi gli artefici esperti
rivestivano questa montagna di sassi con delle lastre, tagliate ad arte evidentemente ma, al di là di un'abile
suddivisione dei compiti, l'essenziale è che il tempio fosse l'opera, il dono di tutta la comunità. Il rapporto col
sentimento è anche questo: non si costruiva un edificio per il prestigio, per un investimento di denaro, per
una speculazione, tutte cose che accadono oggi. Si costruiva invece come opera corale di un popolo e
questo è straordinario!
Facciamo ora un altro salto e vediamo com’era la città nel Medioevo.
Abbiamo tutti in mente la cattedrale gotica, proprio nel centro di queste città spontanee. Mentre il tempio
pagano era aperto sul Foro, nel centro della città classica, dove si incontrano gli assi ortogonali, le città
medievali erano come un insieme organico, una forma naturale di strade circolari e strade radiali, cresciuta
spontaneamente, direi come una pianta, una molecola, un animale.
Nel suo centro c’era appunto il cuore pulsante, ovvero la cattedrale per la quale per secoli e secoli lavorava
la gente. E anche lì vedi il rapporto col sentimento: non solo il sentimento della gente che appunto
contribuiva con tutta l’anima, con tutto il proprio lavoro, alla costruzione della cattedrale, ma anche la sua
radice nella vita dei poli nordici, in un ambiente naturale ricco di grandi foreste, a cui la cattedrale si è
naturalmente ispirata.
Anche essa è la traduzione di un primo lavoro nel legno. Ma mentre la colonna greca era un tronco - salvo
quella dorica che poteva essere immaginata come fatta da tanti piccoli tronchi assemblati, di cui è rimasta
memoria nelle sue scanalature - .i pilastri della cattedrale gotica sono costruiti mettendo tanti legni insieme,
ma questa volta sono veri alberi uniti in un fascio e che poi alla loro sommità si ramificano, generando delle
volte che sembrano fatte di rami intrecciati, come si usava fare per costruirsi un riparo nella foresta.
Tutto questo è bellissimo! Io torno sempre al solito punto, cioè: il rapporto tra quello che è in noi, che fa parte
del nostro cuore e che riconosciamo nella natura, e anche nel lavoro dell’uomo legato alla natura, al
mestiere, alle tradizioni, da una parte; e dall’altra invece la ragione, che costruisce geometrie in continuità
con un principio naturale: è come l'accordo di due note che genera un'armonia e ci porta sulla soglia del
trascendente...
Pensate ai rosoni di una cattedrale gotica, che non sono altro che mandala, simboli dell'assoluto,
dell’universo, della centralità del tutto.
Facendo un altro salto, questa volta un brutto salto, e giungendo alla nostra città, vediamo che il centro non
è più quello di cui stiamo parlando. Possono esserci delle grandi chiese, monumenti del passato, ma non
sono più la nostra opera vera. Il nostro centro a Milano è la Rinascente, sono le banche…
Questo esprime il fatto che, nel nostro tempo, il sentimento, come ancoraggio al cuore e alle tradizioni, è
andato del tutto perduto, e la ragione non è più quella del cuore, quella che disciplina, purifica, illumina i
moti dell'animo, ma è diventata in sé una struttura a se stante – vedi la matematica, l’informatica, la scienza
che nega ogni altro aspetto che non sia riconducibile a un piano razionale.
In questa luce, o piuttosto in questa oscurità, possiamo chiederci qual'è stato il destino dei due modelli quasi
archetipici di cui abbiamo parlato, il tempio classico e la cattedrale gotica. Per ciò che riguarda il tempio
classico - forse non c’avrete fatto caso - ma il suo frontone è diventato quello delle banche e dei palazzi del
potere di tutto il mondo. Se invece si prende la cattedrale gotica, la sua spinta alla verticalità la si ritrova nei
grattacieli, è lo stesso impulso; solo che prima, costruendo le cattedrali con guglie sempre più alte, si
pensava di andare verso Dio, mentre oggi, col grattacielo, si pensa solo ad accumulare soldi su soldi, soldi
su soldi.....fino a farne non una guglia, un campanile, un minareto, uno strumento di ascesa verso il divino,
ma una pila di denaro. Ciò fa parte della proiezione di un senso di onnipotenza, di un'ottica prometeica, con
cui l’uomo crede di raggiungere la felicità con il potere, a cui equivalgono il denaro e la stessa conoscenza...
E' questo purtroppo il nostro tempo anche se, accanto agli aspetti che io reputo distruttivi, e che sono sotto i
nostri occhi, si fanno strada sempre più delle tendenze opposte, in tante forme, che possono riequilibrare lo
strapotere della ragione e del materialismo economico. Per non citarne che alcune, sono l'attenzione alla
sostenibilità, il rispetto della vita, l'emancipazione femminile, la fusione di popoli e culture, la New age...., fino
a poter intuire in tutto questo il sorgere di una nuova spiritualità. Parlando di questa, non bisogna però
farsi illusioni perché sarà spiritualità vera solo nella misura in cui saprà rapportarsi alla realtà operante,
anche alla realtà economica, anche alla scienza: enormi forze che una nuova spiritualità non può certo
negare ma solo equilibrare. E' solo in un nuovo equilibrio la soluzione ai problemi del mondo.
In una società come la nostra, se noi volessimo immaginare un nuovo tempio, come sarebbe?
Possiamo immaginare un tempio come quello greco, che è simbolo di un’unità tra sentimento e ragione?
Direi proprio di no, perché se ci sono due cose che sono divise nel nostro tempo, sono proprio queste.
Possiamo immaginare un tempio come quello gotico, così ispirato a un anelito divino? No…
Come ci dobbiamo poi situare rispetto al tempio? Nell’antichità classica la gente stava all'esterno del tempio;
il sacerdote praticava i suoi riti davanti alla sua facciata. Il tempio era riservato a Dio, che si supponeva vi
abitasse, e l'ingresso nella cella dove c'era il simulacro del Dio era consentito ai soli sacerdoti, come del
testo accadeva anche nei templi egizi. Nella chiesa cristiana, invece, il tempio è diventato la casa della
comunità - ecclesia vuol dire appunto "assemblea" - in cui si riuniscono i fedeli...
Oggi, noi ci troviamo al cinema, ci riuniamo davanti alla televisione - il mondo è incredibilmente cambiato - e
porsi il problema di dire “come facciamo oggi un edificio sacro” è pressoché senza speranza. Ogni tanto si
fanno dei concorsi per la realizzazione di chiese moderne, che sono squallidissime, non per colpa degli
architetti, ma perché un architetto, senza l'ancoraggio a una viva tradizione e senza vivere un profondo
bisogno collettivo come quello delle epoche animate da uno spirito religioso, che cosa può fare? Può solo
fare delle forme cercando di essere moderno, cercando di essere originale, ma saranno forme al servizio di
un contenuto che non c'è più.
C'è poi un altro aspetto: nel parlare tante volte di sentimento e ragione, ne abbiamo associato il rapporto a
quello fra femminile e maschile, ma possiamo adesso leggerne il rapporto anche nel tempio. La chiesa era,
direi, non solo legata al sentimento religioso ma legata al femminile, tanto quanto invece il potere politico era
maschile. Quindi, nella città antica, c'era questa chiesa femminile, a fronte della quale c'era il potere politico,
eminentemente maschile. A guardar meglio c'era un rapporto fra due poteri, quello religioso e quello politico,
non dissimile dagli analoghi poteri in una rapporto di coppia.
Se guardate invece un tempio greco, sapreste dirmi per caso se è maschile o femminile?.No, perché in se
realizzava proprio un'unione, l'unione del femminile e del maschile. Gibran, il poeta libanese che ha scritto "il
profeta"- lo conoscete? - diceva molto bene che per sostenere l'architrave di un tempio, occorrono due
colonne e che esse devono essere a una giusta distanza, proprio come due amanti, a cui riferiva l'immagine.
Quindi il tempio era l'unione del maschile e del femminile, basata sulle vere ed eterne forze della vita. Se
pensate invece a una chiesa gotica, vedete che comincia con essa il cammino della separazione: si è fatto
qualcosa di unicamente legato al sentimento, tutto rivolto alla mamma - non si dice forse "madre chiesa"?-
separandolo dalla ragione, che veniva invece identificata nel potere paterno...
Pensando a un tempio per il nostro tempo - voi sapete che tendo a ripetermi perché sono ormai vecchio - ho
fatto tante arche, ma proprio tante!. Questa questione dell'arca mi travaglia da sempre: non è l'arca ebraica,
che era una cassa in cui si custodivano le tavole della legge ed altre cose preziose; non è neanche l'arca di
Noè, per quanto io abbia qualche piccola idea sulla possibilità di diluvi atomici nel nostro tempo; ma è
qualcosa di misterioso, che io associo alla falce della luna, l'associo a un grembo materno.
Ci sono però due modi di pensare l'arca, con riferimento al maschile e al femminile. In un modo maschile,
l'arca è un mezzo, un veicolo, una nave come quella che gli argonauti costruirono per andare alla ricerca del
vello d'oro o come quella degli ardimentosi esploratori di ogni tempo. Questa idea di arca al maschile - si può
pensare oggi a un'astronave, a un viaggio spaziale - è uno strumento di potere, di viaggio, di avventura. Io
stesso, se guardo al mio progetto della Piramide del Palatino, vedo che c'è molto, in questa forma
tecnologica, che fa pensare a un'astronave.
'è invece poi l'arca al femminile, che è concava, tutta fatta di un accogliere, di un ricevere, di un amare, e
anche di un sognare e un intuire qualcosa di misterioso, come una falce di luna.
E poi, ma questo non è per domattina, ci può essere una fusione di queste cose, di nuovo una unione del
sentimento e della ragione ma non più ai livelli in cui questo era possibile nel passato. Domani ci saranno le
astronavi, ci saranno tecnologie strabilianti, ma il mondo nuovo in cui queste cose avverranno dovrà essere
anche il mondo di una consapevolezza, di una conoscenza nutrita dall'anima, un mondo in cui il femminile e
il maschile troveranno un nuovo equilibrio. Altrimenti, cosa accadrà? Accadrà che un tale mondo
semplicemente "non potrà nascere" nel senso vero, divino della parola, ma sarà solo un'invenzione
diabolica, un mostro che ci condurrà alla catastrofe....
A questo punto, potremmo visualizzare l'arca, rivedendo alcuni dei miei progetti, o potremmo invece
continuare solo con le parole, cercando di mettere a fuoco questa idea di un tempio possibile per una società
come la nostra.
Più che guardare a una forma di tale tempio, e anche più che pensare a una sua funzione, come quella di
riunire una comunità in preghiera, più che costruire insomma un edificio, dobbiamo chiederci: esiste e qual'è
il bisogno di un tempio? Il bisogno dell'uomo, da sempre, che fosse credente o non credente in una o
nell'altra religione, è sempre stato quello di trovare una risposta alla domanda cruciale di come sopravvivere
alla morte, e di intuirla in un'idea trascendente: quella di Dio. Per avvicinarsi a questo Dio, sono sorti molti
modi di propiziazione e purificazione, con delle pratiche, delle preghiere, delle meditazioni, e con la
creazione di luoghi, i templi, in cui svolgerle. Un uomo veramente religioso non dovrebbe tuttavia pregare
solo quando è in chiesa ma dovrebbe avere dentro di sé il suo tempio interiore, dovrebbe anzi fare di se
stesso un tempio.
E' solo se si è coltivato in sé questo atteggiamento che si può pensare anche ad esprimerlo all'esterno con
delle azioni, con delle forme, compresa quella, per gli addetti ai lavori, di realizzare un edificio cultuale..
Tutto ciò non corrisponde purtroppo affatto alla posizione dell'uomo del nostro tempo. E se anche per un
qualche miracolo si decidesse di realizzare un tale tempio, quanta gente sarebbe portata a considerarlo
come un oggetto di appalti, di guadagno! I sindaci farebbero a gara nell'accappararsi delle archi-stars per
ricavarne prestigio; accadrebbe insomma l'opposto di un vero senso religioso...
E' d'altra parte probabile che, anche in altri tempi, sia sempre accaduto così. Anche le chiese più belle, le
opere più spirituali sono state fatte per una qualche motivazione politica o di prestigio, non solo per un
intento religioso. Le parole di Gesù - "dai a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio"- regolano
purtroppo il rapporto fra la realtà terrena e la spiritualità, anche se non posso credere che sanciscano una
separazione ma piuttosto una complementarità.
Comunque la si realizzi, a cosa serve la basilica più grande del mondo se si perde di vista il fatto che il Dio
che si immagina che scenda come una grazia nel suo spazio sacro, deve in realtà scendere o salire in noi,
nel nostro centro interiore?
Federico F.
Lo scopo di un tempio, o almeno il dono che esso di dà, è anche la bellezza
Vittorio M.
Il divino, la verità interiore e la bellezza non sono forse la stessa cosa? Uno deve trovarla dentro di sé ma
anche riconoscerla al di fuori di sé, e collaborare alla sua scoperta. E' fondamentale esprimere la bellezza e
sentirla come un bene comune. Io posso avere il mio tempio interiore, ma è bello che esso sia per tutti e che
sia bello perché, se qualcuno è privo del beneficio della bellezza, gli manca una dimensione essenziale
della vita.
Federico F.
La bellezza nasce dall'unione di due poli..
Vittorio M.
...il femminile e il maschile. Tornando a quanto dicevamo prima del tempio, il religioso lo puoi associare al
femminile, il pratico o il politico al maschile, dico "associare" perché non bisogna arrivare a identificazioni
troppo precise. La religione ha una funzione di accoglienza, di consolazione, di maternità. C'è poi un fatto
che riguarda l'età dell'uomo. Nel passato della storia umana l'uomo era come un bambino e aveva quindi
bisogno della madre e del padre. La chiesa era la madre e il Re o Dio stesso era il padre. Oggi l'uomo è
adulto e quindi, a noi, dell'autorità del padre non ce ne importa niente - non la riconosciamo neanche - e
della madre chiesa ce ne importa ancora meno. Questo è giusto, siamo diventati adulti; però, da adulti, cosa
facciamo? Beh, facciamo delle cose orrende, perché va benissimo essere indipendenti, seguire la propria
ragione, non ubbidire più ai genitori o alle autorità, ma dobbiamo trovare dentro di noi la verità, la base,
l'imperativo morale, il senso della bellezza, il senso della giustizia, il senso della sostenibilità del pianeta,
tutte leggi che non sono più comandamenti di Dio o ordini della mamma e del papà, ma dobbiamo
costruircele noi. In questa ricerca prendiamo delle grandi cantonate, fabbrichiamo armi spaventose,
seguiamo delle strade nefaste. Poi, col, tempo, io penso che l'uomo adulto dovrebbe arrivare a una
maggiore saggezza, ritrovando la verità in sé.
Tante cose che sono state insegnate nel corso della storia in un modo che oggi ci sembra infantile, come le
varie superstizioni, l'inferno, il paradiso ecc sono appunto favole per bambini, che hanno certo un fondo di
verità, ma adattata a un'intelligenza infantile. Se, da adulti vogliamo ancora parlare dell'inferno, dobbiamo
vederlo come l'ombra in noi, il nostro lato oscuro; quando parliamo di verità, non dobbiamo identificarla con i
dogmi della chiesa ma dobbiamo costruirla noi stessi, attraverso la nostra responsabile esperienza.
Dobbiamo però essere adulti così maturi da poter contenere e riscoprire il bambino in noi, non per
raccontargli le favole ma per ritrovarne lo stato nascente, innocente, pronto a creare liberamente un nuovo
mondo.
Tornando al tempio, non rimpiangerei la forma del tempio greco né quella della cattedrale gotica, non mi
fisserei in alcuna forma ma indugerei un poco nella mia metafora dell'arca, che mi sembra esprimere il fatto
che viviamo in un tempo di grandissimo pericolo, che prelude a una fine del mondo o almeno a una profonda
trasformazione del mondo come lo conosciamo. Di fronte a questa prospettiva, l'arca ci mostra poi la scelta
fra due direzioni: quella della violenza tecnologica e non solo, al maschile; e quella di una civiltà al
femminile, che rivaluti il sentimento, la natura, la spiritualità.
Dibattito
Le dimensioni del tempio
Gerardo P.
Scusa Vittorio, prima tu volevi forse dire che le dimensioni di un tempio sono in contrasto con quella che
dovrebbe essere la spiritualità con cui un tempio deve richiamare i fedeli? o ho capito male?
Vittorio M.
Non ho detto questo, non parlavo di dimensioni. Possiamo comunque distinguere fra la chiesa opera della
devozione del suo popolo e quella invece che rispondeva a un intento di prestigio politico, spesso con
dimensioni imponenti al servizio di tale prestigio. In ogni caso l'essenziale è pregare, che sia in una basilica
enorme o nell'intimo del proprio cuore, come in un tempio interiore, che è quello che io sento di più. E' però
anche bello che tanti uomini insieme condividano questo loro impulso e che lo esprimano anche in una bella
e grande basilica. Non dicevo mai che la dimensione è in contrasto con la spiritualità, ma che non deve in
nessun caso presumere di potersi sostituire ad essa. Anzi, deve porsi al suo servizio
Gerardo P.
Sta di fatto che la maggior parte dei templi importanti privilegiano la dimensione. No n so se hai mai visto la
moschea di Hassan II che è la più grande del mondo, è impressionante...la spiritualità che ti da questa
dimensione enorme - tu ti senti una mosca - credo che fosse nelle intenzioni di chi l'ha voluta...
Vittorio M.
La grande dimensione non ha molto a che vedere con la spiritualità. La riscontravi una volta, è vero, per lo
più nei templi, ma anche in altre opere, pensa al Colosseo, ai Palazzi Reali o, oggi, ai nostri grattacieli.
Questi sono gli eredi della cattedrale gotica anche da un altro punto di vista: hanno la stessa spinta alla
verticalità, che una volta esprimeva un anelito religioso e oggi la potenza del denaro. La fronte del tempio
greco una volta era il volto di Dio - si pensava che il Dio abitasse nel tempio - oggi come oggi la trovi nella
facciata delle banche e nei palazzi del potere di tutto il mondo. In questo senso io dicevo che
l'esteriorizzazione, la dimensione non hanno nulla in comune con la spiritualità, a meno di essere poste al
suo servizio. Nel mio progetto per una nuova Milano, quando proponevo una cerchia di grattacieli lungo la
cerchia dei Bastioni, ne mettevo in evidenza la grande dimensione, la monumentalità, ma dicevo che erano
auspicabili solo se messe in rapporto con l'aspetto complementare del cuore della città, ispirato invece a
tutt'altri valori.
Vale poi il discorso più generale sull'età dell'uomo. Mentre il bambino guardava timorosamente alla mamma
o al papà, alla chiesa, all'imperatore ecc, così l'uomo adulto guarda alla sua ragione e ne è orgoglioso; è
proprio l'orgoglio di cui sono espressione i grattacieli. In un periodo storico come il nostro questa ragione gli
sembra la sola chiave, la sola realtà, per cui si inchina ad essa e le costruisce i più grandi monumenti.
Ragione, denaro, scienza e tecnologia fine a se stesse sono unite insieme.
Silvana O.
E' l'aspetto maschile
Vittorio M.
E' l'aspetto maschile ed è anche un aspetto di immaturità, se vuoi come un ragazzo di vent'anni che è nel
pieno delle sue forze ma non del suo giudizio. Più tardi, quando diventa più maturo, cresce in lui anche una
parte femminile che porta a un addolcimento. Un uomo adulto, un uomo civile, non è più prepotente,
aggressivo. Quando poi, andando avanti nel tempo, giungerà alla vecchiaia, questo equilibrio si volgerà
sempre di più verso dei valori interiori.
Gerardo P.
Io però penso che la dimensione o anche l'aggressività di certi templi contribuiscano a far sentire all'uomo
maturo la sua dimensione rispetto alla divinità. San Pietro, la moschea di Hassan II, la grande Piramide mi
incutono rispetto, sono strutture realizzate per richiamare l'uomo alla sua dimensione umana, così piccola
rispetto alla divinità
Essere agnostico
Vittorio M.
La dimensione umana richiederebbe un altro discorso, ma non mi fisserei troppo sulla dimensione degli
edifici, dato che sto difendendo l'importanza e la verità del tempio interiore. Ma adesso vorrei sentire cosa
dice il nostro amico Antonio che mi sembra sia piuttosto laico, no?
Antonio M.
Io sono agnostico
Vittorio M.
Io sono sempre alle prese, in combattimento, sia con i filosofi deterministi, laici, riduzionisti..e altrettanto lo
sono con i confessionali, i credenti
Silvana O.
le prendi da tutt'e due
Antonio M.
Agnostico è una posizione diversa
Gerardo P.
Agnostico vuol dire qualcuno che non conosce, è molto più facile essere in mezzo
Antonio M.
Uno che non crede. Per certi versi può essere anche considerata una posizione di comodo, di non
responsabilità. Agnostico può però avere tante chiavi di lettura: può voler dire che i modelli di credo che le
varie culture, le varie epoche hanno formulato, non mi soddisfano
Gerardo P.
E perché non ne proponi un'altro?
Antonio M.
Mi sembrerebbe di essere un po' presuntuoso
Gerardo P.
Scusa, ma se tu ti trovi un sistema che contesti, se non proponi un'alternativa che contributo dai?
Antonio M.
L'agnostico, o perlomeno il tipo di agnostico che io credo di essere, non fa questo tipo di ragionamento, che
è plausibile, ma fa tutto un altro discorso: cioè quando io dico che i modelli di religione, di credo, non mi
soddisfano, stiamo parlando di credo, qualcosa che non ha nulla a che fare con una verità oggettiva, ma
riflette solo la presunzione della religione che crede di essere la verità rilevata. Davanti a questo, che diventa
una questione di fede, l'agnostico che non l'ha, che non la sente....
Vittorio M.
Vorrei dire che un conto è il Credo, insegnato dalla Chiesa come una verità rivelata che non ha alcuna base
razionale e che siamo liberi di non condividere, e un altro è credere che la realtà non sia solo quella fisica
ma che, al di sopra di essa e anzi nella sua profonda radice, ci sia un'essenza spirituale. Anche se non ne
esiste un'evidenza razionale, è tuttavia evidente che è la nostra ragione stessa ad essere limitata, in
confronto all'immensità dell'universo e alla prodigiosa ricchezza e molteplicità di significati che esso ci
suggerisce, e che riuniamo nell'intuizione di un Dio da cui tutto emana. Quanto alle forme che questa
intuizione ha preso in tante diverse religioni, che siano la rivelazione di Gesù, il messaggio del Corano, o
cento altre credenze nel mondo, sono solo delle forme culturali, mi sembra, ma non da trascurare per
questo, perché ricalcano dei percorsi della psiche umana che ha un bisogno essenziale di Dio, lo ha nel suo
Dna: non è un'immaginazione, ma la necessità di strutturarsi seguendo il filo conduttore che ci porta dalla
terra al cielo, come vedi nella vita di un albero.
Gerardo P.
Io volevo rispondere ad Antonio. Non è solo la religione che ci impone dei dogmi. ma anche la scienza. Non
credo che tutto possa essere provato sul piano fisico. Per esempio, i neuroni e protoni, tu li hai mai visti? e la
corrente elettrica? Non sono cose più evidenti di tutto quello che si dice della vita di Gesù. Tante cose sono
indimostrabili, però la mente umana desidera e cerca di darsi degli obiettivi in una continua ricerca. Non è
possibile essere scettici su tutto; propriocome diceva Vittorio, lo spirito umano ha una esigenza di spiritualità, di divinità che è fondamentale. Che poi
la si possa chiamare Jahvè, Padre eterno, Allah non cambia l'esigenza fondamentale dell'anima umana, e
tanto meno la cambia il fatto che degli elementi specifici non siano dimostrabili. Questa è la mia opinione
Vittorio M.
...che condivido. Quanto a questo bisogno dell'essere umano, molto spesso ho parlato del fiore, facendo un
paragone con la pianta che cresce, si sviluppa, e per un suo profondo impulso deve produrre il fiore, il frutto.
Questo, sul piano pratico, biologico, è finalizzato alla riproduzione, ma mi sembra anche metafora di un
cammino più essenziale che, dalla radice, dalla vita pratica, sale come la linfa di un albero per giungere alla
ragione e soprattutto andare oltre. Il bisogno di cui parlava Gerardo, è quello di creare il fiore, e il frutto che
non è più solo quello che contiene i semi per assicurare la riproduzione, ma è il frutto della conoscenza. Non
parlo della conoscenza razionale ma di quella del tutto che ci rende uomini nel più alto senso della parola.
Questa conoscenza, per un profondo sentimento religioso, non è il collocare Dio nel più alto dei cieli, ma il
sentirlo in noi stessi. Anzi, se c'è un Dio, io penso che noi siamo questo Dio, nel suo farsi attraverso di noi. Io
credo molto in questo, anche se può non essere un'opinione condivisa dalla Chiesa...
Ha un senso di pensare a un nuovo tempio?
Ettore L.
Io posso solo fare una fotografia della realtà e vedere che ciò che è più simile al tempio sono oggi i musei,
per esempio, o certe strutture, soprattutto di matrice nordica, dove i parametri che si sanno utilizzare per
formare dei luoghi socialmente fruibili e equilibrati, hanno a che fare con la bioedilizia o con l'architettura
sostenibile. In questo senso, a me sembra - tu sai che la mia posizione è come quella di Antonio, mi
proclamo agnostico - a me sembra che questo sia un trend positivo. Da una parte abbiamo delle grandi
architetture che possono anche essere in taluni casi delle performance tecnologiche che ci lasciano un po a
bocca aperta, musei che non hanno nulla a che fare con la religione, perché sono delle macchine culturali
che possono servire in modo molto democratico allo sviluppo e all'acculturazione delle cosiddette masse.
D'altro canto, fenomeno secondo me più interessante, abbiamo un'evoluzione di elementi, di manufatti
anche stilisticamente coerenti con esigenze tecnologiche, che rendono le città più vivibili, con meno
inquinamento, col recupero di energia, e quindi in questo senso non vedo l'esigenza di un tempio, non
capisco la domanda, proprio perché, sia che uno abbia una religiosità sia che non la possieda, a me basta
un vivere civile: ci sono dei bei musei, delle città più vivibili e, in prospettiva, ecologicamente più sostenibili
rispetto a quelle odierne, mi sembra un buon trend.
Gerardo P.
Qualunque associazione, i Lyons per esempio, deve pur avere una sede per i propri aderenti. La chiesa è
ugualmente il luogo di incontro per i fedeli.
Ettore L.
Non trascuriamo il fatto che l'appartenenza religiosa e anche l'aspetto associazionistico sono meccanismi
sociali attualmente non così necessari. Le relazioni che vanno poi a strutturare degli aspetti politici, di
intervento sulla realtà, sono associazioni che hanno molto a che fare con la realtà sociale e economica e, al
di là di luoghi di incontro fisico, con lo scambio a distanza, anche al di là delle frontiere.
Gerardo P.
Ma i contatti diretti fra persone sonio insostituibili.
Ettore L.
Si, sono una buona cosa ma non contraddittoria rispetto ad altre forme associative che, dopo Habermas, si
stanno dimostrando più vitali. Ho già citato cosa egli dice sull'agire partecipativo, constatando che non
funziona.
Vittorio M.
Non allarghiamo troppo... i musei c'erano anche una volta, le biblioteche e altre opere pubbliche anche,
basti pensare alla biblioteca di Alessandria, ai Fori di Roma, ai teatri...Che oggi si facciano delle cose
spettacolari mi va molto bene, però la religione è un altro discorso. Uno può dire che è del tutto inutile - non
mi serve - mentre un altro può invece pensare - e io lo penso - che, come dice la parola, la religione è un
religere, un mettere insieme. Cioè, mi va bene che ci siano i musei, i teatri, gli ospedali, la partecipazione
ecc, ma il senso del tutto, a cui un uomo si trova di fronte quando muore, qual'è? E' una mania dell'uomo di
cercare una risposta a questo? pensando che tutte le costruzioni del mondo, compresi tutti i musei più grandi
e più belli, non siano sufficienti se manca un qualcosa, se non riesci a renderti conto del perché di tutto
questo. Le domande che sono nel cuore dell'uomo sono domande profonde. Uno può essere agnostico e
non porsele- è una sua scelta - però l'umanità ci ha sempre creduto, in innumerevoli forme, alcune di
altissimo livello spirituale, altre purtroppo spinte fino a delle conseguenze deplorevoli, anche di violenza, di
aggressività. Ma non si può negare che un bisogno profondo esista, è una realtà.
Ora, io non vedo una possibile risposta nei dogmi, credenze in cui uno si chiude, ma proprio nel fatto della
fioritura. E' la stessa esigenza che fa sì che un uomo desideri un figlio e, se non perviene ad averlo, è come
se limitasse molto se stesso, non si realizzasse pienamente; e così un uomo che non ha una fede, qualcosa
che lo trascende, che non fa nascere in lui un figlio spirituale, è un uomo che vive a un livello, per carità,
civile, onesto, valido da tanti punti di vista, ma che mi fa desiderare per lui un passo oltre. Non puoi
contestare che alcuni uomini abbiano questa esigenza.
Ettore L.
Quello che non accetto è che, chi ha questo senso religioso, voglia trasferirlo all'altro, desiderare che l'altro
debba porsi nelle stesse condizioni
Vittorio M.
Chiunque abbia un'opinione, se la ritiene giusta , desidera che sia condivisa, ma comunque nessuno ti vuole
obbligare a convertirti a qualsiasi cosa. Io stavo parlando di un'esigenza interiore, che non può essere
imposta, ma vorrei aggiungere un'altra osservazione su un piano storico. Mi viene in mente che, anche
nell'Impero Romano, si costruivano edifici spettacolari, come terme, basiliche, anfiteatri, Fori, mentre era
meno evidente l'impegno nel costruire templi, peraltro dedicati per lo più agli imperatori stessi. Questo
perché la civiltà romana, come la nostra, era una civiltà adulta, in un certo senso laica. Ciò non toglie che,
quando a tale civiltà è seguita una nuova barbarie, crollassero gli illustri edifici dell'opulenza e del potere, per
far posto ai luoghi di culto e a tutta una cultura improntata a nuovi valori religiosi. Perché questo? Perché il
sentimento religioso è una realtà profonda dell'anima umana che ciclicamente emerge e che, io penso, sarà
destinata ad emergere e affermarsi, quando l'orgoglio della nostra civiltà lascerà il posto al ritorno ai valori
interiori..
Il tempio è appunto un valore interiore, che emerge e si realizza spontaneamente in tante forme, non
necessariamente in un vero e proprio luogo di culto. Guardando per esempio un Centro polisportivo che ho
costruito anni fa in montagna - ne potete vedere un'immagine appesa al muro - tutti pensano che sia una
chiesa. Non era certo la mia intenzione, ma solo un impulso del mio animo: già un gesto, il disegno di una
forma è in sé una preghiera. Io sento molto questo, altri sentono un'altra cosa. Prendendo la mia metafora
dell'albero, noi siamo tutto l'albero ma, su un piano più particolare, funzionale, c'è chi è parte della corteccia,
un altro è una radice e ha a che fare con la terra, un terzo con le foglie che fa muovere al vento, e un altro
infine si sta occupando di far spuntare il fiore.... E' un mestiere anche questo... ed io sto cercando di
impararlo.
Gerardo P.
anche gli uccelli volano ad altezze diverse
Vittorio M.
Quello che non mi piace nel punto di vista razionale, agnostico, determinista - chiamiamolo come vogliamo -
è che sembra incapace di riconoscere che non è il solo punto di vista possibile. Tu pensi che i religiosi
vogliono convertirti a qualcosa - nessuno vuole convertirti, non saprei neanche a cosa convertirti - ma in
realtà, in un certo senso, la pensi come loro: cioè ti stupisci che la gente si occupi di templi, di religioni,
quando è così evidente e civile che è meglio occuparsi di tutte le cose utili e belle che hai enumerato, con o
senza partecipazione. Mi sembrerebbe invece più giusto di dirsi che, certamente, c'è un piano pratico, in cui
fai benissimo a stare con la tua competenza e la tua onestà, ma ce n'è anche un altro, è così evidente!
Nessuno nega che ci sia la terra, ma non rifiutare che ci sia anche il cielo e, oltre il cielo, uno spazio
cosmico, un' altra dimensione. E' la realtà intesa in un senso più vasto. Pensi che sia invece
immaginazione? Ma abbiamo appena visto che anche la storia ci mostra quanto l'impulso al cielo sia invece
reale, fino a ridurre in polvere le più solide civiltà.
Una città senza tempio
Federico F.
Come si può pensare una città senza tempio?
Vittorio M.
Sarebbe come un uomo senza un cuore. Sembra un'immagine facile, ma una città che non ha una chiesa
nel centro non riesco neppure a pensarla. Non funzionerebbe? No, funzionerebbe benissimo, magari ci
sarebbe una pompa al posto del cuore, un centro commerciale al posto della chiesa, ma è proprio
indifferente che nel centro della città ci sia qualunque cosa? Come se nel nostro centro interiore, invece di
sentimenti, impulsi, amore, ci fossero degli oggetti. Al cuore si associano non solo la circolazione del sangue
ma anche appunto il mondo dei sentimenti - gli antichi pensavano che fosse la sede dell'anima - e io sono
portato a crederlo perché ogni cosa e a maggior ragione un cuore è un intero polivalente, uno specchio
dell'universo, e nell'universo c'è tutto: c'è spazio per la radice e c'è spazio per il fiore, c'è spazio per le
opinioni più razionali e c'è spazio per l'ascesi, per i voli mistici, c'è spazio per tutto. Ora, la religione, nel
senso vero della parola, è il contrario di quello che sembra: non una costruzione dogmatica che ti chiude -
questa è l'opera dei preti - mentre la religione è un aprirsi a tutto, è un rimettere insieme tutto, proprio il
contrario di quello che appare.
Federico F.
A proposito di luoghi di culto, penso agli americani che riempiono gli stadi per le riunioni di sette, in cui molti
credono ciecamente.
Vittorio M.
Il primo modo di essere religioso è di non credere a niente, è di essere agnostico nel senso buono della
parola. Però, se uno non è assolutamente religioso, e si appoggia esclusivamente alla ragione, alla scienza,
che stia bene attento a non farsi imprigionare a suo turno da delle opinioni, che diventano anch'esse dei
dogmi. Comunque, quanto al discorso centrale, esso è quello del tempio interiore. Che cos'è? Insomma, tu
nasci nel mondo, vivi, un brutto giorno giungi alla morte; c'è qualcosa in te che non si rassegna, che pensa
che, al di là della vita fisica, ci sia un senso: il coltivare questo senso è come avere un'immagine dentro di te,
è come avere un piccolo altare, una fiammella che brucia...Ma andrei oltre: l'uomo stesso deve farsi tempio
di Dio e testimoniarlo con i suoi pensieri e le sue azioni.
Ettore L.
Si, ma mi chiedo se, oggi, ha senso di proiettare tutto questo in un edificio fisico...
Vittorio M.
Su questo sono d'accordo. Infatti mi ero posto il problema, anche in modo un po' naif, chiedendo: se
dovessimo fare un tempio, oggi, come lo faremmo? Non mi sono avventurato in ipotesi ma mi sono solo
detto che forse non farei un luogo dove riunirsi, la gente si riunisce piuttosto allo stadio, in un teatro o altrove;
non farei qualche cosa perché la gente creda che Dio ci abiti dentro, e allora mi è venuta in mente- lo sai -
questa idea dell'arca. Che cos'è questa arca? E' qualcosa che viene dal profondo, e io stesso mi applico a
cercare di capire che cos'è.
Da una parte ne vedo un senso messianico. Guardando al mondo così com'è, per quanto tu lo veda così
civile, penso che non abbia la vita lunga e che ci avviciniamo a un profondo cambio di civiltà. Quindi l'arca è
un po' questo. L'idea dell'arca è anche un conservare tanti frutti meravigliosi della nostra civiltà che
andrebbero persi, che possono andare persi, compresi i bellissimi musei di oggi. Basta una bombetta
atomica lanciata da un terrorista per dire addio ai musei, addio ai grattacieli di vetro, addio ai nostri
volonterosi propositi di sostenibilità. Dall'altro canto, ti ripeto, c'è nell'arca anche un aspetto femminile. La
sua concavità, il suo farsi grembo, il suo magico riferirsi alla luna, ci fanno pensare a una civiltà futura che,
penso, sarà molto improntata al femminile. Sarà un bene per il mondo che ciò avvenga perché il punto di
vista femminile è più comprensivo, più legato alla vita, alla maternità, all'amore, e non più solo
all'affermazione e alla lotta..
Con questo non voglio dire che dobbiamo tutti costruire delle arche per entrarci come ai tempi di Noè, ma
sto solo dandovi un'immagine, un'interpretazione personale del dramma del mondo. Non è concettuale, non
è voluta, ma è qualcosa che sorge spontaneamente nel mio animo, ogni qualvolta faccio un progetto: anche
se è un centro commerciale, un edificio sportivo, un teatro, un museo....nasce in me l'idea dell'arca, che è in
realtà un tempio.
Stonehenge
Silvana O.
Posso aggiungere qualche cosa? Avrei voluto intervenire su molti punti; però era per me più interessante
ascoltare. Volevo ritornare al tempio più antico che conosciamo, che è Stonehenge. E' un cerchio scavato
nella terra, in cui probabilmente facevano circolare l'acqua. Con la luce della luna o del sole questo anello
d'acqua prendeva luminosità. E poi queste meravigliose pietre che conosciamo: in questo caso il tempio è
proprio l'unione, come dicevi tu, della terra e del cielo, a cui certamente guardavano, per calcolare la
posizione del sole, della luna, forse anche di Venere. Anche l'unione fra il maschile e il femminile era
presente: basta pensare al carattere maschile di forme come i monoliti, o a quello femminile dell'anello in cui
circolava l'acqua.
In epoche successive, abbiamo poi i monumenti egizi, che erano anch'essi ispirati a delle conoscenze
astronomiche, per poi arrivare alle cattedrali gotiche di cui parlavi tu, o a Santa Sofia, costruita inizialmente
da Giustiniano, la cui cupola è così femminile, tanto quanto sono maschili i minareti, peraltro aggiunti
posteriormente.
Ho anche visto in Grecia, questa volta una cabina ad alta tensione, in cui mi hanno spiegato come, in certi
strumenti, le forme arrotondate trattengono energia, mentre quelle diritte e a punta la trasmettono. E'
esattamente come dicevi tu, l'unione di femminile e maschile è a tutti i livelli, naturale, simbolico,
energetico....
Vittorio M.
...e lo è anche e soprattutto a livello psichico. Tutto si tiene.
Questo raggiunge il senso di questo seminario - mi rivolgo a chi viene per la prima volta - che è sul
sentimento e la ragione, sul femminile e maschile in tutte le forme. Abbiamo potuto vederne più da vicino
qualcuna, però sempre con un occhio all'unione dei due principi su tanti piani, che ci è apparsa essere
l'amore stesso, che si manifesta a tanti livelli, dall'amore più elementare fino all'amore sublime.
Federico F.
L'amor che move il sole e le altre stelle...
Vittorio M.
Sembra solo un verso poetico, ma è proprio vero...amore che è la spinta all'unione, è il dare e il ricevere, è il
creare...ho letto una cosa molto interessante l'altro giorno, che raggiunge completamente quello che
stavamo dicendo, cioè che il senso della parola "creazione", con cui si pensa in generale che Dio abbia
creato questo e quest'altro, è ben diverso. La parola ebraica originaria voleva dire invece "spezzare,
rompere, frantumare", proprio come ho sempre pensato nella mia ingenua metafisica. L'atto della creazione
è quello in cui l'Uno si è spezzato per diventare due, e poi quattro e poi l'infinita frammentazione che ne è
seguita. Mi è sempre sembrato così, anche se era magari più poetico immaginare un Dio che con il suo
gesto crea fiori, piante, animali di ogni specie...Invece no: era una frattura, un'esplosione dell'Uno, così come
è vero che tutto deve poi ritornare all'Uno. C'è per forza questo movimento, ogni espirazione comporta
un'ispirazione, e l'amore è questo: il rompersi, se si è capaci di amare - Gesù l'ha detto rompendo il pane in
tanti pezzi..- e poi è il ricomporsi, il ritornare all'Uno con l'unione ricercata in tanti modi, non solo fra uomo e
donna: ci si ama, si ama anche quello che si mangia, si amano delle idee, si compie continuamente lo sforzo
di riunirci, lottando contro ciò che ci separa..
Proiezioni (Le arche)
Vittorio M.
Volete che vi faccia vedere un po' di arche, o parliamo ancora?
La Piramide del Palatino
Silvana O.
Quindi l'arca la vedi come un seme, Vittorio?
Vittorio M.
Quello che noi facciamo è un seme. L'arca è piuttosto il luogo dove si conservano i semi...
Ecco, questa per esempio è una delle arche - ci si può ragionare insieme - c'è in essa il maschile e il
femminile. Da una parte, questa grande costruzione tecnologica fa pensare a un'astronave - non si parlava
forse delle grandi realizzazioni contemporanee, dei nuovi musei ecc ? - ed è proprio disegnata per essere un
museo e un grande auditorium Certo, sarebbe assolutamente spettacolare di fare una cosa del genere nel
cuore di Roma, con grande gioia di Gerardo che ama gli edifici di grandi dimensioni..., ma io ci vedo anche
altre cose che sono nate nel mio animo e che ho cercato di esprimere, come il fatto che questa struttura
tecnologica, così maschile, così meccanica, sia in realtà una piramide rovesciata, avendo in questo
rovesciamento un segno di evidente femminilità. Questa è poi presente anche nella grande vela di marmo
bianco, che porta il movimento e la dolcezza di una curva fra degli elementi strutturali rettilinei. Questa vela
fa si che una forma auto-centrata come la piramide, sia spinta ad orientarsi e si trasformi in nave, in arca. Ne
vedete la chiglia, che è in parte rivestita di specchi per creare una rievocazione immaginaria dell'antica
Roma.
La chiglia ci mostra una direzione, seguendo la quale l'immensa piramide, centrata nel punto in cui essa si
appoggia col suo vertice sul terreno archeologico, sembra dirigersi, ma verso dove? Verso dove tutti i miei
progetti si dirigono in modo tanto ineluttabile quanto inconscio: verso l'Oriente. Non per nulla tutte le chiese,
tutti templi in ogni religione (salvo l'Islam) sono rivolti verso oriente.
Quindi, come vedete, c'è un aspetto maschile, tecnologico, aggressivo, futuribile, c'è un aspetto femminile
con cui esso si pone in rapporto, e poi c'è infine e soprattutto un aspetto di orientamento spirituale. Io sono
convinto che un tale orientamento nasce in un essere umano ma in generale in ogni creatura proprio
dall'unione fra il femminile e il maschile. A questo proposito, trovo inconcepibile che i ministri del culto siano
obbligati al celibato, contraddicendo così in pieno questa verità. Ricordate il paragone delle due colonne di
cui parlavamo prima? Solo con l'unione dei due principi si può accedere a un orientamento spirituale, poiché
esso è sinonimo di unità, è un movimento verso l'unità.
S ilvana O.
verso l'equilibrio
Vittorio M.
Non solo l'equilibrio, che è uno stato, ma qualcosa di propulsivo, da cui si parte per un ulteriore sviluppo.
Nell'antica Grecia, tu vedi queste statue che univano il maschile e il femminile in modo perfetto, come pure la
ragione e il sentimento che poteva venire dalla tragedia, dai miti, dalla poesia; e una tale unione rendeva
queste statue delle vere e proprie effigi divine. Come il maschio e la femmina si congiungono in un'unione
che produce il figlio, in un modo analogo, se in noi stessi, nelle nostre opere uniamo il maschile e il
femminile, noi produciamo il figlio spirituale, cioè
qualcosa che ci supera, il fiore di cui parlavo prima. Non so se sono chiari questi concetti, ma io li sento in
modo estremamente forte.
Quanto all'idea della piramide rovesciata ne ho parlato tante volte. La realtà materiale, in cui tutto si
costruisce pietra su pietra, soldo su soldo, per arrivare a un vertice di potere .- e in fondo anche la grande
religione egiziana non si discostava da questo, costruendo piramidi di potere - è invece rovesciata con
questo concetto. Si vede in esso un'evoluzione dall'idea di accumulo, appunto piramidale, a quella di
un'apertura in cui, partendo da un punto che è sempre il nostro cuore, il famoso tempio interiore, l'uomo si
predispone a una vera e propria fioritura. Qualunque cosa si dica, giungo sempre alla stessa verità, vista da
punti di vista diversi.
In cuor vostro magari pensate che per fortuna non mi lasceranno mai costruire questa Piramide sul Palatino,
e anche Gerardo comincerà ad apprezzare edifici più piccoli...
Il Fiore della Città Nascente
Un altro esempio di questo tempio dei nostri giorni, ma in realtà di un futuro non so quanto vicino o quanto
lontano, è il progetto della Città Nascente per un nuovo Centro di Firenze, di cui tante volte vi ho parlato, e in
particolare il suo edificio più importante, che è proprio il "Fiore". Qui non si pensa a un luogo in cui entrare
per pregare ma piuttosto a uno spazio in cui i giovani di tutto il mondo si ritrovano, suonano la chitarra,
cantano, partecipano alle attività universitarie negli auditorium che sono coperti dalla grande e aerea piazza
del Fiore. Ma l'importante, ciò che ha valore di simbolo, del tutto spontaneo peraltro, è sempre la fioritura, di
cui il Fiore ci mostra i petali aperti intorno al suo centro. Questo è il vero tempio - non so proprio quale culto
vi sarà mai celebrato - ma l'edificio in se né una celebrazione, è un'illuminazione. Cos'è l'illuminazione se
non proprio la fioritura dell'essere umano, simile a quella di un fiore in un prato? Quindi, se vogliamo
pensare a un'immagine di tempio che esprima l'illuminazione interiore, è proprio quella del fiore.
L'Arca della Nuova Agora
Questo particolare, in costruzione, del complesso della Nuova Agora, ad Atene, vi parla invece dell'aspetto
apocalittico dell'arca. Il cantiere, di cui vedete le impalcature con cui l'edificio si innalza, ci parla ancora della
spinta vitale delle aspirazioni umane, ma ogni aspirazione, ogni conquista porta in sé il destino di un
naufragio. Eccone infatti il relitto, incorporato nella superficie di vetro dell'edificio. La nostra vita è sempre un
naufragio, non c'è nessuna impresa umana che non finisca nel crollo o nel naufragio: questo sul piano fisico,
sul piano storico, sul piano biologico, ma c'è un altro piano che è quello di questa ascesa che va oltre il
naufragio, come una vela destinata a ben altro viaggio. Chiamala fiore, spirito, è ciò che è oltre l'evidenza
della fine.
Silvana O.
Perché parli di na
ufragio, Vittorio?
Vittorio M.
Perché ogni vita è un naufragio. Proprio ieri, con Federico, siamo andati al funerale di un comune amico.
Silvana O.
Ah, parli in questo senso...
Vittorio M.
Certo, ma anche in molti altri sensi e anche per ciò che riguarda le più belle speranze. Pensa a Gesù
stesso... la sua vita non è stata forse un naufragio?
Silvana O.
Dipende da quale punto di vista lo guardi; potrebbe anche essere stata un successo
Vittorio M.
Infatti sto indicando anche questo, che è l'altra faccia di uno stesso evento. Su un piano fisico, sul piano
della realizzazione materiale tutto è un naufragio, compresi i più grandi poteri della terra - pensa a Roma
stessa, parlavamo prima di questo grande impero finito in polvere - però questo naufragio è superato
dall'aspirazione spirituale, sia a livello interiore che a livello anche storico. Il naufragio fisico di Gesù ha dato
vita al Cristianesimo che è una grande conquista per l'umanità. Quindi, anche se il lato materiale è destinato
più o meno al naufragio, alla morte, al crollo, esso porta in sé la possibilità del suo superamento in un'altra
dimensione.
Opéra-Bastille
Vittorio M.
In un'altro progetto - ecco per esempio questa nuova arca,- si leggono bene i due aspetti femminile e
maschile: il primo nella grande curva, che è come un'onda o una nave pronta al varo, e il secondo nel
cantiere stesso della sua costruzione, che non è solo un'impalcatura tecnica, ma è incorporato come
elemento di architettura nel progetto stesso..
Silvana O.
E quella colonna che si vede nel centro?
Vittorio M.
E' una piccola magia, cioè questo edificio è un teatro, l’Operà Bastille, che doveva essere costruito sulla
piazza della Bastiglia a Parigi Nel centro della piazza c'è appunto la famosa colonna che si vede riflessa in
degli specchi, ma la colonna in realtà è davanti al Teatro.
Silvana O.
Si, certo, è riflessa
Vittorio M.
E' portata dentro come un riflesso da questi cubi di cristallo, con cui si costruisce un muro virtuale:
un'immagine, volendo, che esprimerebbe bene la struttura della nostra ragione e il suo "riflettere", anche se
in questa riflessione manca l'elemento più importante, il genio alato, la cui statua è in cima alla colonna. Nel
disegno che mostra l'interno del teatro, si vede invece tale genio, come dire che esso è visibile solo da un
punto di vista "interiore"
L'Arca delle Nevi
Ripeto che non voglio parlarvi di architettura, ma solo mostrarvi alcune testimonianze su quello che abbiamo
detto sul tema del tempio. Questo edificio è un centro poli-sportivo, a cui avevo già accennato prima. E'
molto più grande di quanto sembra, perché l'ho in gran parte interrato per non disturbare il paesaggio, in cui
sono visibili solo le curve delle travi di copertura, simili a una falce di luna o anche a un semplice gesto, che
è come un gesto di preghiera. Tutti pensano infatti che sia una chiesa, mentre molte chiese sembrano
magari dei centri sportivi o qualunque altra cosa. In tutti gli edifici che ho avuto l'opportunità di disegnare, si è
rivelata una segreta sacralità, che ha portato con sé anche l'orientamento verso Oriente, come accade
anche in questo edificio.
Ritorno così al nucleo del discorso di questa sera: il centro dell’essere umano, la nostra funzione è nel
realizzare nella nostra vita il ricettacolo, il vaso di quello che trascende l’uomo, il vaso del divino. Se non
vogliamo vivere inutilmente, dobbiamo costituirci come calice, come vaso dello spirito. Se un artista sente
questa esigenza, è normale che la esprima in tutte le sua, opere.
Silvana O.
Il calice è come il Santo Graal, un cuore vuoto, pulsante
Vittorio M.
In qualche modo si, questa è un'osservazione molto bella
Silvana O.
Ma dov'è questo edificio magico?
Vittorio M.
E' in Francia, nel Massiccio Centrale: un posto ancora più magico, poiché è il cratere di un antico vulcano,
che oggi ha l'aspetto di una prateria, tutta coperta di neve in inverno, fra delle pendici boschive che sono i
frammenti della corona del cratere.
Les Halles
Quest'altra arca, a dire il vero la prima che ho disegnato, era prevista per le Halles a Parigi. In essa si
congiungevano due cose: da una parte il fortissimo senso apocalittico, che è come spingesse sulle acque la
grande ruota del destino, e dall'altra la misteriosa compresenza di una cattedrale, ne potete vedere delle
parti vetrate e un grande organo. La zona delle Halles è il cuore di Parigi, il cuore svuotato e distrutto, da
quando è stato demolito il mercato generale, che era uno dei quartieri più vivaci della città - immaginate lo
straordinario spaccio di alimentari, vegetali, carni, la folla di gente che vi accalcava, i carri, i cavalli e più tardi
i camion: è tutto scomparso. Ne è rimasto solo testimone la chiesa di Saint Eustachia, di cui la nuova arca in
un modo misterioso riprende le proporzioni. Un altro collegamento, del tutto inconscio perché ne sono
venuto a conoscenza molto tempo dopo, riguarda l'emblema stesso di Parigi, che è proprio la barca, perché
la nascita della città è legata alla Senna, con il suo primo nucleo fondato sulla Ile de la Cité. Una visione
apocalittica si unisce quindi inconsciamente all'identità di Parigi, in un nuovo tempio che collega la memoria
del passato a un profondo senso religioso, mentre si affaccia al nostro mondo tecnologico e alla sua
possibile e catastrofica evoluzione.
L'Arche du Canal
Un'altra arca è nata nel progetto di una nuova sistemazione urbana a Nancy, anche in questo caso in
rapporto con l'acqua. Mentre però nell'arca delle Halles il riferimento era simbolico, qui c'è effettivamente un
grande bacino, derivato dalla Meurthe, in cui si affaccia il nuovo edificio. Ancora una volta la compresenza di
un elemento roteante, come la grande ruota delle Halles, e dell’anima del tempio, le cui vetrate rievocano
l’antica cattedrale della città.
Nasce una conversazione in cui molti si chiedono dov'è Nancy. Vittorio risponde spiegando anche la storia di
questa città, molto marcata dall'azione del Re Stanislas, come abbiamo già visto nell'incontro sulla Polis. A
proposito degli interventi urbanistici di questo Re, si accenna alla pratica , presente anche nella Parigi di
Haussmann, di tracciare degli assi che tagliavano con decisione il tessuto medioevale preesistente. Si
ricorda anche Roma, in cui fu aperta nello stesso modo la Via della Conciliazione davanti a San Pietro,
anche se con esiti meno felici.
Vittorio M.
Mentre, nei primi casi che abbiamo menzionato, era in qualche modo in atto un vivo rapporto fra libertà e
legge, fra vita popolare e volontà urbanistica, derivandone una grande ricchezza e varietà di situazioni
particolari, a Roma si è fatto un intervento freddo e compassato. Accanto al vantaggio di dare a San Pietro
un accesso ufficiale e proporzionato all'afflusso di turisti e devoti, esso ci ha privato dello straordinario effetto
di sorpresa che si provava uscendo dai vecchi vicoli per trovarsi di fronte all'immensa basilica...
Qualcosa di analogo si è fatto anche a Milano nell' ottocento, con la Piazza del Duomo, che ha ridotto il
Duomo alla condizione di un oggetto posto in un contenitore troppo grande, dicendo addio all'apparizione
magica di un tempo, quando sembrava che la cattedrale sorgesse per incanto dalla città popolare.
L'Arca del Duomo
Non volevo riparlare stasera di questo progetto, che conoscete bene, ma l'argomento ci porta diritto ad esso.
L'Arca vuol essere infatti un tempio e più precisamente un battistero, posto nel luogo naturale per questo tipo
di funzione, che è sempre stato davanti alle chiese. A pochi metri ci sono poi le rovine dell'antico battistero in
cui Sant'Ambrogio battezzò Sant'Agostino, a cui la nuova Arca vuol rifarsi con devozione. Come allora prese
termine la civiltà romana e ne iniziò una nuova, così penso che stia accadendo oggi, per cui, con l'Arca, ci
apprestiamo a celebrare la nascita del nostro futuro.
Ricordo anche che l'Arca si situa nel centro di quel grande "vuoto" centrale della nuova metropoli, che ho
descritto nel mio libro La Città Immagine e Somiglianza dell'Uomo. In questa visione, non solo un edificio ma
tutto il cuore della città è un tempio, nel senso profondo della parola.
Per concludere
Se vogliamo adesso riprendere e concludere la discussione sul tema "se è possibile e come potrebbe
essere un tempio, oggi?", ci possiamo chiedere qual'è il contributo che possono portarvi le idee che abbiamo
discusso..
La prima cosa che è emersa con forte evidenza è il loro messaggio apocalittico: non solo un messaggio di
catastrofe ma di salvezza, come l'annuncio di una nuova nascita; comunque ben diverso dalle consolazioni
religiose che vengono impartite nelle chiese. Una seconda è che nessuna delle mie arche è concepita come
un luogo di culto nel senso confessionale del termine: al loro interno ci sono per lo più degli auditorium, che
potrebbero anche essere utilizzati per questo scopo o per altre forme di culto che nasceranno da una nuova
civiltà. Un'altra, che è molto significativa, è infine la trasformazione della chiesa stessa in arca, come si vede
nell'ultimo progetto per Nancy e in molti precedenti. Un'arca di salvezza, in un mondo che va verso la
catastrofe. Non propongo certo la trasformazione di reali edifici ma l'immagine vuol forse dire che la
religione dovrebbe abbandonare i suoi vecchi schemi per abbracciare una nuova realtà, la realtà di un
periodo drammatico in cui deve assolvere la funzione di un traghetto fra una civiltà e l'altra.
Nel frattempo, nelle sterminate città del nostro tempo può essere richiesto di costruire dei nuovi luoghi di
culto, ma non avranno nulla in comune con i templi e le cattedrali di un tempo, la cui forma nasceva da una
forte e corale motivazione religiosa, oggi del tutto assente. Le antiche chiese rispondono invece ancora a un
bisogno di identità e di ancoraggio spirituale, culturale, sociale; non parlano forse più alla nostra mente ma
comunicano certamente con il nostro cuore. Quanto ai luoghi di altri culti, come le moschee, esse
appartengono a un altro ancoraggio, a un'altra cultura. Tendono a una stessa ispirazione religiosa, ma in
forme diverse da quelle degli archetipi - il tempio classico e la cattedrale gotica - a cui ci siamo riferiti.
Se il tema del tempio non è oggi molto sentito nel mondo occidentale, o se in altre culture esso assume
forme diverse, dove collochiamo la costruzione dell'arca? Io ne propongo degli esempi nella piazza del
Duomo di Milano, come nel centro di Firenze, di Parigi o altrove, ma è evidente che la sua vera realizzazione
può essere solo in una dimensione escatologica, forse anche storica nel lungo periodo ma, vorrei dire,
soprattutto in una dimensione interiore. L'idea dell'arca è in sé un atto di culto, è un'opera votiva, così
almeno io la sento.
Avete visto come le mie arche si sposano intimamente con le cattedrali che esprimono l'identità di una città,
di cui, in un certo senso, costituiscono una nuova incarnazione. Nello stesso modo, esse materializzano, in
forme sempre diverse, il tempio interiore e invisibile che porto in me, e che vi esorto a scoprire anche in voi
stessi.