Incontro n° 4 del 28 aprile 2010
        Nel dibattito sono intervenuti anche: Elisabetta Lampugnani, Silvana Olmo, Carla Sanguinetti, Paolo
Manasse, Silvia Guerriero, Paolo Scarton.
        Vittorio Mazzucconi
        
         Ci siamo imbarcati da alcune settimane in questa impresa di parlare 
          del sentimento e della ragione. E' già stato detto che sembrava una 
          cosa molto facile, poiché tutti quanti abbiamo un cuore e una mente 
          abbastanza vicini uno all'altro, mentre si è aperto invece un campo 
          vastissimo, che abbiamo cominciato ad esplorare da diversi punti di 
          vista. In primo luogo ci siamo riferiti all'immagine archetipica dell'albero, 
          osservandone dapprima la simmetria rispetto al tronco, poiché la ramatura 
          della parte alta dell'albero corrisponde alla radice, e suggerendo poi 
          un'analogia con il nostro tema, in modo tale che la ramatura ci ha fatto 
          pensare alla ragione, che è appunto qualcosa che si divide in tanti 
          rami, mentre la radice l'abbiamo associata al sentimento.
          Allargando poi questa analogia al corpo umano, abbiamo osservato delle 
          funzioni analoghe, per esempio l'intestino, che ci fa pensare alla radice 
          e al sentimento, o il cervello che ci fa pensare non solo, ovviamente, 
          alla ragione, ma anche alla ramatura dell'albero, come se essa fosse 
          stata compressa in modo da trasformarla in un organo pensante. Abbiamo 
          infine letto delle analogie simili in altri aspetti della natura, della 
          nostra vita, della storia, dell'arte.
        
 Stasera cerchiamo di affrontare un altro aspetto che, a giudicare 
          dall'esperienza che ne abbiamo, è molto complicato: il femminile e il 
          maschile. E' qualcosa che, di primo acchito, sembra proprio corrispondere 
          al sentimento e alla ragione, ma non vorrei semplificare troppo, come 
          può sembrare guardando agli schemi che vi presento. Bisogna dire che 
          stiamo procedendo in una foresta, con un'idea sommaria della direzione 
          in cui andare, per seguire la quale dobbiamo aprici dei varchi. Siamo 
          tutti consci che la foresta è immensa ma dobbiamo mettere dei paletti 
          per non perderci nell'esplorazione di questa immensità.
          
          Albero, anima, femminile-maschile
        
 Quindi ricomincio con i piccoli schemi che possono aiutarci a ragionare. 
          Qui, ancora una volta, mi riferisco all'archetipo dell'albero e a quello 
          che avevamo visto nella colonna corrispondente dell'anima. Come nell'albero 
          c'è il tronco, e nel nostro corpo il cuore, così nell'anima, anzi nel 
          suo centro, si realizza l'unione del sentimento e della ragione. Al 
          di sotto di tale centro, nel nostro schema, vediamo il sentimento, sotto 
          ancora l'eros e infine, nella parte più bassa, l'oscurità.
          Leggeremo invece al di sopra la ragione la sua divisione nel linguaggio, 
          che ci condurrà a un'altra oscurità. 
          Chi di voi legge molti libri di filosofia non può darmi torto: più si 
          ragiona e più ci si ritrova nell'oscurità, non certo nella verità interiore. 
        

fig. 10
        Per venire invece a una nuova colonna, quella del femminile-maschile, essa 
          sembra una fotocopia di quella dell'anima, e non può infatti essere 
          che così. Dove c'era il tronco, il cuore, l'unione fra il sentimento 
          e la ragione, troviamo adesso l'unione del femminile e del maschile, 
          che si realizza ovviamente nell'amore, nell'accoppiamento. Al di sotto 
          (non nel senso di più basso) vediamo il femminile, e prima di esso l'eros 
          e, in fondo alla colonna, la solitudine. Al di sopra poniamo invece 
          il maschile (ancora una volta, non nel senso che esso sia più alto del 
          femminile), il linguaggio e, finalmente, la separazione.
          Stiamo guardando a questo tema del femminile e del maschile in modo 
          banale, partendo dalla nostra esperienza. Tutti noi desideriamo andare 
          dalla nostra parte femminile alla parte maschile o viceversa, e ci incrociamo 
          in un punto di incontro, che è il rapporto di coppia. Purtroppo, in 
          tutte le nostre vicende amorose, si sale attraverso le varie fasi indicate 
          nello schema, ma solo per arrivare alla stessa oscurità da cui eravamo 
          partiti. Come, nell'albero, si sale dalla terra al frutto - questo cade, 
          ritorna alla terra, e si ricomincia da capo - così, noi partiamo dalla 
          solitudine, incontriamo il rapporto di coppia e finiamo purtroppo con 
          la separazione, per poi ricominciare da capo. E' un punto di vista un 
          po' pessimista ma purtroppo suffragato dall'esperienza. 
          
          Albero, anima, femminile-maschile a livello superiore
         Non vorrei però fermarmi al livello, temo molto condiviso, di questa 
          esperienza. Il fatto di cominciare dalla solitudine per finire nella 
          solitudine può non essere fine a se stesso, senza una via di uscita 
          ma, al contrario, può fare emergere, come abbiamo visto nel precedente 
          Seminario " Arte e Psiche", l'impulso ad evolvere in un senso più alto 
          e bello. L'amore ci spinge a ricercare un'unità con un'altra persona 
          che poi dopo, presto o tardi, si trasforma in una divisione, perché 
          tale unità non può che essere un momento, un periodo felice che poi 
          cede di nuovo all'impulso della disunione. L'impostazione idealistica 
          del nostro discorso ci suggerisce però che, a un certo momento, invece 
          di sfociare nella divisione e poi nella separazione, si può passare 
          a un livello superiore, che ci condurrà alla luce e non più all'oscurità, 
          alla conoscenza e non più all'illusione.
          Questo processo è esemplificato nel mito di Eros e Psiche, di cui abbiamo 
          molto parlato nel Seminario che ho menzionato. Essi vivevano un amore 
          bellissimo, che poi è stato interrotto e finalmente ritrovato, ma non 
          a un livello banale, come quello delle fiabe; (...e vissero felici e 
          contenti...) il rapporto si ricompone perché Psiche viene "assunta fra 
          gli Dei", cioè si scopre la divinità dell'anima ed è quindi a questo 
          livello che l'amore raggiunge il suo vero fine. 
        
fig. 11
        Rispetto ad esso, se guardiamo invece al livello della nostra esperienza, il 
          modo in cui l'amore viene vissuto nel rapporto fra le persone appare 
          dapprima strumentale, finalizzato alla procreazione, e può in seguito 
          evolvere in una gamma crescente di significati e potenzialità. Il suo 
          vero fine va invece al di là di tutto questo, è un destino divino. 
          Lo si vede appunto nella vita dell'anima in cui, dall'oscurità, dall'eros, 
          dal sentimento, dalla ragione, si giunge, se uno va al di là della separazione 
          e della delusione, alla coscienza, alla sapienza. Lo vedi nella natura 
          stessa, in cui il ciclo di una pianta che nasce dal seme, e si sviluppa 
          con la radice, il tronco, i rami, le foglie, potrebbe essere anche concluso, 
          se non nascesse poi il fiore e, da esso, si formasse il frutto, aprendo 
          così un nuovo livello. Io penso che, come accade in una pianta, così 
          questo accada nell'anima, e così accada anche nel rapporto fra il femminile 
          e il maschile. Un rapporto che non si esaurisce solo in una storia di 
          amore - può essere bellissima, straordinaria ma può essere anche banale 
          - ma va oltre, quando il nostro bisogno di un compagno non è più solo 
          a livello umano ma si porta a un livello superiore. L'abbiamo visto 
          nel mito di Eros e Psiche, ma lo vediamo anche, che so, nella poesia. 
          Dante, con Beatrice, non ci mostra forse questa evoluzione, questa estrema 
          idealizzazione dell'amore?. Per quanti poeti, per quanti altri artisti, 
          la donna amata diventa ispiratrice, diventa la guida del loro cammino 
          spirituale.
          Il discorso è molto complesso ed è reciproco. Jung individuava nell'uomo 
          un'anima, diciamo, femminile - viene appunto chiamata anima - e nella 
          donna invece un anima maschile, che chiamava animus. In un caso e nell'altro 
          c'è questa idealizzazione, questo veicolo di conoscenza che è il vero 
          senso del rapporto di coppia, se lo si vede su un piano più alto.
          
          Unioni fra femminile e maschile
         L'unione fra femminile e maschile si fa a tanti livelli. Il primo 
          livello per esempio - non so se ci avete mai pensato - è quello di essere 
          nati, è cioè l'unione fra anima e corpo, se vogliamo pensare che l'anima 
          sia femminile e che il corpo sia maschile, o anche il contrario, che 
          un principio maschile fecondi una materia femminile pronta a riceverlo 
          e a divenirne pregna. Vedremo forse più avanti che i generi non sono 
          separati in assoluto ma, al contrario, si trasformano uno nell'altro, 
          sono anzi uno nell'altro. Questo è quindi il primo modo, folgorante, 
          di unione fra il maschile e il femminile. Dopo, ovviamente, c'è il. 
          rapporto fra donna e uomo o, più in generale, fra femmina e maschio 
          in ogni specie. Noterete per inciso che io metto sempre per primo il 
          femminile, non solo per galanteria ma perché le due parole del tema 
          del Seminario, Sentimento e Ragione, corrispondono, nello stesso 
          ordine, a Femminile e Maschile. 
          Femminile e maschile è quindi sinonimo di sentimento e ragione, come 
          si può leggere su diversi piani:
         - Prima di tutto il femminile e il maschile in noi, cioè non nel rapporto 
          con un'altra persona, un altro sesso.
          La cosa importante è di integrare in sé il femminile e il maschile. 
          Questo quindi per ciò che riguarda il livello della psiche.
          
          - Poi il livello dell'arte. Io sostengo che un'opera d'arte nasce come 
          un essere vivente, non è una invenzione intellettuale. Nasce proprio 
          dall'unione del sentimento e della ragione dell'artista, quindi in quella 
          del femminile e del maschile che sono in lui. Un'arte che fosse invece 
          solamente frutto di una invenzione intellettuale oppure di un'espressione 
          sentimentale, di uno sfogo passionale, secondo me non sarebbe una vera 
          opera d'arte. Io distinguo un'invenzione, un concetto, una teoria, e 
          quello invece che nasce, a somiglianza di ogni altra cosa, anzi di ogni 
          essere vivente, come una pianta, un animale, e soprattutto un uomo. 
          Quindi nell'arte si realizza questa unione.
          
          - Nella storia: sembra un po' azzardato sostenerlo, ma ci sono epoche 
          più improntate al femminile ed epoche più improntate al maschile, oppure, 
          nella stessa epoca, ci può essere un passaggio dalla parte arcaica e 
          più vicina al femminile alla parte matura che è invece più vicina al 
          razionale, come si vede in tutte le civiltà, nella civiltà greca, nella 
          civiltà romana. Si parte sempre da un sostrato vicino alla terra, vicino 
          alla radice, vicino al femminile e si giunge in seguito allo sviluppo 
          della ragione, con l'acquisizione di una conoscenza e di un potere, 
          come è nella natura maschile..
          
          - Lo si vede nell'evoluzione. Al di la dei cicli storici che conosciamo 
          - la storia umana appare solo di recente nel cammino dell'evoluzione 
          - possiamo immaginare un'evoluzione globale in cui avvenga lo stesso. 
          Da un periodo arcaico dell'umanità si procede fino al nostro tempo, 
          che è invece caratterizzato da un grande sviluppo della ragione, anche 
          se in un senso materialistico (ma non è forse proprio in questa identificazione 
          con la materia il lato perverso della ragione?) e poi fatalmente si 
          deve ritornare, anche se con una maggiore consapevolezza - almeno così 
          si spera - al punto di partenza. Quindi a me sembra che un'ipotizzabile 
          e auspicabile evoluzione dell'uomo, della civiltà, sia proprio in un 
          senso femminile, cioè in quello di recuperare tutti i valori che la 
          civiltà materialistica, razionalistica, maschile, ha sterilizzato, ha 
          ucciso: i valori di amore della natura, di amore dell'uomo, il generare, 
          il prendere cura, l'accogliere, il coltivare i sentimenti, che sono 
          propri della donna. 
          Una cosa si cambia poi sempre nell'altra, il maschile si trasforma in 
          femminile, le donne che, oggi come oggi, sempre di più informano tutti 
          gli aspetti della vita sociale e culturale, così facendo diventano anche 
          maschili, così come gli uomini stanno diventando femminili. E' come 
          lo Yin e lo Yang, nessuno dei due è una realtà separato dall'altro, 
          ma sono un continuo circuito, un continuo fluire uno nell'altro. 
        
fig. 13
        Oltre a questo quadro, parlavo prima del fine dell'amore, non della fine ma 
          proprio del fine dell'amore, ricordando anche il mito di Psiche. Quindi 
          abbiamo detto: l'anima e il corpo si uniscono nell'incarnazione, la 
          donna e l'uomo nel rapporto di coppia, il sentimento e la ragione in 
          tanti aspetti, al di dentro e al di fuori di noi ma, al di la di queste 
          forme, di questi cicli, c'è appunto la possibilità di uscire dal ciclo, 
          come abbiamo ripetutamente visto negli incontri precedenti. Mentre, 
          al livello consueto dell'amore, ci si conosce, ci si ama, e poi ci si 
          lascia, e si può ricominciare un'altra volta, riassumendo tutto questo 
          in un ciclo, che poi si presenta anche in tanti altri aspetti della 
          vita, pensiamo che l'uomo possa giungere a un livello di consapevolezza 
          che gli permetta di uscire dal ciclo, comprendendo finalmente che l'amore 
          terreno è un gradino per passare a un altro livello, in cui conoscerà 
          forse il vero amore. C'è un fine pratico dell'amore che è la procreazione, 
          ma c'è un fine sublime che è la fioritura dell'anima, proprio come quella 
          di un fiore, e il dono del frutto che ne nasce. Questo frutto che cos'è? 
          E' proprio lo scoprire la divinità in noi. Noi crediamo di essere un 
          uomo e una donna separati, e ci cerchiamo l'un l'altro, perseguendo 
          un'unità che può essere solo temporanea e illusoria, mentre l'unità 
          vera, come si vede nel mito di Eros e Psiche, è possibile solo su un 
          altro piano.
          Poiché Eros è un Dio e Psiche è simbolo dell'anima umana, è quindi questo 
          amore fra Dio e l'anima umana la cosa essenziale, al di là delle vicende 
          provvisorie e deformate della nostra esperienza.. 
          
          Dio e l'anima
         Con questo si giunge appunto all'ultimo livello. Come si è detto che 
          si uniscono l'anima e il corpo, la donna e l'uomo, si può dire anche 
          che si uniscono l'uomo e Dio? Le analogie e i paragoni vanno però sempre 
          presi con cautela, se non vogliamo che qualcuno ci chieda: chi dei due 
          è maschile? Dio è maschile? l'essere umano è femminile? Non avrebbe 
          molto senso dire questo. Però diciamo che, quando Psiche viene accolta 
          fra gli Dei e scopre così la sua divinità, allora veramente si instaura 
          il rapporto fondamentale che è quello, non tanto fra Dio e l'uomo, preso 
          in un senso antropologico, ma fra Dio e l'anima, e questo è un rapporto 
          di identità, non fra due generi. Il vero rapporto di Dio con l'anima 
          è che l'anima scopre appunto di essere Dio, scopre la sua divinità. 
          Quindi è un rapporto di identità. Non è che il nostro piccolo essere 
          si fonda con Dio, ma è il riconoscere in sé , pur rimanendo nella nostra 
          micro-dimensione limitata dallo spazio e dal tempo - siamo nulla in 
          confronto a Dio - che è nella nostra natura l'identità con Dio, l'Atman 
          scopre Brahman dentro di sé, questo è il concetto, non è che si sposi 
          con lui, che si fonda in lui, ma solo scopre di esserlo, di averlo dentro 
          di sé, mi spiego male ma...(Silvana e altre voci: no, è chiarissimo...)
         Ogni volta che si realizza un'unità, si riaffaccia anche una divisione. 
          Dicendo che l'anima e non l'uomo si unisce a Dio, distinguiamo fra anima 
          e uomo? Sono due cose diverse? Io oserei rispondere che si parla qui 
          dell'anima in un senso molto vasto, come l'anima di tutte le creature, 
          l'anima del mondo, come lo spirito stesso di Dio che lo permea e che 
          si rivela a se stesso attraverso l'evoluzione, finché questa identità 
          non diventa manifesta, pienamente espressa. Ci sembra oggi che ne sia 
          l'uomo, quasi ovviamente, il manifestatore, l'anima eletta o che può 
          aspirarlo ad esserlo, ma non è affatto detto che sia così. L'anima non 
          è solo mia, e non è neppure privilegio degli uomini, è lo spirito di 
          Dio diffuso ovunque, che tutto anima, di cui, individualmente, possiamo 
          solo ambire a divenire consapevoli.
         Vediamo adesso un altro aspetto, che ci riporta al tema della ciclicità. 
          Tutto quanto è sempre ciclico, il maschile diventa femminile, il femminile 
          diventa maschile e così accade di qualunque cosa, nel giorno, nelle 
          stagioni ecc. E' ciclica la nostra vita, la nostra psiche, ed è quindi 
          ciclico anche il rapporto fra sentimento e ragione: in esso, il sentimento 
          si evolve certamente verso la ragione, che però poi, indebolendosi in 
          conseguenza della sua ramificazione, ritorna al sentimento, e così via, 
          tutto quanto è una grande ruota. Lo stesso avviene nell'arte: abbiamo 
          visto l'alternarsi dei periodi arcaici, classici, decadenti ecc per 
          poi ritornare di nuovo all'arcaico ecc. L'abbiamo visto nella storia, 
          nell'evoluzione in generale. Però, abbiamo molto parlato anche del fatto 
          che il ciclo è in realtà una spirale, e che questo è vero anche per 
          l'anima che, in tal modo, attraverso il ciclo delle sue incarnazioni, 
          segue una spirale evolutiva.
          Abbiamo però anche ipotizzato che la vita dell'anima non sia necessariamente, 
          sempre e per tutti, una ruota che gira infinitamente, sia pure con l'andamento 
          di una spirale, ma che avvenga in essa qualcosa di simile allo sboccio 
          di un fiore, al formarsi di un frutto, e che si apra così un'altra dimensione, 
          che è quella dell'iniziazione, dell'illuminazione, della resurrezione. 
          Anche un tale evento farebbe parte della spirale, poiché anche l'illuminazione 
          sarà solo una piccola parte di un processo infinito ma tuttavia, rispetto 
          al nostro piano ordinario, essa può apparirci come un evento straordinario, 
          come un uscire dal ciclo. 
          
          Sole, terra, luna
         C'è poi un'altra lettura, in cui mi sarei avventurato. Dopo aver sempre 
          parlato del ciclo come di un movimento dal basso all'alto e viceversa, 
          possiamo leggerlo in questo ultimo schema in un modo diverso. Nel centro, 
          abbiamo sempre l'unione del femminile e del maschile, ma di dove viene 
          il femminile e di dove viene il maschile? Qui si suppone che il femminile 
          venga dall'eros e, andando ancor più nel profondo, dalla luna, mentre 
          il maschile sembra venire dal sole. Questo, non per attribuire agli 
          uomini una dignità solare e considerare voi donne come delle parvenze 
          lunari..., ma è lo stesso concetto dell'albero la cui parte superiore 
          prende la luce dal sole, mentre quella inferiore è legata invece alla 
          terra e, misteriosamente, alla luna, che regola in realtà l'intero ciclo 
          vegetativo. In questo schema, se vediamo il femminile in rapporto con 
          l'aspetto lunare, e vediamo invece il maschile in rapporto con l'aspetto 
          solare, il loro incontro dov'è? E' nella terra che, a questo punto, 
          si rivela il centro in cui si ritrovano il solare e il lunare, lo spirituale 
          e il materiale, la linfa che viene dalla radice e la luce che viene 
          dal cielo, come nell'albero. Allora, oltre al movimento che va dal basso 
          all'alto e e poi dopo ritorna su di sé, si possono leggere due movimenti 
          che vanno al centro e poi dal centro ritornano agli estremi.
          
          Sarebbero molto complessi e rivelatori gli aspetti che derivano da questa 
          lettura e che investono tutta una cosmogonia, con profonde radici nelle 
          antiche mitologie, ma non è possibile approfondirla adesso. Vi propongo 
          di fermarci dove siamo arrivati, cioè nel luogo in cui il femminile 
          e il maschile, come il sentimento e la ragione, si congiungono in quella 
          che è l'esperienza centrale della vita, a tutti i livelli, di equilibrio 
          psichico, di procreazione, di ciclo storico, di opera d'arte... Questo 
          luogo è la nostra realtà. Ogni pensiero porta ad essa. 
        
fig. 14
         Dibattito
          
          Vittorio M. 
          A questo punto, andiamo avanti con un po’ di dibattito, vi provoco subi
        
 Elisabetta L.
          Io ho un’osservazione: questo è uno schema che si basa sul numero 7?
        
 Vittorio M.
          Questa coincidenza mi è accaduta tante volte: per esempio, in un mio 
          vecchio libro sulla città, mi chiesi come mai erano sette i suoi capitoli. 
          Non è che io avessi all’inizio pensato di farne sette, ma si forma naturalmente 
          una struttura in cui ha una grande importanza l’elemento centrale, a 
          cui si legano altri elementi, tre su ambedue i lati. Però tutti i numeri 
          hanno una loro sacralità.
          
          Carla S.
          A me sono passate per la testa alcune cose: per esempio, il fatto che 
          tu abbia legato la donna alla luna e l’uomo al sole è un archetipo antichissimo, 
          che credo si rifaccia alla cosmogonia vera e propria: al solstizio d’inverno, 
          il sole fa il giro e ricomincia a crescere, perché fino a quel momento 
          decresceva andando verso la notte; c’è una giravolta e il sole risale 
          e coincide con la luna piena. Tanto che la divinità più antica del Mediterraneo, 
          Iside, è nera come la terra perché è la terra divina ed ha la luna tra 
          le corna sulla testa. Essa è anche madre del sole, Horus. Quindi è vero 
          che nella terra si trovano proprio la luna e il sole, conciliati in 
          un tutt’uno.
          
          Vittorio M.
          Certamente! E' un archetipo antichissimo, che è bello veder spuntare 
          spontaneamente nella nostra conversazione sul maschile e il femminile. 
          Fra le corna sulla testa di Iside mi sembra però che ci sia il sole...
          
          Una interpretazione biblica 
        
Carla S.
          Poi, mi è venuta in mente un’altra cosa: che la dimensione maschile 
          e la dimensione femminile dell’universo sono già presenti nella Bibbia, 
          in quanto, in un proverbio di Salomone, a un certo punto si dice: “ 
          non c’erano ancora gli abissi ed io ero già stata concepita”, e chi 
          parla così è Sophia, che gioca con Dio sugli abissi prima della Creazione. 
          Per quanto questa figura di Sophia sia probabilmente di derivazione 
          greca, leggiamo nella Bibbia che, quando Dio scorre sugli abissi, sulle 
          acque e poi dice “sia la luce” e la luce fu, e poi separa le acque superiori 
          dalle acque inferiori, Dio non è solo ma, secondo i proverbi, c’è Sophia 
          che gioca con lui, e quindi Dio si presenta già con un aspetto maschile 
          e uno femminile, prima ancora della Creazione! E poi c’è quella figura 
          meravigliosa che è l’Adamo cosmico, descritto appunto nella Cabala, 
          che vede l’universo proprio come un Adamo in cui è presente questo discorso 
          ciclico, che però diventa storico, che è l’aspetto più straordinario, 
          perché, coì loro dicono, c’è questo abisso primordiale, tremendo, di 
          cui non sappiamo niente, è caos, da cui esce un punto che sale, sale, 
          sale e diventa l’Io, la testa di un Adamo che investe tutto l’universo 
          e che ha una parte maschile ed una femminile: la parte femminile è quella 
          che ha sapienza, sophia, intelligenza, e scorre nella parte sinistra, 
          mentre la parte maschile che è fatta anche di rigore e violenza è la 
          parte destra. Si ritrovano nella sessualità, a livello cosmico, e scendono 
          poi giù nella storia umana, dove Dio è in esilio perché la potenza divina 
          di questo Adamo cosmico parte dalla sua testa, dalla sua corona, e poi 
          irrompe giù per l’universo e quindi si ritrae. Irrompe e si ritrae: 
          quando irrompe, tutto si sviluppa - la sessualità, tutto quanto abbiamo 
          dentro, il lato destro e quello sinistro – e parte la storia umana. 
          Però poi si ritira, e quindi la storia umana è…
          
          Vittorio M.
          Ma non solo la storia umana, tutto l’universo è un ciclo di inspirazione 
          ed espirazione, questo è fondamentale…
          
          Carla S.
          Certo, l'universo. Comunque è in particolare l’Adamo cosmico che finisce 
          nella storia, e la nostra storia è poi nella terra, nell’universo, e 
          c’è in essa l’attesa del ritorno di Dio, che è femminile, perché il 
          dio che viene aspettato è la Shekhinah, che è la dimensione femminile.
          
          Vittorio M.
          Sì, però hai prima detto che Dio è insieme maschile e femminile, ne 
          puoi leggere i due aspetti.
          
          Carla S.
          Sì, però è nell’esilio dell’uomo…
          
          Vittorio M.
          L’esilio di Dio, cioè la rottura, la moltiplicazione, la ramificazione 
          dell'albero di cui parlo sempre, l’allontanamento dal centro, a cui 
          segue però il ritorno.... E' in questo allontanamento e in questo ritorno 
          il senso di tutto, e quello dell'amore che lo genera. Ci sono cioè due 
          forze: il dare e il ricevere, il generare l’universo e il riassumerlo 
          in sé. In generale, si può dire che questo non sia l’atto di una felice 
          creazione, ma proprio un esilio, nel senso che Dio si allontana da sé 
          e si fa materia, o dell’uomo che cade e si trova nella materia, nella 
          caverna, per poi ritornare con molta fatica all’unità iniziale.
          
          Carla S.
          Sì, però questo Dio non c’è nella nostra storia, lo cerchiamo, lo aspettiamo…
          
          Integrazione di femminile e maschile 
        
Vittorio M.
          A dire il vero, se lo vuoi trovare è dentro di te. Siamo noi nel nostro 
          piccolo, anzi piccolissimo, a vivere in prima persona questo processo, 
          e ad essere anzi proprio noi quel Dio che cerchiamo, che aspettiamo...
          Comunque, attenzione! E’ successo altre volte di avvicinarci al tema 
          di Dio, che è un pochino vasto e finiamo con l’uscire dal seminato. 
          Tornando sul concreto: vi esortavo a seguire alcuni passaggi. Carla 
          ha messo molto bene in evidenza un'interpretazione biblica, ma ci sono 
          altri passaggi, per esempio nell’arte, o nella psiche, che possono essere 
          discussi. L'importanza, per esempio, prima di spaziare troppo nell'universo, 
          di pensare a noi stessi, alla nostra piccola anima, in cui dobbiamo 
          appunto integrare il sentimento e la ragione, il maschile e il femminile. 
          Dobbiamo anche difenderci dalla dispersione portata dal partecipare 
          alla vita, dall'inflazione delle informazioni. L’abbiamo visto altre 
          volte: quanto maggiore è la dispersione, tanto più è necessario ritornare 
          all’unità. Unità che è appunto la stessa cosa dell’unione tra un uomo 
          e una donna, tra maschile e femminile, che ha aspetti meravigliosi, 
          che dischiude il più alto senso della creazione, ma che viene spesso 
          vissuta solo su un piano fisico o addirittura meccanico. E' come se 
          noi sperimentassimo a un basso livello un processo che è estremamente 
          più bello e universale. Lo finalizziamo al piacere, frenando il più 
          possibile la procreazione a cui dà luogo, e dimenticando anche di essere 
          profondamente grati per il nutrimento che esso ci dona, come ci insegna 
          la natura, prodiga di frutti sessuali con cui non solo vengono perpetuate 
          le specie ma ne avviene assicurata la nutrizione. 
          E' poi stupendo vedere come l'amore si esplica a tutti i livelli, con 
          l’unione del maschile e del femminile in Dio, in ogni cosa, nella nostra 
          psiche, nell’opera d’arte….qualsiasi cosa che nasce, nasce come un atto 
          di amore. Anche la materia inerte ne segue la legge, non facendo incontrare 
          le anime ma i poli, il positivo e il negativo…ma forse anche qui ci 
          stiamo allargando troppo!
          C’è qualche altro argomento, più vicino ed accessibile, che volete mettere 
          in evidenza?
          
          Silvana O.
          Io volevo un attimo mettere l’accento, parlando dell’essere umano, di 
          ognuno di noi, su come l’introspezione, cioè vivere l’interno, e vivere 
          il quotidiano siano due aspetti che vanno comunque equilibrati, perché 
          il femminile, secondo me, è la parte di raccoglimento, di preghiera, 
          di meditazione, di introspezione insomma, mentre il maschile è il vivere 
          fuori, il quotidiano, il lavoro, gli amici, ecc…quindi questo equilibrio 
          lo vedo anche proprio nel tempo che noi viviamo, l’aspetto fuori di 
          noi e l’aspetto dentro di noi.
          
          Vittorio M.
          Anche questo fa parte del respiro, no? Dentro e fuori, come inspirare 
          ed espirare.
          Detto questo, stiamo ovviamente parlando di idee generali, poi nella 
          pratica ci sono donne che hanno un grande sviluppo razionale e uomini 
          che hanno invece una sensibilità molo femminile. Comunque è fondamentale 
          l’equilibrio tra questi due movimenti: io penso spesso all’arte greca, 
          che ha raggiunto quasi di primo acchito la perfezione perché, secondo 
          un mio punto di vista, il sentimento e la ragione si sono presentati 
          fin dall'inizio in modo integro. Quando dico “sentimento”, intendo i 
          miti profondissimi dell'anima greca, la vicinanza con i grandi eroi 
          dell'età arcaica. Quanto alla ragione, non per nulla si parla di Minerva 
          uscita dalla testa di Giove: anche in essa, è all’improvviso che si 
          realizza l’equilibrio, ed è straordinario che dopo, per millenni, la 
          filosofia si sia affannata per raggiungerlo senza più riuscirci. Perché?
          Perché, dove c’era questo equilibrio, tra sentimento e ragione, o femminile 
          e maschile, si costituiva un nucleo energetico che in qualche modo è 
          in contatto col divino. Per quanto sia un concetto non dimostrato, possiamo 
          dire che il divino s’incarna dove l’uomo ha in sé questa integrazione 
          di sentimento e ragione.
          Quando un saggio ha dentro di sé l’anima e la mente integrate, può allora 
          captare, in qualche modo, il livello superiore. Nei Greci questa unione 
          permetteva loro appunto di raffigurare persone divine e la perfezione 
          in ogni campo: nella filosofia, nell’architettura, nella scultura, nella 
          tragedia.
          E' questo il lavoro che anche noi dobbiamo fare - mettere insieme sempre 
          il sentimento e la ragione - anche se ciò è molto difficile, in un tempo 
          incomparabilmente più complesso di quello greco..
          Devo aggiungere che, per quanto io senta molto in me stesso questa integrazione, 
          mi sto molto sbilanciando in questi incontri con voi, costruendo tutte 
          queste strutture! Sembra che mi allontani dal sentimento, ma spero che 
          non sia così. Ci vuole una ragione capace di discriminare, strutturare, 
          illuminare come lo fa la luce del sole, ma questa deve essere sempre 
          bilanciata dall’umidità che viene dalla terra, altrimenti brucerebbe 
          tutto.
          Ma ora vorrei sentire un economista come Paolo cosa ne pensa…
          
          Come conciliare la visione di un equilibrio e il rapporto concreto 
          fra due persone? 
        
Paolo M.
          Ti faccio una domanda. Secondo questa visione che tu ci dai, ci sono 
          questi due elementi dal cui equilibrio, dalla cui fusione, nasce diciamo 
          una forma superiore di consapevolezza, chiamiamola così. Sono due elementi 
          che sono indispensabili l'uno all’altro. Però, nella vita delle persone, 
          degli uomini e delle donne vere, in realtà c’è una continua lotta, un’incomprensione 
          tra queste due componenti. Allora, la mia domanda che ti pongo è: come 
          concili questo piano, in cui il mascolino ed il femminino in qualche 
          modo si fondono in quest’armonia suprema, con l’esperienza della vita 
          di tutti, in cui c’è una lotta terrificante e spesso col coltello, dalla 
          quale poi le persone escono comunque provate?
        
 Commenti e risate
          ...ma che visione!
          
          Vittorio M.
          Penso che questo viaggio verso l'unità lo si fa attraverso l'esperienza 
          reale. Per esempio, l'amore non è solamente voler bene, avere dei sentimenti 
          meravigliosi, è anche mangiare: se tu mangi un pezzo di carne, in qualche 
          modo ti unisci a un altro essere, infatti i primitivi attribuivano a 
          questo una grande importanza, mangiando il cuore di un nemico se ne 
          acquistava il vigore, mangiando un animale, mangiando una pianta...sono 
          tante le forme per realizzare dei tentativi di unione in vista dell'unità 
          generale. L'unione fra gli esseri umani si fa non solo dandosi dei bacini, 
          si fa anche lottando, uccidendosi, contrastandosi, divorandosi uno con 
          l'altro; il bacio stesso dell'amore in fondo è un'evoluzione del morso. 
          Cioè, abbiamo assoluto bisogno di ritornare all'Uno, e così comincio 
          come posso, unendomi a lei, e lei a me, poi mi unisco a qualcun altro, 
          mi unisco con il mio nemico, anche se lo contrasto, siamo su sponde 
          diverse, vorrei magari ucciderlo, ma dobbiamo pervenire anche in questo 
          modo a un'unità. Quindi non è un conciliare un ideale con qualcosa che 
          invece nella vita reale non c'è. E' la vita reale il modo in cui si 
          realizza questo movimento generale. Tutto si fa attraverso la lotta 
          dei contrari. Quando si parla del femminile e del maschile, tutti noi 
          sappiamo come l'andare uno verso l'altro è un corpo a corpo, non sempre 
          piacevole. Come voi, ne ho una certa esperienza nella mia vita, ho conosciuto 
          l'amore in tante gamme ma proprio questa esperienza della lotta mi è 
          molto chiara, e direi che quello che in me è cresciuto e si è fatto 
          adulto, maturo, è il risultato di questa lotta. Se non avessi avuto 
          delle donne con cui confrontarmi, non sarei cresciuto, il figlio si 
          confronta col padre e viceversa, non è così? Tu con i tuoi colleghi, 
          un'idea con un'altra idea; è abbastanza ovvio che sia così.
          Quindi non stiamo parlando di una visione astratta... stasera non c'è 
          Pat Sophie, che ha delle percezioni interessanti, ma sempre qualche 
          metro sopra la terra, anzi almeno cinquecento metri sopra; l'altra volta 
          abbiamo discusso molto sul fiore come metafora, e per lei il fiore è 
          qualcosa di simile a una farfallina, mentre per me il fiore è qualcosa 
          che nasce dalla terra, molto spesso addirittura dallo sterco poiché 
          deve essere concimato. Questa è la pregnanza della vita. Il "Lavoro 
          Spirituale" di cui abbiamo tanto parlato e a cui abbiamo dedicato un 
          seminario è proprio il lavoro materiale, la lotta materiale. Non vedete 
          che, nel quadro che è stato usato come logo del Seminario, l'uomo è 
          chiuso in una corazza? E' per combattere, anche se l'angelo ha solo 
          un gesto di luce e di amore, perché è talmente al di sopra della nostra 
          guerra.
          
          Paolo M.
          Non voleva essere un'accusa di essere poso concreto, era solo una domanda
          
          Carla S.
          Io aggiungerei: cosa succede però se non si arriva all'armonia di cui 
          parli, se uno scopre di non farcela? In tutti gli aspetti della tua 
          "organizzazione", ce n'è forse uno che non hai considerato: cosa accade 
          se non c'è la terra, se il seme non si sviluppa, la ragione e il sentimento 
          non si accordano, se l'uomo e la donna non si amano più, che cosa accade 
          quando non c'è l'amore?
          
          Vittorio M.
          In qualche modo accade, l'abbiamo indicato prima, che si ritorna purtroppo 
          nell'oscurità e dall'oscurità si ricomincia. E' questo che mostrava 
          il mio schema, mentre l'altra ipotesi (indicata in blu) mostrava l'altro 
          livello in cui si compie l'esperienza dell'amore idealizzato, strumento 
          di elevazione e di conoscenza, ma nella massima parte dei casi questo 
          non succede proprio e quindi, dopo esser finiti nell'oscurità, si ricomincia, 
          ahimè, con una nuova oscurità, dalla solitudine si passa alla separazione...
          
          Carla S.
          La separazione è la parola, una parola molto grossa perché è il contrario 
          di religione, è il diabolon, colui che separa.
          Vittorio M.
          
          Separazione come contrario di unità, non occorre trovare altre parole. 
          Questo è quanto accade. Ancora una volta, non vi parlo di una prospettiva 
          idealistica, fuori della realtà e della storia, ma della realtà della 
          vita. Essa, l'abbiamo detto tante volte, è la caverna, è la lotta, il 
          conflitto, è l'umanità, è la crocifissione, ma c'è anche la speranza 
          che ci sia qualcos'altro: il fiore, il frutto, la resurrezione, l'illuminazione, 
          che è a livello individuale - in alcuni periodi della storia qualche 
          uomo ce la fa - ma che possiamo sperare che si realizzi anche a livello 
          dell'insieme dell'evoluzione umana; non però domani mattina, come abbiamo 
          già detto, ma un giorno potrà accadere. Forse allude a questo la resurrezione 
          dei corpi di cui parla la Bibbia: io non ci crederei assolutamente così 
          com'è annunciata ma lo potrei fare in un senso più vasto, nel senso 
          cioè che tutta la fisicità, tutto il mondo, tutto quanto giunga un giorno 
          all'unità divina. Non diceva forse il Buddha che anche l'albero a cui 
          era appoggiato nella notte in cui conseguì l'illuminazione, sarebbe 
          diventato un giorno un Buddha? Secondo poi gli Induisti, un saggio che 
          individualmente giunge alla realizzazione, se è veramente realizzato 
          non accetterà mai di esserlo da solo, ma lavorerà perché tutti gli uomini 
          insieme lo siano...certo, dovrà aspettare molto tempo.
          
          Verità o consolazione?
          
          Elisabetta L.
          Ma come si fa a distinguere la verità dalla consolazione in questo percorso? 
          Secondo te c'è qualcuno che ha saputo vedere, in questo processo che 
          ci porta all'identità, all'unione ecc se sia verità o consolazione?...noi 
          che siamo qua, da te, in questa stanza, a fare queste magnifiche sessioni, 
          siamo detentori di una verità oppure ci consoliamo nell'immaginare un 
          percorso che sia un po' meno banale, per proiettarci magari al di là, 
          in un'illusione di eternità...
          
          Vittorio M.
          Consolazione, tu dici, wishfull thinking, come ha detto un'altra volta 
          Paolo, ma vediamola come verità. La verità si basa su che cosa? Non 
          che uno ne sia detentore - io, tu diciamo delle cose, stanno così, punto 
          e basta - ma è un movimento dell'animo, una lettura di analogie, si 
          regge su delle intuizioni, non è un'affermazione. Io parlo sempre di 
          questa meraviglia della natura, tutti i giorni la vedi davanti agli 
          occhi, vedi che una creatura, che sia cresciuta come pianta, come animale 
          o come uomo, giunge al suo pieno sviluppo e poi fa dono del suo seme, 
          e da lì nasce il fiore, il frutto o un'altra creatura. Questo ti dice 
          che perlomeno, al di là del circuito della vita fisica, c'è questo meccanismo 
          che ti permette poi di andare avanti nei figli, la pianta andrà avanti 
          in altre piante, ogni creatura con altre creature, e questo è già molto. 
          Non sei chiusa in qualcosa senza speranza, è già una consolazione effettiva, 
          io muoio ma continuo nei miei figli, l'albero era bello, era completo 
          ma ha dato dei semi che faranno nascere centinaia di altri alberi. I 
          fiori sono commoventi nell'annuncio di questo. Il fiore è l'equivalente 
          di un movimento, di uno slancio, è la parte più bella della vita. E' 
          un'illusione? E' una consolazione? Allora tutto quello che è bello...
          
          Elisabetta L.
          Se ci fermiamo qui, d'accordo
          
          Vittorio M.
          Però nasce poi l'analogia che, come il piano fisico genera ogni volta 
          il salto seguente, così deve esserlo al livello dell'anima, cioè un 
          Mozart che compone questa sua musica meravigliosa per me è come se producesse 
          un fiore, fiore che diventa poi il frutto per noi del piacere di ascoltare, 
          di aprire il nostro animo, di sentirlo vibrare, quindi esiste, l'arte 
          ti da proprio l'esempio di una forma di amore che non è solo destinata 
          alla procreazione fisica ma ti apre a un altro orizzonte. Lo stesso 
          lo fa la religione, ti dice: comportatevi bene, seguite i precetti perché 
          così accederete a un'altra dimensione, accederete al paradiso, all'illuminazione, 
          alla realizzazione. Chiamalo come vuoi ma è essenzialmente la fioritura 
          del tuo essere. E' una consolazione? Oppure mostra, tutto quanto insieme, 
          la natura, la nostra vita, i nostri sentimenti, l'arte, le religioni, 
          che l'umanità ha questa spinta? Questa spinta è una realtà, non puoi 
          dire che non ci sia. E' semplicemente una consolazione?
          
          Elisabetta L.
          Non sto facendo una polemica
          
          Vittorio M.
          Mi sembra che questo impulso di tutta l'umanità, in tutta la storia, 
          in tutti i millenni, in tutte le filosofie, in tutte le religioni, abbia 
          un suo evidente fondamento. Uno dice che questo è semplicemente il bisogno 
          dell'uomo di consolarsi, ma consolarsi perché? Perché fa una vita infelice, 
          certo, stretta com'è fra la nascita e la morte, la malattia, la totale 
          inermità di fronte al cosmo; bisogna crearsi una consolazione, ma questa 
          consolazione è come un razzo che porta in sé un ulteriore vettore che 
          va sempre più avanti, sempre più in alto, fa parte non solo della nostra 
          immaginazione ma della nostra reale natura, questo crescere e darsi.
          
          Carla S.
          Elisabetta ha fatto una domanda che è da sempre presente anche nella 
          mente dei religiosi, perfino nella Bibbia. Non c'è senso, ce lo costruiamo, 
          ce lo inventiamo, ma la nostra vita non ha senso. Fra l'altro è appena 
          uscito un libro di uno psicologo, di quelli di ultima generazione, che 
          hanno tutti gli strumenti, tutta la filosofia a disposizione, il quale 
          sostiene che la nostra coscienza di esistere, di essere un sé, un Io, 
          è una pura illusione, che, come macchine umane, ci diamo per sopravvivere 
          nell'universo. Io credo che convivano queste cose, che necessariamente 
          debbano convivere. Una domanda come la sua su quello che dici - ci vorrei 
          credere però c'è una parte di me che non ci crede, che mi dice che è 
          un'illusione, che è una costruzione bella, come una musica di Rossini, 
          felice, bella, o anche di un Mozart...- non può avere risposta perché 
          queste due cose stanno insieme, una non esclude l'altra.
          
          Vittorio M.
          Non sono d'accordo, la natura umana ci porta a vivere entro delle costrizioni. 
          Tentare di uscirne può essere considerato un'illusione, però, nel novero 
          delle illusioni ci sono appunto non solo le grandi religioni, ma anche 
          i grandi poemi, le grandi architetture, tutta l'arte, tutto ciò per 
          cui vale la pena vivere. C'è chi dice che tutto questo sia una consolazione 
          per sopportare le costrizioni della realtà ma io mi permetto di dire, 
          no, è la spinta della realtà stessa, come quella che produce il fiore.
          
          Elisabetta L.
          Se non pensassi così, non faresti quello che fai.
          
          Vittorio M.
          La forza che produce il fiore non è una costruzione artificiale, è il 
          fine della realtà, è ciò che dà un senso alla vita. Se tu sei qui e 
          parli e sei intelligente, hai un linguaggio, ti esprimi, tutto questo 
          viene da questo grande lavoro del pensiero umano, dall'esperienza di 
          millenni, che ci ha portato anche a costruire l'edificio del suo ideale 
          superamento. Può certo venire in mente che sia un edificio illusorio, 
          però, se io pensassi questo, se non fosse vero, mi sembrerebbe di negare 
          di esistere, talmente vedo il senso della vita nel meditare, nello scoprire 
          collegamenti, nello scoprire che tutto ti parla, che tutte le creature 
          ti sono sorelle, che tutti gli esseri umani sono come te stesso, che 
          devi imparare a conoscerti, che l'intuizione ti guida...tutto questo 
          è come un fiorire. Se non avessi il fiore è come se non avessi la testa, 
          non avessi il cuore. Sarei un automa con degli arti meccanici, ma come 
          si potrebbe considerare questo come la sola realtà?
          
          Carla S.
          ma su tutto questo un esistenzialista cosa ne penserebbe? Un Sartre 
          cosa ti avrebbe detto?
          
          Vittorio M.
          Non amo queste persone e le loro idee
          
          Carla S.
          Sartre ti avrebbe detto: questo è tutta roba che non si sa se abbia 
          senso o meno, poiché Dio non esiste.. Però noi dobbiamo vivere lo stesso, 
          è la nostra sfida a vivere, la nostra voglia di amare
          
          Vittorio M.
          E' più di un a voglia o una sfida, è l'amore "che muove il sole e le 
          altre stelle" Che muove anche il nostro cuore, quando ci innamoriamo. 
          Che cos'è l'innamoramento?, è una consolazione anche quella? In un certo 
          senso si, però ti accende la vita
          
          Elisabetta L.
          Non mi hai capito Vittorio, io sono assolutamente positiva nei confronti 
          dell'essere umano, l'uomo è grande, è anche più grande di quello che 
          può manifestare, su questo non ci piove. Addirittura, secondo me, noi 
          abbiamo delle grandissime potenzialità, io credo nell'individuo in una 
          maniera viscerale..
          
          Vittorio M.
          ...e quindi devi credere nell'amore, nella bellezza...
          
          Elisabetta L.
          Per me è scontato che si nasca, che ci siano i fiori, le farfalle, i 
          semini, cioè è già grandissimo tutto questo, non sarebbe nemmeno necessario 
          aspirare a un oltre, perché il dono di questo e anche la contemplazione 
          di come si muove la natura è già bellissimo in sé.
          
          Vittorio M.
          Più che andare oltre, qui si cerca di capire il senso delle cose, avventurandosi, 
          anche se non bisogna poi farlo troppo e soprattutto non con la sola 
          mente.
          
          Elisabetta L.
          Se parli di senso, se vuoi metterla su un piano intellettuale, la mia 
          testa chiede una premessa, perché tu mi dici così, e poi arriva il rabbino 
          e mi dice in un altro modo
          
          Vittorio M.
          No, se permetti, il rabbino, il sufi, il bramino, il sacerdote, il sapiente 
          greco, tutti dicono nell'essenziale la stessa cosa, si può disquisire 
          solo su degli aspetti secondari. C'è una continuità nell'uomo. Quel 
          che è vero o che si può immaginare che sia vero, lo è nel corso dei 
          millenni, lo è nelle persone più profonde, è come un nocciolo, tu dirai 
          che è una consolazione universale che perdura nei millenni, ma non è 
          che uno dica una cosa e uno ne dica un'altra, se ti avvicini alle vere 
          fonti della sapienza, sono concordi. Io sto parlando dei saggi, dei 
          sapienti, non sto parlando delle varie credenze e opinioni che metto 
          nel conto della ramificazione, i deterministi, i marxisti, i positivisti, 
          lo psicologo di cui parlava Carla, quanti ne vuoi.
          
          Elisabetta L.
          Ma qual'è la premessa?
          
          Vittorio M.
          C'è un filo d'oro che, nella storia dell'anima umana, attraverso tutto, 
          ti mostra proprio questo filo di sapienza, che poi tu puoi svelare facilmente 
          nel linguaggio del cristianesimo, o in quello del buddismo, dell'induismo, 
          o nell'antica filosofia greca. Lo trovi da per tutto e soprattutto in 
          te stessa, ma non è la premessa razionale che cerchi. La premessa vera 
          è l'origine, celata in un mistero la cui sacralità è il vero senso della 
          tua vita. Certo occorre la fede per avvicinarsi ad esso, però anche 
          qui bisogna intendersi: fede in che cosa? Era Dante che diceva: "fede 
          è sostanza di cose sperate...
          
          Carla S.
          ...ed argomento delle non parventi"...
          
          Vittorio M.
          Tu dirai che sono appunto cose solo sperate, ma io ne leggo soprattutto 
          la sostanza. Tu puoi sperare o non sperare, ma c'è una sostanza...
          A questo punto, però, dovremmo cercare di diversificare il dibattito. 
          Guardando ai miei schemi, c'è per esempio un divertente accostamento 
          fra le foglie e il linguaggio, su cui potremmo discutere. Perché paragonare 
          le foglie al linguaggio? Perché le foglie rappresentano l'estrema ramificazione 
          dell'albero, oltre la divisione che già prima aveva preso inizio con 
          i rami in cui esso si era diviso. Lo stesso fa il linguaggio: da un 
          primo sentimento, a malapena articolato, il pensiero si sviluppa sempre 
          di più insieme al linguaggio e non si può anzi neppure concepire senza 
          il linguaggio. Ma lasciatemi immaginare le foglie che, mosse dal vento, 
          fanno un fruscio, stormiscono, o anche gli uccellini che si posano sui 
          rami, fra le foglie, e cinguettano. 
          Sono come le parole di un linguaggio, che sembra parlarci di un'armonia 
          che è già presente nel nostro cuore. Quando però la stessa cosa avviene 
          fra delle persone, allora il linguaggio diventa fonte di diversificazione 
          e opposizione. La lotta, il corpo a corpo di cui parlavamo prima, con 
          il proprio partner per esempio, è in gran parte dovuta al linguaggio. 
          Quando ci si ama, ci si bacia, ci si desidera, si va a letto,va tutto 
          bene, ma quando si comincia a pensare, a ragionare - io ho detto questo, 
          tu hai detto quest'altro ecc.- si può arrivare a degli aspetti cruenti 
          con il solo fatto di scambiare delle parole, che poi finiscono con gli 
          oggetti scagliati addosso, è vero o no? Al livello dell'anima c'è però 
          da dire una cosa, come si vede in un altro schema: invece della parola 
          antagonista, quella che i greci chiamavano Contesa, il combattere uno 
          con l'altro, ecco la parola di saggezza che viene dal profondo del cuore. 
          Sarà magari una parola di consolazione, perché no?, guardate che Gesù, 
          quando riapparve ai discepoli disse: "vi invierò il Consolatore, lo 
          Spirito Santo che vi consolerà". Anche questo è vero. Come i bambini, 
          abbiamo bisogno di essere consolati (la verità e la consolazione non 
          sono poi così diverse e antagoniste), non illusi ma portati dall'amore. 
          Questa consolazione è un gesto di amore, tanto quanto invece è di non-amore 
          tutto quello che di intellettuale, esistenzialista, materialista ci 
          viene inculcato e che finisce col sopprimere gli aneliti più ingenui 
          e genuini di noi stessi. E' come buttare su delle pianticelle che stanno 
          germogliando delle palate di detriti inquinati. Invece la consolazione 
          è proprio un prendere cura, è un amare. In questo è anche il valore 
          della parola, ma c'è una grande differenza fra la parola di saggezza 
          e di amore - senza parlare del Verbo, la Parola che ha creato il mondo 
          - e le parole che spendiamo e che fanno parte della divisione del linguaggio.
          
          Divisione o fusione dei generi?
        
 Ecco, abbiamo qui un altro schema, in cui investigavo qualche cosa 
          che però non sono arrivato a capire, cioè, quando noi parliamo della 
          divisione dei generi, non pensiamo che, magari, all'origine, essi non 
          c'erano. Eravamo androgini, il nostro corpo stesso ha ancora i segni 
          di un'unità sessuale, che poi dopo si è differenziata con il femminile 
          e il maschile, ma non vi sembra che oggi ci siano dei segni di un ritorno 
          a una androginia? Non è che, a livello evolutivo, possiamo intravedere 
          un' attenuarsi della differenza fra i sessi? 
          Direi che è sotto i nostri occhi: le donne che diventano maschili e 
          gli uomini che sono più femminili di una volta.. Questo è da prendere 
          come una forma di degenerazione, un abbandono di un sano modo di concepire 
          la vita, o è invece l'annuncio di un'evoluzione in rapporto con un ritmo 
          cosmico? Siamo originati da una posizione di androginia, siamo giunti 
          a una differenziazione, poi a una forma di unione, e infine ci proiettiamo 
          di nuovo verso una androginia, quando non sarà più necessario di far 
          partorire i figli a una donna: essi potranno nascere in un altro modo. 
          Non vorrei comunque avventurarmi in futurologie, ma solo riflettere 
          in un senso più profondo. Fu posta a Gesù la domanda: tu ci parli della 
          resurrezione dei corpi ma mettiamo che tizio abbia avuto quattro mogli, 
          sono morte tutte una dopo l'altra, nell' al di là cosa accadrà? Le terrà 
          tutte e quattro o come risolverà altrimenti il problema? E lui rispose: 
          nell'al di là non ci sarà più né il maschile né il femminile. Ecco, 
          la risposta è perfetta. Nell'al di là c'è un futuro in cui questo maschile 
          e femminile, che si esprime oggi in forme finalizzate alla procreazione, 
          non sarà più necessario, prenderà altre forme, non sessuali ma spirituali. 
          Non dicevamo prima che anche Dio ha in sé il maschile e il femminile?
          
          Silvana O.
          Io credo che comunque noi, fin dal momento del concepimento, avendo 
          i cromosomi del padre e della madre, abbiamo già le due componenti. 
          Al livello dell'anima è un cammino interiore che ognuno deve fare, ma 
          per quel che riguarda la specie, se un domani, con delle mutazioni particolari, 
          essa evolverà, progredirà in modo da far partorire a turno, un po' l'uomo 
          e un po' la donna, oppure chissà come...
          
          Vittorio M.
          Ma pensa, a che punto siamo: non solo bisogna dividere i lavori domestici, 
          ma anche partorire a turno...
          
          Silvia G.
          Questo fa pensare a come i rapporti fra uomo e donna sono difficili. 
          Noi cerchiamo nell'altro un completamento, ma dovremmo essere già completi 
          in noi stessi, cerchiamo il nostro maschile o il nostro femminile, siamo 
          poi delusi, cerchiamo l'unità, ma purtroppo l'unità, in questo momento, 
          in questa terra, non è possibile - si raggiungerà forse solo domani 
          quando saremo un unico essere - e quindi il rapporto fra uomo e donna 
          adesso non va affrontato con questo tipo di aspettativa
          
          Paolo S.
          Bisogna amare l'altro e non il nostro sosia in lui, che è solo una proiezione. 
          Se questo non è possibile, bisogna portare l'amore su un altro piano. 
          Siamo fondamentalmente egoisti nell'amare Si sta prospettando un futuro 
          narcisista, il rapporto di coppia va sempre più deteriorandosi. E' sempre 
          un Io che prevale mentre, nell'antichità, c'era molta più propensione 
          all'altro, e anche una spinta della natura molto più forte. Con il tempo, 
          più la conoscenza umana avanza, più uno rimane sempre più centrato su 
          se stesso
          
          Carla S.
          Ci sono però delle scelte che si fanno. Uno rimane sempre più incentrato 
          su se stesso, se fa questa scelta, ma se ne può fare un'altra. Abbiamo 
          tutti gli strumenti per lottare contro questa cosa
          
          Paolo S
          Lo so, però capisce che siamo sottoposti a dei bombardamenti spaventosi 
          dei mass-media fin da quando la gente si alza al mattino? Ormai non 
          si ragiona più, non si ha più la testa per ragionare, si ragiona solo 
          con tutte le informazioni che riceviamo.
          
          Carla S
          Bisogna fare delle battaglie, contro queste cose
          
          Natura, civiltà, città
        
 Vittorio M.
          Noi qui stiamo facendo appunto delle piccole battaglie di riequilibrio, 
          nei limiti delle nostre forze. Il discorso che fai tu va però visto 
          più in generale, non riguarda solo il rapporto fra uomo e donna, fra 
          i tempi passati e il presente, o il malcostume della società attuale, 
          ma va portato sul piano del rapporto fra natura e civiltà. La natura 
          in qualche modo è femminile e la civiltà in qualche modo è maschile 
          ed è nettamente sopraffatrice della natura. Anche qui e anzi soprattutto 
          qui c'è da ristabilire un equilibrio, di cui la campagna di emancipazione 
          delle donne è solo un piccolo inizio...
          Il rapporto fra maschile e femminile comprende quindi anche una riflessione 
          sulla natura e la civiltà. Anche in questo campo bisogna realizzare 
          un integrazione, un'unità: fra la natura che nutre la civiltà, e una 
          civiltà che sappia tutelare la natura, in una felice armonia che è, 
          ahimè, lontanissima da quanto accade oggi. Parleremo in un prossimo 
          incontro della città, perché è in essa che si incentra il rapporto fra 
          civiltà e natura
          
          Elisabetta L.
          Ci sono città femminili e città maschili, secondo te?
          
          Vittorio M.
          Non bisogna schematizzare il maschile e femminile che, certo, è in tutte 
          le cose
          
          Silvana O.
          Secondo me, le città di mare sono femminili
          
          Vittorio M.
          Forse perché accolgono e sono aperte verso il mare, che è come l'inconscio?
          Elisabetta poi ci dice che Sparta, invece, era maschile, ma non insisterei 
          su queste associazioni. Il femminile e il maschile sono presenti in 
          tutto, ma non in modo così semplificato. Ci può essere una prevalenza, 
          in un determinato periodo, dell’uno o dell'altro aspetto, e poi uno 
          si cambia nell’altro. Per esempio, la città del medioevo io la sento 
          come femminile, in confronto con la città classica che invece è maschile. 
          La città classica è un ordine razionale, dettato dalle leggi della geometria, 
          mentre quella del medioevo si forma in modo organico, simile a una pianta, 
          intorno a un cuore che è la cattedrale. Ciò però non toglie che la città 
          del medioevo era irta di torri e chiusa fra le sue mura, mentre si difendeva 
          dai nemici con fior di maschi guerrieri ricoperti di ferro. Una cosa 
          si trasforma nell’altra ma non per questo perde la sua verità, ci indica 
          solo che la verità e qualcosa di vivo, in mutamento, in continua trasformazione. 
          Quindi i nostri ragionamenti non devono essere presi come schemi rigidi, 
          ma indicano dei principi, per poi un momento dopo rovesciarli, giusto 
          no? La sola cosa certa è che tutto cambia: il mutamento è la realtà.
          
          Verso una conclusione
        
 Carla S
          Posso dire ancora una cosa, per concludere con un pensiero positivo? 
          A questo punto, penso che, con tutte le riflessioni filosofiche e religiose, 
          a livello altissimo, che sono state fatte e che abbiamo anche tutte 
          in noi, in qualche modo, anche a livello artistico, musicale, e che 
          costituiscono un patrimonio immenso di cultura e di cose straordinarie, 
          così come abbiamo anche un grande patrimonio di ricerche scientifiche…ecco, 
          allora penso che veramente dentro di noi possono convivere tante cose: 
          così, vedendo l’infelicità del mondo ci sentiamo infelici, però se il 
          nostro uomo o figlio ci ama, siamo allora felici, e la nostra felicità 
          può stare accanto all’infelicità per quello che vedi. Ugualmente, dentro 
          di noi possiamo sperare che oltre la morte ritroveremo forse chi abbiamo 
          amato e perduto, e nello stesso tempo avere una voce dentro che ci dice 
          che non è vero niente di questo e non si troverà nulla.
          Allora credere ad uno schema come quello che hai fatto tu, Vittorio, 
          dove in fondo c’è una specie di armonia universale, e dall’altro sentire 
          la voce che dentro ti dice “no, guarda, prendi quello che la vita ti 
          dà perché poi sarai polvere e non ci sarà più niente” ... le due cose, 
          secondo me, possono stare insieme, così come credere in un Dio creatore, 
          buono, che in un modo o nell’altro ti è vicino, oppure credere che no, 
          Dio non può esistere e c'è solo questo piccolo spirito che anela al 
          bene che abbiamo dentro, e che dobbiamo lottare per far sopravvivere, 
          altrimenti,come umanità non siamo altro che questo spettacolo sgradevole 
          che viviamo ogni giorno e che vediamo alla televisione.
          Ecco, queste cose convivono, e credo che in tutto una cosa debba restare 
          salda: mi riferisco alla lettura di Levinas, proveniente da studi biblici 
          e religiosi e maestro di molti rabbini, il quale dice che, per lui, 
          parlare di Dio, oggi, sostenere la realtà di Dio e credere in queste 
          cose che ci vengono dalla cultura passata, è lontano, difficile, quasi 
          insostenibile, ma che appunto c’è una cosa che è fissa, cioè che se 
          c’è una divinità che viene su dall’universo attraverso di noi, qualcosa 
          in cui si manifesta, è nella legge, vale a dire la legge umana che cerca 
          la giustizia.
          
          Silvana.O
          Idea un po’ rabbinica, molto ebraica, direi…
        
 Carla.S
          E’ molto ebraica, ma è molto vera, però, perché noi non abbiamo altro 
          che la legge su cui far passare il discorso del bene e del male.
          
          Vittorio.M
          Non conosco Levinas, al di là di un'informazione superficiale sull'impostazione 
          etica della sua filosofia, ma mi permetto di completare il tuo discorso 
          con un'immagine. La legge mi fa pensare ad un campo arato in cui noi 
          tracciamo i solchi, però non si può trascurare il fatto che in questi 
          solchi devono nascere delle piante viventi. Ecco quindi il bellissimo 
          rapporto che intercorre fra la legge, cioè la ragione, e quello che 
          chiamo molto impropriamente il sentimento, in questo caso la natura. 
          Sono complementari, l'etica umana deve fare una sintesi fra la libertà 
          della natura, o dei nostri sentimenti, e la legge della ragione. Ma 
          non potrò assolutamente affidarmi solo alla ragione, alla legge, mentre 
          crederò profondamente all'equilibrio fra sentimento e ragione che è 
          iscritto in noi.
          Non solo vedrò il rapporto fra natura e civiltà, fra la vita e il pensiero, 
          a sua immagine, ma evocherò di nuovo quanto dicevo prima dell'arte ellenica 
          in cui il perfetto equilibrio fra queste facoltà è la base che ci permette 
          di captare il divino, di parlare con gli Dei. Riprendendo l'esempio 
          concreto del solco, al di sopra della base in cui la ragione umana che 
          lo traccia e la forza vegetativa si equilibrano, splende la luce del 
          sole, scende la grazia di Dio.
          
          Carla.S
          Ma certo, la legge deve tenere conto di tutto, è il nostro massimo raggiungimento.
          
          Vittorio.M
          No, la legge, la ragione, e neppure la ragione etica di cui parli, non 
          può affatto essere il nostro massimo raggiungimento ma, al contrario, 
          sarà la nostra prigione, la nostra condanna, se non sapremo elaborarla 
          nell'equilibrio con il sentimento, con il femminile, con la natura, 
          con la nostra anima profonda, e in sostanza con lo stesso divino: non 
          abbiamo detto che Dio è insieme maschile e femminile?...
          
          Carla.S
          Ma la legge la fai tu e la fai appunto così, se fai una legge buona!
          
          Vittorio.M
          Ma vedi, questo mio stesso discorso, un po’ architettonico, si appoggia 
          alla costruzione di alcuni schemi, come fossero delle leggi, ma io stesso 
          dico “attenzione!”, non va preso in modo arido, non si deve giurare 
          che sia assolutamente vero, e neppure dire che può convivere con qualunque 
          altro punto di vista. E' un modo di disegnare degli assi, dei tracciati, 
          perché fra di essi possano crescere dei sentimenti vitali, ma guai se 
          questi tracciati li soffocassero, come avviene di troppe teorie, di 
          troppe leggi, comprese quelle che si pretendono divine.
          Riguardo poi a quello che è vero o che non è vero, a ciò che posso credere 
          o non credere, mi viene in mente un'altra immagine. Vedrei la vita come 
          una ruota - l’abbiamo già detto tante volte, è la ruota del samsara 
          - che, come quella di una bicicletta, è costruita con molti raggi che 
          ne collegano la circonferenza al centro. In questi raggi possiamo vedere 
          tutti i ragionamenti, tutti i percorsi, quello della storia, dell’arte 
          eccetera e tutti quanti si dirigono allo stesso centro. Certo è vero 
          che essi convivono e che possono anche essere tutti veri, purché però 
          portino davvero al centro comune.
          Ecco, quello che a me interessa è questo centro, che è fisso e non opinabile: 
          la ruota può girare come vuoi, può andare avanti, tornare indietro, 
          i suoi raggi possono essere tanti o pochi ma non divergenti o sconnessi. 
          Ma soprattutto il centro non è un’opinione, non è neppure una consolazione: 
          lo senti nel tuo essere! E se uno si rifiuta di sentirlo, è come proprio 
          se chiudesse gli occhi e le orecchie, se rifiutasse il nutrimento, e 
          non volesse neppure respirare. Ma perché?