Presentazione dei Quadri
Vittorio M.
Prima di presentare i nuovi quadri, vorrei iniziare ricordando il periodo
precedente dedicato a Proserpina con l'opera che l'aveva aperto (1989.08
La Lucciola) e quella che l'aveva invece concluso (1991 La Crocifissione
di S.Simpliciano).
Il primo era proprio un accendere la luce, che veniva dopo un periodo tremendo
di oscurità, la discesa agli Inferi, mentre il secondo approda a una nuova
oscurità, in cui il Cristo in croce ne annuncia però l'uscita con un gesto
che abbiamo osato chiamare di esultanza. Vorrei adesso approfondire questa
lettura per quelli che non c'erano l'ultima volta, ma, per evitare una ripetizione,
rimando al testo dell'Incontro n.17, pagg.11, 12.
Metterei però qui l'accento sulla ciclicità della luce e dell'ombra, che
è appunto il senso del mito di Proserpina e di un nuovo orientamento che
la riflessione sull'uomo potrebbe oggi prendere.
La morte di Gesù apre la porta, a dire il vero, all'uscita da questa ciclicità,
che si opererà con la Resurrezione, che possiamo vedere come l'equivalente,
nel pensiero cristiano, del mito pagano dell'ascesa di Psiche fra gli Dei.
Sembra una storia così profana in confronto al dramma della Crocifissione
e alla Resurrezione che la segue, ma io le vedo unite nell'ambito della
vicenda umana, che ci porta in tante forme all'uscita dal dolore del mondo
e al riconoscimento della nostra natura divina. Come pure le vedrò unite
all'Illuminazione delle religioni orientali, che promette di uscire dalla
ciclicità delle incarnazioni.
La ciclicità e l'uscita da essa sono quindi i due fatti centrali della vicenda
umana. Dobbiamo riconoscerne il primo in tutti gli aspetti della realtà,
mentre, per il secondo, dobbiamo affidarci alla fede, nelle diverse forme
in cui essa cerca di aprirci alla visione di un destino spirituale.
Limitandoci all'intuizione che può averne la pittura, sono molti i quadri
che l'annunciano con la percezione di un'incipiente aurora. Li ritroviamo
in diversi periodi della mia pittura ma, in questo, lo fanno in chiave africana,
poiché sono stati appunto dipinti durante un viaggio in Africa.
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1991.12.31 Aurora Africana 1
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Il vero viaggio è però quello
che conduce tutti noi a poco a poco dall'oscurità alla luce, ed è un viaggio
che comincia su questa terra. E' anzi la terra stessa, quasi fosse la
nostra anima dormiente, che si risveglia con la prima luce del sole nascente.
Sulla terra c'è anche la confusione, il degrado che si può vedere nella
parte inferiore del quadro, ma l'aurora trascende ogni bruttura, è pura,
tinta di rosa. Speriamo che essa annunci non solo un nuovo giorno, ma
il nostro vero risveglio. |
1992 Aurora 3 ( La Danzatrice )
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Avevo visto danzare una
ballerina e l'ho dipinta il giorno
dopo, ho anzi dipinto la mia anima, anche se con le forme della danzatrice.
Un'anima che volge le spalle all'oscurità, che con il suo gesto
apre la luce, e che ha infine un volto senza lineamenti: la mia anima
non è una personalità, non è il mio Io, non ha quindi
gli occhi, la bocca, il naso che servono ad orientarci nel mondo esterno.
E' invece tutto interiore il mondo in cui la mia anima vive e cerca di
aprirsi alla luce. Anzi, come si vede nel quadro, essa ha già la
luce in sé. |
1992.02.03 Aurora Africana 3
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Il sole che giunge su questo
corpo ha delle ali, cioè è un meraviglioso principio che non solo illumina
la materia ma le infonde lo spirito. Io non dipingo l’aurora come uno
spettacolo naturale, non è solo il sole di un mattino, è il sole che dona
la vita, è la realizzazione quotidiana di un evento cosmico ancora più
grande, che è lo spirito della Creazione Nel quadro lo si legge anche
come una spirale di luce e, nel seno della donna, si legge anche una falce
di luna. Il sole e la luna, il maschile e il femminile, lo spirito e la
materia....tutto è unito. |
1992.02.03 Il prigioniero
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Un momento di risveglio,
di luce, che si associa anche al liberarsi da una prigione, che in Africa
prende anche il senso di una liberazione dalla schiavitù. Quanto alla
colomba, non è invece associata, come si fa di solito, al gesto di un
uomo che le dà la libertà ma, al contrario, essa va verso l'uomo, come
simbolo dello spirito, per liberarlo non tanto dalla schiavitù quanto
dalla prigione della sua mente. |
1990.08.22 Aurora
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Anche questa è un'aurora.
La figura femminile è molto terrestre ed ha il viso nero. Io avevo in
quel momento un’amica africana, ma questo è secondario, perché l'oscurità
del volto è proprio la nigritudo della nostra anima: quindi è certo un
corpo carnale, rosso di terra, col viso di una donna africana, ma diciamo
che io l’interpreto più come un'anima, la mia anima, il cui volto è oscuro.
Essa è davanti ad un altro essere che invece interpreto come un principio
maschile e solare, è come se avesse un braccio di luce che va a toccare
il braccio e la mano dell’anima in un gesto di ricongiungimento. Quindi,
il sole che sorge alla mattina si sposa con la notte, così come si riuniscono
il maschile e il femminile in noi, così come il nostro Sé, il principio
spirituale che è in noi, si sposa con la nostra anima, in una sequenza
di feconde analogie. Un’altra cosa su cui attiro la vostra attenzione
è il vuoto centrale, a cui io penso come alla vera realtà..., in qualche
modo i corpi e le forme sono solo dei contorni del vuoto. In moltissimi
miei quadri si disegna questa specie di geografia di uno spazio interiore,
il vuoto, come se fosse un mare circondato dalla terre emerse. Così come
le terre sorgono dal mare, così queste figure nascono dal vuoto, ma non
parlo tanto del centro vuoto del quadro, quanto del vuoto interiore che
è in me, quando mi accingo a dipingere.
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Pat Sophie G.
Mi potresti far rivedere il secondo quadro, la crocifissione ... Vedo
che è una croc e...
Vittorio M.
Mi sembra normale per una crocifissione, ma tu mi fai pensare che forse
non lo è. Tanti quadri di tanti artisti rappresentano la Crocifissione
ma non per questo hanno la forma di una croce. Mi fai pensare ad altri
miei quadri ( vedi Incontro n.3) che mostrano una spontanea immedesimazione
fra soggetto e oggetto, la donna che va alla fonte che diventa ella
stessa un getto d'acqua, lo scultore che diventa la sua scultura ecc.
In questo caso, tutto il mio essere diventa la croce e colui che vi
è crocifisso, anche se solo con un po' di colori e un pennello...un
santo lo farebbe meglio. Queste storie, per le quali io trovo delle
corrispondenze interiori, spirituali, o per le quali ipotizzo addirittura
delle corrispondenze cosmiche, sono strettamente collegate ad esperienze
reali. Quando io incontro una persona e vivo un'emozione sul piano fisico
e sentimentale, c'è una parte di me che ne percepisce anche degli aspetti
nascosti, e un'altra che li porta su un piano più elevato, a significare
contenuti di cui l'incontro reale costituiva solo una base, un nutrimento,
come un terreno in cui si pone un seme. Non c'è separazione fra questi
piani, non li vivo separatamente, ma è come una pianta che dal terreno
sale verso il cielo. Non c'è nulla di trascendente in questo, anche
un filo d'erba fa la stessa esperienza.
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1990.08.30 Eros
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Nel mio immaginario, anzi
nel mio vissuto, c'erano due donne: una africana, e l'altra che è
la donna amata del mito di Proserpina. In qualche modo dialogavano su
qualcosa che accadeva fra di loro. In un momento di emozione ho cancellato
il viso della donna amata per fare invece di getto questo viso: un viso
che non appartiene alla donna, un viso ambiguo: che sia Plutone, che sia
un angelo, un demone?(vedi I Misteri dell'Amore 1, Incontro n.17)...cosa
poi facciano non l'ho mai capito, ho perfino pensato che fosse una scena
di punizione, di castrazione di cui io sarei stato vittima. Ma guardando
il quadro adesso, ne leggo un altro significato: mi sembra che la figura
chiara sia la mia anima che si confronta con quella scura, che è
il corpo, l'ombra, e che fra di esse nasca una luce. Quanto al personaggio
misterioso che sembra sovrapporsi al volto della mia anima, è "normale"
che essa non abbia una personalità propria ma che giunga a riconoscersi
nel Sé, il nucleo divino che non è, lo ricordiamo, né
l'anima né il corpo, ma il testimone della loro unione. |
1992.04.10 Proserpina
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Nel centro c'è una figura femminile,
diciamo l'anima, anche se sembra tutt'altro che sfornita di forme carnali,
e che è intenta a giocare o a elaborare un suo mondo interiore, una sua
armonia (come nel quadro 1990.03 La Danzatrice) Questa volta però ci parla
del mito di Proserpina. Vediamo infatti su un lato Plutone e sull'altro
Demetra. Proserpina è in effetti divisa fra i due e, nel
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mito, deve addivenire a
un compromesso. Ma mi interessa la sua centralità e il fatto che essa
elabori qualcosa di divino, lontano sia dall'ombra notturna degli Inferi
che dalla luce diurna della terra. La vera luce che essa ricerca e elabora
in sé stessa è al di là di questa dualità. |
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1992.07.17 Non comunicazione
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Un racconto sull'amore comporta
purtroppo un capitolo sull'incomunicabilità, quando cioè l'amore non è
possibile o rimane solo un sogno, un'aspirazione come si vede nella coppia
a destra del quadro. A sinistra invece c'è un'altra coppia, non di amanti
però ma di una persona con se stessa, anzi separata da se stessa, mutilata
nel suo bisogno di amore. |
Come dicevo prima, la storia
della nascita e della fine di un amore prendeva una volta per me degli
anni e terminava con una vera catastrofe, mentre adesso l'impresa si fa
più veloce e meno impegnativa. E' come se Orfeo avesse imparato.... a
fare spesso il viaggetto della discesa agli Inferi, perdendo Euridice
ma trovando magari qualche altra creatura. Sono quindi frequenti le storie
in cui si vive questa esperienza, rinforzando in me la percezione della
sua caducità e ciclicità.
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A 1993.04.25 Gioia in Primavera
B 1993.05.12 Dolore in Primavera
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In questa, il passaggio
dalla nascita di un amore alla sua fine è quasi immediato. Non mi soffermo
sul primo quadro(1993.04.25 Gioia in Primavera) di cui è ovvia la felicità,
ma sul secondo (1993.05.15 Dolore in primavera) il cui messaggio è più
complesso. E' evidente in esso la disperazione della figura, in contrasto
con il cespo di verde vitalità e il rosso della spirale che esprimono
la forza di un amore che è stato purtroppo stroncato sul nascere. Ma c'è
anche la grande porta, associata, con il rosa, alla speranza di avere
accesso a una realtà spirituale, che però per il momento rimane un miraggio,
rimane sullo sfondo. E' spesso presente anche in altri quadri, esprimendo
l'anelito, il destino dell'anima, al di là del piano contingente in cui
si incontra l'amore, con le sue illusioni e delusioni e soprattutto si
cade in un livello inferiore di degrado e di ombra.
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A
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B
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1993.05.20 L'insostenibile leggerezza dell'essere
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Come dice il titolo del
quadro (anche se i titoli sono abbastanza casuali), esso è proprio la
rappresentazione di un non-contatto, un sogno, un amore non realizzato.
Lo mostrano i colori in campiture separate, non c'è un'unica tonalità
di amore, ci sono degli spunti, degli impulsi non raccolti...la donna
in alto, se riconoscete nel quadro un corpo femminile, è la mia amata
irraggiungibile mentre io giaccio per terra, separato e deluso. Guardandolo
adesso, ne vedo però un significato più profondo. La figura femminile
in alto mi sembra propria Nut, la dea del cielo nella mitologia egizia.
Si pensava che il cielo e la terra, dapprima uniti, fossero stati separati
dal dio Ra, il sole, creando così lo spazio fra i due. E' in verità lo
spazio della nostra divisione, in cui la nostra parte terrestre e quella
celeste sono appunto separate e non comunicabili, se non con impulsi confusi
e contraddittori. |
A 1992.07.07 La creazione di Eva
B 1992.07.14 Amore ( part. )
C 1993.05.16 La creazione di Eva
D 1994.03.13 Benedizione
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In quest'altra sequenza,
vorrei invece raccontarvi uno strano concetto dell'amore: l'amore che
"crea". Mi è accaduto spesso, nell'amare una donna, di rappresentare una
figura maschile in rapporto con una figura femminile. Questa somiglia
alla donna che in quel momento, diciamo, era la mia modella interiore,
mentre non è che io mi identifichi totalmente con la figura maschile.
Lo si vedrà anche in altri quadri, non sono io, è Eros, un principio impersonale,
divino. Non so se arriverò a spiegarlo. Amare vuol dire creare. E' forse
un sillogismo ma diciamolo al contrario: la creazione del mondo, delle
stelle, di tutte le specie viventi, di un fiore, è un atto di amore...il
mondo è stato creato per amore! Quando un artista fa un'opera col cuore,
la fa con amore. Quando un uomo ama una donna, lo fa evidentemente con
amore. Ma come l'artista che fa l'opera la crea con il suo amore, e come
Dio che ama il mondo lo crea con un atto cosmico di amore, così io mi
figuro che l'uomo che ama una donna, in qualche
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modo la crei. Infatti egli
ama n on magari la donna come è realmente ma l'immagine che vi ha proiettato.
(l'abbiamo detto tante volte che dieci anni dopo la proiezione svanisce...)
In qualche modo il vagheggiare una persona, il sognarla, il desiderarla,
è un darle forma, un cercare che es sa corrisponda a un certo archetipo
che portiamo in noi, è un creare. Amare e creare vanno insieme, sono la
stessa cosa. Si vede in un quadro come l'amante plasma la sua donna come
fosse una scultura , in un altro come l'avvolge fra le sue ali, qui la
id ealizza, là quasi la benedice (1994.03.13 Benedizione), è un quadro
di molti anni dopo, che ha poi avuto un cambiamento clamoroso che vedremo
un'altra volta) ma chi è questo amante? Sono io che amo la mia donna?
Ma se è manifestamente un demiurgo, un ange lo, un essere divino ....
Il suo gesto è l'atto della Creazione, con cui Dio ama la creatura e la
fa a sua immagine, e si ripete in noi e attraverso di noi ogni volta che
amiamo.. |
A
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B
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C
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D
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1992 Senza titolo
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Qui arriviamo alla fine
della storia: come vi ho detto tante volte, attraverso varie esperienze
di amoredelusione ecc. uno finisce col rendersi conto che lo scopo della
vita è un altro e che bisogna arrivare a concepire l'amore come l'anelito
all'essenza spirituale, divina in sé, e non solo di cercare sempre di
proiettarla su un'altra persona. Prima di arrivare a questo, il rapporto
col principio spirituale è sempre stato quello che il quadro mostra, cioè
il voltarsi dall'altra parte. Immaginate che questa forma rossa, questa
spirale, sia appunto il divino, le ali azzurre fanno pensare a una presenza
angelica, ma l'uomo si volta dall'altra parte e si incammina appunto verso
di essa, verso l'ombra.
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1990.02 L'angelo D'Ars
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Qui si vede una cosa simile,
l'uomo che è addirittura accasciato. annichilito, si difende da questa
esuberanza di grazia, un angelo quanto mai formoso...Con un braccio tende
ad essa, con una mano vorrebbe coglierla, ma il braccio non ha forza,
non ha colore e calore, non è un vero gesto, mentre è vero e corporeo,
eccome, l'uomo che si ritrae. Ha anche un volto, mentre non ce l'ha l'anima,
come abbiamo visto in altri quadri. |
1992.03.14 Om Namah Shivaya
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Om navah shivaya
è un momento di grazia in questa continua ricerca spirituale, che è anche
una fotografia dello stato della ricerca: a sinistra l'oscurità, a destra
il tenue rosa di una possibile aurora, in alto il rosa volge al giallo
di una luce, ma guardate al velo con cui la fanciulla si nasconde. Vorrebbe
e non vorrebbe vedere, si nasconde, immagina di essere appunto nascosta,
protetta. Questa volta ha un volto, con i tratti ben disegnati, contrariamente
a molti altri quadri, in cui l'anima non ha volto, però lo vela, lo nasconde,
si nasconde a se stessa... |
1992.03.28 L'onda
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Questo quadro mi è sempre
sembrato la rappresentazione del coraggio. Si vede una figura che si slancia
d'impeto in avanti, seguendo il movimento di una grande onda, buttandosi
in essa, anche se porta con sé una parte della confusione e dell'oscurità
del mondo che cerca di lasciare alle sue spalle. |
1992.03.22 L'armonia interiore
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E' il ritratto della mia
anima. Nel mondo si leva un turbine di oscurità, di polvere, ma l'anima
sembra assorbita in un movimento simile ma di luce, il movimento spirituale
che tutto genera. E' una figura che appartiene ad esso, se ne nutre, vive
in esso, guarda solo alla sua interiore armonia, anzi non guarda neppure
perché ha gli occhi chiusi, si abbandona piuttosto ad essa, e nello stesso
tempo la produce, la crea come la sua emanazione, la sua realtà. L'anima
è tutt'uno con la sua interiore armonia, come fosse la sua conchiglia,
e con essa naviga nel mare del mondo, come nel mare dell'inconscio. |
1992.05.10 Il Sé e l'anima
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Sono sempre rappresentazioni
della vita dell'anima, che sono anche collegate alle esperienze reali
della mia vita. Come vi dicevo prima, l'anima non è più persa per sempre
come Euridice, adesso è in un dialogo con il Sé, sia pure un Sé inconscio
e anch'esso oscuro. Per la prima volta, mi sembra di vedere Plutone nella
figura maschile del quadro, come un principio di forza, di virilità, legato
alla materia, al fuoco, mentre la donna, l'anima, si protende alla ricerca
della luce, anche se sembra farlo in sogno, in modo inconscio. |
1992.04.07 Il Sé che parla all'anima
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Questo è un quadro che mi
ha sempre fatto molto pensare. E' relativo al rapporto con la propria
ombra, a questa scissione che abbiamo in noi. Se siamo nati in questo
mondo è perché siamo soggetti alla dualità. Come vi ho fatto notare diverse
volte stasera, non c'è però più un rifiuto di conoscere l'altro aspetto
di noi, la propria ombra, il lato oscuro della vita e tanto meno di conoscerne
l'aspetto luminoso. Qui l'angelo si mostra di profilo, con un gesto con
cui prende la mano dell'anima , e l'anima si volta verso di lui, non si
volta più dall'altra parte come in tanti quadri precedenti. E' un buon
segno, anche se tuttavia ha ancora un volto oscuro....siamo impastati,
ahimè, di terra, e per quanto abbiamo di fronte il volto del divino, non
ci è dato di riconoscerlo ... |