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C.1.3.9

Sentimento e ragione
La nascita del figlio
in dialogo con Vittorio Mazzucconi
e i suoi ospiti


Indice SENTIMENTO E RAGIONE

 

Incontro n° 5 del 5 maggio 2010

Nel dibattito sono intervenuti anche: Silvia Guerriero, Eugenia Destro, Silvana Olmo, Alberto Fagioli, Federica Lanata, Carlo Laiso.

Vittorio Mazzucconi

Abbiamo dedicato l'ultimo incontro al rapporto fra femminile e maschile, che è perfettamente equivalente a quello fra sentimento e ragione. Non dico certo che le donne siano prive di ragione, o che la ragione sia solo appannaggio degli uomini: al contrario, prese in individualmente, ci sono mille situazioni, mille sfumature, in cui i rapporti sono diversi. Si potrebbe anche sostenere che l'uomo in fondo è molto più sentimentale della donna e che la donna è molto razionale, la donna che decide, delibera, mentre noi uomini ci facciamo facilmente prendere dai sentimenti. Comunque, a parte dei casi particolari, vale in generale l'equivalenza che abbiamo enunciato, e che invito ad esplorare meglio con la lettura delle dispense degli incontri precedenti.
L'argomento di stasera è: che cosa accade in questa unione? L'unione in sé è già un grande risultato;
l'equilibrio fra sentimento e ragione è fondamentale nella nostra vita psichica, come lo è ugualmente l'integrazione fra femminile e maschile in noi. Essa si realizza poi su diversi piani, come abbiamo già visto, e in molteplici rapporti in cui il passaggio dal femminile al maschile, dal sentimento alla ragione, si può leggere e si può anche compiere nei due sensi. Sono cioè valori reversibili, nel senso che uno può cambiare e trasformarsi nell'altro, e che, insieme, formano un ciclo. La ciclicità è tutta una filosofia della vita che abbiamo avuto modo di sviluppare in tante occasioni.

Sostanzialmente, il rapporto fra maschile e femminile è un'unione che produce il figlio, questa è la cosa fondamentale. E non parlo solo del bambino che nasce nell'ambito di un rapporto di coppia, ma di diversi piani in cui può essere vista la nascita del figlio.
Nel seguente schema, ho messo dapprima in evidenza l'equivalenza fra sentimento-ragione e femminilemaschile che ho enunciato prima, poiché tutto quello che indagheremo sarà valido per ambedue i rapporti.

Vedremo poi nella colonna di sinistra i vari piani di studio, come la vita vegetativa, gli animali, la natura ecc. fino a Dio, e, nella colonna contigua le corrispondenti forme che prende il rapporto fra femminile e maschile.

Leggendo dal basso in alto queste colonne, vediamo a livello della vita vegetativa delle piante, come è abbastanza ovvio, l'unione dei pollini da cui nasce il fiore.

La stessa cosa avviene negli animali e nell'uomo: è l'unione sessuale fra i corpi, da cui nasce il figlio. Qui si postula però anche un'altra cosa: che il rapporto fra i due generi non sia sufficiente a far nascere un figlio, perché ci vuole qualcos'altro: ci vuole l'anima che, se volete, entra nell'embrione nel momento in cui il maschile e il femminile si uniscono. E' solo una credenza? Ma non accadeva forse lo stesso anche nell'albero, in cui l'unione dei pollini non avrebbe dato luogo a niente se non ci fosse stata la luce?
Paragoniamo quindi la luce all'anima?.E vediamo l'anima in ogni nascita, non solo in quella dell'uomo?
Certamente.

Leggendo più sopra la voce "natura", ne vediamo un'evoluzione che si svolge ovviamente su un piano materiale, ma che è illuminata, orientata ad ogni passo, così almeno penso nonostante l'avviso contrario dei darvinisti. Ma è soprattutto oltre, con l'apparire dei primi inizi della civiltà, che si intuisce che essa sia stata possibile grazie a una luce, un orientamento, provenienti da un più alto livello. Certo ci rendiamo conto del faticoso processo con cui gli uomini primitivi, in tempi lunghissimi, hanno lentamente imparato le cose più elementari, come scheggiare le pietre per farne delle armi, o accendere il fuoco, ma è un fatto che, in tutti i popoli, in tutte le religioni c'è sempre l'intuizione di un personaggio divino che ha insegnato agli uomini a fare i primi passi: Osiride e Iside che insegnarono l'agricoltura agli Egiziani, Tagete che fece lo stesso nell'antica Etruria.e così via. In ogni religione si ipotizza un principio soprannaturale che ha insegnato agli uomini come passare dalla natura alla civiltà; alcuni pensano anche a messaggeri venuti dallo spazio...Noi non sappiamo ovviamente nulla di questo, però l'insieme dei rapporti finora visti mostra che l'unione di maschile-femminile, in questo caso della natura e della civiltà, dà frutto solo in presenza di un fattore superiore: una volta l'abbiamo chiamato anima, un'altra volta è la luce, un'altra ancora un messaggero celeste.

Nel campo dell'arte è vero lo stesso discorso. Anche nell'arte, l'opera nasce sempre da un rapporto fra il sentimento e la ragione - come io sostengo strenuamente - mentre, quando questo rapporto non c'è, l'arte diventa solo un esercizio concettuale, oppure solo un'effusione sentimentale: non è un'opera d'arte vera, che io considero invece proprio come un figlio, cioè un'opera vivente che nasce come un figlio. Nell'opera devono così unirsi il sentimento e la ragione, così come il maschile e il femminile presenti nell'anima dell'artista. Occorre ovviamente un "corpo" tecnico in cui questa unione si realizza, ma occorre anche ispirazione, un qualcosa che è a un altro livello e che dona la vita a questo rapporto. In uno degli scorsi incontri, ho avuto una grande discussione con uno scultore che pretendeva che l'ispirazione non esistesse.
Non sono riuscito a convincerlo che, pur apprezzando il suo approccio, molto concreto, molto onesto, di chi lavora la pietra con le sue mani, non ci può essere vera arte senza la presenza di questo quid che poi è il senso, l'anima vivente di tutto.


fig. 15

Se andiamo adesso alla linea dell"anima", vediamo che, anche e soprattutto su questo piano, l'unione femminile-maschile che realizza l'equilibrio interiore di cui parlavo, si fa gradino per accedere a un livello superiore che è aperto dall'intuizione. Sentimento e ragione devono essere armonicamente uniti, ma occorre l'intuizione per portare questa unione a un livello più alto, che è quello della vera conoscenza: non la conoscenza materialistica, ideologica, scientifica ma la conoscenza dell'anima.

Prima di giungere a un livello ancora più alto, quello di Dio, vorrei però tornare indietro a una linea intermedia, indicata in corsivo, in cui dovremmo parlare della mente. La mente cosa fa? Mentre le altre categorie indicate nello schema comportano l'unione di femminile e maschile, sentimento e ragione, la mente ha ed è solo ragione e, in luogo di unirsi al principio complementare per giungere a un livello più alto, si divide, come abbiamo detto tante volte paragonando la ragione alla ramatura di un albero, che si suddivide sempre di più. Questa divisione è il cammino della scienza. In ogni settore, in ogni specializzazione la scienza indaga e sviluppa una conoscenza sempre più ramificata. E' il percorso dell'evoluzione umana che ha portato a tante conquiste ma che, in qualche modo, è anche il percorso del "peccato originale". In una creazione in cui tutto dovrebbe essere ordinato al bene, alla felicità, ci troviamo invece nella realtà del male e dell'infelicità. La ragione, la mente è questo straordinario strumento che però produce un effetto completamente diverso dagli altri principi esaminati perché, mentre le piante producono il fiore, una coppia produce il figlio, dalla natura si passa alla civiltà, dai primi tentativi si passa all'opera d'arte, dall'intuizione si passa alla conoscenza ecc. la ragione porta alla divisione della scienza e la scienza porta a una direzione diversa da quella di uno sviluppo armonico dell'uomo e del mondo. Ne vediamo le conseguenze sotto gli occhi: la scienza che si trasferisce nella tecnologia, il materialismo dilagante, l'interesse speculativo a cui tutto è asservito. E non parlo solo di un interesse economico ma dell'impulso speculativo della mente in ogni campo, che porta allo sfruttamento insensato del pianeta e a una crescita distorta simile a quella dei tumori. Se invece, guardate alle piante, che vivono certo anch'esse una vita materiale, hanno le radici nella terra, devono resistere ai venti, devono costruirsi, vivere, espandersi in situazioni del tutto concrete, ma sono tuttavia in rapporto con la luce, con le forze benefiche dell'universo; e questo accade in tutto salvo che nella ragione, che è solo in rapporto con se stessa e si suddivide sempre di più, come un'opera deliberata di inaridimento, di sterilizzazione del mondo, in cui tutte le altre facoltà un po' alla volta si reclinano come fiori appassiti, se non aiutiamo - e questo è il senso del piccolissimo lavoro che facciamo - la loro sopravvivenza, se non le annaffiamo, se non ne prendiamo cura. Prender cura vuol dire amare. Quante volte si può dire che la ricerca scientifica ami il suo oggetto? Penso molto raramente.
L'amore è un'altra cosa, è un prendere cura, un immedesimarsi, un entrare nell'oggetto e portarlo in sé, mentre la scienza lo viviseziona, lo traduce in equazioni, lo mette poi al servizio di applicazioni tecnologiche ed economiche.

Dopo questa parentesi, ritorniamo all'anima, al vero camino dell'anima, in cui viene superata questa divisione e, per mezzo dell'intuizione o di quella che nell'arte si chiama ispirazione e che è la stessa cosa, si giunge alla vera conoscenza. Dire che è la conoscenza del cuore è molto generico e poi non ci credo.
Conoscenza del cuore è la bontà, sono i buoni sentimenti, l'avere un rapporto di empatia con gli altri: tutto questo è bello ma la vera conoscenza è unione fra sentimento e ragione, non cuore solo, non bontà sola.
Come abbiamo detto tante volte è l'unione della luce e dell'oscurità che ne viene illuminata, della conoscenza e dell'inconscio che emerge in essa.

Se vogliamo salire adesso al livello seguente del nostro schema, il più alto - Dio - da quale base partiremo per tentare di avvicinarci a tale altezza? Dall'uomo stesso, ma solo se in esso si è realizzata l'unione fra sentimento e ragione, fra femminile e maschile, ossia se è un uomo completo in cui si riassumono tutti i precedenti tentativi di unione, operati a tutti i livelli, dalla vita vegetativa al corpo, all'arte, all'anima. Ma anche un'unione così perfetta ha bisogno di un impulso, che viene dall'alto, come la luce, l'intuizione, l'ispirazione: questo impulso è lo Spirito. E nello stesso tempo viene anche dalle profondità del tuo animo, come dalla linfa dello stelo sale la forza che fa sbocciare il fiore. Questo impulso, per l'uomo,. è quindi come il fiore per la pianta, è come l'intuizione e l'ispirazione ma a un livello più alto.
Quindi, quando l'essere umano entra in contatto con lo Spirito, ancora una volta nasce il figlio, come il frutto di questa unione. Ma quale figlio, quale frutto?. "L'albero si conosce dai suoi frutti", diceva Gesù. Così come il figlio della pianta era il frutto; il figlio della natura, in un certo senso, era la civiltà; il figlio nell'arte era l'opera d'arte; il figlio dell'anima, la vera conoscenza, il figlio dell'unione con lo Spirito possiamo chiamarlo il "figlio di Dio".
E' difficile capire profondamente o almeno approfondire un po' di più questo pensiero. Nella storia di tanto in tanto appare un uomo di cui si dice che sia figlio di Dio, non molti a dire il vero: Gesù, Horus, Krishna, altre incarnazioni, oltre a dei saggi che si sono realizzati in silenzio, come fiorisce spesso in silenzio e in solitudine un fiore meraviglioso. Non è però nella storia ma proprio in questa analogia della fioritura, a cui continuamente mi richiamo, che mi sembra di intuire il senso profondo di questo mistero. Il figlio della pianta è quando il fiore sbocciato e fecondato si trasforma in frutto; il frutto dell'anima è quando per mezzo dell'intuizione nasce in essa la vera conoscenza; il figlio dell'uomo è quando egli accoglie in sé lo Spirito, e diventa proprio il figlio di Dio. L'uomo si rende conto - non lo dice forse la prima parola della preghiera di Gesù?- di poter dire "Padre", rivolgendosi a Dio. Che cosa stupenda, dire Padre vuol dire essere della stessa natura del Padre, vuol dire essere il suo erede, il suo continuatore: noi tutti siamo Dio nel suol farsi, nel suo svelarsi, nel suol realizzarsi in noi. Siamo figli del Dio padre e siamo quindi destinati a diventare Dio quando saremo abbastanza grandi...

Questo pensiero non viene in me da uno studio teologico ma nasce da un'intuizione più modesta, che non credo si trovi in alcuna religione: che tutto quello che accade ad ogni livello è uguale a quello che noi possiamo immaginare di Dio. Egli non è una realtà al di fuori di noi, inconoscibile, situata in spazi siderali o al di fuori dello spazio e del tempo o, se anche lo è, la vediamo rappresentata, anzi incarnata, vivente, in tutto quello che è la vita reale. La stessa cosa della pianta che produce il fiore la fa Dio, cercando con l'evoluzione in eoni di tempo di realizzarsi nel figlio come in un essere finalmente consapevole. Per il momento questo figlio lo siamo noi o siamo sulla strada di diventarlo, ma ce ne saranno certo altri nell'universo. E' la stessa cosa se guardi una pianta che fiorisce, un uomo che cerca la verità interiore, un fisico che indaga la natura: è sempre Dio che, attraverso le opere della natura o quelle dell'uomo, realizza un certo livello di consapevolezza. L'artista si rallegra di aver fatto un bel quadro, la mamma un bel bambino, l'anima gioisce di un'illuminazione interiore, qualche volta la natura si può gloriare - per modo di dire e non sempre, purtroppo - di essere diventata una civiltà ma, a livelli sempre crescenti, dal frutto al bambino alla civiltà ecc. si dovrebbe arrivare al livello supremo in cui la consapevolezza divina sarà proprio il conseguimento dell'uomo. Si capirà allora che, in questo rallegrarsi, è Dio che si rallegra; in questo realizzarsi, è Dio che si realizza, ossia ci realizziamo noi, che siamo Lui.

Ieri sera partecipavamo a una conferenza sull'illuminazione. Si diceva giustamente che, con essa, si giunge a sentirsi in simbiosi con il mondo, ad amare tutti, a capire il senso delle cose, a rifuggire dalla separazione.
Se l'illuminazione deve essere il conseguire in sé la coscienza divina, è certo che sono questi dei segni di essere sulla buona strada. Guardiamo con ammirazione a dei personaggi come Gesù o come Buddha che l'hanno percorsa fino in fondo e che ci mostrano il cammino evolutivo che tutta l'umanità deve percorrere.
Possiamo quindi seguirlo con devozione ma chiederci se non esiste una tecnica per conseguire più sicuramente e velocemente lo scopo, come si diceva nella conferenza, non ci credo proprio. E' un processo che va dalla profondità della terra, dalla profondità dell'inconscio e sale attraverso tutte le nostre azioni, tutto il nostro essere e non una tecnica particolare, per arrivare un giorno a questa esperienza di Dio.

Ecco, parlare di queste cose è molto difficile. Io mi sono appoggiato a degli schemi, non per costruire un edificio razionale a sé stante ma, in qualche modo, per tracciare dei solchi. Nell'ultimo incontro mi è proprio accaduto di parlare dei solchi tracciati dall'agricoltore, che ci offrono un paragone veritiero: l'agricoltore, cioè la ragione umana, traccia i solchi e poi, fra i solchi, può crescere qualcosa non di razionale ma di vivo, come lo è una pianta. In questo esempio è evidente il rapporto fra il sentimento - in questo caso la forza germinante della natura - e la ragione dell'uomo, ma è anche evidente che c'è al di sopra la luce del sole che rende possibile la vita poiché, altrimenti, le cure dell'agricoltore e la vitalità delle piante non arriverebbero ad alcun risultato. Quindi, in un modo se volete analogo, queste tabelle - ne abbiamo viste diverse - sono come dei solchi, che non valgono come verità assoluta - presi come regola geometrica o didattica possono sembrare aridi - ma permettono al nostro sentimento, al vostro contributo di crescere - se beninteso una luce ci illumina - e di farlo anche in un modo ordinato, poiché in una selva cresce di tutto, da tutte le parti, ma il nostro vuol essere un campo arato e ricco di messi.
Lavorandoci insieme, è grazie alla relazione con voi che il discorso può andare avanti. Chi interviene?

Dibattito

L'illuminazione

Silvia G.
Vorrei fare una domanda. Secondo te l'illuminazione e l'intuizione indicata nel tuo schema sono la stessa cosa?

Vittorio M.
L'autentica e finale illuminazione ci può essere solo al livello più alto dello schema, quando si parla del "figlio di Dio". Da un lato direi che non è di questo mondo, se non con estrema rarità ma, dall'altro, può accadere da un momento all'altro. Abbiamo parlato tante volte dell'idea del ciclo, che non va inteso come una ripetizione meccanica poiché evolve in una spirale - su questo siamo tutti d'accordo - però io ho sempre ipotizzato l'idea che, questa essendo la regola, di tanto in tanto - mettiamola così - c'è la possibilità di uscire dal ciclo, dalla regola. Ne è la prova la conversione di Paolo che cade sulla via di Damasco: un evento istantaneo, che arriva all'improvviso, ma che è preparato però chissà da quante vite, da quanta ricerca, da quante sofferenze. L'intuizione è proprio come il primo sbocciare di un germoglio, in un'aria, un calore di primavera, che poi diventerà un bel fiore; arriverà poi un'ape a fecondarlo.... insomma la strada va molto oltre - io la vedrei così - mentre l'illuminazione, ossia il suo compimento è quando il fiore è completamente aperto, è diventato anzi un frutto. Questo accade a tanti livelli perché un conto è l'illuminazione - diciamo - di una pianta, che ha prodotto la mela: è la luce che l'ha fatta maturare. Un altro è l'illuminazione che fa nascere il figlio: è un'annunciazione! E poi su su, con l'illuminazione che è conoscenza, fino poi all'illuminazione suprema in cui scopre di essere figlio di Dio: non più solo annunciato ma nato, non più illuminato ma luminoso di luce propria. Ecco, ci sono tanti livelli, di crescente luce, ma solo l'ultimo sarà la completa realizzazione, che chiamerei anche, in un certo senso, resurrezione.
Il significato della resurrezione mi sembra quello di essere anch'essa ciclica. Cioè, agli inizi - per quanto noi possiamo saperne - possiamo immaginare che l'uomo e Dio fossero uniti, erano la stessa cosa, cioè l'uomo era in Dio, come ogni altra creatura, come tutto un universo non ancora nato. Finché Dio non si è diviso, da uno è diventato due e poi molteplice e infinito e, in questa cosmica polverizzazione, ci ritroviamo anche noi, granelli di polvere lontanissimi dal Dio-uno. Nonostante questa abissale separazione, Dio non è tuttavia così lontano da noi, poiché risiede nel nostro stesso cuore.. Tutto il cammino in cui siamo impegnati è di ritornare da questa molteplicità all'unione, di risalire dalla caduta nel mondo frammentario, di recuperare la divinità perduta, di risorgere quindi, di scoprire veramente Dio in noi. Mi sembra questo il significato della resurrezione, di cui il Cristo si è fatto simbolo vivente, mostrando come l'uomo può nuovamente unirsi a Dio. Ma andrei oltre, pensando che anche questo non avvenga una volta per tutte ma sia un ciclo. Una bellissima intuizione, condivisa in alcuni orientamenti religiosi orientali, è che l'universo sia come un grande respiro, con una espirazione paragonabile a una divisione-creazione e un'ispirazione che è invece il ritorno all'unità, e così in eterno.

Sul valore della scienza

Eugenia D.
Io volevo fare una domanda, che più che altro magari è una riflessione mia per via del fatto che, essendo stata assente a questi seminari, non ho forse capito bene, ma mi sembra che la riga in corsivo della tua tabella, che io trovo molto affascinante, sia messa un pochino al bando. Nel senso che si vede nella scienza una discesa o un allontanamento dalla ricerca che conduce all’illuminazione. Se non erro, c’è stato un tono un po’ polemico nei confronti della mente, che secondo me è la scintilla che fa per l’appunto collegare il corpo all’anima. Nella mia idea, la ragione è quella che tende a dominare quelle che sono le emotività primarie dell’essere umano, legate ad un bisogno personale, per allargarsi agli altri ed arrivare così a una conoscenza obiettiva. Si tende a vedere la scienza come tecnologia, però questo mi sembra limitativo, perché la scienza in sé è uno studio da parte dell’essere umano - il figlio di Dio di cui parli - che però, in luogo di cercare di trasferire il proprio sentimento su qualcosa che è più grande di lui, guarda invece ammirato a quello che viene a scoprire con il suo microscopio, piuttosto che con la sua intuizione, e che gli viene dato da un mondo in cui lui è immerso, ma che non è il suo mondo interiore, bensì un mondo di cui viene reso partecipe. Cioè, la scienza, se non viene vista come qualcosa di freddamente razionale, è un modo a mio avviso per arrivare ad una diversa illuminazione...

Vittorio M.
Stai mettendo in rilievo una cosa giusta: non si può certo processare la ragione come il male in sé, poiché la mente può servire nel bene come nel male. Per ciò che riguarda la scienza in particolare, niente di più bello che applicarsi allo studio del mondo fisico, scoprendone le leggi, rendendosi conto, attraverso di esse, anche del significato dell’universo, della divinità del mondo, che si esprime in questa perfezione.
Però purtroppo non è solo così. Quello che prima mettevo in evidenza è che la scienza si inorgoglisce di quello che scopre, e in questo trova la negazione di Dio, e non uno strumento di conoscenza…cominciando da Darwin, che diceva di non essere assolutamente contrario a Dio ma che per lui Dio era del tutto "superfluo". Quando ha scoperto la legge di evoluzione della specie, l’ha infatti considerata autosufficiente, senza alcun bisogno di immaginare un Dio creatore. A dir la verità sembra una conclusione un po' miope. Come non vedere, davanti a questa stupenda evoluzione, che attraverso di essa si fa, non dico la volontà di Dio - perché questo equivarrebbe ad immaginare Dio come un qualcuno “che vuole”, un autocrate, un imperatore dell'universo, ma si realizza proprio il processo che fa sì che dalla materia divisa, dalla dispersione degli atomi, un po’ alla volta si costituiscano gli organismi, eccetera eccetera, fino a giungere a degli esseri pensanti? E a non intuire che la conquista più alta del pensiero è proprio nel recuperare il senso profondo della sacralità, vedendo che tutto è emanazione dello Spirito?
Se la mente serve a capire tutto questo, è qualcosa di straordinario. Ma c’è mente e mente: c’è la mente che comprende e dice la verità e quella - sembra un gioco di parole - che “mente”, quando si limita a se stessa. e dunque quando la conoscenza scientifica diventa la negazione di un'altra e piùà profonda conoscenza.

Eugenia D.
Ci può effettivamente essere qualcuno che ha una mente che ragiona in modo così limitato, quando invece la mente è un’espansione continua, che deve andare oltre i nostri limiti...

Vittorio M.
Sì, però tu dici “qualcuno”, mentre in realtà è tutto il tempo in cui viviamo, che è pervaso da un estremo materialismo, in cui la scienza non è intesa come strumento di conoscenza, ossia di completezza e, al limite, di illuminazione, ma come indagine del mondo fisico, che immediatamente dopo si trasforma in tecnologia, e quindi nelle sue applicazioni economiche. Questo appiattisce tutto e inaridisce la base della vita. Quando si parla infatti della ragione - che vediamo adesso sotto l'aspetto della scienza - e il sentimento, intendiamo per quest'ultimo, in un'accezione più larga, la natura stessa, l'inconscio, tutto quello che non si conosce ma che è il nostro fondamento vitale, la forza della terra, la linfa che ci nutre, la femminilità, la nascita. Tutto questo, se vuoi, è sentimento.
Nessuno nega la funzione della ragione, che è utile e e anzi preziosa ma solo nella misura in cui si accorda al sentimento, non il sentimento personale di cui parlavi ma questo "sentimento", nel suo significato più ampio e vero. Nella tabella, ho invece messo in evidenza quella parte della mente che si dissocia da questo accordo e che va per conto suo, come possiamo vedere in mille aspetti del mondo in cui viviamo, fino a temerne le più tragiche conseguenze...
Dobbiamo quindi lavorare a un'integrazione, che non deve però accadere solo intorno a noi, nel mondo, ma anche e soprattutto in noi stessi, in ognuno di noi. Penso in particolare a un artista, che dovrebbe in ogni sua opera rispecchiare questa unità istintiva di sentimento e ragione. Che un uomo d’affari pensi solamente alla ragione o uno scienziato anche, lo si può capire, seppure invitandoli a cambiare strada, ma un artista non dovrebbe mai farlo. Egli ha avuto il dono di una facoltà particolarissima: l'imitazione di Dio, imitazione che, beninteso, è con la “i” minuscola, diciamo come quella di un mimo, ma, in questi limiti, preziosa.
L'artista conserva qualcosa della natura di un bambino, che è vicino a questa unità originale da cui proviene in modo sorgivo, e quindi dovrebbe appunto portarla in sé e nella sua opera, come naturale espressione dell'equilibrio fra questi fattori.

Sull'anima

Alberto F.
C’è molto da discutere su questo schema che hai fatto. Per esempio, dire che nelle piante, nella vita vegetativa si produce il fiore e che questo porta al frutto è logico, però tu hai anche detto poc’anzi che la luce, il vento, il sole sono il sentimento...Dove vedi il sentimento, io vedo invece pura biologia. Al massimo, facendo magari una piccola forzatura, guardando al vento, al sole, alla pioggia, potrei catalogarli come sentimento in quanto eventi imprevedibili?

Vittorio M.
Tu non hai partecipato agli incontri precedenti, in cui abbiamo fatto lo sforzo di accordarci sui termini che stiamo ora usando, perché effettivamente possono non riferirsi a ciò che è abituale. Quando dico sentimento, non è che uno possa pensare che il vento sia sentimento.
Diciamo che c’è una parte razionale in noi, ed una parte non-razionale. Sulla parte razionale, non è difficile accordarsi, puoi anche paragonarla al sole, a quello che hai costruito, mentre la parte non razionale è quella oscura. Allora, se la parola sentimento ti sembra non giusta, pensa all’inconscio, alla natura, senza per questo dire che il vento è il sentimento.
Tutto l’insieme della natura è inconscio, puoi metterlo da questa parte, e alla natura potrai associare anche le tue emozioni, o la femminilità, che è anche la matrice della nascita, così come la natura è materna, e quindi intuitivamente puoi vedere tutto questo insieme. Mentre, dall’altra parte, avrai la luce del sole, la razionalità, la decisione, eccetera. Non dobbiamo però pensare a tutto questo con l'intento di farne una catalogazione precisa, ma solo sentirlo come una base per i nostri ragionamenti, per le nostre analogie, come un sintonizzarci con l'armonia di questi due poli, il loro mutuo rapporto, la vita che scorre dall'uno all'altro, il loro trasformarsi uno nell'altro, e il loro ripetersi, rieccheggiarsi in un'infinità di cose.

Federica L:
... qualcosa che va verso il cielo, verso l'alto, è la ragione...

Vittorio M.
Questo, come sai, ci fa pensare all'immagine della ramatura dell'albero, o a quella del sistema nervoso, al tracciato dei fulmini - è presente in tutto il principio della ramificazione - ma il suo impulso ad andare verso il cielo è purtroppo contraddetto dalla ragione materialistica che, al contrario, va verso il basso fino ad affondare nella materia, come una sorta di albero rovesciato.

Alberto F.
Mentre io capisco quello che dici sull'uomo, sul corpo, sull'unione sessuale, il maschile e il femminile che si incontrano, non vedo bene il collegamento dell'anima con il sentimento. Allora chiedo: l'anima che cos'è in questa situazione e perché deve venirne fuori come conseguenza il figlio? Mi è stato detto che se qualcosa non funziona, è perché manca una terza cosa, forse l'anima, o un progetto? Un progetto è anche il figlio.

Vittorio M:
Che cosa sia l'anima è difficile saperlo, però quello che è evidente è che un corpo senza anima non vive

Alberto M.
Ci sono le anime morte

Vittorio M.
Questo è vero. Anche senza Dostoevsky ce ne sono molte in giro, o almeno dormienti. Io sono convinto che siamo tutti esseri dormienti. Viviamo dormendo e poi, quando si muore, molti pensano che andranno in Paradiso, ma io credo che si continui invece a dormire, salvo chi si risveglia, e - tornando discorso di prima - è illuminato, è anzi il "Risvegliato" per definizione, come si dice del Buddha. La maggior parte degli uomini continua altrimenti a dormire e poi, dal sonno della morte, si sveglierà in un altra vita, in un altro corpo, ma solo per dormire ancora un po'. Comunque, quando si parla di questo strano essere che nasce, muore, si sveglia, si riaddormenta, ci possiamo chiedere: chi è? Diciamo provvisoriamente che è l'anima, alludendo però a qualcosa che ha tanti strati: possiamo intuire che l'anima sia un corpo sottile, qualcosa di intermedio fra il corpo e lo Spirito perché poi, appunto, c'è lo Spirito, che è un'altra cosa dall'anima. Se vuoi è il futuro dell'anima, l'essenza dell'anima, quello che l'anima vorrebbe raggiungere, con cui vorrebbe fondersi

Alberto F.
La vita interiore cos'è? anima, spirito?

Vittorio M.
E' un campo di riflessioni molto vasto. Abbiamo cercato di lavorare un po' su questo, identificando abbastanza chiaramente una tripartizione: corpo, anima e spirito. Che cosa sia il corpo è abbastanza evidente, l'anima non ci è chiara, diciamo che è uno stato di transizione

Federica L.
E' la coscienza...

Vittorio M.
Diciamo che è la coscienza, anche, ma lo Spirito è una realtà? C'è, non c'è? Io posso rispondere che credo fermamente che ci sia, ma questo non è un argomento. Nello schema si assume che il sentimento e la ragione possano essere uniti in un uomo, come anche il femminile e il maschile, in un modo così completo da avvicinarlo a un livello superiore, lo stato divino. Ma per giungervi egli ha bisogno di un aiuto, di un'ulteriore integrazione, che quella con lo Spirito. Lo Spirito è ben più della coscienza di cui parli, che mi sembra piuttosto una registrazione di quello che l'uomo ha potuto comprendere e realizzare.

Alberto F. M.
Il concetto è che l'uomo è fatto "a immagine e somiglianza di Dio", così dicono i credenti.

Vittorio M.
Prendiamo sul serio questa definizione. Tuo figlio è fatto a tua immagine, non è vero? Quindi nello stesso modo in cui ti è figlio, così tu sei figlio di Dio. E' un'identificazione che riguarda il profondissimo centro del tuo essere ma è anche un grande cammino che devi percorrere. Per arrivare a rendersi conto di questo ci sono tante strade; a dire il vero tutte le strade conducono a questo, che potremmo veramente chiamare illuminazione. Questa però non è un flash mentale, un dirmi che ho avuto una bella idea: è una realizzazione che è un salto in un'altra dimensione, anche se questa è la tua vera dimensione, di cui tuttavia non sei consapevole.

Cosa accade dopo la morte?

Federica L.
...un salto che interviene con la morte....

Vittorio M.
No, io temo che la morte sia come un addormentarsi dopo una giornata di vita, per poi portarti in un mondo di sogni. Non è che la morte ti riveli la verità. Il Buddismo Tibetano fa un'analisi molto approfondita dei diversi passaggi della morte, parla molto del "bardo", che è una specie di intervallo, e crede che in questo intervallo l'anima possa cogliere l'occasione per risvegliarsi. Dopo che hai finito la tua giornata operosa - a parte il fatto che in realtà hai dormito, tutti noi abbiamo dormito - scivoli nel sonno. C'è un momento, fra la veglia e il sonno, fra la vita e la morte, in cui è forse possibile riconoscere, come dicono i Tibetani, la "chiara luce", ma, se passi questo momento senza farlo, devi aspettare un' altro momento in cui l'occasione si ripresenta e magari perderla del tutto.

Federica L.
E se lo cogli, cosa succede?

Vittorio M.
Se lo cogli, c'è caso che uno finalmente si risvegli...

Federica L.
... quindi non ritornerai più nel mondo

Vittorio M.
Non avrai più bisogno di farlo, però si dice che un risvegliato lo fa perché, se raggiunge questo livello di consapevolezza,. non è per lui una acquisizione personale, egoistica, ma deve aiutare gli altri e quindi rinasce come servizio.

Silvana O.
Sul discorso della reincarnazione, volevo aggiungere una mia idea: il passaggio dopo la morte di cui parli può essere un momento di crescita, uno spiraglio che si apre, però io credo secondo quello che dicono gli Induisti, che, andando dall'altra parte, si supera la personalità dell'ultima vita, si prende coscienza di tutta la sua esperienza, e la si somma all'esperienza di tutte le vite precedenti. Si raggiunge una consapevolezza diversa. A quel punto inizia tutto il cammino dell'anima che può decidere di reincarnarsi, di ripetere delle prove, e poi ripeterle di nuovo in altre vite, fino a terminare la ruota dell'esistenza e ad arrivare al nirvana, per poi tonare liberamente indietro soltanto per servizio, come dicevi tu. Però, nel tuo schema, secondo me, tu superi questo discorso della reincarnazione, vai assolutamente oltre, e quindi questo quid dello Spirito in più è il Sé, raggiunto però non a livello mentale. Siamo infatti tutti Cristiani, diciamo tutti il Padre nostro, sappiamo che siamo figli di Dio, ma lo sappiamo a livello mentale, non per averne la percezione profonda, la coscienza, mentre il raggiungimento del Sé è assolutamente un'altra cosa. Quindi l'addormentarsi come dici tu può essere un addormentarsi in un momento immediatamente precedente al risvegliarsi alla coscienza del Sé?

Vittorio M.
Non so, ma penso che succeda come nei sogni. Come in questi si presentano immagini anche di eventi passati della giornata, ma in modo confuso, non con un messaggio chiaro, ma in un modo tale da compensarne forse le negatività , così può accadere nello stato che segue la morte, in cui l'anima sogna e rielabora gli eventi e i problemi aperti nella vita appena trascorsa o anche di strati più profondi del suo inconscio. Sarei portato a credere - ma io non sono andato di là a informarmi...- che, dopo questa rielaborazione, l'anima non si risvegli nel senso spirituale, poiché, se lo facesse, non tornerebbe in questo mondo, a meno di avere una vocazione di sacrificio. Invece, dopo un poco, è di nuovo attratta dal bisogno di rinascere nella materia e ricapita nella vita per fare un'altra esperienza, come nella quasi totalità dei casi noi facciamo, spesso come sciocchi o balordi - quello che l'altro giorno mi ha tirato giù dalla macchina con la pistola puntata, poverino, che vita disgraziata fa - ma anche come il grande scienziato che consuma tutta la vita in ricerche meravigliose ma non ha capito "chi è" lui stesso, qual'è la sua vera natura. Sarà magari divenuto celebre ma, anche lui, che vita ha fatto? Tutto questo somiglia veramente a un dormire e a un sognare, e coloro che si risvegliano si contano veramente sulle dita di una mano: il Buddha che si è risvegliato mentre si appoggiava a un albero, Gesù che è risorto, e quanti altri?
Questi seminari sono partiti dall'immagine della caverna di Platone, cioè dalla constatazione di vivere in questa condizione di oscurità, in cui vediamo a mala pena delle ombre sulle pareti della caverna. Siamo ricorsi alla fiaccola dell'eros per illuminare la caverna e portarci fuori, abbiamo seguito questo, la forza dell'eros. In uno degli schemi avete visto che l'eros corrisponde all'intuizione, è la stessa forza su piani diversi, è anche la stessa forza sul piano del fiore che si apre: sono tante tappe, che però si riassumono tutte nella forza universale dell'amore...
La volta scorsa, avevo terminato parlando del rapporto fra il centro e la ruota: l'idea che esista una molteplicità, che esistano tanti cammini di esperienza, di conoscenza, fa pensare ai raggi di una ruota: tutta la vita è una ruota, la ruota del samsara, dell'esistenza, dell'apparenza, di maya, del mondo, e questa è come una circonferenza, e poi ci sono tanti cammini che sono come i raggi della ruota e tutti convergono al centro. Diciamo che il senso spirituale della ruota non pretende che tutti i cammini vadano diritti al centro al primo colpo, possono sembrare sparpagliati in tutte le direzioni ma, in un modo o nell'altro arriveranno al centro,. La vera realtà è il centro e questo va riconosciuto come abbiamo fatto ad ogni livello, nel tronco, nel cuore, nell'anima, fino a Dio. Se c'è qualcosa che è nel centro, è Dio che è dentro di te, non chissà dove in una galassia ma proprio dentro di te, nel tuo centro. Questo mi sembrava così evidente, nonostante che fosse messo in discussione da tante voci in questo Seminario, che mi dicevo: ma come si può non capirne l'evidenza, la verità? Ma mi è poi venuto in mente di aver mostrato dei miei quadri, qui, nel corso del Seminario "Arte e Psiche", e fra di essi ce n'erano molti in cui si vedeva un personaggio che non voleva sentire, che non voleva vedere, che si teneva la testa fasciata. Quante volte istintivamente ho rappresentato quest'uomo immerso nell'ombra, mutilato, che si chiude gli occhi e non vuole vedere, non vuole sentire, e Gesù che gli dice "Effatà", svegliati! Questa è la natura umana, e anche la mia personale natura, che io continuavo a esprimere seguendo l'impulso inconscio a liberarmene. Il cammino di passare attraverso la propria ombra è il sacrosanto cammino da percorrere, se si vuole sperare di arrivare a un po' di luce. Se uno si illude che il cammino non sia necessario, e prende per luce quella che è semplicemente un'informazione di tipo razionale o scientifico, in realtà dorme e, anche se è finita la notte e si è in pieno giorno, continua dormire.

Il seme

Anna Maria, che è andata via adesso, l'altro giorno mi chiese: ma come fanno a venirti in mente tutte queste cose? A me è venuto naturale di rispondere: mah, io metto un semino e poi, dopo, la pianta cresce...., non ci avevo pensato prima di dirlo, ma è vero, è vero proprio in virtù di quanto abbiamo capito adesso. Come il seme di una pianta ha in sé qualcosa di miracoloso, che è nato dall'unione fra il maschile e il femminile dei pollini, così accade nell'uomo che ha l'unione in sé del sentimento e della ragione. E come il seme della pianta si apre e cresce grazie alla forza del sole che ne risveglia e sviluppa la vita, fino a renderla portatrice di un frutto, così fa l'uomo come seme del divino, che lo Spirito appunto risveglia, facendolo crescere e realizzarsi nel frutto supremo: quello di divenire figlio di Dio. C'erano delle tappe in questo processo, anzi lo stesso identico processo che si realizzava via via in tante forme, che tu le chiami anima, ispirazione, intuizione, ma esse si riassumono nell'annunciazione dello Spirito.
Abbiamo visto che questo è vero anche facendo un quadro, facendo un'opera, ma facciamolo vivere in noi stessi. Occorre un approccio molto puro, molto silenzioso e, quando metti il seme nel terreno che ti è magari dato dalla contingenza, dal caso, tutto cresce poi secondo una sua naturalezza, per cui l'uomo deve avere l'umiltà di mettersi all'ascolto e di lasciarla crescere, senza forzarla. Immagina che la tua ragione vegli a questo processo, illuminandolo come farebbe la luce del sole, ma senza violarne il misterioso farsi, senza inaridirne la radice che è nella profonda oscurità della terra, di te stesso...

Alberto F.
Ci sono persone che hanno questa tendenza all'assoluto e quindi per loro è più facile avvicinarsi al concetto di anima, di spirito, di percorso spirituale, ed altri invece che hanno molta più difficoltà a farlo, non perché siano materialisti, ma perché non è la loro natura. Io mi sento di far parte di questa fascia, ma non per questo mi sento addormentato. Cerco anch'io; poi, andando avanti con gli anni, c'è questo desiderio di avvicinarsi a dei temi che magari prima non prendevo in considerazione, ma per me è molto difficile. Già lo stabilire che ho una vita interiore, fatta di tante cose, di sentimenti, di sensazioni, di aspettative, è molto per me, perché prima non ci arrivavo, mentre vedo degli amici miei che hanno invece questa tendenza, diciamo mistica

Vittorio M.
Ma non è detto che siano più avanti o più fortunati. Vorrei evocare i paralitici di cui parla il Vangelo

Alberto F.
Se mi dai del paralitico...

Vittorio M.
In qualche modo si, ma non a te personalmente, mio caro amico. E' un'immagine che si adatta a tutti noi, siamo tutti più o meno paralitici, ciechi o storpi, anche mentalmente. In che modo si guarisce da queste deformità? Giunge lo Spirito e ti dice: "alzati e cammina"!. E' qualcosa che viene dal di fuori e nello stesso tempo dal di dentro del tuo essere che, consciamente o inconsciamente, lo voleva, lo cercava da sempre.

L'educazione e la sorgente interiore
Federica L.
Io penso che dipenda molto anche dall'educazione

Vittorio M.
Ma non è detto che l'educazione sia così importante, penso a San Paolo che è stato educato in una rigida ortodossia ebraica, fino a divenire il peggiore persecutore dei Cristiani, mentre a un tratto diventa un apostolo, o a un Krishnamurti, in cui l'educazione ricevuta, finalizzata a farlo diventare il salvatore del mondo, ha sortito un effetto contrario, quello di renderlo allergico a ogni ideologia religiosa. Che ci sia una preparazione al manifestarsi d una vocazione, è evidente, ma penso che essa sia da ricercarsi anche prima dell'educazione.
Quindi, non c'è da spaventarsi se, in una certa situazione della nostra vita, noi siamo nell'oscurità, a come un fiume sotterraneo, bloccato da qualche cosa. L'acqua era ferma, paralizzata da qualche ostacolo, non riusciva a venir fuori e poi a un tratto, come un fiume sotterraneo che esce finalmente alla luce solo in un punto, si crea una sorgente. La sorgente viene fuori come, dove e quanto Dio vuole, ma viene chissà da dove, e questo vale anche per noi che stiamo qui, ma chissà da dove veniamo. E' per questo, perché il percorso di un'anima è imperscrutabile, che io non credo in una tecnica per conseguire l'illuminazione. .. Va avanti la conversazione, con Federica L. che, a proposito di San Paolo e del suo salto dalla persecuzione dei Cristiani all'apostolato, dice che non le piacciono i comportamenti così radicali di chi passa da un estremo all'altro, come dal nero al bianco. Carlo L. menziona anche i casi di Sant'Agostino, di Padre Gemelli, o di San Francesco, che cambiarono radicalmente vita, ma Vittorio M. è portato a vedere in essi non un semplice per quanto radicale cambiamento di opinione, ma proprio quel salto con cui irrompe lo Spirito nella vita di un uomo e lo trasforma in figlio di Dio.
Il discorso ritorna poi su Krishnamurti, che insegnava a non credere a nessuna autorità ma a interrogare se stessi

Vittorio M.
Sono profondamente d'accordo su questo. Accade anche a me di dire la stessa cosa: mai ripetere quello che gli altri dicono, soprattutto se viene da una loro autorità, più o meno fondata; devi cercare il vero in te stesso e, quando l'avrai trovato, potrai vedere che corrisponde anche a quanto possono aver detto i saggi in ogni tempo, poiché il vero è una sorgente perenne che sgorga nel cuore di ogni uomo. Ma in che modo uno la trova in sé? Come accade che sappia in modo inconscio tante cose? Talvolta è come una forma di rêve éveillé, un sogno molto vicino alla coscienza. E' il sogno che forse fa anche il seme dell'anima addormentata, prima di risvegliarsi.