| Presentazione dei Quadri | 
   
    | 1989.08 La lucciola  
        
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    |  |  | Dopo lo stato di oscurità 
        e anche di mancanza totale di sprint, di voglia di vivere, che noi proviamo 
        quando finisce un amore, rinasce poi un giorno un nuovo amore. Con questo 
        quadro, si accende letteralmente la luce. Si direbbe che una specie di 
        demiurgo mette un fuocherello ... sotto il sedere della donna amata: un 
        modo un po' rozzo e diretto, si dirà ma il fuocherello è un nucleo incandescente 
        di vita e la donna che sembra così riscaldarsi è un'anima fatta di luce. 
        Essa sembra dormire, in una posizione quasi fetale ma una forza cosmica 
        accende l'eros in lei. | 
   
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 1989.10 Patrice1  
        
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    |  |  | Qui l'approccio è molto 
        più delicato. L'amore è fatto di pulsioni erotiche, è fatto di sogni, 
        è fatto di varie fantasie, attraverso le quali si realizza il nostro bisogno 
        più profondo. Sono impulsi intimi che variano da persona a persona, ma 
        c'è una centralità comune, una forza che ci trascende e riassume nell'armonia 
        del tutto. La spirale nel centro del quadro ne è il segno. | 
   
    | 1989.10 Patrice 4
  
        
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   |  | Il desiderio carnale prende 
        delle strane forme. E' come se, da un profondo mare, (se ne vedono le 
        onde) sorgessero delle terre emerse, delle rotondità sensuali. Dal mare 
        si leva anche un turbine, che porta a un nucleo in cui il volto della 
        donna desiderata e il mio sono uniti. Ma è veramente il mio volto, o non 
        piuttosto un potere impersonale, Eros, che imprime un bacio di fuoco alla 
        mia anima? | 
   
    | 1989.10.21 Alkemicus 
        
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    |  |  | Vorrei fermarmi in particolare 
        su questo quadro. Esso mostra il rapporto fra due esseri. Se mi è permesso 
        un accenno auto-biografico, la persona che io amavo in quel momento era 
        in qualche modo doppia, si sentiva divisa: da una parte mi amava, dall'altra 
        aveva in mente un suo progetto di vita come ho scoperto dopo. Era americana, 
        di New York e, in qualche modo, mentre stava con me, si volgeva con l'animo 
        e il pensiero alla sua città, alla sua casa, al progetto di vita in cui 
        era stata educata. Quando ho dipinto questo quadro, ero in un momento 
        di grandissima felicità. Se volete immaginare con me che io sia il personaggio 
        di destra, vedrete che è come se io suonassi uno strumento, anzi come 
        se suonassi il mio stesso cuore. La mia bella invece ha, si, un corpo 
        di calda carnalità, ma la sua testa è altrove, ed è grigia. Guarda poi 
        dall'altra parte, verso una città di alte torri, New York appunto, in 
        cui c'è anche una grande porta. Era quindi una lettura dell'anima della 
        mia amata, del tutto inconscia e premonitrice mentre, a livello conscio, 
        io ero invece con lei in un' intensissimo rapporto amoroso. Guardando 
        però il quadro oggi, ne vedo un aspetto più profondo, che si collega a 
        molti altri quadri in cui, di fronte a un angelo che vuole parlarle, la 
        mia anima si volta dall'altra parte, verso la sua parte oscura, quante 
        volte ne ho dipinto in grigio il volto! Nella ragazza io avevo quindi 
        proiettato la mia anima. La porta che per lei era forse la via d'uscita 
        che desiderava, per me era finvece l'accesso a una realizzazione interiore, 
        come ho dipinto in tanti altri quadri. Quanto al personaggio in cui mi 
        identificavo, mi sembra a questo punto un angelo, un essere spirituale, 
        il Sé, come può percepirlo la parte più bella di noi stessi, identificandosi 
        con esso e vibrando come uno strumento musicale. Questa vibrazione è l'amore. 
        Quando la proviamo, diventiamo veramente un angelo o ci avviciniamo molto 
        ad esserlo. | 
   
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 1989.11.09 Proserpina 
        
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    |  |  | Anche questo quadro è fatto 
        in modo del tutto inconscio, perché al suo riferimento a Proserpina ho 
        pensato solo molti anni dopo. C'è in esso qualcosa di ciclico, lo si vede 
        dalla circolarità di questa figura. E' come se essa roteasse. E' come 
        se esprimesse la nostra natura terrestre: la terra ha una parte calda, 
        illuminata dal sole, lo si vede nel giallo del quadro, mentre la parte 
        opposta è oscura, è come se ci fosse in essa la luna. Questo essere tiene 
        in mano una fronda che è duplice: la parte verso il sole è più verde, 
        quella verso la luna ha invece il colore della notte, grigio azzurro. 
        Se poi si guarda la sua testa, è come la luna con il suo volto di gesso. 
        Sono anzi diversi volti, come successive fasi della luna. Accanto al volto, 
        la spirale, principio cosmico. Con l'altra mano la figura si tocca invece 
        il piede....quante cose ci dice quest'immagine.! Nell'ultimo incontro 
        Roberto notava una sorta di inconciliabilità fra i colori del quadro, 
        citando due diversi aspetti come l'apollineo e il dionisiaco, mentre io 
        parlerei più semplicemente di rapporto fra luce e ombra, come fra le altre 
        coppie di opposti che possiamo leggere nel mito di Proserpina, che non 
        sono affatto inconciliabili ma profondamente complementari nella meravigliosa 
        circolarità del tutto. | 
   
    | 1989.12 Il ratto di Persefone  
        
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    |  In questa vicenda, è avvenuto 
        a un certo mo vero e proprio ratto. C'era una presenza oscura nella vita 
        della donna amata, che me l'ha sottratta in un modo del tutto inesplicabile, 
        un mistero che mi ha sconvolto. Il personaggio che si vede nel quadro 
        sulla sinistra è molto ambiguo, senza alcuna virilità, senza un braccio 
        molto allungato prende un piede della ragazza, mentre con l'altra mano 
        la trascina e la porta nel suo mondo. 
 
 |  | In altre parti del quadro, 
        che è molto grande, si vedono altre fasi del dramma: è centrale una scena 
        di grande carnalità, alla cui sinistra si affaccia il volto amorfo, non 
        umano del rapitore, mentre, alla sua destra, c'è quello dell'amante deluso. 
        La scomposizione e ricomposizione del quadro opera un montaggio drammatico 
        delle diverse sequenze del ratto. | 
   
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 1990.07 Demetra  
        
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        Come vi ho detto prima, non è che, facendo questi quadri, io 
          volessi rappresentare, il ratto, Proserpina, Plutone ecc La pittura 
          era per me un'espressione spontanea della mia situazione psicologica, 
          che solo più tardi, ho potuto associare a un mito. Il mito che 
          cos'è? E' una rappresentazione delle pulsioni profonde dell'animo 
          umano, cioè della nostra vera realtà psicologica, che 
          ha preso forma in leggende, in storie, in fiabe, e addirittura in religioni. 
          Questa realtà si può sentirla in noi in modo nascente, 
          se ci si pone nella posizione di vivere le proprie esperienze, come 
          diceva anche Caddeo l'altra volta, dando loro un senso, cioè 
          non solo dicendo "avevo una bella amica, poi l'ho persa, mah...forse 
          mi ha tradito con un altro..". Qui invece, inconsciamente, la vicenda 
          ha preso per me un senso straordinario, come la narrazione epica di 
          unmito. Non è più una storia personale, è un mistero 
          in cui il rapporto fra maschile e femminile, fra vita e morte, si opera 
          in un mutamento, in una trasmutazione.
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    | 1989.11.20 I misteri dell'amore  
        
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    | Andando avanti in questa 
        storia, dopo il ratto sono venuti dei quadri come questo. Esso si apre 
        a diverse letture. Ho già avuto occasione di spiegare che il fatto 
        che sia diviso in diversi pezzi e che questi siano ricomposti in un modo 
        diverso da quello originario, può essere anche visto come un intento 
        psicologico-stilistico. Un osservatore, vedendo un'immagine scombinata, 
        istintivamente la vuole ricombinare, e in tal modo fa propria l'immagine, 
        interagisce con essa. Questo l'ho fatto anche in architettura ma è 
        un discorso che ci porterebbe lontano Da un altro punto di vista, è 
        come se il quadro avesse una marcia in più, raggiunge cioè 
        un'espressività più intensa grazie alla dislocazione delle 
        sue parti. Alcuni possono però prenderlo come un gioco. In un altro 
        incontro c'era infatti una persona che disse: ma che bello, se io lo comprassi, 
        me lo porterei a casa e me lo ricomporrei a modo mio ... forse, potrebbe 
        essere un modo inedito per avvicinarsi a un'opera d'arte, tutti vogliono 
        essere creativi, artisti ... però il modo in cui io ho ricomposto 
        il quadro ha un suo senso che vorrei spiegarvi. L'ho ricomposto mettendo 
        al centro della
 
 |  | composizione quell'essere 
        divino, misterioso, che abbiamo in noi, il Sé. Immaginiamo che delle creature 
        umane si amino - stanno scopando furiosamente, sono in una situazione 
        carnale, appassionata - ma che questo loro rapporto non sia in realtà 
        che frammentazione, vanità, illusione. Immaginiamo anche che ci sia una 
        centralità che in tutto questo vive e che lo osserva come un testimone, 
        infatti l'appellativo supremo del Sé è "Il Testimone". Egli non decide, 
        non interviene nella nostra vita, pur essendone il vero protagonista, 
        ma lascia che siano le nostre azioni, le nostre personalità, le nostre 
        vite, a trovare un po alla volta la strada per riconoscere in noi la vera 
        realtà spirituale. Se quindi nel centro del quadro c'è un angelo, io non 
        posso fare a meno di dirmi, ogni volta che vedo il quadro: ma è come è 
        scuro questo angelo! ... non sarà un demone? Ma sono due parole che vogliono 
        dire la stessa cosa, che non è divisa in due esseri opposti, ma è la trasformazione 
        dell'uno nell'altro, dell'ombra nella luce. Certo che il divino in noi 
        è oscuro (in altri quadri l'abbiamo visto mutilato, dormiente, somme lavoro 
        è di rischiararlo a poco a poco. | 
   
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    | 1989.11.30 I misteri dell'amore 2  
        
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    |  |  | Questo quadro fa lo stesso 
        discorso, anche questa è una scena di amore - fra l'altro, in modo del 
        tutto curioso e inconscio, c'è una specie di braccio che esce da una gamba, 
        è evidentemente un fallo - ma, qualunque siano le vicende e le passioni 
        umane, esse si svolgono intorno a una centralità, come un deus ex machina, 
        un protagonista. Il dolore di un amore infelice mi aveva profondamente 
        scosso, non solo spingendomi a fare a pezzi i miei quadri, forse soltanto 
        per esprimere la mia rabbia, ma anche a sentire intensamente questa centralità 
        dello spirito nelle nostre azioni. Non andavo quindi più ramingo come 
        Orfeo in un inferno oscuro, alla ricerca di un'anima perduta per sempre, 
        ma avevo intuito che la mia vera essenza non era l'anima che avevo proiettato 
        sulla donna amata ma era ed è il divino nel centro del mio essere. | 
   
    | 1990.06.09 Il nuotatore  
        
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    |  |     | Lo si vede anche qui. Questo 
        quadro lo chiamo il nuotatore. Potete vederlo sulla destra, in basso, 
        mentre sta nuotando per raggiungere la sua bella che, chiaramente, se 
        ne sta andando di corsa. L'uomo arranca nella vita, nuota per raggiungere 
        non si sa che cosa. Il nostro destino è di nuotare. Cominciamo a nuotare 
        quando siamo spermatozoi, e poi per tutta vi ta nuotiamo per arrivare 
        infine all'esaurimento, alla morte...e la nostra anima fugge via. Nel 
        centro del quadro c' è l'angelo, ma c'è anche qualcos'altro: il vuoto. 
        Esso mi fa pensare a un protagonista ancora più centrale di cui l'angelo 
        è la manifestazione, l'ambasciatore. L'abbiamo già incontrato nel pensiero 
        sulla rifondazione della città ( La Città a Immagine e Somiglianza dell'uomo 
        incontro 2009/3) ma lo incontreremo ancora in altre forme. | 
   
    | 1990.03 Il dolore
  
        
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    |  |  | Questi quadri ci riportano 
        al dolore umano, il dolore dell'uomo per la perdita della persona amata, 
        che l'angelo cerca di consolare. Però, come abbiamo avuto modo di vedere 
        e vedremo ancora, il rapporto dell'uomo con l'angelo, cioè il rapporto 
        della nostra parte oscura, dolorosa, con la nostra parte più bella, non 
        è un rapporto così semplice e naturale. L'angelo che si volta dall'altra 
        parte, l'uomo che non vuole ascoltare, che non vuole sentire è purtroppo 
        un'esperienza ricorrente nella nostra vita. C'è una divisione, una separazione 
        fra di loro. Ecco che in questo quadro la dislocazione dei pannelli di 
        cui è composto mostra appunto questo distacco. Da una parte c'è l'angelo 
        che dice "non ti addolorare, la vita è meravigliosa, la vita è spirituale, 
        quello che ti accade è per il tuo bene e tante altre cose che possiamo 
        immaginare che un angelo ci dica, che ce le dica cioè la nostra parte 
        più bella, e, dall'altra, c'è invece l'uomo che è tutto preso dal suo 
        dolore e si trova in uno stato di deformità. Il dolore in fondo è proprio 
        una deformità, una deformazione. Se non ci fosse una deformazione noi 
        saremmo felicemente equilibrati e sani, mentre il dolore non solo denuncia 
        qualcosa che non funziona bene, ma è, in sé, una distorsione, una negazione 
        della felicità. | 
   
    | 1990.04 Fuga dal carcere  
        
       | 
   
    | 
   |  | Qui però l'uomo, oltre a 
        risentire un dolore e ad essere deformato, è in prigione, mentre l'anima 
        esce dalla prigione. L'anima ha una parte carnale, rossa, perché è ancora 
        vivo il ricordo di un vero amore, un amore cocente. Il taglio del quadro 
        contribuisce ad espr imere la separazione fra l'uomo e la donna, come, 
        su un altro piano, quella fra il corpo e l'anima. | 
   
    | 1990.06.13 Soma 
        
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    |  |  | Qui la separazione è a livello 
        fisico, di un corpo che si divide. Era un corpo in cui due persone si 
        erano fuse, ma che adesso viene scisso, come da un un taglio di forbice. 
        Tutta la fatica, tutto lo sforzo di amarsi fra uomo e donna è quello, 
        come dicevo prima, di ricongiungerci, di realizzare nell'unione fra maschile 
        e femminile qualcosa di quanto più vicino possibile al divino, che è l'unità 
        per eccellenza, ma quanto questa fatica si rivela vana! Non solo ci illudiamo 
        quando, credendo di innamorarci di una bella donna, di un bell'uomo, vogliamo 
        solo in realtà ricostituire un'unità, ma scopriamo infine che anche questa 
        unità è illusoria. Con la fine dell'amore, essa è ahimè palesemente distrutta 
        e riportata alla divisione precedente. Se guardiamo però meglio alle due 
        figure, vediamo che quella femminile ha un volto e quella maschile no, 
        nel quadro precedente era il contrario. Perché? Lo vedremo forse in altri 
        quadri in cui accadrà lo stesso fenomeno. | 
   
    | 
 1990.03 La danzatrice 
        
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    |  |  | A parte il dolore personale 
        - vi ho fatto vedere la mia sofferenza ma essa è la storia di ognuno di 
        noi - il mito di Proserpina ci offre una consolazione o almeno una veduta 
        equilibrata: l'anima non si perde, l'amore muore ma rinasce, e dobbiamo 
        abituarci a una alternanza dell'amore. Non si può vivere sempre nell'amore, 
        vivremo l'amore con periodi di non amore, come viviamo la giornata e poi 
        viviamo la notte, la vita e la morte.... Tuttavia, di fronte a una perdita, 
        l'uomo rimane sempre dolorosamente sorpreso, come costernato. Nel quadro 
        c'è però qualcosa che ispira una interpre tazione diversa: oltre all'uomo 
        annichilito in un angolo, si vede la donna che effettivamente se ne va 
        - pare che dica che non lo vuol più vedere - ma c'è anche un altro essere 
        nel quadro, che io ormai non identifico più con la donna amata: lo identifico 
        con la mia anima, che avevo proiettato sulla donna ma che posso anche 
        ri-assumere in me, riconoscendone un'autonomia, non più legata alla persona 
        amata. Si vede poi che questo essere spirituale, che prima avevamo provvisoriamente 
        proiettato nella donna, è intento a tutt'altra cosa, sta danzando e giocando, 
        si direbbe, con un disco, con una spirale. L'anima elabora la sua armonia, 
        vuole realizzare il comandamento divino di vivere in simbiosi con l'armonia 
        del cosmo, che poi un po' alla volta la porterà a identificarsi con l'essere 
        superiore, che è appunto il Sé. Con questa interpretazione si pensa a 
        una scala ascendente, dal corpo all'anima allo spirito, vedendo in questo 
        il Sé, come realizzazione del divino in noi, anche se la scala continuerà 
        a salire, a salire ..... | 
   
    | 
 1990.03 Lo sponsale 
        
       | 
  
    |  |  | Qui si immagina uno sponsale 
        ... cioè, è vero che la mia donna mi ha lasciato e che io ho molto sofferto 
        per questo, ma non per sempre come nella perdita di Euridice: ho capito 
        adesso dove posso trovare la mia anima, che non si è anzi mai perduta. 
        Al di sopra delle cose che accadono in questa nostra vita (ne vediamo 
        dei momenti e delle figure nella parte bassa del quadro) saliamo verso 
        un'unione che si celebra in cielo. E' l'unione del maschile e del femminile 
        in noi, al di sopra della separazione che ci causa tanti dolori. Questo 
        processo è rappresentato come un muro in costruzione. Non basta iintuirlo, 
        bisogna proprio costruirlo, mettendo faticosamente insieme tanti pezzi, 
        fino alla sommità. | 
   
    | 1990.04 L'anima e il corpo
  
        
       | 
   
    | Questo è uno dei quadri 
        più significativi di quello che vi dicevo prima, cioè che il fatto che 
        la donna lasci l'uomo amato (voi, care amiche, dovete tradurlo nell'uomo 
        che lascia la donna amata), lo si può vedere come metafora dell'anima 
        che lascia il corpo. Se guardate il quadro, non potrebbe essere più chiaro 
        di così: l'anima sta uscendo dal corpo, guardate come essa si scioglie 
        dal braccio con cui questo vorrebbe trattenerla e come lo fa anche con 
        le sue gambe. C' è poi una cosa misteriosa nel quadro: le due figure non 
        hanno testa. L'opera è stata fatta in tre fasi: nella prima fase (se non 
        ricordo male) erano due figure con le loro teste, nella seconda hanno 
        perso le teste, nella terza è venuta fuori un'altra testa.Io me ne do 
        una spiegazione abbastanza comprensi bile: il corpo, la figura maschile, 
        è morto, ha perso la vita e quindi la testa. La figura femminile ha sul 
        collo un uscendo dal corpo, guardate come essa si scioglie dal br accio 
        con cui questo vorrebbe trattenerla e come lo fa anche con le sue gambe. 
        L'opera è stata fatta in tre fasi: nella prima fase (se non segno di sangue, 
        come di un taglio, con cui la sua testa è stata recisa: non è forse accaduto 
        proprio questo quando ha voluto recidere il nostro amore? In quanto anima, 
        non può d'altra parte avere una testa poiché un'anima non ha personalità. 
        Noi ci immaginiamo 
 
 |  | spesso che, quando uno di 
        noi muore, poi, dall'altraparte, continui ad essere quello che conoscevamo, 
        Mario piuttosto che Anna ....mentre io penso che, con la morte, la personalità 
        vada perduta, perché è qualcosa di legato al corpo, al contesto, al lavoro 
        che doveva compiere su questa terra. Era solo un mezzo per compierlo, 
        un'invenzione operativa, se vogliamo dire così, un software della nostra 
        vita su questa terra. Ci serve per agire, è quello che si chiama Io. Una 
        volta morti, non c' è più, non ce n'è più bisogno, non c'è più la testa, 
        non c'è più la personalità. Il passo seguente è stato fatto un po' di 
        tempo dopo: senza pensarci troppo, mi sono avvicinato al quadro e con 
        il primo pennello che ho trovato, ho fatto questa testa, che l'anima sembra 
        ten ere in mano.....ma è una testa d'oro! Cioè l'anima sembra portare 
        con se un tesoro, come un'altra e superiore personalità, non la personalità 
        fisica dell'uomo che è morto, ma qualcosa di essenziale, di prezioso. 
        C'è forse una forma di memoria che da una vi ta all'altra permane, perché 
        non è legata al corpo ma forse a un corpo sottile, e che permetta la continuità 
        dell'esperienza da una vita all'altra? Ma in questa testa d'oro non possiamo 
        vedere il nucleo aureo e indistruttibile del nostro essere, il Sé, l'essere 
        divino in noi, a cui solo appartengono una superiore continuità e la vera 
        consapevolezza di tutte le nostre vite individuali? | 
   
    | 
 
   | 
   
    | 1990.05 Il sogno del cavaliere  
        
       | 
   
    |  |  | Anche questo quadro parla 
        dello stesso dramma. Qui, evidentemente, il cavallo rappresenta la vitalità, 
        la sensualità. Sul cavallo della sensualità c'era un cavaliere, l'uomo 
        amante, ma non lo si vede più: stranamente egli non solo non è sul cavallo 
        ma è a mezz'aria e va in tutt'altra direzione. Se volete mettere questa 
        figura sul cavallo - con un braccio ne tiene le briglie e con l'altro 
        lo sprona - dovete rovesciarla, e vedrete che combacia perfettamente con 
        il cavallo. E' un po' come se uno di noi, morendo, non se ne accorgesse 
        neanche (come sembra accada) e continuasse per un po' a agitarsi come 
        se fosse vivo, ma in una dimensione irreale. Il quadro mostra anche cosa 
        accade nel mondo reale: ci sono due amanti per terra, allacciati in un 
        amplesso amoroso, mentre la morte (il teschio sulla destra) li guarda. 
        Una storia quindi molto complessa: l'amore e la morte, il cavaliere disarcionato, 
        la sessualità. Personalmente, l'ho vissuta come appunto il passaggio dalla 
        fisicità, dalla sessualità che cavalcavo, allo stato in cui l'anima, disarcionata 
        dalla morte, si orienta nella direzione opposta, non più quella dei sensi 
        , ma quella del cammino spirituale. | 
   
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 1990.11 I muri 1 1990.11 I muri 21990.11 I muri 3
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 |  |  Questa storia l'ho espressa 
        anche nei "Muri" una installazione in galleria con cui i quadri che vi 
        ho mostrato sono stati montati come una costruzione. E' interessante il 
        senso che i quadri prendono uno in rapporto all'altro. Si instaura un 
        dialogo, un’interazione, non solo con lo spettatore, ma fra gli stessi 
        quadri. Un'altra osservazione riguarda il formato dei quadri. A me sono 
        sempre piaciute delle tele molto grandi ma, all'epoca, si accedeva allo 
        studio in cui dipingevo con una piccola scala a chiocciola, su cui potevo 
        portare solo delle tele molto piccole, che riunivo poi di sopra. Paradossalmente, 
        è proprio così, mettendo insieme tante piccole tele, che ho potuto fare 
        i miei quadri più grandi.
 
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    |   1991 Creazione con parte vuota  
        
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    |  |  | In questo caso, invece, 
        sono partito da tre tele, la quarta non l’avevo e, d'istinto, si è subito 
        formata una composizione anomala. Essa rappresenta un essere maschile, 
        in rapporto con un essere femminile, ma questo apre un discorso particolare 
        che forse svilupperemo meglio un’altra volta, quanto al senso che si può 
        dare alle nostre esperienze. Quando un uomo ama una donna, è allora come 
        se egli "creasse" la donna. Pensateci un po...se c’è un essere che ha 
        creato le cose, è proprio perché le ha amate….oggi ho colto una rosa e 
        dovreste vedere la bellezza non solo della rosa in sé, ma delle sue foglie, 
        con le loro sottili venature e il bordo disegnato con grazia, che perfezione! 
        Può sembrare ingenuo ma io penso che, se un Dio ha fatto questo, l'ha 
        fatto certamente per amore…Si dice anche di un'opera d'arte - lo si diceva 
        purtroppo solo una volta - "è fatta con amore" Specularmente, allora, 
        quando uno ama una cosa, è come se la creasse. Creandola è come se entrasse 
        in lei, la penetrasse, le desse vita, proprio come si vede nel quadro. 
        Nel quadro si vede anche che la donna della quale la figura maschile è 
        innamorata non c'è più, è ormai un fantasma…manca quindi ormai la base 
        di questo amore e quindi anche al quadro manca un pezzo, non è così? Sembra 
        una storiella, ma indica invece che c’è una coincidenza, una sincronicità 
        fra le cose casuali della vita (come l’aver solamente tre tele, invece 
        di quattro), un vissuto personale e la filosofia particolare con cui l'ho 
        interpretato. Su un altro piano, non ha importanza che le tele siano tre 
        o quattro: l'essenziale è che, con qualunque mezzo, si possa esprimere 
        l'amore, non solo nell'unione fra maschile e femminile ma in quella sublime 
        del Creatore con l'anima umana. | 
   
    | 1991 La Crocifissione di S. Simpliciano  
        
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    | Alla fine di questo grande 
        amore, come di altri, non so perché ma nasce sempre in me il tema della 
        Crocifissione. Sono religioso, ma non in modo confessionale, e non sono 
        cattolico praticante. Vorrei solo dire che, dopo una storia d’amore in 
        cui ho conosciuto il piacere, la sensualità, e sono giunto attraverso 
        di essa alla delusione e al dolore, nasce in me l’immagine del Crocifisso. 
        Se ci fosse qui qualcuno di molto cattolico, sarebbe scandalizzato di 
        questo avvicinamento anche se, continuando nella mia eresia, posso ricordare 
        che nella vita di Gesù c'è stata una Maddalena. Non mi riferisco certo 
        con questo a delle supposizioni fantasiose ma mi sembra semplicemente 
        di vedere Maddalena ai piedi della croce. E così, è ai piedi della croce 
        anche il mio cammino di peccatore..La verità è che, con una perdita, viene 
        spezzato nel nostro cuore qualche cosa, che ci colpisce più della morte 
        stessa. Abbiamo detto che la morte di una persona cara, di un genitore, 
        l'accettiamo in un ambito di ragionevolezza - bisogna rendersi conto che 
        la vita è fatta così - ma quando viene a mancare la donna o l'uomo che 
        ami profondamente, in cui hai investito proprio tutto te stesso, rimani 
        senza fiato, senza speranza, ed è per questo che provi un dolore così 
        forte. Se si guarda adesso il quadro, si vede il Cristo che è diviso in 
        tante tele, così come è diviso in noi. Dio è uno ma l'incarnazione umana, 
        la vita sono una sua divisione, 
 |  | quindi anche la crocifissione 
        è una tragica divisione. Si vedono qua e la degli angeli disperati, si 
        vede la pioggia, il diluvio che cadde sul Golgota dopo la crocifissione 
        e si vede soprattutto questa scena in cui Gesù in qualche modo esulta.... 
        Ne abbiamo parlato una volta in un seminario: mentre il Cristo è rappresentato 
        di solito con le braccia inchiodate alla croce, qui è rappresentato come 
        se le sue braccia si sollevassero e si udisse un grande Alleluia! E' un 
        momento non certo di gioia, di felicità nel senso ordinario, ma di esultanza 
        in un senso divino, come se Gesù ci dicesse che, al di là della morte, 
        al di là del dolore e della crocifissione, è possibile recuperare l'unità 
        dello spirito, la totale apertura del cuore, e ci invitasse a condividerla 
        col suo gesto. Dobbiamo però vedere un'altra cosa: Il Cristo è rappresentato 
        come un essere oscuro. Ritorna quindi il discorso iniziale: noi siamo 
        esseri oscuri, se non fossimo oscuri, non saremmo nati. Se fossimo esseri 
        di luce saremmo ancora nell'alto dei cieli, saremmo ancora nel grembo 
        di Dio. L'esperienza terrestre, fisica, è un'esperienza di ombra da cui 
        in tanti modi, fra cui questa storia dell'eros, cerchiamo di emergere. 
        Non voglio però dire che Cristo fosse un essere oscuro ma solo che noi, 
        che dobbiamo realizzarlo in noi stessi, possiamo trovarlo solo nella nostra 
        oscurità, nella nostra ombra. E qui si vede come, nel momento del dolore, 
        il gesto della liberazione è liberazione dall'ombra.
 
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    | Tutto questo non è una 
        descrizione di qualcosa di esterno, visto da un punto di vista neutro: 
        è una fotografia del mio animo. Ognuno di noi non vede il mondo com'è, 
        vede il mondo come è proiettato in noi, e lo stesso accade in un artista; 
        solo che egli può esprimerlo con dei suoni, con dei colori, con delle 
        pietre o dei marmi, in modo più o meno imperfetto. Dipingendo tutta l'oscurità 
        che è intorno a questa scena sublime, io dipingevo la mia situazione di 
        grande dolore, anche se in fondo uno può ricordarsi che nel Vangelo è 
        scritto che, nel momento in cui Gesù è morto, l'oscurità totale è scesa 
        sulla terra, e quindi... Questo modo di dipingere non è un modo voluto, 
        ma germina da una certa facoltà dell'animo di captare queste cose, è veritiero, 
        è oracolare, fa vedere delle verità, che mi hanno aiutato nel mio cammino. 
        Nel comunicarle, spero che esse possano servire anche a voi, in un lavoro 
        comune. |