Incontro n° 1 del 31 marzo 2010
Nel dibattito sono intervenuti anche: Anita Sarti, Pat Sophie Graja,
Paolo Scarton, Carla Balabbio, Anna Maestri, Caterina Bazzani, Angela
Passarello.
Vittorio Mazzucconi
E' da tanto tempo che non ci vediamo: dall’ultimo seminario
sono passati tre mesi, anche se alcuni di voi
sono venuti alla festa della primavera di una settimana fa. E' un vero
piacere ricominciare la nostra dolce
abitudine, a cui sempre di più penso di dare un nome: oltre al
titolo particolare del seminario, che sia
sentimento o ragione, intelletto, psiche o quant’altro, li chiamerei
tutti quanti “Convivio”, un convivio sia nel
senso proprio di sedersi a tavola per mangiare insieme, che in quello
più alto di nutrirci di amicizia,
condivisione e conoscenza, come la parola convivio o simposio ha finito
col significare col tempo e con
alcuni illustri precedenti.
Il nostro primo Seminario, il LAVORO SPIRITUALE, l’abbiamo lasciato
dietro di noi, anche se in realtà
bisognerà cercare di compiere sempre questo lavoro o qualcosa
che almeno vi si avvicini; la storia di
PSICHE pure, anche se è una storia eterna e non finiremo quindi
mai di viverla.
Stasera parliamo invece di “SENTIMENTO E RAGIONE”.
Non è una cosa facile. L’idea mi è venuta solo per
questo: guardando e rileggendo....sapete che è molto antipatico
rileggersi, quando uno scrive qualcosa: occorre farlo infinite volte,
ogni volta cambiando qualcosa, per poi accorgersi che una cosa che si
ritiene di dover aggiungere in realtà la si è già
detta dieci pagine dopo o prima…insomma, è un lavoro che
trovo fastidiosissimo, senza parlare di quello successivo della correzione
delle bozze. Comunque, l’altro giorno, mi è accaduto casualmente
di leggere qualche cosa di questi incontri, e anche di alcuni passaggi
di libri che ho scritto alcuni decenni fa, e dappertutto ho trovato
che si parla sempre di "sentimento e ragione". Sempre, sempre,
e a proposito di tutto! Quindi mi sono detto che mi sto chiaramente
ripetendo…però il concetto che mi faccio del pensare non
è che ogni volta esso debba essere qualcosa di assolutamente
nuovo, è come un fiume - apparentemente, anzi, è sempre lo stesso, però,
se si guarda, in ogni momento non è mai uguale - il pensiero è proprio
come un fiume che scorre.
Esso è inoltre ciclico: non ci possiamo lamentare che il sole che nasce
la mattina sia nato anche la mattina precedente, o dieci giorni prima,
e così per milioni di anni, poiché tutto si ripete nella vita….Nello
stesso modo, consentitemi quindi che si possano anche ripetere i ragionamenti
che facciamo, e proprio nel ripeterli essi si riveleranno qualcosa di
più di un’idea che è venuta e di cui devo prendere nota perché altrimenti
me ne dimentico, no! Il pensiero è come un respiro, io sono qui che
respiro, voi siete qui che respirate e continuamente ripetiamo questo
atto del respirare. Faremo lo stesso anche delle riflessioni sul pensiero
e sul sentimento, seguendone sia il fluire che l'andamento ciclico.
Esso ci porterà forse un po’ alla volta ad una chiarificazione, ad una
conoscenza, ma non a qualcosa di definitivo. Sarà un processo infinito,
o virtualmente infinito, tanto quanto lo sono le giornate della nostra
vita e delle vite successive che vivremo.
Rileggendo dunque tutto quello che ho scritto sul sentimento e la ragione,
mi sono detto “ma che cosa in realtà ho voluto dire?” A proposito del
sentimento, alcuni possono pensare, ad esempio, a quando si sono innamorati,
e il sentimento li ha spinti a gettarsi nelle braccia di una persona,
mentre la ragione diceva loro che non dovevano farlo, mettendo in campo
mille argomenti per scoraggiarli. Quante volte nella vita vorremmo seguire
un’inclinazione e poi la vita ci sconsiglia dal farlo. Non è però di
questo che vorrei parlare, ma di un ordine di valori più vasto, anche
se ognuno di noi potrà riconoscervi un senso particolare che ha sperimentato
nella sua vita...
Ho fatto allora uno schema del modo di porre il problema, ed è uno
schema diviso in alcune colonne. La prima è l'albero.
L'albero
Alla base del discorso su sentimento e ragione metterei infatti l’immagine
dell’albero: l’albero non come lo si vede, ma come è in realtà: cioè
un insieme formato non solo da un tronco e da una parte più alta, la
chioma o ramatura, ma anche da una parte sotterranea che chiamiamo radici.
La massa dei rami e quella delle radici sono assolutamente equivalenti.
mentre il tronco costituirà la parte centrale dell'albero. Rispetto
ad essa, c'è quindi una simmetria tra l’alto e il basso.
In alto, vedremo la ramatura che si riveste di foglie mentre, in basso,
la radice si completa con delle radichette, che sono come le foglie…le
foglie captano la luce, le radichette succhiano i nutrimenti dalla terra.
Al di sopra delle foglie nascerà poi il fiore e da esso si svilupperà
il frutto, mentre al di sotto delle radici possiamo immaginare il seme
da cui è nato l'albero, che è proprio lo stesso seme che è prodotto
dal frutto, chiudendo così il ciclo e anzi riaprendolo incessantemente.
Ecco, questo è il percorso seguito da ogni cosa nella natura. Non c’è
nulla nel mondo, non solamente nella botanica, ma nella vita, nell’arte,
oserei dire anche nella storia e soprattutto nella costituzione dell’uomo
che non corrisponda al suo principio.
fig. 2
Mi baso su questo principio quando tendo a considerare la parte sotterranea,
la parte delle radici, come quella che attiene al sentimento e invece
la parte che è nell’atmosfera, nell’aria, esposta alla luce, come quella
che corrisponde alla ragione. E’ evidente che il tronco, cioè l'elemento
centrale del nostro essere completo, non può che partecipare delle due
parti e trovarsi quindi fra il sentimento e la ragione, in una posizione
di unione ed equilibrio fra i due.
Il corpo
Nella colonna successiva, che accostiamo alla prima, non parliamo
più di un albero ma del corpo umano. La prima cosa che notiamo è il
cuore. Il cuore è come il tronco: infatti, se prendete il tronco e lo
segate, trovate degli anelli concentrici che misurano il tempo: non
è forse vero che anche il nostro cuore misura il tempo con il suo battito?
Cuore e tronco sono quindi esattamente la stessa cosa. Nella mia filosofia
della città, ho sempre considerato il centro di questa proprio come
un tronco e nello stesso tempo come un cuore. Sono concetti assolutamente
uniti ma forse non è corretto considerarli come dei concetti: l'albero
è un'immagine vivente che, anche al solo evocarla, facendola nascere
e crescere in noi, suscita e rivela per analogia moltissime altre forme
in cui si esprime lo stesso principio. Spero che questo sia evidente
a tutti e se non lo è lo ripetiamo: ogni forma vivente è esattamente
l'espressione di un solo ed unico principio di cui l'albero è l'archetipo,
che esso si mostri come tale, o nella forma di altre creature, di un
uomo, di un'opera d'arte, di una città...
Se, dal cuore, scendiamo in basso, troviamo l'apparato gastro-intestinale,
che corrisponde alla radice dell'albero: infatti il nostro intestino
è contorto come se fosse una radice, e ha la sua stessa funzione di
assorbire il nutrimento.
Il sistema cardiocircolatorio che è centrato nel cuore, il sistema cerebro-spinale
e quello periferico, fanno pensare alla ramatura dell'albero. Se guardiamo
al rapporto fra intestino e cervello, esso è simile a quello fra radice
e ramatura. E' vero che, come le radici e i rami dell'albero si estendono
liberamente nella terra o nell'aria, così fanno i nostri arti, gambe
e braccia, ma c'è un altro rapporto più profondo da leggere: In questo
si direbbe che il principio della ramificazione si ripete appunto anche
nell'intestino e nel cervello, in cui essa ha dovuto compattarsi nello
spazio più ristretto possibile, il che la ha obbligata a delle complesse
circonvoluzioni.
Si può pensare che la natura abbia cominciato con le piante, cioè con
il modo più semplice, dopo quello dell'evaporazione dell'acqua, per
far salire l'energia vitale dalla terra al cielo. Gli animali che hanno
potuto in seguito nutrirsi delle piante hanno avuto bisogno di un cervello,
che si è un po' alla volta sviluppato fino a giungere alle dimensioni
di quello dell'uomo. Ma come è nato il cervello? Suppongo che sia nato
proprio dal principio primario della ramificazione, che si è in qualche
modo concentrata fino a potersi compattare in una scatola cranica. L'albero
non pensa ma i suoi rami e rametti che captano la luce e forse una superiore
intelligenza, hanno dovuto concentrarsi per formare una massa pensante...
fig. 3 L'albero e il corpo
Sorriderete certamente delle mie interpretazioni, che non sono certo molto
scientifiche, ma andiamo avanti.. Come la ramatura si riveste di foglie,
così nell’uomo oltre che in ogni animale, ci sono i polmoni, che sono
come un albero rovesciato, il cui tronco è la trachea. Gli alveoli dei
polmoni sono come le foglie; le foglie respirano. E come fra le foglie
nascono i fiori e da questi i frutti, così nel corpo umano la trachea
giunge con la laringe alla bocca, che è come un fiore (soprattutto quando
sorride...), e al frutto, che assimiliamo alla testa.
Guardando invece adesso alla parte inferiore della colonna, le radici
non si rivestiranno di foglie ma di radichette che, proprio come fanno
le foglie per poter captare l'ossigeno dell'aria, avranno quella minuta
ramificazione che permette di estrarre i succhi della terra...
Scendendo ancora, come nella terra sotto le radici troviamo il seme,
nell’uomo troviamo gli organi genitali.
Dopo aver percorso la parte alta e quella bassa delle due colonne,
potete farne un'altra lettura, osservandone la simmetria rispetto alla
parte centrale. Si vedrà allora che non solo le radici di un albero
corrispondono alla sua ramatura e l'intestino di un uomo al suo cervello
ma anche che il seme corrisponde al fiore e l'organo genitale alla bocca
(non per nulla il bacio si associa a un rapporto amoroso).
Si leggerà un rapporto di simmetria anche dal punto più basso della
vita di un albero, la terra, al più alto, il frutto che, infatti, ciclicamente,
ritorna alla terra quando si stacca dall'albero. E ci fosse lo stesso
rapporto nel corpo, dal suo punto più basso, l'ano, al più alto, la
fontanella che è al di sopra della testa, due aperture che potrebbero
essere viste come i varchi di entrata e di uscita dell'anima? ....ma
qui si entra in un altro discorso.
L'anima
Si deve infatti parlare adesso dell'anima. Dalle prime due colonne,
che riguardavano l'albero e il corpo, si passa a un'altra dimensione,
che cerchiamo di descrivere in una terza colonna. Il tronco dell'albero
era diventato per noi il cuore del nostro corpo, ma questo rivela adesso
delle proprietà che riguardano la nostra anima, ed essenzialmente quella
posizione centrale di unione fra sentimento e ragione che i Cinesi indicano
nel giusto rapporto fra Jin e Yang.
fig. 4 L'albero, il corpo e l'anima
Se guardiamo al di sopra della posizione del cuore, vediamo lo sviluppo della
ragione che però si allontana da un equilibrio nativo per dividersi
Sembra che lo sviluppo della ragione sia proprio sinonimo della sua
divisione, così come, in un albero, la crescita della sua ramatura non
è null'altro che la divisione del tronco, prima in due o tre rami e
poi in successive e pressoché infinite ramificazioni. Non fa lo stesso
il nostro pensiero?
Nel nostro schema, vedrete infatti che la ramatura dell'albero, il cervello
e la ragione sono sulla stessa riga.
Lo sviluppo della ragione, ossia la sua progressiva divisione, si
realizza attraverso il linguaggio. Questo, in sé, non condurrebbe che
a un'infinita ramificazione come quella di un albero se, proprio come
in questa, non esistesse un movimento contrario e complementare. Nel
caso dell'albero, dall'atmosfera, la luce e l'aria entrano in contatto
con le foglie e vivificano l'intero organismo. Con un immagine poetica,
non è forse vero che le foglie in qualche modo parlano quando sono mosse
dal vento e anche che vi si posano sopra gli uccelli che cinguettano?
Sono quindi associate alla voce, al suono; sono associate anche all'anima
che, grazie a questo influsso della luce, dello spirito, cerca di rivolgersi
di nuovo a quell'unità che la divisione operata dalla ragione aveva
fatto perdere ...
L'ispirazione che attribuiamo ai poeti, ai mistici o anche ai momenti
migliori di ognuno di noi, non è null'altro che una respirazione. Ad
essa associamo l’intuizione, la facoltà più alta dell'anima, in cui
saremmo tentati di riconoscere il definitivo salto fra la pianta o l'animale
e l'uomo, ma non è così. L'intuizione è in noi proprio come l'impulso
meraviglioso che spinge la pianta a produrre il fiore!
Abbiamo visto, sulla stessa linea, nella colonna della pianta il fiore,
in quella del corpo la bocca e adesso, infine, in quella dell'anima
la parola che ne è l'espressione. E come dal fiore si passa al frutto,
e dalla bocca a tutta la testa, che è come il frutto del corpo, cosi,
parlando dell'anima, giungiamo al suo vero frutto: la conoscenza. Sto
parlando della conoscenza che viene appunto dall'anima, non del sapere
scientifico, che fa invece parte della ramificazione-divisione della
ragione...
Se guardiamo adesso alla parte bassa della colonna, sotto la posizione
centrale che è quella dell'equilibrio fra sentimento e ragione, troveremo
il sentimento in sé, dove esso nasce dalla sensazione, e che, nelle
colonne dell'albero e del corpo, avevamo associato all'intestino e alla
radice. Ancora più in basso, sotto la sensazione e il sentimento, troveremo
la nutrizione, e ancora più sotto l'eros e infine l'oscurità.
Quindi, guardando adesso questa colonna, ne leggeremo il movimento
di insieme che va dall'oscurità alla luce. Guardando poi alla simmetria
fra le funzioni della parte alta e quelle della parte bassa rispetto
alla posizione centrale di equilibrio, ci appariranno altre corrispondenze:
dall'eros che, come abbiamo visto in un altro seminario, è la forza
fondamentale, quella che fa crescere la grande pianta della vita, all'espressione
dell'anima; dalla nutrizione all'ispirazione; e infine dal sentimento
alla ragione.
Mi rendo conto della difficoltà di questi passaggi poiché, in essi,
non si segue il processo di una logica lineare ma si vede contemporaneamente
l'alto e il basso, il prima e il dopo, rovesciando continuamente la
clessidra, e passando ugualmente da una all'altra delle colonne in cui
abbiamo elencato i diversi aspetti della nostra analisi: l'albero, il
corpo e l'anima.
Lo spirito
Ne aggiungeremo adesso un'altra, la colonna dello spirito: Oltre a
leggerla in verticale come le altre, dall'alto al basso o viceversa,
il suo vero significato apparirà piuttosto se mettiamo le colonne una
accanto all'altra come se i loro termini, letti in ogni linea orizzontale,
fossero da sommare. il risultato dell'addizione di ogni linea è sempre
lo stesso: "amore".
fig. 5 L'albero, il corpo, l'anima e lo spirito
E' ovvio che la linea centrale del cuore e del sentimento porta all’amore,
ma bisogna sottolineare che si tratta di un amore completo
perché in esso il sentimento è unito alla ragione ...
Nella linea di sotto, l'amore è invece sempre il risultato di sensazioni,
sentimenti più meno vaghi, è l'amore che sente ma non l'amore
completo.
La linea ancora sottostante è quella della nutrizione. Noi in qualche
modo ci nutriamo della persona amata e la nutriamo, e questo è quindi
l'amore che nutre.
C'è quindi la riga dell'eros, l'amore che erompe, sgorga,
vuole venire fuori, come un seme che si apre, come il germoglio di una
pianta, come lo sbocciare di un fiore.
Nell'ultima linea in basso c'è invece l'oscurità, l'amore che vorrebbe
emergere ma non riesce ancora a farlo, perché è sotterraneo, compresso.
Se invece andiamo nella parte superiore dello schema, sopra la linea
dell'amore che riunisce sentimento e ragione, cosa incontriamo? L'amore
che si divide. Tutti noi abbiamo fatto questa esperienza, come abbiamo
visto in uno degli Incontri del Seminario "Arte e Psiche" l'amore, che
è un' esperienza straordinaria di unità - unità fra due perone che si
incontrano ma soprattutto unità fra le due parti di noi stessi - segue
purtroppo un percorso ciclico che trasforma l'unità in disunione. Il
linguaggio, che dovrebbe essere uno strumento di comprensione, spinge
invece alla divisione. I punti di vista diversi che vengono in luce,
accentuano sempre di più le divergenze. Dal sentimento che è una forza
che viene dal cuore, dal centro del nostro essere, si passa alla ragione
che discrimina, distingue, obbietta....si, però...e si va incontro
alla perdita dell'amore. Tutti i nostri amori finiscono in discussioni
senza fine.
Come abbiamo visto nella storia di "Arte e Psiche", c'è però uno stato
successivo dell'amore, che è più alto e più raro, poiché nella maggior
parte dei casi, quando l'amore finisce, non è purtroppo dato di viverne
il superamento. Ne abbiamo parlato lungamente, per indicare che l'amore,
che è un'esperienza di unione, può giungere, dopo la divisione, a un
livello di fioritura interiore in cui esso si sublima. E' il processo
della poesia:- Dante con Beatrice fa proprio questo; l'arte, la bellezza,
la filosofia, la percezione del divino vengono da questa sublimazione
dell'eros.
Ricordiamo che il processo aveva preso inizio con l'eros, forza sensuale
pura, per poi farla evolvere nel sentimento e successivamente nell'equilibrio
fra sentimento e ragione, finché la ragione non si è separata, rendendosi
autonoma e sterile. E giungiamo al punto in cui può iniziare un nuovo
processo, quello di una fioritura spirituale che porta a un amore più
grande, non più legato a un fatto vitale: l'amore che tutto comprende,
che tutto ama in un'altra dimensione. Possiamo chiamarlo l'amore di
Dio?.
L'intuizione sarà il veicolo di questo processo, l'agente della sua
fioritura, per mezzo del quale si conseguirà una conoscenza che è luce.
Tutto questo vi potrà sembrare un po' astratto, e ho l'impressione
che non ne seguiate chiaramente tutti i passaggi. Proviamo quindi a
ricominciare dal basso: qui c'è l'amore che vuol emergere dall'oscurità,
anche nell'oscurità c'è quindi amore, anche in un sasso c'è amore, nella
terra oscura c'è amore che, diciamo, cerca di venire fuori. A un certo
momento spunta infatti come un filo d'erba, come un bocciolo, come una
sensazione che nasce in un essere umano, anche se è ancora oscura in
lui. Si comincia a nutrirsi, come il filo d'erba viene nutrito dalla
terra e cresce sempre di più. Poi si giunge a qualcosa di più complesso
della sensazione e della nutrizione: già l'albero ha una sensibilità,
qualcosa sente, l'animale ancora di più, l'uomo elabora la sensazione
fisica in un sentimento che è molto più elevato e complesso, giunge
poi allo sviluppo della ragione che, nella sua prima forma è ancora
unita al sentimento, in quello stato di centralità ed equilibrio che
abbiamo identificato nel tronco e nel cuore. Avviene poi un processo
che porta la ragione ad emergere come una forza autonoma ma anche come
un fattore di progressiva divisione, come la ramatura di un albero,
e si giunge così al termine del processo che ha visto nascere sia l'albero
che noi stessi e che ci vede ormai avviarci verso la fine.
C'è però qualcosa di meraviglioso che ci salva da questa fine: il fiore,
da cui si forma il frutto che porta in sé il seme, principio vitale
di una nuova pianta, di una nuova vita.
L'equivalente nel corpo umano è ovviamente il seme che anche noi trasmettiamo,
ma il discorso dell'anima è su un altro piano: Il fiore dell'anima nasce
dall'intuizione, qualcosa cioè che va al di là della ragione e della
sua sterile divisione, per aprire la strada della conoscenza, e non
parlo della conoscenza razionale, scientifica, ma di una luce che ci
rischiara.
Non per nulla, sulla stessa linea della conoscenza troviamo, nella
colonna dell'albero, il frutto e, nella colonna del corpo, la testa
e in particolare la fontanella che è sopra di essa: E' come dire che
il frutto dell'uomo è proprio in questo uscire della sua anima dal corpo,
come inizio di un nuovo stadio, quello dello spirito?
Sulla stessa linea troviamo infine ancora una volta l'amore ma, dopo
tutte le forme di amore temporaneo, parziale e finito che abbiamo visto
nelle linee precedenti, sarà finalmente l'amore che tutto ama, tutto
comprende in sé, l'amore di Dio.
Dibattito
Dopo questa piccola introduzione, possiamo intavolare un discorso partendo da uno degli elementi emersi?
Anita S.
Mi pare che i vari elementi della tabella che ci ha mostrato possano anche corrispondere ai chakra.
Vittorio M.
Esattamente, non nel senso però di dirci che un chakra vuol dir questo e un altro chakra vuol dire
quest'altro... quante volte l'ho letto e l'ho sempre dimenticato! ..Non è infatti una nozione razionale. Quando
si cerca di individuare qualcosa che sia vero, profondamente vero, esso corrisponderà naturalmente a mille
altre cose che sono state conosciute. Il vero è unico ma chi lo vede da un certo punto di vista, scopre che,
da altri punti di vista, era stato visto lo stesso vero. Mi insegnate che il primo chakra è nella zona dell'ano, e
sopra c'è quello degli organi genitali, giusto? e che su, su, vedremo tutti gli altri chakra fino a quello
corrispondente alla fontanella sopra la testa? Questa sequenza corrisponde a quella delle nostre colonne,
ma non nel senso che queste ne siano una dimostrazione o una citazione, ma perché il vero è unico, in tutto
celato, in tutto svelabile.
Si vede anche che dall'oscurità di balza alla luce, si prende l'ascensore della linfa dell'albero e dalla terra si
balza al frutto. E il frutto cosa fa? Fa il seme che ricade nella terra. Tutto questo è assolutamente ciclico.
Dall'oscurità si passa alla luce e della luce si ritorna all'oscurità. Puoi fare lo stesso percorrendo in su e in giù
la sequenza dei chakra...
Pat Sophie G.
A questo punto mi viene da dire che, se noi pensiamo al cervello, il cervello già in sé rappresenta tutto ciò, è
l'albero della vita. Quindi, racchiuso in ogni parte c'è questo tutto, questo insieme, e se noi andiamo a
guardare oltre, tutto ciò che vediamo qui rappresentato in uno schema e che cerchiamo di capire, vedendolo
in tre dimensioni, è il Dna. In effetti è rappresentato questo, è l'infinito...
Vittorio M.
Come dicevamo prima, sono tanti i punti di vista di un unico nucleo. Questo è un quadro di insieme, ma se
sembra astratto - Pat Sophie può avvicinarlo al Dna o all'albero della vita - o se è troppo vasto, possiamo
riconoscerne almeno degli aspetti parziali. Uno di essi, questo discorso sulla ragione che opera una
divisione, ci porta subito a riconoscere ciò che invece riporta all'unità: l'amore. La lettura più interessante di
tutti i rapporti esaminati è che qualunque linea che abbiamo seguito giunge alla stessa conclusione: l'amore.
Amore in tante forme: c'è l'amore che cerca, l'amore che trova, l'amore che si perde, c'è l'amore oscuro, e
infine c'è l'amore. che tutto comprende, ma tutto quanto è amore.
Riguardando lo schema e le colonne verticali che lo compongono, abbiamo visto che le sue varie divisioni
vengono assorbite nell'idea totale di amore, anche se l'amore visto con i nostri occhi è visto appunto in modo
parziale: c'è amore e amore, ci sono tante funzioni dell'amore, una sola è quella suprema che tutto
comprende e che è la funzione della divinità. Le altre sono parziali: quando un uomo si innamora di una
donna l'ama veramente? Gli piace andare a letto con lei, si sente gratificato da questa donna, ne ha
bisogno...cioè il nostro amore è sempre condizionato, amiamo ciò che ci piace e ci guardiamo invece bene
dall'esplorare i lati che ci farebbero invece dispiacere, mentre invece, se c'è un amore che tutto comprende,
anche le parti oscure, è appunto l'amore di Dio. Sembra un'idea astratta, ma gli amori che non sono l'amore
di Dio, che non sono amore incondizionato, sono infatuazioni, desideri, sono piccoli progetti, come metter su
casa, andare in vacanza,o anche condividere molte cose belle e importanti che però, quando cessano,
lasciano una finale delusione, mentre invece, se uno si avvicina all'amore completo, questo non conosce
delusione perché è come una sorgente pura e perenne
Paolo S:
...però nell'uomo primitivo l'amore è una cosa molto vaga, è quasi come se non esistesse
Vittorio M.
Abbiamo visto che, al livello più basso, l'amore è una forza inconscia, vuole emergere da uno stato di
oscurità, come un animale che salta addosso alla prima femmina che trova, qualcosa che urge, che vuol
venir fuori, è chiaro che comincia così, ma l'amore visto da una prospettiva più ampia, ha tanti livelli, di cui
solo quello più alto, quello divino, tutto comprende mentre, più sotto, è solo qualcosa che vuole emergere.
Se vai in giardino e vedi un filo d'erba che vuole venir fuori dalla terra, quello è l'amore
Paolo S.
Per uno che è credente sì ma se uno non è credente..
Caterina B.
Un filo d'erba è l'amore puro, la terra che si rinnova senza alcun fine. Non è questione di credere o di non
credere, è la natura che si esprime nella sua forza
Carla B.
Per quello che riguarda la natura, è vero, uno può guardare agli alberi, ai fiori, ma se uno non è credente,
tutto questo che lei dice è utopico, perché io potrei essere ateo e non credere che ci sia il divino in tutto
questo. Personalmente, io vedo, amo la natura, ma potrei anche non amare il divino.
Dicendo questo, mi riallaccio all'intervento di Paolo S. per un non cristiano potrebbe essere difficoltoso di
accettare che si parli di amore di Dio.
Vittorio M.
Io non sono cristiano in un senso praticante, anche se nel cristianesimo posso riconoscere molte cose belle
e nella parola viva di Gesù le più alte verità, le puoi ritrovare anche nelle altre religioni, che hanno detto tutte
sostanzialmente le stesse cose. La scala è alta: qualcuno che dice, si, capisco l'amore del filo d'erba, o
quello di tutta la natura, ma non accetto l'idea dell'amore di Dio perché esso mi fa pensare a un'imposizione
della Chiesa, mi mostra il suo modo di pensare. Io sto presentando un'idea diversa ma soprattutto più ampia,
accetto, condivido l'amore in tutte le sue forme, a livelli crescenti e, a un certo momento, cerco di vedere che
la storia dell'albero non finisce con la sua chioma. E' una storia che era partita dalla terra ma in alto, sopra la
chioma, cosa c'è? C'è il cielo. E cos'è il cielo? E' tutta un'altra dimensione
Anna M..
Non so come lei lo intendeva, ma concepisco l'amore come un'armonia universale, che non è umana ma
che sovrasta il tutto. Non c'entra il discorso della fede o della non fede, ...nell'universo esiste un amore che
muove tutto...
Vittorio M.
A proposito di fede, mi è accaduto di guardare l'altro giorno un video con una conversazione di Elémire
Zolla, uno scrittore molto attento alle cose spirituali. Mi ha però sorpreso sentirgli dire: "Io non ho bisogno
della fede perché le cose, o le so così e così e devo solo attivarmi per conoscerle meglio, o le so davvero e
non ho quindi bisogno di fede, o non le so affatto e, in questo caso, come potrei credere a quello che non
conosco?"
Mi spiace di non condividere questo punto di vista. Già il fatto di dire: "questo lo so e quindi non ho bisogno
di fede per convincermene", non dovrebbe essere sulla bocca di un saggio, poiché il vero sigillo di chi sa è
proprio di sapere di non sapere. Dato che quel poco che sappiamo è così minuscolo rispetto a un universo
sconosciuto, come posso fermarmi alla mia conoscenza se è così limitata? Devo andare oltre con fiducia,
anche se non accetto neppure io di credere nelle cose che mi raccontano se non posso vederle con i miei
occhi. Posso però seguire almeno un orientamento, un'intuizione. Camminando, non guarderò con gli occhi
solo per terra o ancora peggio chiusi, guarderò davanti e sopra, al sole e al cielo. Guarderò cioè a una
dimensione più ampia di quella dei miei piccoli passi. Non occorre per questo essere credenti nel senso
cristiano. Guarderò a una dimensione che certamente c'è: l'albero che ha in sé le sue radici, i suoi rami, ha
sopra di sé il cielo, la luce. Quello che in realtà è lo riceve da un'altra realtà estremamente più grande, che è
al di sopra dello stesso cielo e, ovviamente, al di sopra della nostra ragione.
Carla B.
Ho letto i pensieri filosofici di Einstein, conosciamo la sua ricerca di Dio. Perché però un grande fisico come
lui, più cercava una risposta e meno la trovava? Sembra che, più ci si avvicina a una spiegazione scientifica
e più si perde l'essenza del credere in Dio, più ci si avvicina al pensiero, matematico, filosofico, e più si
perde...
Vittorio M.
Più ci si avvicina al pensiero e più esso divide, si allontana da questa verità
Carla B.
Einstein non ha mai creduto in Dio
Anna M.
...ma cosa ha voluto dire con la sua frase: Dio non gioca a dadi con l'universo?
Paolo S.
Io non sono credente, però la fede è un dono di Dio, c'è chi ce l'ha
Vittorio M.
Hai detto una cosa: la fede è un dono di Dio, ma basta dire questo per mostrare che si crede in Dio... dovrà
pur esistere per poterci fare questo dono.
Ho cercato di costruire una scaletta per mostrare passo passo, attraverso diversi nodi, come quelli della
costituzione di un albero, che ciò che può riunire il tutto non è il sentimento da solo ( sia quello che viene
dalla terra, da mille pulsioni che quello di un'aspirazione religiosa) e neppure è la ragione da sola che
abbiamo visto come autrice più di divisioni che di unioni. E l'insieme dei due, l'unione fra il sentimento e la
ragione, che è l'argomento di questa serata, a somiglianza di quella fra la radice e la ramatura nell'albero
completo. Al di sopra dell'albero c'è poi il cielo e nello stesso modo possiamo supporre che, anche al di
sopra della nostra mente, ci sia qualcosa, un'unità che tutto comprende e che tutto ama e che è l'amore
stesso. Questa è, non dico certo una definizione di Dio, ma una piccola idea che ci possiamo formare e che
sto cercando di enunciare. Essa non coincide con nessuna religione particolare, ma può condividere tutte le
forme di fede.
Elisa M.
Cercavo un filo logico in tutto questo discorso e trovo che sia curioso che partendo dal concetto di amore, si
sia andati dall'uomo primitivo ad Einstein, e dall'oscurità alla fede e all'amore che tutto comprende. Quindi, è
partendo dall'amore che la ragione si è sviluppata nel processo evolutivo, come in un collegamento
verticale...
Vittorio M.
Dici bene che tutto parte dall'amore, e aggiungo che certamente tutto vi ritorna. Non è però che stasera si
sia partiti da questo. Come esso è stato presentato in questa tabella, con una specie di equazione, l'amore è
apparso come la risultante del percorso compiuto in diverse strade. Qualunque cosa noi facciamo, che
mangiamo, che lottiamo, che copuliamo...in tutte queste cose nessuno pensa magari all'amore, segue un
impulso di sopravvivenza o altre pulsioni, ma, se c'è un disegno nell'universo, se c'è un'unità, un fine è che,
da qualunque parte lo si veda, tutto converge verso una possibile unità, e cos'è che la produce? E' l'amore.
L'amore unisce te e l'uomo che ti ama, unisce l'artista alla sua opera, l'uomo impegnato alla sua fede
politica. Tutti quanti ci leghiamo a qualcosa. In tante forme di vita, in qualunque senso si cammini, si va
verso l'amore. In questo processo, perché l'amore possa essere realizzato, il filo d'erba spunta dalla terra, il
grande poeta sente il bisogno di scrivere una Divina Commedia per fare la stessa cosa, il Santo prova
l'impulso ad amare chi soffre, noi piccoli uomini ci occupiamo in mille fatiche, e, al di sopra e attraverso di
tutto ciò, Dio ama e comprende tutto. Sono diversi livelli: il primo lo conosciamo, mentre l'ultimo è un po' al di
là della nostra capacità di comprensione. Non sappiamo cosa sia questo ultimo livello, ma dire che non
esiste significherebbe chiudere gli occhi, la mente e il cuore...
Pat Sophie G.
Anche le cellule del nostro corpo mostrano questo amore. Esse cercano di cooperare per farci essere.
L'amore è questo, è lo sforzo costante di essere insieme, come co-creatori di qualcosa...
Nonostante gli errori, le deviazioni - il cancro è una di queste - le cellule fanno di tutto per collaborare...
Paolo S.
...è una legge di natura, la legge della sopravvivenza...
Vittorio M.
Si, ma tutto sembra finalizzato a qualcosa che è oltre la sopravvivenza. Credendo in un tale fine, lo
chiamiamo Dio, così come altri lo chiameranno evoluzione, senza che nessuno sappia bene verso che cosa.
Comunque non vogliamo finalizzare stasera tutti i nostri ragionamenti su Dio, che sarebbero oltretutto privi di
fondamento. Qualunque cosa si possa dire o pensare di Do, come diceva Sant'Agostino, sarà sempre
erronea e incompleta. Però è molto importante - ne abbiamo parlato molto in un altro seminario - di trovare
in noi un orientamento. Ognuno fa le sue cose in base alla sua esperienza, ai suoi desideri ecc. ma deve
avere un intento, un orientamento interiore che si ottiene cercando di allineare i propri pensieri e i propri
sentimenti secondo una direzione, un senso che diamo alle cose, di cui cerchiamo di leggere la segreta
realtà. E' un orientamento, il sapere da che parte nasce il sole. Se a uno piace, che so, cogliere un frutto,
potrà mangiarlo anche senza credere in Dio ma, così facendo, non comprenderà appieno il valore e il
significato di ciò che fa. Non renderà grazie del dono ricevuto e, senza questo grazie, la sua anima non
crescerà.
Pat Sophie G.
...è un dono che abbiamo in noi stessi
Vittorio M.
Tutto quello di cui parliamo come se fosse al di fuori è in realtà al di dentro. Dio è dentro di noi. Nello stesso
modo, tutto quello che è in alto è in basso e viceversa; anzi, è nel centro: nel centro di noi stessi...
Angela P.
Mi chiedo, quando nel Simposio di Platone, si domanda a Diotima che cos'è l'amore...cosa ha risposto?
Siamo oltretutto in un periodo in cui non c'era il cristianesimo e quindi non poteva valere l'interpretazione
cristiana dell'amore. Vorrei sapere anche come mai, nel tuo schema, la parola amore viene spiegata fra
parentesi...vedo l'amore che nutre, o che sgorga...
Vittorio M.
Tutto si riferisce all'amore ma a diversi livelli. L'amore di un gatto per una gatta non sarà come l'amore di
Dante per Beatrice, o come l'amore di un Santo per i sofferenti, non che uno sia più basso dell'altro, tutte le
forme di amore sono meravigliose, però, la ragione serve per questo, per capire i diversi livelli in cui l'amore
si manifesta, e soprattutto per capire anche come tutti vengono riuniti perché l'amore, in sé, è questa
riunione.
Angela P.
Non è così semplice... prima si parlava di natura, io sono d'accordo che dall'oscurità sorga la luce, il sole,
perché ci sono dei cicli cosmici. Ci sono anche dei misteri che noi possiamo intuire - lo fanno soprattutto i
poeti, gli artisti - e che non sono misurabili. Altre cose possono essere solo constatate, come i fenomeni
della natura. Non tutto però è natura, e adesso c'è una natura che è stata snaturata
Bisognerebbe allora parlare di questo aspetto, del disamore presente.
Vittorio M.
Non vorrei insistere più sull'amore. L'amore lo vedo presente in tanti modi, in tanti diversi cammini, anche se
sembrano talvolta divergenti o perfino opposti all'amore... Uno di essi, che allontana purtroppo l'uomo dalla
natura, corrisponde proprio alla prevalenza nel nostro tempo della ragione, delle scienze. Tutta la scienza è
materialista. D'altra parte il sentimento di cui parliamo non è soltanto un impulso del nostro cuore, un volersi
bene, ma è la natura stessa. Nel suo insieme, rispetto alla civiltà, è come se la natura fosse "sentimento",
cioè qualcosa di irrazionale o inconscio rispetto alla razionalità della civiltà, o anche simile a quello che i
cinesi chiamano Jin rispetto allo Yang, La natura, nel mondo in cui viviamo e anche in noi stessi, oggi soffre,
è in uno stato di difesa, può essere anche sopraffatta dalla parte razionale dell'uomo, che è portata al
materialismo e a una meccanica distruttiva. Il tragico esito che possiamo attenderci dal tipo di sviluppo del
nostro tempo può però costituire la necessaria premessa, anche se catastrofica, per una nuova nascita.
Angela P.
Pensavo che la natura, che è anche matrigna, non avesse molto a che vedere con il sentimento, ma dipende
che cosa intendiamo per sentimento
Vittorio M.
Siamo qui per cercare di capirlo. Dire poi che la natura può essere anche matrigna, sembra volerne dare
una connotazione negativa. La natura è da amare per quello che è, talvolta meravigliosa, talaltra terribile. Il
ruolo dell'uomo è nel darsi interamente a questa potenza e farla propria. La natura farà nascere ogni sorta
di piante e di creature, ma l'uomo farà nascere il pensiero, le civiltà, le opere d'arte, creando quasi una
seconda natura. Ma tutto ciò avrà un valore. solo se l'uomo saprà onorare in sé il sentimento della natura
che gli è madre, la propria radice, e anche guardare al cielo e collocare in esso il suo intento più profondo.
Mentre l'uomo che sa guardare solo a un interesse, che sia economico speculativo o politico e disprezza
quello che appartiene invece alla natura, al passato, ai valori dell'anima, crea un tale squilibrio nel mondo
che esso, appunto, non può che portare a una catastrofe. Non la natura, ma la civiltà stessa è matrigna
dell'uomo.
Paolo S.
La natura costruisce ma anche distrugge, non è una cosa che è soltanto positiva
Vittorio M.
No, è sempre positiva. Sarebbe come quelli che, parlando di Dio, pensano che egli debba essere solamente
"buono" lamentandosi con lui: "ma come puoi permettere tutto questo...?" Sono molto più saggi gli Induisti
che vedono tre aspetti di Dio: quello che crea - Brahman - quello che conserva - Visnù - e quello che
distrugge - Shiva. Così fa la natura, quella che fa germogliare i fiorellini è la stessa che provoca i cataclismi
e uno tsunami che distrugge tutto. Questo va profondamente capito, fa parte della necessità dell'oscurità
perché ne nasca la luce. Fa anche parte dell'eros, che non ha nulla in comune con l'amore buono ma è una
forza creatrice e distruttrice.
Paolo S.
Si potrebbe anche pensare che la vita sia uno scherzo della natura, o che la vita si sia creata per caso e che
si distrugga anche per caso, basta pensare agli animali che c'erano una volta e che oggi sono scomparsi...
Pat Sophie G.
...o a quelli che vengono distrutti oggi per opera dell'uomo, o soprattutto all'uomo che distrugge se stesso...
Vittorio M.
La morte è un ingrediente necessario della vita, come si vede in tutta la natura. Gli uomini di oggi cercano di
abolire la morte con l'aiuto di nuove scoperte scientifiche, ma saranno delusi perché la natura troverà altri
modi per farci morire, non si può creare senza distruggere. Per questo gli Induisti pensavano a tutte e tre le
forze divine che dirigono la vita e soprattutto a Shiva che, distruggendo, permetteva la nascita del nuovo,
come l'aratro che solca la terra permette la semina e il futuro raccolto.
Quando io parlo di sentimento, non lo faccio nel modo in cui si può parlare degli affari di cuore ma come i
cinesi parlerebbero dello Jin, cioè della forza complementare allo Yang, con cui deve essere in armonia.
Oggi invece c'è una tale preminenza della mentalità scientifica, economica, nonché della volgarità di cui ci
inonda la televisione e non solo, che bisogna lavorare a un riequilibrio, riunendo le forze, le idee e le persone
che sono sensibili a queste cose. Bisogna però stare attenti. L'altro giorno ho sentito un autore che vi
presenterò magari a questo seminario che, per reagire a questo stato di cose, dà come finalità della civiltà
umana il rispetto della natura. Trovo che in tal modo si rischia di sbagliare in un senso opposto: la natura va
rispettata ma va anche posseduta, onorata si ma nel senso anche di agire su di lei, come un uomo agisce su
una donna per trasformarla e farle partorire il figlio. E' in tal modo che può nascere l'uomo nuovo che porterà
avanti il mondo.
Caterina B.
Guardando questo schema, esso mi sembra un insieme finito tendente all'infinito. Nel ciclo dell'amore che va
dal primo stadio in cui deve emergere al più alto, come se noi da qui dove siamo puntassimo verso l'esterno,
per conoscere chissà che cosa. Io la vedo in modo contrario. Non è l'esterno in cui dobbiamo entrare. Dio,
senza entrare nel merito di cosa possono pensarne i cattolici, è dentro di noi. Facciamo un esempio pratico:
io leggo un romanzo, oggi o un anno fa, se lo leggo oggi, lo interpreto in un modo diverso, però sono io che
indago in me stesso e ne colgo l'infinità. L'albero è un sistema chiuso in sé stesso ma è infinito nelle sue
diramazioni, nel tempo, porterà frutti ma partendo sempre da se stesso, il corpo fa la stessa cosa, va verso
l'infinito attraverso i figli e i figli dei figli, l'anima anche, segue la luce e la conoscenza, crea, distrugge ..è
tutto un ciclo. Tutto ciò deve passare dal dentro, non solo attraverso l'esterno, la tecnologia, tante ricerche
che vogliono trovare qualcosa al di fuori di noi. E' invece dentro di noi...
Vittorio M.
Caterina, per ciò che mi riguarda, hai aperto una porta apertissima, perché non è certo nell'esteriorità che io
compio la mia ricerca. Se parli invece delle tendenze del mondo nella civiltà materialistica in cui viviamo, è
verissimo che vanno tutte al di fuori di noi, al di fuori dell'uomo. Non afferro però cosa dici dello schema che
stiamo studiando. E' vero che esso tende verso l'alto (il frutto, la testa, la conoscenza) in ogni colonna; oltre
all'amore come meta e orientamento di ogni cammino, ma che questo vada verso l'esterno, la tecnologia o
quant'altro lo dici solo tu. Certo il mondo va in questa direzione, ma non il lavoro che stiamo compiendo qui.
Caterina B.
quello che dico non è esaustivo... da quello che colgo nel mondo, la ricerca è sempre di qualcosa che è al di
fuori
Vittorio M.
Qui parliamo invece di ciò che è di dentro, ma vorrei anche aggiungere che deve essere finito, proprio come
lo è un albero. Non è certo dall'estensione delle sue ramificazioni che ricaverò la supposizione che l'albero
sia infinito ma, semmai, è la centralità del tronco che mi farà pensare. E' in esso, ossia nel tuo cuore, che
avviene il processo di una crescita interiore che, per quanto limitata, ha delle risonanze infinite.. Il fatto
stesso di aver indicato nel nostro schema un forte riferimento al centro e all'amore che si invera in esso
mostra che non è una scala che va altrove.
Teniamoci comunque sempre al finito, per favore. tutto si svolge e si ripete secondo dei cicli determinati e
conclusi, mentre è solo il mistero e l'armonia della loro ciclicità che ci può far pensare all'infinito, cioè a Dio.
Ho però voglia di contraddirmi subito con la tentazione di uscire dal finito. La simmetria delle radici e della
ramatura rispetto al centro dell'albero non ci può infatti far supporre che esso potrebbe essere anche
pensato alla rovescia, essere cioè rovesciato come una clessidra?
Pat Sophie G.
stavo pensando proprio a questo
Vittorio M.
E se fossero tanti alberi, diritti, rovesciati o inclinati in vario modo, con una comune radice e le loro chiome
tutte unite in una comune e grande chioma sferica?
Sarebbe questo un uscire dal finito? Ma ci sono dei fiori di campo che sono fatti proprio così. Ne ho notati
che sembrano dei soli, altri addirittura delle galassie, ma ce ne sono appunto che ci mostrano questo
modello sferico di sviluppo.
Quando si parla di un amore che tutto comprende, dell'amore di Dio, immaginiamolo anche così, come un
grande fiore sferico. Ma non sarà una qualche super-stella, chissà dove nell'universo: sarà nel tuo cuore,
sarà il tuo cuore. Se tu giungi a questa comprensione - io ancora non ce l'ho fatta...neanche voi, mi state
dicendo, ma stiamo tutti studiando - stiamo studiando "da Dio"!
Pat Sophie G.
Stiamo aprendo le ali per vedere come funziona, fra conoscenza e amore...
Caterina B.
...certo che parlare dell'albero è più facile che non gestire il sentimento e la ragione nella nostra vita...
Vittorio M.
...ma nessuno vuol dire qualcos'altro?...Anna? si dice che chi sa tace, quindi qui siamo tutti sapienti.
Caterina B.
La cosa bella di questi seminari è che, pur rimanendo fedeli al loro oggetto, è possibile esprimere ognuno le
nostre sensazioni, i nostri pensieri, seguiti da te che treni il bandolo della matassa. Se qualcuno non si
esprime è un peccato perché qui nessuno giudica qualcun altro...è assolutamente un arricchimento
Vittorio M.
Vi siete forse un po' raggelati per la complessità di ,questo schema? D'altra parte lo scopo di stasera era di
dare un'idea generale dell'insieme che cercheremo poi di svolgere in ambiti specifici, come il rapporto con la
natura, il discorso sulla storia, sull'arte, sulla psicologia ..Non sarà facile invitare dei relatori su temi specifici
come questi anche perché, nell'esperienza fatta in altri seminari, si è visto che essi vengono spesso con il
loro "prodotto" già confezionato e non sono disponibili ad entrare in una vera comunione con noi e la nostra
voglia di sentire e di pensare, e non solo di ascoltare una conferenza. Ci sono però anche delle persone
straordinarie, come alcune che ho avuto occasione di conoscere, attraverso i loro libri o dei video che
potremo proiettare in qualche serata. Dialogheremo poi sul loro contenuto, con il grosso vantaggio che,
essendo assenti e perlopiù scomparse, non potranno assolutamente controbattere le nostre osservazioni...
Angela P.
Tornando a quanto detto stasera, mi ha colpito questa cosa del tronco, del cuore che hai posto nel centro.
Mi è venuto da pensare alla vita e alla morte come a un disopra e a un disotto. Nell'incontro fra la vita e la
morte c'è la concretezza dell'amore, giusto? Certo che l'amore è legato alla morte...
Vittorio M.
Nello schema avevo posto la morte, nella linea della terra, dell'oscurità, come amore che vuole emergere,
emergere appunto alla vita. Si può dire che l'amore sia un punto di incontro fra la vita e la morte? Non credo,
ma si dirà meglio che è un punto di arrivo, sia della vita (che con la morte giunge alla sua conclusione) che
della morte (che, con la nascita, emerge appunto alla vita) In ambedue i casi, mi sembra che l'amore sia la
vera chiave di comprensione.
Angela P.
Un'altra cosa che mi fa pensare è il divino dentro la natura, una percezione talmente ancestrale che c'era già
prima del cristianesimo nelle culture pagane, in cui il divino è sempre stato sentito, cercato dall'uomo come
una necessità, un divino non nel senso creazionista ma legato alla natura in sé.
Vittorio M.
Non solo le culture pagane hanno sempre visto il divino nella natura ma mi pare che questa percezione sia
stata invece assente nel cristianesimo, almeno fino a San Francesco.
Paolo S.
Secondo me dipende dal fatto che l'uomo, essendo molto limitato, pensa sempre che ci sia qualcosa di più
grande di lui, che gli uomini primitivi vedevano quindi nel sole, nella luna, nelle stelle. In seguito, i concetti
sono cambiati...
Pat Sophie
...però l'uomo è talmente limitato da presumere che i suoi limiti siano la verità
Secondo Sibaldi, nel momento stesso in cui ci rendiamo conto di un limite, vuol dire che prendiamo
coscienza che oltre quel limite c'è qualche cosa: è fondamentale accorgersi del limite .
Vittorio M.
Non è poi così difficile accorgersi della limitatezza delle nostre conoscenze. Pensa solo all'estensione
dell'universo, con i suoi miliardi di galassie in espansione. Non solo, in confronto a questa immensità, la terra
è un infinitesimo nulla, ma lo è probabilmente anche la nostra ragione di cui andiamo tanto fieri...
Un conto comunque è la conoscenza esteriore e un' altro è la conoscenza interiore, quella del nostro cuore.
Non facciamoci spaventare dalle dimensioni dello spazio esteriore: il vero e sacro spazio è dentro di noi. La
vera saggezza è quindi nel conoscere se stesso, è in questo che non c'è alcun limite.
Paolo S.
...perché l'uomo è il solo animale pensante...
Vittorio M.
...un animale che non deve però solo pensare, ma anche realizzare in sé un equilibrio fra la ragione e il
fondo inconscio del suo essere. L'abbiamo chiamato "sentimento", ma è come parlare della terra, solida,
profonda, dal cuore di fuoco, radice del nostro essere, che ruota sia su se stessa, sia intorno al sole.
La perfezione di questo movimento, la luce del sole che ci illumina e permette lo sviluppo della vita, sono
come l'immagine di quello che una ragione evoluta dovrebbe essere. Nello stesso modo la terra sarà
immagine del nostro essere profondo, che la luce deve saper rivelare e fondere in sé, fino a quell'unità, a
quella suprema consapevolezza che chiamiamo Dio... e che siamo noi stessi.