Incontro n° 4 del 28 aprile 2010
Nel dibattito sono intervenuti anche: Elisabetta Lampugnani, Silvana Olmo, Carla Sanguinetti, Paolo
Manasse, Silvia Guerriero, Paolo Scarton.
Vittorio Mazzucconi
Ci siamo imbarcati da alcune settimane in questa impresa di parlare
del sentimento e della ragione. E' già stato detto che sembrava una
cosa molto facile, poiché tutti quanti abbiamo un cuore e una mente
abbastanza vicini uno all'altro, mentre si è aperto invece un campo
vastissimo, che abbiamo cominciato ad esplorare da diversi punti di
vista. In primo luogo ci siamo riferiti all'immagine archetipica dell'albero,
osservandone dapprima la simmetria rispetto al tronco, poiché la ramatura
della parte alta dell'albero corrisponde alla radice, e suggerendo poi
un'analogia con il nostro tema, in modo tale che la ramatura ci ha fatto
pensare alla ragione, che è appunto qualcosa che si divide in tanti
rami, mentre la radice l'abbiamo associata al sentimento.
Allargando poi questa analogia al corpo umano, abbiamo osservato delle
funzioni analoghe, per esempio l'intestino, che ci fa pensare alla radice
e al sentimento, o il cervello che ci fa pensare non solo, ovviamente,
alla ragione, ma anche alla ramatura dell'albero, come se essa fosse
stata compressa in modo da trasformarla in un organo pensante. Abbiamo
infine letto delle analogie simili in altri aspetti della natura, della
nostra vita, della storia, dell'arte.
Stasera cerchiamo di affrontare un altro aspetto che, a giudicare
dall'esperienza che ne abbiamo, è molto complicato: il femminile e il
maschile. E' qualcosa che, di primo acchito, sembra proprio corrispondere
al sentimento e alla ragione, ma non vorrei semplificare troppo, come
può sembrare guardando agli schemi che vi presento. Bisogna dire che
stiamo procedendo in una foresta, con un'idea sommaria della direzione
in cui andare, per seguire la quale dobbiamo aprici dei varchi. Siamo
tutti consci che la foresta è immensa ma dobbiamo mettere dei paletti
per non perderci nell'esplorazione di questa immensità.
Albero, anima, femminile-maschile
Quindi ricomincio con i piccoli schemi che possono aiutarci a ragionare.
Qui, ancora una volta, mi riferisco all'archetipo dell'albero e a quello
che avevamo visto nella colonna corrispondente dell'anima. Come nell'albero
c'è il tronco, e nel nostro corpo il cuore, così nell'anima, anzi nel
suo centro, si realizza l'unione del sentimento e della ragione. Al
di sotto di tale centro, nel nostro schema, vediamo il sentimento, sotto
ancora l'eros e infine, nella parte più bassa, l'oscurità.
Leggeremo invece al di sopra la ragione la sua divisione nel linguaggio,
che ci condurrà a un'altra oscurità.
Chi di voi legge molti libri di filosofia non può darmi torto: più si
ragiona e più ci si ritrova nell'oscurità, non certo nella verità interiore.
fig. 10
Per venire invece a una nuova colonna, quella del femminile-maschile, essa
sembra una fotocopia di quella dell'anima, e non può infatti essere
che così. Dove c'era il tronco, il cuore, l'unione fra il sentimento
e la ragione, troviamo adesso l'unione del femminile e del maschile,
che si realizza ovviamente nell'amore, nell'accoppiamento. Al di sotto
(non nel senso di più basso) vediamo il femminile, e prima di esso l'eros
e, in fondo alla colonna, la solitudine. Al di sopra poniamo invece
il maschile (ancora una volta, non nel senso che esso sia più alto del
femminile), il linguaggio e, finalmente, la separazione.
Stiamo guardando a questo tema del femminile e del maschile in modo
banale, partendo dalla nostra esperienza. Tutti noi desideriamo andare
dalla nostra parte femminile alla parte maschile o viceversa, e ci incrociamo
in un punto di incontro, che è il rapporto di coppia. Purtroppo, in
tutte le nostre vicende amorose, si sale attraverso le varie fasi indicate
nello schema, ma solo per arrivare alla stessa oscurità da cui eravamo
partiti. Come, nell'albero, si sale dalla terra al frutto - questo cade,
ritorna alla terra, e si ricomincia da capo - così, noi partiamo dalla
solitudine, incontriamo il rapporto di coppia e finiamo purtroppo con
la separazione, per poi ricominciare da capo. E' un punto di vista un
po' pessimista ma purtroppo suffragato dall'esperienza.
Albero, anima, femminile-maschile a livello superiore
Non vorrei però fermarmi al livello, temo molto condiviso, di questa
esperienza. Il fatto di cominciare dalla solitudine per finire nella
solitudine può non essere fine a se stesso, senza una via di uscita
ma, al contrario, può fare emergere, come abbiamo visto nel precedente
Seminario " Arte e Psiche", l'impulso ad evolvere in un senso più alto
e bello. L'amore ci spinge a ricercare un'unità con un'altra persona
che poi dopo, presto o tardi, si trasforma in una divisione, perché
tale unità non può che essere un momento, un periodo felice che poi
cede di nuovo all'impulso della disunione. L'impostazione idealistica
del nostro discorso ci suggerisce però che, a un certo momento, invece
di sfociare nella divisione e poi nella separazione, si può passare
a un livello superiore, che ci condurrà alla luce e non più all'oscurità,
alla conoscenza e non più all'illusione.
Questo processo è esemplificato nel mito di Eros e Psiche, di cui abbiamo
molto parlato nel Seminario che ho menzionato. Essi vivevano un amore
bellissimo, che poi è stato interrotto e finalmente ritrovato, ma non
a un livello banale, come quello delle fiabe; (...e vissero felici e
contenti...) il rapporto si ricompone perché Psiche viene "assunta fra
gli Dei", cioè si scopre la divinità dell'anima ed è quindi a questo
livello che l'amore raggiunge il suo vero fine.
fig. 11
Rispetto ad esso, se guardiamo invece al livello della nostra esperienza, il
modo in cui l'amore viene vissuto nel rapporto fra le persone appare
dapprima strumentale, finalizzato alla procreazione, e può in seguito
evolvere in una gamma crescente di significati e potenzialità. Il suo
vero fine va invece al di là di tutto questo, è un destino divino.
Lo si vede appunto nella vita dell'anima in cui, dall'oscurità, dall'eros,
dal sentimento, dalla ragione, si giunge, se uno va al di là della separazione
e della delusione, alla coscienza, alla sapienza. Lo vedi nella natura
stessa, in cui il ciclo di una pianta che nasce dal seme, e si sviluppa
con la radice, il tronco, i rami, le foglie, potrebbe essere anche concluso,
se non nascesse poi il fiore e, da esso, si formasse il frutto, aprendo
così un nuovo livello. Io penso che, come accade in una pianta, così
questo accada nell'anima, e così accada anche nel rapporto fra il femminile
e il maschile. Un rapporto che non si esaurisce solo in una storia di
amore - può essere bellissima, straordinaria ma può essere anche banale
- ma va oltre, quando il nostro bisogno di un compagno non è più solo
a livello umano ma si porta a un livello superiore. L'abbiamo visto
nel mito di Eros e Psiche, ma lo vediamo anche, che so, nella poesia.
Dante, con Beatrice, non ci mostra forse questa evoluzione, questa estrema
idealizzazione dell'amore?. Per quanti poeti, per quanti altri artisti,
la donna amata diventa ispiratrice, diventa la guida del loro cammino
spirituale.
Il discorso è molto complesso ed è reciproco. Jung individuava nell'uomo
un'anima, diciamo, femminile - viene appunto chiamata anima - e nella
donna invece un anima maschile, che chiamava animus. In un caso e nell'altro
c'è questa idealizzazione, questo veicolo di conoscenza che è il vero
senso del rapporto di coppia, se lo si vede su un piano più alto.
Unioni fra femminile e maschile
L'unione fra femminile e maschile si fa a tanti livelli. Il primo
livello per esempio - non so se ci avete mai pensato - è quello di essere
nati, è cioè l'unione fra anima e corpo, se vogliamo pensare che l'anima
sia femminile e che il corpo sia maschile, o anche il contrario, che
un principio maschile fecondi una materia femminile pronta a riceverlo
e a divenirne pregna. Vedremo forse più avanti che i generi non sono
separati in assoluto ma, al contrario, si trasformano uno nell'altro,
sono anzi uno nell'altro. Questo è quindi il primo modo, folgorante,
di unione fra il maschile e il femminile. Dopo, ovviamente, c'è il.
rapporto fra donna e uomo o, più in generale, fra femmina e maschio
in ogni specie. Noterete per inciso che io metto sempre per primo il
femminile, non solo per galanteria ma perché le due parole del tema
del Seminario, Sentimento e Ragione, corrispondono, nello stesso
ordine, a Femminile e Maschile.
Femminile e maschile è quindi sinonimo di sentimento e ragione, come
si può leggere su diversi piani:
- Prima di tutto il femminile e il maschile in noi, cioè non nel rapporto
con un'altra persona, un altro sesso.
La cosa importante è di integrare in sé il femminile e il maschile.
Questo quindi per ciò che riguarda il livello della psiche.
- Poi il livello dell'arte. Io sostengo che un'opera d'arte nasce come
un essere vivente, non è una invenzione intellettuale. Nasce proprio
dall'unione del sentimento e della ragione dell'artista, quindi in quella
del femminile e del maschile che sono in lui. Un'arte che fosse invece
solamente frutto di una invenzione intellettuale oppure di un'espressione
sentimentale, di uno sfogo passionale, secondo me non sarebbe una vera
opera d'arte. Io distinguo un'invenzione, un concetto, una teoria, e
quello invece che nasce, a somiglianza di ogni altra cosa, anzi di ogni
essere vivente, come una pianta, un animale, e soprattutto un uomo.
Quindi nell'arte si realizza questa unione.
- Nella storia: sembra un po' azzardato sostenerlo, ma ci sono epoche
più improntate al femminile ed epoche più improntate al maschile, oppure,
nella stessa epoca, ci può essere un passaggio dalla parte arcaica e
più vicina al femminile alla parte matura che è invece più vicina al
razionale, come si vede in tutte le civiltà, nella civiltà greca, nella
civiltà romana. Si parte sempre da un sostrato vicino alla terra, vicino
alla radice, vicino al femminile e si giunge in seguito allo sviluppo
della ragione, con l'acquisizione di una conoscenza e di un potere,
come è nella natura maschile..
- Lo si vede nell'evoluzione. Al di la dei cicli storici che conosciamo
- la storia umana appare solo di recente nel cammino dell'evoluzione
- possiamo immaginare un'evoluzione globale in cui avvenga lo stesso.
Da un periodo arcaico dell'umanità si procede fino al nostro tempo,
che è invece caratterizzato da un grande sviluppo della ragione, anche
se in un senso materialistico (ma non è forse proprio in questa identificazione
con la materia il lato perverso della ragione?) e poi fatalmente si
deve ritornare, anche se con una maggiore consapevolezza - almeno così
si spera - al punto di partenza. Quindi a me sembra che un'ipotizzabile
e auspicabile evoluzione dell'uomo, della civiltà, sia proprio in un
senso femminile, cioè in quello di recuperare tutti i valori che la
civiltà materialistica, razionalistica, maschile, ha sterilizzato, ha
ucciso: i valori di amore della natura, di amore dell'uomo, il generare,
il prendere cura, l'accogliere, il coltivare i sentimenti, che sono
propri della donna.
Una cosa si cambia poi sempre nell'altra, il maschile si trasforma in
femminile, le donne che, oggi come oggi, sempre di più informano tutti
gli aspetti della vita sociale e culturale, così facendo diventano anche
maschili, così come gli uomini stanno diventando femminili. E' come
lo Yin e lo Yang, nessuno dei due è una realtà separato dall'altro,
ma sono un continuo circuito, un continuo fluire uno nell'altro.
fig. 13
Oltre a questo quadro, parlavo prima del fine dell'amore, non della fine ma
proprio del fine dell'amore, ricordando anche il mito di Psiche. Quindi
abbiamo detto: l'anima e il corpo si uniscono nell'incarnazione, la
donna e l'uomo nel rapporto di coppia, il sentimento e la ragione in
tanti aspetti, al di dentro e al di fuori di noi ma, al di la di queste
forme, di questi cicli, c'è appunto la possibilità di uscire dal ciclo,
come abbiamo ripetutamente visto negli incontri precedenti. Mentre,
al livello consueto dell'amore, ci si conosce, ci si ama, e poi ci si
lascia, e si può ricominciare un'altra volta, riassumendo tutto questo
in un ciclo, che poi si presenta anche in tanti altri aspetti della
vita, pensiamo che l'uomo possa giungere a un livello di consapevolezza
che gli permetta di uscire dal ciclo, comprendendo finalmente che l'amore
terreno è un gradino per passare a un altro livello, in cui conoscerà
forse il vero amore. C'è un fine pratico dell'amore che è la procreazione,
ma c'è un fine sublime che è la fioritura dell'anima, proprio come quella
di un fiore, e il dono del frutto che ne nasce. Questo frutto che cos'è?
E' proprio lo scoprire la divinità in noi. Noi crediamo di essere un
uomo e una donna separati, e ci cerchiamo l'un l'altro, perseguendo
un'unità che può essere solo temporanea e illusoria, mentre l'unità
vera, come si vede nel mito di Eros e Psiche, è possibile solo su un
altro piano.
Poiché Eros è un Dio e Psiche è simbolo dell'anima umana, è quindi questo
amore fra Dio e l'anima umana la cosa essenziale, al di là delle vicende
provvisorie e deformate della nostra esperienza..
Dio e l'anima
Con questo si giunge appunto all'ultimo livello. Come si è detto che
si uniscono l'anima e il corpo, la donna e l'uomo, si può dire anche
che si uniscono l'uomo e Dio? Le analogie e i paragoni vanno però sempre
presi con cautela, se non vogliamo che qualcuno ci chieda: chi dei due
è maschile? Dio è maschile? l'essere umano è femminile? Non avrebbe
molto senso dire questo. Però diciamo che, quando Psiche viene accolta
fra gli Dei e scopre così la sua divinità, allora veramente si instaura
il rapporto fondamentale che è quello, non tanto fra Dio e l'uomo, preso
in un senso antropologico, ma fra Dio e l'anima, e questo è un rapporto
di identità, non fra due generi. Il vero rapporto di Dio con l'anima
è che l'anima scopre appunto di essere Dio, scopre la sua divinità.
Quindi è un rapporto di identità. Non è che il nostro piccolo essere
si fonda con Dio, ma è il riconoscere in sé , pur rimanendo nella nostra
micro-dimensione limitata dallo spazio e dal tempo - siamo nulla in
confronto a Dio - che è nella nostra natura l'identità con Dio, l'Atman
scopre Brahman dentro di sé, questo è il concetto, non è che si sposi
con lui, che si fonda in lui, ma solo scopre di esserlo, di averlo dentro
di sé, mi spiego male ma...(Silvana e altre voci: no, è chiarissimo...)
Ogni volta che si realizza un'unità, si riaffaccia anche una divisione.
Dicendo che l'anima e non l'uomo si unisce a Dio, distinguiamo fra anima
e uomo? Sono due cose diverse? Io oserei rispondere che si parla qui
dell'anima in un senso molto vasto, come l'anima di tutte le creature,
l'anima del mondo, come lo spirito stesso di Dio che lo permea e che
si rivela a se stesso attraverso l'evoluzione, finché questa identità
non diventa manifesta, pienamente espressa. Ci sembra oggi che ne sia
l'uomo, quasi ovviamente, il manifestatore, l'anima eletta o che può
aspirarlo ad esserlo, ma non è affatto detto che sia così. L'anima non
è solo mia, e non è neppure privilegio degli uomini, è lo spirito di
Dio diffuso ovunque, che tutto anima, di cui, individualmente, possiamo
solo ambire a divenire consapevoli.
Vediamo adesso un altro aspetto, che ci riporta al tema della ciclicità.
Tutto quanto è sempre ciclico, il maschile diventa femminile, il femminile
diventa maschile e così accade di qualunque cosa, nel giorno, nelle
stagioni ecc. E' ciclica la nostra vita, la nostra psiche, ed è quindi
ciclico anche il rapporto fra sentimento e ragione: in esso, il sentimento
si evolve certamente verso la ragione, che però poi, indebolendosi in
conseguenza della sua ramificazione, ritorna al sentimento, e così via,
tutto quanto è una grande ruota. Lo stesso avviene nell'arte: abbiamo
visto l'alternarsi dei periodi arcaici, classici, decadenti ecc per
poi ritornare di nuovo all'arcaico ecc. L'abbiamo visto nella storia,
nell'evoluzione in generale. Però, abbiamo molto parlato anche del fatto
che il ciclo è in realtà una spirale, e che questo è vero anche per
l'anima che, in tal modo, attraverso il ciclo delle sue incarnazioni,
segue una spirale evolutiva.
Abbiamo però anche ipotizzato che la vita dell'anima non sia necessariamente,
sempre e per tutti, una ruota che gira infinitamente, sia pure con l'andamento
di una spirale, ma che avvenga in essa qualcosa di simile allo sboccio
di un fiore, al formarsi di un frutto, e che si apra così un'altra dimensione,
che è quella dell'iniziazione, dell'illuminazione, della resurrezione.
Anche un tale evento farebbe parte della spirale, poiché anche l'illuminazione
sarà solo una piccola parte di un processo infinito ma tuttavia, rispetto
al nostro piano ordinario, essa può apparirci come un evento straordinario,
come un uscire dal ciclo.
Sole, terra, luna
C'è poi un'altra lettura, in cui mi sarei avventurato. Dopo aver sempre
parlato del ciclo come di un movimento dal basso all'alto e viceversa,
possiamo leggerlo in questo ultimo schema in un modo diverso. Nel centro,
abbiamo sempre l'unione del femminile e del maschile, ma di dove viene
il femminile e di dove viene il maschile? Qui si suppone che il femminile
venga dall'eros e, andando ancor più nel profondo, dalla luna, mentre
il maschile sembra venire dal sole. Questo, non per attribuire agli
uomini una dignità solare e considerare voi donne come delle parvenze
lunari..., ma è lo stesso concetto dell'albero la cui parte superiore
prende la luce dal sole, mentre quella inferiore è legata invece alla
terra e, misteriosamente, alla luna, che regola in realtà l'intero ciclo
vegetativo. In questo schema, se vediamo il femminile in rapporto con
l'aspetto lunare, e vediamo invece il maschile in rapporto con l'aspetto
solare, il loro incontro dov'è? E' nella terra che, a questo punto,
si rivela il centro in cui si ritrovano il solare e il lunare, lo spirituale
e il materiale, la linfa che viene dalla radice e la luce che viene
dal cielo, come nell'albero. Allora, oltre al movimento che va dal basso
all'alto e e poi dopo ritorna su di sé, si possono leggere due movimenti
che vanno al centro e poi dal centro ritornano agli estremi.
Sarebbero molto complessi e rivelatori gli aspetti che derivano da questa
lettura e che investono tutta una cosmogonia, con profonde radici nelle
antiche mitologie, ma non è possibile approfondirla adesso. Vi propongo
di fermarci dove siamo arrivati, cioè nel luogo in cui il femminile
e il maschile, come il sentimento e la ragione, si congiungono in quella
che è l'esperienza centrale della vita, a tutti i livelli, di equilibrio
psichico, di procreazione, di ciclo storico, di opera d'arte... Questo
luogo è la nostra realtà. Ogni pensiero porta ad essa.
fig. 14
Dibattito
Vittorio M.
A questo punto, andiamo avanti con un po’ di dibattito, vi provoco subi
Elisabetta L.
Io ho un’osservazione: questo è uno schema che si basa sul numero 7?
Vittorio M.
Questa coincidenza mi è accaduta tante volte: per esempio, in un mio
vecchio libro sulla città, mi chiesi come mai erano sette i suoi capitoli.
Non è che io avessi all’inizio pensato di farne sette, ma si forma naturalmente
una struttura in cui ha una grande importanza l’elemento centrale, a
cui si legano altri elementi, tre su ambedue i lati. Però tutti i numeri
hanno una loro sacralità.
Carla S.
A me sono passate per la testa alcune cose: per esempio, il fatto che
tu abbia legato la donna alla luna e l’uomo al sole è un archetipo antichissimo,
che credo si rifaccia alla cosmogonia vera e propria: al solstizio d’inverno,
il sole fa il giro e ricomincia a crescere, perché fino a quel momento
decresceva andando verso la notte; c’è una giravolta e il sole risale
e coincide con la luna piena. Tanto che la divinità più antica del Mediterraneo,
Iside, è nera come la terra perché è la terra divina ed ha la luna tra
le corna sulla testa. Essa è anche madre del sole, Horus. Quindi è vero
che nella terra si trovano proprio la luna e il sole, conciliati in
un tutt’uno.
Vittorio M.
Certamente! E' un archetipo antichissimo, che è bello veder spuntare
spontaneamente nella nostra conversazione sul maschile e il femminile.
Fra le corna sulla testa di Iside mi sembra però che ci sia il sole...
Una interpretazione biblica
Carla S.
Poi, mi è venuta in mente un’altra cosa: che la dimensione maschile
e la dimensione femminile dell’universo sono già presenti nella Bibbia,
in quanto, in un proverbio di Salomone, a un certo punto si dice: “
non c’erano ancora gli abissi ed io ero già stata concepita”, e chi
parla così è Sophia, che gioca con Dio sugli abissi prima della Creazione.
Per quanto questa figura di Sophia sia probabilmente di derivazione
greca, leggiamo nella Bibbia che, quando Dio scorre sugli abissi, sulle
acque e poi dice “sia la luce” e la luce fu, e poi separa le acque superiori
dalle acque inferiori, Dio non è solo ma, secondo i proverbi, c’è Sophia
che gioca con lui, e quindi Dio si presenta già con un aspetto maschile
e uno femminile, prima ancora della Creazione! E poi c’è quella figura
meravigliosa che è l’Adamo cosmico, descritto appunto nella Cabala,
che vede l’universo proprio come un Adamo in cui è presente questo discorso
ciclico, che però diventa storico, che è l’aspetto più straordinario,
perché, coì loro dicono, c’è questo abisso primordiale, tremendo, di
cui non sappiamo niente, è caos, da cui esce un punto che sale, sale,
sale e diventa l’Io, la testa di un Adamo che investe tutto l’universo
e che ha una parte maschile ed una femminile: la parte femminile è quella
che ha sapienza, sophia, intelligenza, e scorre nella parte sinistra,
mentre la parte maschile che è fatta anche di rigore e violenza è la
parte destra. Si ritrovano nella sessualità, a livello cosmico, e scendono
poi giù nella storia umana, dove Dio è in esilio perché la potenza divina
di questo Adamo cosmico parte dalla sua testa, dalla sua corona, e poi
irrompe giù per l’universo e quindi si ritrae. Irrompe e si ritrae:
quando irrompe, tutto si sviluppa - la sessualità, tutto quanto abbiamo
dentro, il lato destro e quello sinistro – e parte la storia umana.
Però poi si ritira, e quindi la storia umana è…
Vittorio M.
Ma non solo la storia umana, tutto l’universo è un ciclo di inspirazione
ed espirazione, questo è fondamentale…
Carla S.
Certo, l'universo. Comunque è in particolare l’Adamo cosmico che finisce
nella storia, e la nostra storia è poi nella terra, nell’universo, e
c’è in essa l’attesa del ritorno di Dio, che è femminile, perché il
dio che viene aspettato è la Shekhinah, che è la dimensione femminile.
Vittorio M.
Sì, però hai prima detto che Dio è insieme maschile e femminile, ne
puoi leggere i due aspetti.
Carla S.
Sì, però è nell’esilio dell’uomo…
Vittorio M.
L’esilio di Dio, cioè la rottura, la moltiplicazione, la ramificazione
dell'albero di cui parlo sempre, l’allontanamento dal centro, a cui
segue però il ritorno.... E' in questo allontanamento e in questo ritorno
il senso di tutto, e quello dell'amore che lo genera. Ci sono cioè due
forze: il dare e il ricevere, il generare l’universo e il riassumerlo
in sé. In generale, si può dire che questo non sia l’atto di una felice
creazione, ma proprio un esilio, nel senso che Dio si allontana da sé
e si fa materia, o dell’uomo che cade e si trova nella materia, nella
caverna, per poi ritornare con molta fatica all’unità iniziale.
Carla S.
Sì, però questo Dio non c’è nella nostra storia, lo cerchiamo, lo aspettiamo…
Integrazione di femminile e maschile
Vittorio M.
A dire il vero, se lo vuoi trovare è dentro di te. Siamo noi nel nostro
piccolo, anzi piccolissimo, a vivere in prima persona questo processo,
e ad essere anzi proprio noi quel Dio che cerchiamo, che aspettiamo...
Comunque, attenzione! E’ successo altre volte di avvicinarci al tema
di Dio, che è un pochino vasto e finiamo con l’uscire dal seminato.
Tornando sul concreto: vi esortavo a seguire alcuni passaggi. Carla
ha messo molto bene in evidenza un'interpretazione biblica, ma ci sono
altri passaggi, per esempio nell’arte, o nella psiche, che possono essere
discussi. L'importanza, per esempio, prima di spaziare troppo nell'universo,
di pensare a noi stessi, alla nostra piccola anima, in cui dobbiamo
appunto integrare il sentimento e la ragione, il maschile e il femminile.
Dobbiamo anche difenderci dalla dispersione portata dal partecipare
alla vita, dall'inflazione delle informazioni. L’abbiamo visto altre
volte: quanto maggiore è la dispersione, tanto più è necessario ritornare
all’unità. Unità che è appunto la stessa cosa dell’unione tra un uomo
e una donna, tra maschile e femminile, che ha aspetti meravigliosi,
che dischiude il più alto senso della creazione, ma che viene spesso
vissuta solo su un piano fisico o addirittura meccanico. E' come se
noi sperimentassimo a un basso livello un processo che è estremamente
più bello e universale. Lo finalizziamo al piacere, frenando il più
possibile la procreazione a cui dà luogo, e dimenticando anche di essere
profondamente grati per il nutrimento che esso ci dona, come ci insegna
la natura, prodiga di frutti sessuali con cui non solo vengono perpetuate
le specie ma ne avviene assicurata la nutrizione.
E' poi stupendo vedere come l'amore si esplica a tutti i livelli, con
l’unione del maschile e del femminile in Dio, in ogni cosa, nella nostra
psiche, nell’opera d’arte….qualsiasi cosa che nasce, nasce come un atto
di amore. Anche la materia inerte ne segue la legge, non facendo incontrare
le anime ma i poli, il positivo e il negativo…ma forse anche qui ci
stiamo allargando troppo!
C’è qualche altro argomento, più vicino ed accessibile, che volete mettere
in evidenza?
Silvana O.
Io volevo un attimo mettere l’accento, parlando dell’essere umano, di
ognuno di noi, su come l’introspezione, cioè vivere l’interno, e vivere
il quotidiano siano due aspetti che vanno comunque equilibrati, perché
il femminile, secondo me, è la parte di raccoglimento, di preghiera,
di meditazione, di introspezione insomma, mentre il maschile è il vivere
fuori, il quotidiano, il lavoro, gli amici, ecc…quindi questo equilibrio
lo vedo anche proprio nel tempo che noi viviamo, l’aspetto fuori di
noi e l’aspetto dentro di noi.
Vittorio M.
Anche questo fa parte del respiro, no? Dentro e fuori, come inspirare
ed espirare.
Detto questo, stiamo ovviamente parlando di idee generali, poi nella
pratica ci sono donne che hanno un grande sviluppo razionale e uomini
che hanno invece una sensibilità molo femminile. Comunque è fondamentale
l’equilibrio tra questi due movimenti: io penso spesso all’arte greca,
che ha raggiunto quasi di primo acchito la perfezione perché, secondo
un mio punto di vista, il sentimento e la ragione si sono presentati
fin dall'inizio in modo integro. Quando dico “sentimento”, intendo i
miti profondissimi dell'anima greca, la vicinanza con i grandi eroi
dell'età arcaica. Quanto alla ragione, non per nulla si parla di Minerva
uscita dalla testa di Giove: anche in essa, è all’improvviso che si
realizza l’equilibrio, ed è straordinario che dopo, per millenni, la
filosofia si sia affannata per raggiungerlo senza più riuscirci. Perché?
Perché, dove c’era questo equilibrio, tra sentimento e ragione, o femminile
e maschile, si costituiva un nucleo energetico che in qualche modo è
in contatto col divino. Per quanto sia un concetto non dimostrato, possiamo
dire che il divino s’incarna dove l’uomo ha in sé questa integrazione
di sentimento e ragione.
Quando un saggio ha dentro di sé l’anima e la mente integrate, può allora
captare, in qualche modo, il livello superiore. Nei Greci questa unione
permetteva loro appunto di raffigurare persone divine e la perfezione
in ogni campo: nella filosofia, nell’architettura, nella scultura, nella
tragedia.
E' questo il lavoro che anche noi dobbiamo fare - mettere insieme sempre
il sentimento e la ragione - anche se ciò è molto difficile, in un tempo
incomparabilmente più complesso di quello greco..
Devo aggiungere che, per quanto io senta molto in me stesso questa integrazione,
mi sto molto sbilanciando in questi incontri con voi, costruendo tutte
queste strutture! Sembra che mi allontani dal sentimento, ma spero che
non sia così. Ci vuole una ragione capace di discriminare, strutturare,
illuminare come lo fa la luce del sole, ma questa deve essere sempre
bilanciata dall’umidità che viene dalla terra, altrimenti brucerebbe
tutto.
Ma ora vorrei sentire un economista come Paolo cosa ne pensa…
Come conciliare la visione di un equilibrio e il rapporto concreto
fra due persone?
Paolo M.
Ti faccio una domanda. Secondo questa visione che tu ci dai, ci sono
questi due elementi dal cui equilibrio, dalla cui fusione, nasce diciamo
una forma superiore di consapevolezza, chiamiamola così. Sono due elementi
che sono indispensabili l'uno all’altro. Però, nella vita delle persone,
degli uomini e delle donne vere, in realtà c’è una continua lotta, un’incomprensione
tra queste due componenti. Allora, la mia domanda che ti pongo è: come
concili questo piano, in cui il mascolino ed il femminino in qualche
modo si fondono in quest’armonia suprema, con l’esperienza della vita
di tutti, in cui c’è una lotta terrificante e spesso col coltello, dalla
quale poi le persone escono comunque provate?
Commenti e risate
...ma che visione!
Vittorio M.
Penso che questo viaggio verso l'unità lo si fa attraverso l'esperienza
reale. Per esempio, l'amore non è solamente voler bene, avere dei sentimenti
meravigliosi, è anche mangiare: se tu mangi un pezzo di carne, in qualche
modo ti unisci a un altro essere, infatti i primitivi attribuivano a
questo una grande importanza, mangiando il cuore di un nemico se ne
acquistava il vigore, mangiando un animale, mangiando una pianta...sono
tante le forme per realizzare dei tentativi di unione in vista dell'unità
generale. L'unione fra gli esseri umani si fa non solo dandosi dei bacini,
si fa anche lottando, uccidendosi, contrastandosi, divorandosi uno con
l'altro; il bacio stesso dell'amore in fondo è un'evoluzione del morso.
Cioè, abbiamo assoluto bisogno di ritornare all'Uno, e così comincio
come posso, unendomi a lei, e lei a me, poi mi unisco a qualcun altro,
mi unisco con il mio nemico, anche se lo contrasto, siamo su sponde
diverse, vorrei magari ucciderlo, ma dobbiamo pervenire anche in questo
modo a un'unità. Quindi non è un conciliare un ideale con qualcosa che
invece nella vita reale non c'è. E' la vita reale il modo in cui si
realizza questo movimento generale. Tutto si fa attraverso la lotta
dei contrari. Quando si parla del femminile e del maschile, tutti noi
sappiamo come l'andare uno verso l'altro è un corpo a corpo, non sempre
piacevole. Come voi, ne ho una certa esperienza nella mia vita, ho conosciuto
l'amore in tante gamme ma proprio questa esperienza della lotta mi è
molto chiara, e direi che quello che in me è cresciuto e si è fatto
adulto, maturo, è il risultato di questa lotta. Se non avessi avuto
delle donne con cui confrontarmi, non sarei cresciuto, il figlio si
confronta col padre e viceversa, non è così? Tu con i tuoi colleghi,
un'idea con un'altra idea; è abbastanza ovvio che sia così.
Quindi non stiamo parlando di una visione astratta... stasera non c'è
Pat Sophie, che ha delle percezioni interessanti, ma sempre qualche
metro sopra la terra, anzi almeno cinquecento metri sopra; l'altra volta
abbiamo discusso molto sul fiore come metafora, e per lei il fiore è
qualcosa di simile a una farfallina, mentre per me il fiore è qualcosa
che nasce dalla terra, molto spesso addirittura dallo sterco poiché
deve essere concimato. Questa è la pregnanza della vita. Il "Lavoro
Spirituale" di cui abbiamo tanto parlato e a cui abbiamo dedicato un
seminario è proprio il lavoro materiale, la lotta materiale. Non vedete
che, nel quadro che è stato usato come logo del Seminario, l'uomo è
chiuso in una corazza? E' per combattere, anche se l'angelo ha solo
un gesto di luce e di amore, perché è talmente al di sopra della nostra
guerra.
Paolo M.
Non voleva essere un'accusa di essere poso concreto, era solo una domanda
Carla S.
Io aggiungerei: cosa succede però se non si arriva all'armonia di cui
parli, se uno scopre di non farcela? In tutti gli aspetti della tua
"organizzazione", ce n'è forse uno che non hai considerato: cosa accade
se non c'è la terra, se il seme non si sviluppa, la ragione e il sentimento
non si accordano, se l'uomo e la donna non si amano più, che cosa accade
quando non c'è l'amore?
Vittorio M.
In qualche modo accade, l'abbiamo indicato prima, che si ritorna purtroppo
nell'oscurità e dall'oscurità si ricomincia. E' questo che mostrava
il mio schema, mentre l'altra ipotesi (indicata in blu) mostrava l'altro
livello in cui si compie l'esperienza dell'amore idealizzato, strumento
di elevazione e di conoscenza, ma nella massima parte dei casi questo
non succede proprio e quindi, dopo esser finiti nell'oscurità, si ricomincia,
ahimè, con una nuova oscurità, dalla solitudine si passa alla separazione...
Carla S.
La separazione è la parola, una parola molto grossa perché è il contrario
di religione, è il diabolon, colui che separa.
Vittorio M.
Separazione come contrario di unità, non occorre trovare altre parole.
Questo è quanto accade. Ancora una volta, non vi parlo di una prospettiva
idealistica, fuori della realtà e della storia, ma della realtà della
vita. Essa, l'abbiamo detto tante volte, è la caverna, è la lotta, il
conflitto, è l'umanità, è la crocifissione, ma c'è anche la speranza
che ci sia qualcos'altro: il fiore, il frutto, la resurrezione, l'illuminazione,
che è a livello individuale - in alcuni periodi della storia qualche
uomo ce la fa - ma che possiamo sperare che si realizzi anche a livello
dell'insieme dell'evoluzione umana; non però domani mattina, come abbiamo
già detto, ma un giorno potrà accadere. Forse allude a questo la resurrezione
dei corpi di cui parla la Bibbia: io non ci crederei assolutamente così
com'è annunciata ma lo potrei fare in un senso più vasto, nel senso
cioè che tutta la fisicità, tutto il mondo, tutto quanto giunga un giorno
all'unità divina. Non diceva forse il Buddha che anche l'albero a cui
era appoggiato nella notte in cui conseguì l'illuminazione, sarebbe
diventato un giorno un Buddha? Secondo poi gli Induisti, un saggio che
individualmente giunge alla realizzazione, se è veramente realizzato
non accetterà mai di esserlo da solo, ma lavorerà perché tutti gli uomini
insieme lo siano...certo, dovrà aspettare molto tempo.
Verità o consolazione?
Elisabetta L.
Ma come si fa a distinguere la verità dalla consolazione in questo percorso?
Secondo te c'è qualcuno che ha saputo vedere, in questo processo che
ci porta all'identità, all'unione ecc se sia verità o consolazione?...noi
che siamo qua, da te, in questa stanza, a fare queste magnifiche sessioni,
siamo detentori di una verità oppure ci consoliamo nell'immaginare un
percorso che sia un po' meno banale, per proiettarci magari al di là,
in un'illusione di eternità...
Vittorio M.
Consolazione, tu dici, wishfull thinking, come ha detto un'altra volta
Paolo, ma vediamola come verità. La verità si basa su che cosa? Non
che uno ne sia detentore - io, tu diciamo delle cose, stanno così, punto
e basta - ma è un movimento dell'animo, una lettura di analogie, si
regge su delle intuizioni, non è un'affermazione. Io parlo sempre di
questa meraviglia della natura, tutti i giorni la vedi davanti agli
occhi, vedi che una creatura, che sia cresciuta come pianta, come animale
o come uomo, giunge al suo pieno sviluppo e poi fa dono del suo seme,
e da lì nasce il fiore, il frutto o un'altra creatura. Questo ti dice
che perlomeno, al di là del circuito della vita fisica, c'è questo meccanismo
che ti permette poi di andare avanti nei figli, la pianta andrà avanti
in altre piante, ogni creatura con altre creature, e questo è già molto.
Non sei chiusa in qualcosa senza speranza, è già una consolazione effettiva,
io muoio ma continuo nei miei figli, l'albero era bello, era completo
ma ha dato dei semi che faranno nascere centinaia di altri alberi. I
fiori sono commoventi nell'annuncio di questo. Il fiore è l'equivalente
di un movimento, di uno slancio, è la parte più bella della vita. E'
un'illusione? E' una consolazione? Allora tutto quello che è bello...
Elisabetta L.
Se ci fermiamo qui, d'accordo
Vittorio M.
Però nasce poi l'analogia che, come il piano fisico genera ogni volta
il salto seguente, così deve esserlo al livello dell'anima, cioè un
Mozart che compone questa sua musica meravigliosa per me è come se producesse
un fiore, fiore che diventa poi il frutto per noi del piacere di ascoltare,
di aprire il nostro animo, di sentirlo vibrare, quindi esiste, l'arte
ti da proprio l'esempio di una forma di amore che non è solo destinata
alla procreazione fisica ma ti apre a un altro orizzonte. Lo stesso
lo fa la religione, ti dice: comportatevi bene, seguite i precetti perché
così accederete a un'altra dimensione, accederete al paradiso, all'illuminazione,
alla realizzazione. Chiamalo come vuoi ma è essenzialmente la fioritura
del tuo essere. E' una consolazione? Oppure mostra, tutto quanto insieme,
la natura, la nostra vita, i nostri sentimenti, l'arte, le religioni,
che l'umanità ha questa spinta? Questa spinta è una realtà, non puoi
dire che non ci sia. E' semplicemente una consolazione?
Elisabetta L.
Non sto facendo una polemica
Vittorio M.
Mi sembra che questo impulso di tutta l'umanità, in tutta la storia,
in tutti i millenni, in tutte le filosofie, in tutte le religioni, abbia
un suo evidente fondamento. Uno dice che questo è semplicemente il bisogno
dell'uomo di consolarsi, ma consolarsi perché? Perché fa una vita infelice,
certo, stretta com'è fra la nascita e la morte, la malattia, la totale
inermità di fronte al cosmo; bisogna crearsi una consolazione, ma questa
consolazione è come un razzo che porta in sé un ulteriore vettore che
va sempre più avanti, sempre più in alto, fa parte non solo della nostra
immaginazione ma della nostra reale natura, questo crescere e darsi.
Carla S.
Elisabetta ha fatto una domanda che è da sempre presente anche nella
mente dei religiosi, perfino nella Bibbia. Non c'è senso, ce lo costruiamo,
ce lo inventiamo, ma la nostra vita non ha senso. Fra l'altro è appena
uscito un libro di uno psicologo, di quelli di ultima generazione, che
hanno tutti gli strumenti, tutta la filosofia a disposizione, il quale
sostiene che la nostra coscienza di esistere, di essere un sé, un Io,
è una pura illusione, che, come macchine umane, ci diamo per sopravvivere
nell'universo. Io credo che convivano queste cose, che necessariamente
debbano convivere. Una domanda come la sua su quello che dici - ci vorrei
credere però c'è una parte di me che non ci crede, che mi dice che è
un'illusione, che è una costruzione bella, come una musica di Rossini,
felice, bella, o anche di un Mozart...- non può avere risposta perché
queste due cose stanno insieme, una non esclude l'altra.
Vittorio M.
Non sono d'accordo, la natura umana ci porta a vivere entro delle costrizioni.
Tentare di uscirne può essere considerato un'illusione, però, nel novero
delle illusioni ci sono appunto non solo le grandi religioni, ma anche
i grandi poemi, le grandi architetture, tutta l'arte, tutto ciò per
cui vale la pena vivere. C'è chi dice che tutto questo sia una consolazione
per sopportare le costrizioni della realtà ma io mi permetto di dire,
no, è la spinta della realtà stessa, come quella che produce il fiore.
Elisabetta L.
Se non pensassi così, non faresti quello che fai.
Vittorio M.
La forza che produce il fiore non è una costruzione artificiale, è il
fine della realtà, è ciò che dà un senso alla vita. Se tu sei qui e
parli e sei intelligente, hai un linguaggio, ti esprimi, tutto questo
viene da questo grande lavoro del pensiero umano, dall'esperienza di
millenni, che ci ha portato anche a costruire l'edificio del suo ideale
superamento. Può certo venire in mente che sia un edificio illusorio,
però, se io pensassi questo, se non fosse vero, mi sembrerebbe di negare
di esistere, talmente vedo il senso della vita nel meditare, nello scoprire
collegamenti, nello scoprire che tutto ti parla, che tutte le creature
ti sono sorelle, che tutti gli esseri umani sono come te stesso, che
devi imparare a conoscerti, che l'intuizione ti guida...tutto questo
è come un fiorire. Se non avessi il fiore è come se non avessi la testa,
non avessi il cuore. Sarei un automa con degli arti meccanici, ma come
si potrebbe considerare questo come la sola realtà?
Carla S.
ma su tutto questo un esistenzialista cosa ne penserebbe? Un Sartre
cosa ti avrebbe detto?
Vittorio M.
Non amo queste persone e le loro idee
Carla S.
Sartre ti avrebbe detto: questo è tutta roba che non si sa se abbia
senso o meno, poiché Dio non esiste.. Però noi dobbiamo vivere lo stesso,
è la nostra sfida a vivere, la nostra voglia di amare
Vittorio M.
E' più di un a voglia o una sfida, è l'amore "che muove il sole e le
altre stelle" Che muove anche il nostro cuore, quando ci innamoriamo.
Che cos'è l'innamoramento?, è una consolazione anche quella? In un certo
senso si, però ti accende la vita
Elisabetta L.
Non mi hai capito Vittorio, io sono assolutamente positiva nei confronti
dell'essere umano, l'uomo è grande, è anche più grande di quello che
può manifestare, su questo non ci piove. Addirittura, secondo me, noi
abbiamo delle grandissime potenzialità, io credo nell'individuo in una
maniera viscerale..
Vittorio M.
...e quindi devi credere nell'amore, nella bellezza...
Elisabetta L.
Per me è scontato che si nasca, che ci siano i fiori, le farfalle, i
semini, cioè è già grandissimo tutto questo, non sarebbe nemmeno necessario
aspirare a un oltre, perché il dono di questo e anche la contemplazione
di come si muove la natura è già bellissimo in sé.
Vittorio M.
Più che andare oltre, qui si cerca di capire il senso delle cose, avventurandosi,
anche se non bisogna poi farlo troppo e soprattutto non con la sola
mente.
Elisabetta L.
Se parli di senso, se vuoi metterla su un piano intellettuale, la mia
testa chiede una premessa, perché tu mi dici così, e poi arriva il rabbino
e mi dice in un altro modo
Vittorio M.
No, se permetti, il rabbino, il sufi, il bramino, il sacerdote, il sapiente
greco, tutti dicono nell'essenziale la stessa cosa, si può disquisire
solo su degli aspetti secondari. C'è una continuità nell'uomo. Quel
che è vero o che si può immaginare che sia vero, lo è nel corso dei
millenni, lo è nelle persone più profonde, è come un nocciolo, tu dirai
che è una consolazione universale che perdura nei millenni, ma non è
che uno dica una cosa e uno ne dica un'altra, se ti avvicini alle vere
fonti della sapienza, sono concordi. Io sto parlando dei saggi, dei
sapienti, non sto parlando delle varie credenze e opinioni che metto
nel conto della ramificazione, i deterministi, i marxisti, i positivisti,
lo psicologo di cui parlava Carla, quanti ne vuoi.
Elisabetta L.
Ma qual'è la premessa?
Vittorio M.
C'è un filo d'oro che, nella storia dell'anima umana, attraverso tutto,
ti mostra proprio questo filo di sapienza, che poi tu puoi svelare facilmente
nel linguaggio del cristianesimo, o in quello del buddismo, dell'induismo,
o nell'antica filosofia greca. Lo trovi da per tutto e soprattutto in
te stessa, ma non è la premessa razionale che cerchi. La premessa vera
è l'origine, celata in un mistero la cui sacralità è il vero senso della
tua vita. Certo occorre la fede per avvicinarsi ad esso, però anche
qui bisogna intendersi: fede in che cosa? Era Dante che diceva: "fede
è sostanza di cose sperate...
Carla S.
...ed argomento delle non parventi"...
Vittorio M.
Tu dirai che sono appunto cose solo sperate, ma io ne leggo soprattutto
la sostanza. Tu puoi sperare o non sperare, ma c'è una sostanza...
A questo punto, però, dovremmo cercare di diversificare il dibattito.
Guardando ai miei schemi, c'è per esempio un divertente accostamento
fra le foglie e il linguaggio, su cui potremmo discutere. Perché paragonare
le foglie al linguaggio? Perché le foglie rappresentano l'estrema ramificazione
dell'albero, oltre la divisione che già prima aveva preso inizio con
i rami in cui esso si era diviso. Lo stesso fa il linguaggio: da un
primo sentimento, a malapena articolato, il pensiero si sviluppa sempre
di più insieme al linguaggio e non si può anzi neppure concepire senza
il linguaggio. Ma lasciatemi immaginare le foglie che, mosse dal vento,
fanno un fruscio, stormiscono, o anche gli uccellini che si posano sui
rami, fra le foglie, e cinguettano.
Sono come le parole di un linguaggio, che sembra parlarci di un'armonia
che è già presente nel nostro cuore. Quando però la stessa cosa avviene
fra delle persone, allora il linguaggio diventa fonte di diversificazione
e opposizione. La lotta, il corpo a corpo di cui parlavamo prima, con
il proprio partner per esempio, è in gran parte dovuta al linguaggio.
Quando ci si ama, ci si bacia, ci si desidera, si va a letto,va tutto
bene, ma quando si comincia a pensare, a ragionare - io ho detto questo,
tu hai detto quest'altro ecc.- si può arrivare a degli aspetti cruenti
con il solo fatto di scambiare delle parole, che poi finiscono con gli
oggetti scagliati addosso, è vero o no? Al livello dell'anima c'è però
da dire una cosa, come si vede in un altro schema: invece della parola
antagonista, quella che i greci chiamavano Contesa, il combattere uno
con l'altro, ecco la parola di saggezza che viene dal profondo del cuore.
Sarà magari una parola di consolazione, perché no?, guardate che Gesù,
quando riapparve ai discepoli disse: "vi invierò il Consolatore, lo
Spirito Santo che vi consolerà". Anche questo è vero. Come i bambini,
abbiamo bisogno di essere consolati (la verità e la consolazione non
sono poi così diverse e antagoniste), non illusi ma portati dall'amore.
Questa consolazione è un gesto di amore, tanto quanto invece è di non-amore
tutto quello che di intellettuale, esistenzialista, materialista ci
viene inculcato e che finisce col sopprimere gli aneliti più ingenui
e genuini di noi stessi. E' come buttare su delle pianticelle che stanno
germogliando delle palate di detriti inquinati. Invece la consolazione
è proprio un prendere cura, è un amare. In questo è anche il valore
della parola, ma c'è una grande differenza fra la parola di saggezza
e di amore - senza parlare del Verbo, la Parola che ha creato il mondo
- e le parole che spendiamo e che fanno parte della divisione del linguaggio.
Divisione o fusione dei generi?
Ecco, abbiamo qui un altro schema, in cui investigavo qualche cosa
che però non sono arrivato a capire, cioè, quando noi parliamo della
divisione dei generi, non pensiamo che, magari, all'origine, essi non
c'erano. Eravamo androgini, il nostro corpo stesso ha ancora i segni
di un'unità sessuale, che poi dopo si è differenziata con il femminile
e il maschile, ma non vi sembra che oggi ci siano dei segni di un ritorno
a una androginia? Non è che, a livello evolutivo, possiamo intravedere
un' attenuarsi della differenza fra i sessi?
Direi che è sotto i nostri occhi: le donne che diventano maschili e
gli uomini che sono più femminili di una volta.. Questo è da prendere
come una forma di degenerazione, un abbandono di un sano modo di concepire
la vita, o è invece l'annuncio di un'evoluzione in rapporto con un ritmo
cosmico? Siamo originati da una posizione di androginia, siamo giunti
a una differenziazione, poi a una forma di unione, e infine ci proiettiamo
di nuovo verso una androginia, quando non sarà più necessario di far
partorire i figli a una donna: essi potranno nascere in un altro modo.
Non vorrei comunque avventurarmi in futurologie, ma solo riflettere
in un senso più profondo. Fu posta a Gesù la domanda: tu ci parli della
resurrezione dei corpi ma mettiamo che tizio abbia avuto quattro mogli,
sono morte tutte una dopo l'altra, nell' al di là cosa accadrà? Le terrà
tutte e quattro o come risolverà altrimenti il problema? E lui rispose:
nell'al di là non ci sarà più né il maschile né il femminile. Ecco,
la risposta è perfetta. Nell'al di là c'è un futuro in cui questo maschile
e femminile, che si esprime oggi in forme finalizzate alla procreazione,
non sarà più necessario, prenderà altre forme, non sessuali ma spirituali.
Non dicevamo prima che anche Dio ha in sé il maschile e il femminile?
Silvana O.
Io credo che comunque noi, fin dal momento del concepimento, avendo
i cromosomi del padre e della madre, abbiamo già le due componenti.
Al livello dell'anima è un cammino interiore che ognuno deve fare, ma
per quel che riguarda la specie, se un domani, con delle mutazioni particolari,
essa evolverà, progredirà in modo da far partorire a turno, un po' l'uomo
e un po' la donna, oppure chissà come...
Vittorio M.
Ma pensa, a che punto siamo: non solo bisogna dividere i lavori domestici,
ma anche partorire a turno...
Silvia G.
Questo fa pensare a come i rapporti fra uomo e donna sono difficili.
Noi cerchiamo nell'altro un completamento, ma dovremmo essere già completi
in noi stessi, cerchiamo il nostro maschile o il nostro femminile, siamo
poi delusi, cerchiamo l'unità, ma purtroppo l'unità, in questo momento,
in questa terra, non è possibile - si raggiungerà forse solo domani
quando saremo un unico essere - e quindi il rapporto fra uomo e donna
adesso non va affrontato con questo tipo di aspettativa
Paolo S.
Bisogna amare l'altro e non il nostro sosia in lui, che è solo una proiezione.
Se questo non è possibile, bisogna portare l'amore su un altro piano.
Siamo fondamentalmente egoisti nell'amare Si sta prospettando un futuro
narcisista, il rapporto di coppia va sempre più deteriorandosi. E' sempre
un Io che prevale mentre, nell'antichità, c'era molta più propensione
all'altro, e anche una spinta della natura molto più forte. Con il tempo,
più la conoscenza umana avanza, più uno rimane sempre più centrato su
se stesso
Carla S.
Ci sono però delle scelte che si fanno. Uno rimane sempre più incentrato
su se stesso, se fa questa scelta, ma se ne può fare un'altra. Abbiamo
tutti gli strumenti per lottare contro questa cosa
Paolo S
Lo so, però capisce che siamo sottoposti a dei bombardamenti spaventosi
dei mass-media fin da quando la gente si alza al mattino? Ormai non
si ragiona più, non si ha più la testa per ragionare, si ragiona solo
con tutte le informazioni che riceviamo.
Carla S
Bisogna fare delle battaglie, contro queste cose
Natura, civiltà, città
Vittorio M.
Noi qui stiamo facendo appunto delle piccole battaglie di riequilibrio,
nei limiti delle nostre forze. Il discorso che fai tu va però visto
più in generale, non riguarda solo il rapporto fra uomo e donna, fra
i tempi passati e il presente, o il malcostume della società attuale,
ma va portato sul piano del rapporto fra natura e civiltà. La natura
in qualche modo è femminile e la civiltà in qualche modo è maschile
ed è nettamente sopraffatrice della natura. Anche qui e anzi soprattutto
qui c'è da ristabilire un equilibrio, di cui la campagna di emancipazione
delle donne è solo un piccolo inizio...
Il rapporto fra maschile e femminile comprende quindi anche una riflessione
sulla natura e la civiltà. Anche in questo campo bisogna realizzare
un integrazione, un'unità: fra la natura che nutre la civiltà, e una
civiltà che sappia tutelare la natura, in una felice armonia che è,
ahimè, lontanissima da quanto accade oggi. Parleremo in un prossimo
incontro della città, perché è in essa che si incentra il rapporto fra
civiltà e natura
Elisabetta L.
Ci sono città femminili e città maschili, secondo te?
Vittorio M.
Non bisogna schematizzare il maschile e femminile che, certo, è in tutte
le cose
Silvana O.
Secondo me, le città di mare sono femminili
Vittorio M.
Forse perché accolgono e sono aperte verso il mare, che è come l'inconscio?
Elisabetta poi ci dice che Sparta, invece, era maschile, ma non insisterei
su queste associazioni. Il femminile e il maschile sono presenti in
tutto, ma non in modo così semplificato. Ci può essere una prevalenza,
in un determinato periodo, dell’uno o dell'altro aspetto, e poi uno
si cambia nell’altro. Per esempio, la città del medioevo io la sento
come femminile, in confronto con la città classica che invece è maschile.
La città classica è un ordine razionale, dettato dalle leggi della geometria,
mentre quella del medioevo si forma in modo organico, simile a una pianta,
intorno a un cuore che è la cattedrale. Ciò però non toglie che la città
del medioevo era irta di torri e chiusa fra le sue mura, mentre si difendeva
dai nemici con fior di maschi guerrieri ricoperti di ferro. Una cosa
si trasforma nell’altra ma non per questo perde la sua verità, ci indica
solo che la verità e qualcosa di vivo, in mutamento, in continua trasformazione.
Quindi i nostri ragionamenti non devono essere presi come schemi rigidi,
ma indicano dei principi, per poi un momento dopo rovesciarli, giusto
no? La sola cosa certa è che tutto cambia: il mutamento è la realtà.
Verso una conclusione
Carla S
Posso dire ancora una cosa, per concludere con un pensiero positivo?
A questo punto, penso che, con tutte le riflessioni filosofiche e religiose,
a livello altissimo, che sono state fatte e che abbiamo anche tutte
in noi, in qualche modo, anche a livello artistico, musicale, e che
costituiscono un patrimonio immenso di cultura e di cose straordinarie,
così come abbiamo anche un grande patrimonio di ricerche scientifiche…ecco,
allora penso che veramente dentro di noi possono convivere tante cose:
così, vedendo l’infelicità del mondo ci sentiamo infelici, però se il
nostro uomo o figlio ci ama, siamo allora felici, e la nostra felicità
può stare accanto all’infelicità per quello che vedi. Ugualmente, dentro
di noi possiamo sperare che oltre la morte ritroveremo forse chi abbiamo
amato e perduto, e nello stesso tempo avere una voce dentro che ci dice
che non è vero niente di questo e non si troverà nulla.
Allora credere ad uno schema come quello che hai fatto tu, Vittorio,
dove in fondo c’è una specie di armonia universale, e dall’altro sentire
la voce che dentro ti dice “no, guarda, prendi quello che la vita ti
dà perché poi sarai polvere e non ci sarà più niente” ... le due cose,
secondo me, possono stare insieme, così come credere in un Dio creatore,
buono, che in un modo o nell’altro ti è vicino, oppure credere che no,
Dio non può esistere e c'è solo questo piccolo spirito che anela al
bene che abbiamo dentro, e che dobbiamo lottare per far sopravvivere,
altrimenti,come umanità non siamo altro che questo spettacolo sgradevole
che viviamo ogni giorno e che vediamo alla televisione.
Ecco, queste cose convivono, e credo che in tutto una cosa debba restare
salda: mi riferisco alla lettura di Levinas, proveniente da studi biblici
e religiosi e maestro di molti rabbini, il quale dice che, per lui,
parlare di Dio, oggi, sostenere la realtà di Dio e credere in queste
cose che ci vengono dalla cultura passata, è lontano, difficile, quasi
insostenibile, ma che appunto c’è una cosa che è fissa, cioè che se
c’è una divinità che viene su dall’universo attraverso di noi, qualcosa
in cui si manifesta, è nella legge, vale a dire la legge umana che cerca
la giustizia.
Silvana.O
Idea un po’ rabbinica, molto ebraica, direi…
Carla.S
E’ molto ebraica, ma è molto vera, però, perché noi non abbiamo altro
che la legge su cui far passare il discorso del bene e del male.
Vittorio.M
Non conosco Levinas, al di là di un'informazione superficiale sull'impostazione
etica della sua filosofia, ma mi permetto di completare il tuo discorso
con un'immagine. La legge mi fa pensare ad un campo arato in cui noi
tracciamo i solchi, però non si può trascurare il fatto che in questi
solchi devono nascere delle piante viventi. Ecco quindi il bellissimo
rapporto che intercorre fra la legge, cioè la ragione, e quello che
chiamo molto impropriamente il sentimento, in questo caso la natura.
Sono complementari, l'etica umana deve fare una sintesi fra la libertà
della natura, o dei nostri sentimenti, e la legge della ragione. Ma
non potrò assolutamente affidarmi solo alla ragione, alla legge, mentre
crederò profondamente all'equilibrio fra sentimento e ragione che è
iscritto in noi.
Non solo vedrò il rapporto fra natura e civiltà, fra la vita e il pensiero,
a sua immagine, ma evocherò di nuovo quanto dicevo prima dell'arte ellenica
in cui il perfetto equilibrio fra queste facoltà è la base che ci permette
di captare il divino, di parlare con gli Dei. Riprendendo l'esempio
concreto del solco, al di sopra della base in cui la ragione umana che
lo traccia e la forza vegetativa si equilibrano, splende la luce del
sole, scende la grazia di Dio.
Carla.S
Ma certo, la legge deve tenere conto di tutto, è il nostro massimo raggiungimento.
Vittorio.M
No, la legge, la ragione, e neppure la ragione etica di cui parli, non
può affatto essere il nostro massimo raggiungimento ma, al contrario,
sarà la nostra prigione, la nostra condanna, se non sapremo elaborarla
nell'equilibrio con il sentimento, con il femminile, con la natura,
con la nostra anima profonda, e in sostanza con lo stesso divino: non
abbiamo detto che Dio è insieme maschile e femminile?...
Carla.S
Ma la legge la fai tu e la fai appunto così, se fai una legge buona!
Vittorio.M
Ma vedi, questo mio stesso discorso, un po’ architettonico, si appoggia
alla costruzione di alcuni schemi, come fossero delle leggi, ma io stesso
dico “attenzione!”, non va preso in modo arido, non si deve giurare
che sia assolutamente vero, e neppure dire che può convivere con qualunque
altro punto di vista. E' un modo di disegnare degli assi, dei tracciati,
perché fra di essi possano crescere dei sentimenti vitali, ma guai se
questi tracciati li soffocassero, come avviene di troppe teorie, di
troppe leggi, comprese quelle che si pretendono divine.
Riguardo poi a quello che è vero o che non è vero, a ciò che posso credere
o non credere, mi viene in mente un'altra immagine. Vedrei la vita come
una ruota - l’abbiamo già detto tante volte, è la ruota del samsara
- che, come quella di una bicicletta, è costruita con molti raggi che
ne collegano la circonferenza al centro. In questi raggi possiamo vedere
tutti i ragionamenti, tutti i percorsi, quello della storia, dell’arte
eccetera e tutti quanti si dirigono allo stesso centro. Certo è vero
che essi convivono e che possono anche essere tutti veri, purché però
portino davvero al centro comune.
Ecco, quello che a me interessa è questo centro, che è fisso e non opinabile:
la ruota può girare come vuoi, può andare avanti, tornare indietro,
i suoi raggi possono essere tanti o pochi ma non divergenti o sconnessi.
Ma soprattutto il centro non è un’opinione, non è neppure una consolazione:
lo senti nel tuo essere! E se uno si rifiuta di sentirlo, è come proprio
se chiudesse gli occhi e le orecchie, se rifiutasse il nutrimento, e
non volesse neppure respirare. Ma perché?