Nel dibattito sono intervenuti
anche: Gerardo Plamieri, Kendal Katzke, Luisa Gonella, Silvana Olmo, Aviva
Setton, Pat Sophie Graja, Elisabetta Carmignani, Elisa Merli, Paolo Manasse,
Alberto Floriani.
Vittorio Mazzucconi
Buonasera, grazie a tutti di essere venuti.
Il problema è che diversi vengono per la prima volta, quindi è probabile
che non sappiano quello che facciamo. Allora, chi è già venuto mi scuserà
per le ripetizioni, ma chi non è mai stato presente gradirà forse di essere
informato sul nostro lavoro, proprio con due parole.
Questo seminario porta il titolo“Arte e Psiche”, è cioè incentrato sul
rapporto tra l’arte e, come qualcuno direbbe, la psicanalisi, la psicologia,
ma la chiamiamo “psiche” intendendo con questa parola l’anima, che può
essere letta in chiave psicologica, filosofica o anche semplicemente umana.
Il discorso è stato poi articolato secondo una certa linea espositiva,
che ha messo l'accento sull'eros, come forza propulsiva della nostra vita.
Non è una lettura artificiosa: il progetto è di presentare le vicende
dell’anima umana attraverso la pittura, ed in particolare attraverso la
pittura che io ho fatto, registrando i movimenti della mia vita interiore
nell’arco di 30-40 anni, e vedendo così come il vero motore di questo
lavoro, di questa ricerca, è stato proprio l’amore, ovvero l’eros. Non
in un modo molto felice, come in una storia a lieto fine, ma proprio in
quella sequenza di infelicità di cui è fatta la storia sentimentale di
ciascuno di noi: si ama una persona, e poi dopo ci si deve misurare con
la possibilità di una rottura, cui segue uno stato di grande depressione,
per poi riaversi con un nuovo amore, e poi di nuovo ...
Questo mi è accaduto diverse volte, per cui alla fine ho cominciato a
diventare un pochino saggio. Vedendo quanto fosse illusoria la ricerca
della felicità proiettata in un’altra persona, uno finisce per fare attenzione
a qualcosa di più permanente, che è il nostro nucleo profondo, il nostro
nucleo interiore, che si chiama Sé, il Divino in noi.
Ora, anche se è più facile innamorarsi di una bella donna o di un bell’uomo,
che non di questo nucleo interiore, si comprende a poco a poco che la
vera verità, il vero approdo delle nostre tribolazioni è proprio il Divino
in noi, o comunque lo si chiami: gli orientali lo chiamano Sé, lo chiamano
l’Atman, i cristiani lo chiamano il Cristo. Bisogna proprio rivoluzionare
la nostra vita, in modo da capire che, al di là delle apparenze che fanno
parte della nostra personalità illusoria e temporanea, c'è
un'essenza che va al di là della vita individuale e al di là
della morte, per comprendere e animare altre vite, in uno sviluppo infinito,
per il quale è già stata evocata più volte l'immagine
della spirale.
Limitando questo cammino
all'amore, appunto, ognuno può proiettare e personificare nella
persona amata questa ricerca di un'essenza, di un'unità, come il
ritorno all'Uno primordiale, cioè al Divino da cui ci siamo
separati e che si opera attraverso il congiungimento del maschile e del
femminile. Si opera anche attraverso la nostra nascita, quando si congiunge
il corpo all'anima, si congiunge la materia e lo spirito. Quindi, tutto
quello che accade nella vita fisica, nell'amore, sono tutte forme di ricongiungimento
a quello che noi abbiamo perduto, cioè l'unità originaria.
E' stato molto evocato il fatto che noi viviamo come in una caverna, come
diceva Platone, cioè viviamo in una situazione di oscurità,
anche se crediamo che sia luminosa la vita, che dà anche tante
gioie e felicità, che sono però illusorie. Platone diceva
appunto giustamente che sono come ombre della vera luce, della vera felicità,
che sono invece al di fuori della caverna.
Allora, partendo da questa situazione di oscurità, ne abbiamo esplorato
nei tre incontri precedenti alcune situazioni: abbiamo innanzitutto parlato
del mito di Euridice, che muore per un incidente, come accade che finiscano
magari i nostri amori, e di Orfeo che va disperatamente alla sua ricerca
negli Inferi. Questa ricerca dell'anima perduta, il fatto che quando si
volta Orfeo, essa scompare per sempre, è un trauma dai risvolti
psicologici molto profondi, ma, nell'ambito di quanto discusso in questo
seminario, l'esperienza è letta soprattutto come una discesa agli
Inferi. In tutta la tradizione classica, essa era considerata come una
specie di cimento, un compito richiesto agli eroi, a chi voleva conseguire
la saggezza. Non si può infatti giungervi se non passando appunto
dagli Inferi, non si può cioè acquistare una consapevolezza
della nostra coscienza senza aver conosciuto e riconosciuto più
volte la propria ombra. Quindi, gran parte del discorso che si può
fare sull'uomo, e di conseguenza anche sulla mia pittura, è proprio
il discorso dell'ombra: una realtà che non è possibile eludere
se si vuole percorrere un cammino di crescita spirituale.
Euridice si perde nell'ombra, e questo ciclo l'abbiamo visto e terminato.
Oggi, cominciamo invece il discorso su Proserpina. Il mito lo conosciamo
tutti. Proserpina, o Persefone come la chiamavano i Greci, era una bellissima
fanciulla che giocava con altre fanciulle in un campo pieno di fiori.
Un giorno Plutone, che voleva fare due passi fuori dall'Inferno perché
vivere sempre in questo ambiente così nero non era piacevole neanche
per lui, esce e vede queste fanciulle. Allora, di primo impulso, corre
verso Proserpina per cercare di abbracciarla, di possederla, il suo approccio
era certo un po' rozzo, e la fanciulla ne fu terrorizzata. Plutone era
nero come la pece, con gli occhi di fuoco, era il dio degli Inferi, e
potete quindi immaginare come Proserpina l'avesse accolto. Lui allora
la rapisce d'impeto, la getta sul suo carro che era trainato da quattro
cavalli, neri anch'essi come la pece, e la trascina negli Inferi. Quando
lo seppe Demetra, la madre di Proserpina, potete immaginare la sua reazione:
lanciò le più alte grida al cielo, non solo, ma il suo dolore
e la sua rabbia si tradussero in tremende catastrofi e disastri in tutta
la terra - Demetra, che i Romani chiamavano Cerere, era infatti la dea
della terra - finché Giove non decise di sistemare la cosa e si
addivenne così a un compromesso. Si decise che Proserpina, che
era ormai diventata la sposa di Plutone, dovesse passare metà del
tempo con lui negli Inferi ma, nell'altra metà, potesse invece
vivere sulla terra. Così i Greci espressero con questo mito l'alternanza
delle stagioni: quando Proserpina ritorna sulla terra è l'estate,
la stagione del sole, delle messi; mentre poi, durante l'inverno, ci si
immaginava che Proserpina rimanesse nell'inferno, a scaldarsi un poco
...
Oltre a questo paragone con le stagioni, tenterei però di farne
altri, un po' più avanzati. Prima di tutto, estenderei il rapporto
con le stagioni, per analogia, a quello fra il giorno e la notte. Durante
il giorno noi viviamo un aspetto della vicenda di Proserpina e di notte
ne viviamo un aspetto diverso, simile a quello dell'inverno. Un paragone
ancora più bello, in fondo, è poi quello fra la vita e la
morte. In esso, l'estate corrisponde alla vita, l'inverno o l'inferno
(non a caso le due parole si assomigliano...) allo stato della morte.
Ma la cosa più bella non è tanto di rincorrere queste analogie,
pari pari, ma di capire che ci istruiscono tutte sul fatto che siamo in
presenza di un ciclo. Questa è la cosa importante, il capire che
la vita è ciclica. Come abbiamo il giorno e la notte, l'estate
e l'inverno, così abbiamo la vita e la morte. Noi che siamo così
attaccati alla nostra vita, al quotidiano, alla personalità, dobbiamo
renderci conto che siamo attaccati a una soltanto delle due parti della
vita, ignorando l'altra. Il comprendere invece il ciclo totale della vita
equivale a chiedersi qual'è l'essere permanente che vive questo
ciclo. Questo essere, appunto, è il Sé interiore, il divino
in noi, di cui dobbiamo prendere coscienza. E come, per diventare saggi
nella vita o perlomeno abbastanza esperti, occorrono migliaia e migliaia
di giorni - ogni mattina ci svegliamo, poi facciamo le nostre esperienze
quotidiane, e ogni sera ci addormentiamo - così, anche per conquistare
questa superiore saggezza spirituale, occorreranno migliaia di vite, anzi
milioni di vite. Questo ciclo è infinito e, come è stato
detto molte volte in questo Seminario, si svolge come una spirale.
Io però adesso vi farò vedere la pittura
che è nata da queste intuizioni.
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