Nel dibattito sono intervenuti anche: Silvana Olmo, Elisa Merli, Giorgio Fedeli, Luisa Gonella, Paolo Gonella,
Gerardo Palmieri.
Vittorio Mazzucconi
Nei precedenti incontri abbiamo visto l'insieme del cammino dell'anima, attraverso delle esperienze di amore
e la pittura che le esprime. Abbiamo incontrato dapprima Euridice, che viene persa per sempre in una
infelice esperienza di amore, il cui senso però si allarga a quello dell'anima umana che si perde in una morte
che è vista come definitiva, come la maggior parte di noi pensa in una visione negativa del mondo.
Proserpina pone invece la possibilità di un'alternanza, poiché vive per metà del tempo sulla terra e per l'altra
metà negli Inferi. Allargando anche qui il senso del mito, abbiamo letto in esso non solo l'alternanza delle
stagioni, come i Greci pensavano, ma quella del giorno e della notte, e soprattutto l'alternanza della vita e
della morte. Quindi si introduce questa idea, questa speranza della reincarnazione, che si appoggia
sull'intuizione della ciclicità della vita. Si scopre che la ciclicità è il denominatore comune di tanti fenomeni,
da quelli più contingenti a quelli più universali. Credendo in questo, abbiamo esplorato questo cammino di
Proserpina, vedendone il significato nella sopravvivenza dell'anima e nella ciclicità della vita.
Adesso arriviamo a Psiche. Come vorrei leggerne il mito? Tutti quanti lo conoscono e non vorrei quindi
dilungarmi a ripeterlo. Psiche e Eros vivevano un amore meraviglioso, ma che entrò in una terribile crisi
quando Psiche, mal consigliata dalle sorelle che la mettevano in guardia contro lo strano comportamento di
Eros, che non voleva assolutamente farsi vedere, si munisce di una lampada per chiarire il mistero. Una
goccia dell'olio di questa cade sul corpo di Eros addormentato che si sveglia e istantaneamente scompare..
Possiamo chiederci come mai Eros non poteva essere visto...Forse fra divino e umano non può esserci il
contatto di una vera visione, di una vera conoscenza, mentre il contatto è possibile solo tramite l'amore?
Con la perdita dell'amore, comincia per Eros e Psiche un periodo di immenso dolore. Psiche era poi anche
perseguitata da Venere, la madre di Eros, che era gelosa della sua bellezza. Si direbbe che non solo la
conoscenza ma anche la bellezza dovessero appartenere solamente agli Dei.
Non ho voluto raccontarvi tutto il mito perché ne abbiamo parlato tante volte e chi non l'ha sentito lo conosce
comunque già, però quello che mi interessa è come esso si conclude. E' una storia a lieto fine, ma non nel senso banale di dire: i due amanti si rimisero insieme e vissero felici e contenti. No, la storia si risolve
quando, per decisione di Giove, Psiche viene accolta fra gli Dei. E' quindi questa la bellissima storia della
vicenda dell'anima umana che, come dicevo prima, con Euridice si perde, con Proserpina trova
un'alternanza di vita, di speranza ma, con Psiche, addirittura arriva a uno stato divino, cioè riconosce il divino
in sé. Questo è il concetto che mi sta molto a cuore.
Che cosa vuol dire trovare il divino in sé?...non siamo ancora alla conclusione del Seminario, ma dobbiamo
limitarci oggi alla prima parte del mito di Psiche che è l'unione, il momento dell'amore. La volta seguente
sarà purtroppo il momento della divisione, perché questo amore è stato tanto felice quanto terribilmente
infelice e solo dopo, finalmente, ci sarà il momento della catarsi, in cui l'anima viene assunta fra gli Dei, ossia
scopre la propria divinità.
Abbiamo sempre pensato all'anima al femminile, ma potremmo farne una lettura al maschile, non solo per
piacere alle signore qui presenti ma perché quando l'anima scopre la sua natura divina, scopre il Sé, che è
al di là del maschile e del femminile. Come figurazione, in tutti i quadri che accompagnano questa storia,
l'anima è sempre stata rappresentata al femminile, mentre il Sé viene rappresentato al maschile, ma la cosa
deve essere meglio compresa secondo la lezione junghiana dell'anima e dell'animus.
A proposito di maschile, c'è stato un incontro precedente in cui il Dott. Caddeo, psicanalista di nome, ci ha
fatto una conferenza molto approfondita in cui si è diffuso su Ulisse, anche se questo tema non ha un
rapporto con Euridice e neppure con Proserpina e con Psiche. Lo avrebbe con un un'altra figura femminile,
Penelope, ma di essa non abbiamo mai parlato. Questa digressione pone però appunto il seme di una
riflessione femminile sull'animus, in modo da conseguirne una consapevolezza più completa e integrata.
E' nata anche una riflessione su come avvicinarsi al mito, alla sua vera forza palpitante, per esserne nutriti.
Un conto è infatti il concettualizzare, che va benissimo fino a un certo punto ma, oltre, diventa un esercizio
fine a se stesso. Con esso, si rischia di perdere un rapporto col mito che è, lo ripeto, come una placenta, una
radice viva, potente. Oserei dire che essa non deve neanche essere del tutto capita intellettualmente, ma
che deve nutrirvi, mentre la sua elaborazione in concetti porta a uno stadio seguente in cui ci si occupa della
relazione fra i concetti e non più di quella col mito.
Un discorso simile si può fare anche per l'arte. Uno dovrebbe palpitare di emozione davanti a un'opera
d'arte, un'opera vera che lo commuova, invece, se non è capace di far questo o se l'opera non è tale da
emozionarlo - cosa che non succede molto spesso purtroppo - si affida a dei concetti....che poi dopo sono
relazionati ad altri concetti, e quindi si produce anche in questo caso una sovrastruttura che perde
completamente di vista il punto di partenza.
Il punto di partenza e anche il punto di arrivo è sempre l'anima, cioè quella parte di noi che è al di là della
vita, al di là delle nostre vicissitudini, al di là della morte, e per la quale noi ipotizziamo, non con un
ragionamento ma con una autentica fede, un cammino eterno. L'anima è eterna, in quanto è una parte di
Dio. Il suo cammino è quello di reintegrarsi nella sua unità e di scoprire quindi la propria divinità.
Non aggiungerei altro in questo primo colloquio. mentre ne porteremo avanti gli argomenti guardando i
quadri. Ma attenzione appunto al giusto modo di percepirne il messaggio: deve suscitare in primo luogo
un'emozione e solo dopo un pensiero. |