Presentazione dei Quadri
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1989.08 La lucciola
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Dopo lo stato di oscurità
e anche di mancanza totale di sprint, di voglia di vivere, che noi proviamo
quando finisce un amore, rinasce poi un giorno un nuovo amore. Con questo
quadro, si accende letteralmente la luce. Si direbbe che una specie di
demiurgo mette un fuocherello ... sotto il sedere della donna amata: un
modo un po' rozzo e diretto, si dirà ma il fuocherello è un nucleo incandescente
di vita e la donna che sembra così riscaldarsi è un'anima fatta di luce.
Essa sembra dormire, in una posizione quasi fetale ma una forza cosmica
accende l'eros in lei. |
1989.10 Patrice1
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Qui l'approccio è molto
più delicato. L'amore è fatto di pulsioni erotiche, è fatto di sogni,
è fatto di varie fantasie, attraverso le quali si realizza il nostro bisogno
più profondo. Sono impulsi intimi che variano da persona a persona, ma
c'è una centralità comune, una forza che ci trascende e riassume nell'armonia
del tutto. La spirale nel centro del quadro ne è il segno. |
1989.10 Patrice 4
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Il desiderio carnale prende
delle strane forme. E' come se, da un profondo mare, (se ne vedono le
onde) sorgessero delle terre emerse, delle rotondità sensuali. Dal mare
si leva anche un turbine, che porta a un nucleo in cui il volto della
donna desiderata e il mio sono uniti. Ma è veramente il mio volto, o non
piuttosto un potere impersonale, Eros, che imprime un bacio di fuoco alla
mia anima? |
1989.10.21 Alkemicus
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Vorrei fermarmi in particolare
su questo quadro. Esso mostra il rapporto fra due esseri. Se mi è permesso
un accenno auto-biografico, la persona che io amavo in quel momento era
in qualche modo doppia, si sentiva divisa: da una parte mi amava, dall'altra
aveva in mente un suo progetto di vita come ho scoperto dopo. Era americana,
di New York e, in qualche modo, mentre stava con me, si volgeva con l'animo
e il pensiero alla sua città, alla sua casa, al progetto di vita in cui
era stata educata. Quando ho dipinto questo quadro, ero in un momento
di grandissima felicità. Se volete immaginare con me che io sia il personaggio
di destra, vedrete che è come se io suonassi uno strumento, anzi come
se suonassi il mio stesso cuore. La mia bella invece ha, si, un corpo
di calda carnalità, ma la sua testa è altrove, ed è grigia. Guarda poi
dall'altra parte, verso una città di alte torri, New York appunto, in
cui c'è anche una grande porta. Era quindi una lettura dell'anima della
mia amata, del tutto inconscia e premonitrice mentre, a livello conscio,
io ero invece con lei in un' intensissimo rapporto amoroso. Guardando
però il quadro oggi, ne vedo un aspetto più profondo, che si collega a
molti altri quadri in cui, di fronte a un angelo che vuole parlarle, la
mia anima si volta dall'altra parte, verso la sua parte oscura, quante
volte ne ho dipinto in grigio il volto! Nella ragazza io avevo quindi
proiettato la mia anima. La porta che per lei era forse la via d'uscita
che desiderava, per me era finvece l'accesso a una realizzazione interiore,
come ho dipinto in tanti altri quadri. Quanto al personaggio in cui mi
identificavo, mi sembra a questo punto un angelo, un essere spirituale,
il Sé, come può percepirlo la parte più bella di noi stessi, identificandosi
con esso e vibrando come uno strumento musicale. Questa vibrazione è l'amore.
Quando la proviamo, diventiamo veramente un angelo o ci avviciniamo molto
ad esserlo. |
1989.11.09 Proserpina
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Anche questo quadro è fatto
in modo del tutto inconscio, perché al suo riferimento a Proserpina ho
pensato solo molti anni dopo. C'è in esso qualcosa di ciclico, lo si vede
dalla circolarità di questa figura. E' come se essa roteasse. E' come
se esprimesse la nostra natura terrestre: la terra ha una parte calda,
illuminata dal sole, lo si vede nel giallo del quadro, mentre la parte
opposta è oscura, è come se ci fosse in essa la luna. Questo essere tiene
in mano una fronda che è duplice: la parte verso il sole è più verde,
quella verso la luna ha invece il colore della notte, grigio azzurro.
Se poi si guarda la sua testa, è come la luna con il suo volto di gesso.
Sono anzi diversi volti, come successive fasi della luna. Accanto al volto,
la spirale, principio cosmico. Con l'altra mano la figura si tocca invece
il piede....quante cose ci dice quest'immagine.! Nell'ultimo incontro
Roberto notava una sorta di inconciliabilità fra i colori del quadro,
citando due diversi aspetti come l'apollineo e il dionisiaco, mentre io
parlerei più semplicemente di rapporto fra luce e ombra, come fra le altre
coppie di opposti che possiamo leggere nel mito di Proserpina, che non
sono affatto inconciliabili ma profondamente complementari nella meravigliosa
circolarità del tutto. |
1989.12 Il ratto di Persefone
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In questa vicenda, è avvenuto
a un certo mo vero e proprio ratto. C'era una presenza oscura nella vita
della donna amata, che me l'ha sottratta in un modo del tutto inesplicabile,
un mistero che mi ha sconvolto. Il personaggio che si vede nel quadro
sulla sinistra è molto ambiguo, senza alcuna virilità, senza un braccio
molto allungato prende un piede della ragazza, mentre con l'altra mano
la trascina e la porta nel suo mondo.
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In altre parti del quadro,
che è molto grande, si vedono altre fasi del dramma: è centrale una scena
di grande carnalità, alla cui sinistra si affaccia il volto amorfo, non
umano del rapitore, mentre, alla sua destra, c'è quello dell'amante deluso.
La scomposizione e ricomposizione del quadro opera un montaggio drammatico
delle diverse sequenze del ratto. |
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1990.07 Demetra
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Come vi ho detto prima, non è che, facendo questi quadri, io
volessi rappresentare, il ratto, Proserpina, Plutone ecc La pittura
era per me un'espressione spontanea della mia situazione psicologica,
che solo più tardi, ho potuto associare a un mito. Il mito che
cos'è? E' una rappresentazione delle pulsioni profonde dell'animo
umano, cioè della nostra vera realtà psicologica, che
ha preso forma in leggende, in storie, in fiabe, e addirittura in religioni.
Questa realtà si può sentirla in noi in modo nascente,
se ci si pone nella posizione di vivere le proprie esperienze, come
diceva anche Caddeo l'altra volta, dando loro un senso, cioè
non solo dicendo "avevo una bella amica, poi l'ho persa, mah...forse
mi ha tradito con un altro..". Qui invece, inconsciamente, la vicenda
ha preso per me un senso straordinario, come la narrazione epica di
un
mito. Non è più una storia personale, è un mistero
in cui il rapporto fra maschile e femminile, fra vita e morte, si opera
in un mutamento, in una trasmutazione.
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1989.11.20 I misteri dell'amore
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Andando avanti in questa
storia, dopo il ratto sono venuti dei quadri come questo. Esso si apre
a diverse letture. Ho già avuto occasione di spiegare che il fatto
che sia diviso in diversi pezzi e che questi siano ricomposti in un modo
diverso da quello originario, può essere anche visto come un intento
psicologico-stilistico. Un osservatore, vedendo un'immagine scombinata,
istintivamente la vuole ricombinare, e in tal modo fa propria l'immagine,
interagisce con essa. Questo l'ho fatto anche in architettura ma è
un discorso che ci porterebbe lontano Da un altro punto di vista, è
come se il quadro avesse una marcia in più, raggiunge cioè
un'espressività più intensa grazie alla dislocazione delle
sue parti. Alcuni possono però prenderlo come un gioco. In un altro
incontro c'era infatti una persona che disse: ma che bello, se io lo comprassi,
me lo porterei a casa e me lo ricomporrei a modo mio ... forse, potrebbe
essere un modo inedito per avvicinarsi a un'opera d'arte, tutti vogliono
essere creativi, artisti ... però il modo in cui io ho ricomposto
il quadro ha un suo senso che vorrei spiegarvi. L'ho ricomposto mettendo
al centro della
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composizione quell'essere
divino, misterioso, che abbiamo in noi, il Sé. Immaginiamo che delle creature
umane si amino - stanno scopando furiosamente, sono in una situazione
carnale, appassionata - ma che questo loro rapporto non sia in realtà
che frammentazione, vanità, illusione. Immaginiamo anche che ci sia una
centralità che in tutto questo vive e che lo osserva come un testimone,
infatti l'appellativo supremo del Sé è "Il Testimone". Egli non decide,
non interviene nella nostra vita, pur essendone il vero protagonista,
ma lascia che siano le nostre azioni, le nostre personalità, le nostre
vite, a trovare un po alla volta la strada per riconoscere in noi la vera
realtà spirituale. Se quindi nel centro del quadro c'è un angelo, io non
posso fare a meno di dirmi, ogni volta che vedo il quadro: ma è come è
scuro questo angelo! ... non sarà un demone? Ma sono due parole che vogliono
dire la stessa cosa, che non è divisa in due esseri opposti, ma è la trasformazione
dell'uno nell'altro, dell'ombra nella luce. Certo che il divino in noi
è oscuro (in altri quadri l'abbiamo visto mutilato, dormiente, somme lavoro
è di rischiararlo a poco a poco. |
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1989.11.30 I misteri dell'amore 2
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Questo quadro fa lo stesso
discorso, anche questa è una scena di amore - fra l'altro, in modo del
tutto curioso e inconscio, c'è una specie di braccio che esce da una gamba,
è evidentemente un fallo - ma, qualunque siano le vicende e le passioni
umane, esse si svolgono intorno a una centralità, come un deus ex machina,
un protagonista. Il dolore di un amore infelice mi aveva profondamente
scosso, non solo spingendomi a fare a pezzi i miei quadri, forse soltanto
per esprimere la mia rabbia, ma anche a sentire intensamente questa centralità
dello spirito nelle nostre azioni. Non andavo quindi più ramingo come
Orfeo in un inferno oscuro, alla ricerca di un'anima perduta per sempre,
ma avevo intuito che la mia vera essenza non era l'anima che avevo proiettato
sulla donna amata ma era ed è il divino nel centro del mio essere. |
1990.06.09 Il nuotatore
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Lo si vede anche qui. Questo
quadro lo chiamo il nuotatore. Potete vederlo sulla destra, in basso,
mentre sta nuotando per raggiungere la sua bella che, chiaramente, se
ne sta andando di corsa. L'uomo arranca nella vita, nuota per raggiungere
non si sa che cosa. Il nostro destino è di nuotare. Cominciamo a nuotare
quando siamo spermatozoi, e poi per tutta vi ta nuotiamo per arrivare
infine all'esaurimento, alla morte...e la nostra anima fugge via. Nel
centro del quadro c' è l'angelo, ma c'è anche qualcos'altro: il vuoto.
Esso mi fa pensare a un protagonista ancora più centrale di cui l'angelo
è la manifestazione, l'ambasciatore. L'abbiamo già incontrato nel pensiero
sulla rifondazione della città ( La Città a Immagine e Somiglianza dell'uomo
incontro 2009/3) ma lo incontreremo ancora in altre forme. |
1990.03 Il dolore
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Questi quadri ci riportano
al dolore umano, il dolore dell'uomo per la perdita della persona amata,
che l'angelo cerca di consolare. Però, come abbiamo avuto modo di vedere
e vedremo ancora, il rapporto dell'uomo con l'angelo, cioè il rapporto
della nostra parte oscura, dolorosa, con la nostra parte più bella, non
è un rapporto così semplice e naturale. L'angelo che si volta dall'altra
parte, l'uomo che non vuole ascoltare, che non vuole sentire è purtroppo
un'esperienza ricorrente nella nostra vita. C'è una divisione, una separazione
fra di loro. Ecco che in questo quadro la dislocazione dei pannelli di
cui è composto mostra appunto questo distacco. Da una parte c'è l'angelo
che dice "non ti addolorare, la vita è meravigliosa, la vita è spirituale,
quello che ti accade è per il tuo bene e tante altre cose che possiamo
immaginare che un angelo ci dica, che ce le dica cioè la nostra parte
più bella, e, dall'altra, c'è invece l'uomo che è tutto preso dal suo
dolore e si trova in uno stato di deformità. Il dolore in fondo è proprio
una deformità, una deformazione. Se non ci fosse una deformazione noi
saremmo felicemente equilibrati e sani, mentre il dolore non solo denuncia
qualcosa che non funziona bene, ma è, in sé, una distorsione, una negazione
della felicità. |
1990.04 Fuga dal carcere
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Qui però l'uomo, oltre a
risentire un dolore e ad essere deformato, è in prigione, mentre l'anima
esce dalla prigione. L'anima ha una parte carnale, rossa, perché è ancora
vivo il ricordo di un vero amore, un amore cocente. Il taglio del quadro
contribuisce ad espr imere la separazione fra l'uomo e la donna, come,
su un altro piano, quella fra il corpo e l'anima. |
1990.06.13 Soma
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Qui la separazione è a livello
fisico, di un corpo che si divide. Era un corpo in cui due persone si
erano fuse, ma che adesso viene scisso, come da un un taglio di forbice.
Tutta la fatica, tutto lo sforzo di amarsi fra uomo e donna è quello,
come dicevo prima, di ricongiungerci, di realizzare nell'unione fra maschile
e femminile qualcosa di quanto più vicino possibile al divino, che è l'unità
per eccellenza, ma quanto questa fatica si rivela vana! Non solo ci illudiamo
quando, credendo di innamorarci di una bella donna, di un bell'uomo, vogliamo
solo in realtà ricostituire un'unità, ma scopriamo infine che anche questa
unità è illusoria. Con la fine dell'amore, essa è ahimè palesemente distrutta
e riportata alla divisione precedente. Se guardiamo però meglio alle due
figure, vediamo che quella femminile ha un volto e quella maschile no,
nel quadro precedente era il contrario. Perché? Lo vedremo forse in altri
quadri in cui accadrà lo stesso fenomeno. |
1990.03 La danzatrice
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A parte il dolore personale
- vi ho fatto vedere la mia sofferenza ma essa è la storia di ognuno di
noi - il mito di Proserpina ci offre una consolazione o almeno una veduta
equilibrata: l'anima non si perde, l'amore muore ma rinasce, e dobbiamo
abituarci a una alternanza dell'amore. Non si può vivere sempre nell'amore,
vivremo l'amore con periodi di non amore, come viviamo la giornata e poi
viviamo la notte, la vita e la morte.... Tuttavia, di fronte a una perdita,
l'uomo rimane sempre dolorosamente sorpreso, come costernato. Nel quadro
c'è però qualcosa che ispira una interpre tazione diversa: oltre all'uomo
annichilito in un angolo, si vede la donna che effettivamente se ne va
- pare che dica che non lo vuol più vedere - ma c'è anche un altro essere
nel quadro, che io ormai non identifico più con la donna amata: lo identifico
con la mia anima, che avevo proiettato sulla donna ma che posso anche
ri-assumere in me, riconoscendone un'autonomia, non più legata alla persona
amata. Si vede poi che questo essere spirituale, che prima avevamo provvisoriamente
proiettato nella donna, è intento a tutt'altra cosa, sta danzando e giocando,
si direbbe, con un disco, con una spirale. L'anima elabora la sua armonia,
vuole realizzare il comandamento divino di vivere in simbiosi con l'armonia
del cosmo, che poi un po' alla volta la porterà a identificarsi con l'essere
superiore, che è appunto il Sé. Con questa interpretazione si pensa a
una scala ascendente, dal corpo all'anima allo spirito, vedendo in questo
il Sé, come realizzazione del divino in noi, anche se la scala continuerà
a salire, a salire ..... |
1990.03 Lo sponsale
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Qui si immagina uno sponsale
... cioè, è vero che la mia donna mi ha lasciato e che io ho molto sofferto
per questo, ma non per sempre come nella perdita di Euridice: ho capito
adesso dove posso trovare la mia anima, che non si è anzi mai perduta.
Al di sopra delle cose che accadono in questa nostra vita (ne vediamo
dei momenti e delle figure nella parte bassa del quadro) saliamo verso
un'unione che si celebra in cielo. E' l'unione del maschile e del femminile
in noi, al di sopra della separazione che ci causa tanti dolori. Questo
processo è rappresentato come un muro in costruzione. Non basta iintuirlo,
bisogna proprio costruirlo, mettendo faticosamente insieme tanti pezzi,
fino alla sommità. |
1990.04 L'anima e il corpo
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Questo è uno dei quadri
più significativi di quello che vi dicevo prima, cioè che il fatto che
la donna lasci l'uomo amato (voi, care amiche, dovete tradurlo nell'uomo
che lascia la donna amata), lo si può vedere come metafora dell'anima
che lascia il corpo. Se guardate il quadro, non potrebbe essere più chiaro
di così: l'anima sta uscendo dal corpo, guardate come essa si scioglie
dal braccio con cui questo vorrebbe trattenerla e come lo fa anche con
le sue gambe. C' è poi una cosa misteriosa nel quadro: le due figure non
hanno testa. L'opera è stata fatta in tre fasi: nella prima fase (se non
ricordo male) erano due figure con le loro teste, nella seconda hanno
perso le teste, nella terza è venuta fuori un'altra testa.Io me ne do
una spiegazione abbastanza comprensi bile: il corpo, la figura maschile,
è morto, ha perso la vita e quindi la testa. La figura femminile ha sul
collo un uscendo dal corpo, guardate come essa si scioglie dal br accio
con cui questo vorrebbe trattenerla e come lo fa anche con le sue gambe.
L'opera è stata fatta in tre fasi: nella prima fase (se non segno di sangue,
come di un taglio, con cui la sua testa è stata recisa: non è forse accaduto
proprio questo quando ha voluto recidere il nostro amore? In quanto anima,
non può d'altra parte avere una testa poiché un'anima non ha personalità.
Noi ci immaginiamo
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spesso che, quando uno di
noi muore, poi, dall'altraparte, continui ad essere quello che conoscevamo,
Mario piuttosto che Anna ....mentre io penso che, con la morte, la personalità
vada perduta, perché è qualcosa di legato al corpo, al contesto, al lavoro
che doveva compiere su questa terra. Era solo un mezzo per compierlo,
un'invenzione operativa, se vogliamo dire così, un software della nostra
vita su questa terra. Ci serve per agire, è quello che si chiama Io. Una
volta morti, non c' è più, non ce n'è più bisogno, non c'è più la testa,
non c'è più la personalità. Il passo seguente è stato fatto un po' di
tempo dopo: senza pensarci troppo, mi sono avvicinato al quadro e con
il primo pennello che ho trovato, ho fatto questa testa, che l'anima sembra
ten ere in mano.....ma è una testa d'oro! Cioè l'anima sembra portare
con se un tesoro, come un'altra e superiore personalità, non la personalità
fisica dell'uomo che è morto, ma qualcosa di essenziale, di prezioso.
C'è forse una forma di memoria che da una vi ta all'altra permane, perché
non è legata al corpo ma forse a un corpo sottile, e che permetta la continuità
dell'esperienza da una vita all'altra? Ma in questa testa d'oro non possiamo
vedere il nucleo aureo e indistruttibile del nostro essere, il Sé, l'essere
divino in noi, a cui solo appartengono una superiore continuità e la vera
consapevolezza di tutte le nostre vite individuali? |
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1990.05 Il sogno del cavaliere
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Anche questo quadro parla
dello stesso dramma. Qui, evidentemente, il cavallo rappresenta la vitalità,
la sensualità. Sul cavallo della sensualità c'era un cavaliere, l'uomo
amante, ma non lo si vede più: stranamente egli non solo non è sul cavallo
ma è a mezz'aria e va in tutt'altra direzione. Se volete mettere questa
figura sul cavallo - con un braccio ne tiene le briglie e con l'altro
lo sprona - dovete rovesciarla, e vedrete che combacia perfettamente con
il cavallo. E' un po' come se uno di noi, morendo, non se ne accorgesse
neanche (come sembra accada) e continuasse per un po' a agitarsi come
se fosse vivo, ma in una dimensione irreale. Il quadro mostra anche cosa
accade nel mondo reale: ci sono due amanti per terra, allacciati in un
amplesso amoroso, mentre la morte (il teschio sulla destra) li guarda.
Una storia quindi molto complessa: l'amore e la morte, il cavaliere disarcionato,
la sessualità. Personalmente, l'ho vissuta come appunto il passaggio dalla
fisicità, dalla sessualità che cavalcavo, allo stato in cui l'anima, disarcionata
dalla morte, si orienta nella direzione opposta, non più quella dei sensi
, ma quella del cammino spirituale. |
1990.11 I muri 1
1990.11 I muri 2
1990.11 I muri 3
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Questa storia l'ho espressa
anche nei "Muri" una installazione in galleria con cui i quadri che vi
ho mostrato sono stati montati come una costruzione. E' interessante il
senso che i quadri prendono uno in rapporto all'altro. Si instaura un
dialogo, un’interazione, non solo con lo spettatore, ma fra gli stessi
quadri. Un'altra osservazione riguarda il formato dei quadri. A me sono
sempre piaciute delle tele molto grandi ma, all'epoca, si accedeva allo
studio in cui dipingevo con una piccola scala a chiocciola, su cui potevo
portare solo delle tele molto piccole, che riunivo poi di sopra. Paradossalmente,
è proprio così, mettendo insieme tante piccole tele, che ho potuto fare
i miei quadri più grandi.
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1991 Creazione con parte vuota
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In questo caso, invece,
sono partito da tre tele, la quarta non l’avevo e, d'istinto, si è subito
formata una composizione anomala. Essa rappresenta un essere maschile,
in rapporto con un essere femminile, ma questo apre un discorso particolare
che forse svilupperemo meglio un’altra volta, quanto al senso che si può
dare alle nostre esperienze. Quando un uomo ama una donna, è allora come
se egli "creasse" la donna. Pensateci un po...se c’è un essere che ha
creato le cose, è proprio perché le ha amate….oggi ho colto una rosa e
dovreste vedere la bellezza non solo della rosa in sé, ma delle sue foglie,
con le loro sottili venature e il bordo disegnato con grazia, che perfezione!
Può sembrare ingenuo ma io penso che, se un Dio ha fatto questo, l'ha
fatto certamente per amore…Si dice anche di un'opera d'arte - lo si diceva
purtroppo solo una volta - "è fatta con amore" Specularmente, allora,
quando uno ama una cosa, è come se la creasse. Creandola è come se entrasse
in lei, la penetrasse, le desse vita, proprio come si vede nel quadro.
Nel quadro si vede anche che la donna della quale la figura maschile è
innamorata non c'è più, è ormai un fantasma…manca quindi ormai la base
di questo amore e quindi anche al quadro manca un pezzo, non è così? Sembra
una storiella, ma indica invece che c’è una coincidenza, una sincronicità
fra le cose casuali della vita (come l’aver solamente tre tele, invece
di quattro), un vissuto personale e la filosofia particolare con cui l'ho
interpretato. Su un altro piano, non ha importanza che le tele siano tre
o quattro: l'essenziale è che, con qualunque mezzo, si possa esprimere
l'amore, non solo nell'unione fra maschile e femminile ma in quella sublime
del Creatore con l'anima umana. |
1991 La Crocifissione di S. Simpliciano
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Alla fine di questo grande
amore, come di altri, non so perché ma nasce sempre in me il tema della
Crocifissione. Sono religioso, ma non in modo confessionale, e non sono
cattolico praticante. Vorrei solo dire che, dopo una storia d’amore in
cui ho conosciuto il piacere, la sensualità, e sono giunto attraverso
di essa alla delusione e al dolore, nasce in me l’immagine del Crocifisso.
Se ci fosse qui qualcuno di molto cattolico, sarebbe scandalizzato di
questo avvicinamento anche se, continuando nella mia eresia, posso ricordare
che nella vita di Gesù c'è stata una Maddalena. Non mi riferisco certo
con questo a delle supposizioni fantasiose ma mi sembra semplicemente
di vedere Maddalena ai piedi della croce. E così, è ai piedi della croce
anche il mio cammino di peccatore..La verità è che, con una perdita, viene
spezzato nel nostro cuore qualche cosa, che ci colpisce più della morte
stessa. Abbiamo detto che la morte di una persona cara, di un genitore,
l'accettiamo in un ambito di ragionevolezza - bisogna rendersi conto che
la vita è fatta così - ma quando viene a mancare la donna o l'uomo che
ami profondamente, in cui hai investito proprio tutto te stesso, rimani
senza fiato, senza speranza, ed è per questo che provi un dolore così
forte. Se si guarda adesso il quadro, si vede il Cristo che è diviso in
tante tele, così come è diviso in noi. Dio è uno ma l'incarnazione umana,
la vita sono una sua divisione,
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quindi anche la crocifissione
è una tragica divisione. Si vedono qua e la degli angeli disperati, si
vede la pioggia, il diluvio che cadde sul Golgota dopo la crocifissione
e si vede soprattutto questa scena in cui Gesù in qualche modo esulta....
Ne abbiamo parlato una volta in un seminario: mentre il Cristo è rappresentato
di solito con le braccia inchiodate alla croce, qui è rappresentato come
se le sue braccia si sollevassero e si udisse un grande Alleluia! E' un
momento non certo di gioia, di felicità nel senso ordinario, ma di esultanza
in un senso divino, come se Gesù ci dicesse che, al di là della morte,
al di là del dolore e della crocifissione, è possibile recuperare l'unità
dello spirito, la totale apertura del cuore, e ci invitasse a condividerla
col suo gesto. Dobbiamo però vedere un'altra cosa: Il Cristo è rappresentato
come un essere oscuro. Ritorna quindi il discorso iniziale: noi siamo
esseri oscuri, se non fossimo oscuri, non saremmo nati. Se fossimo esseri
di luce saremmo ancora nell'alto dei cieli, saremmo ancora nel grembo
di Dio. L'esperienza terrestre, fisica, è un'esperienza di ombra da cui
in tanti modi, fra cui questa storia dell'eros, cerchiamo di emergere.
Non voglio però dire che Cristo fosse un essere oscuro ma solo che noi,
che dobbiamo realizzarlo in noi stessi, possiamo trovarlo solo nella nostra
oscurità, nella nostra ombra. E qui si vede come, nel momento del dolore,
il gesto della liberazione è liberazione dall'ombra.
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Tutto questo non è una
descrizione di qualcosa di esterno, visto da un punto di vista neutro:
è una fotografia del mio animo. Ognuno di noi non vede il mondo com'è,
vede il mondo come è proiettato in noi, e lo stesso accade in un artista;
solo che egli può esprimerlo con dei suoni, con dei colori, con delle
pietre o dei marmi, in modo più o meno imperfetto. Dipingendo tutta l'oscurità
che è intorno a questa scena sublime, io dipingevo la mia situazione di
grande dolore, anche se in fondo uno può ricordarsi che nel Vangelo è
scritto che, nel momento in cui Gesù è morto, l'oscurità totale è scesa
sulla terra, e quindi... Questo modo di dipingere non è un modo voluto,
ma germina da una certa facoltà dell'animo di captare queste cose, è veritiero,
è oracolare, fa vedere delle verità, che mi hanno aiutato nel mio cammino.
Nel comunicarle, spero che esse possano servire anche a voi, in un lavoro
comune. |