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C.1.1.11

il Lavoro Spirituale
Un'architettura per l'uomo

Incontro n° 6 del 29 aprile 2009
Conversazione di Vittorio Mazzucconi
Una Poetica per la Città


Indice IL LAVORO SPIRITUALE

 

Nel dibattito sono intervenuti anche Lucio Cavazzesi e altri (che non è stato possibile registrare, a causa di un guasto tecnico).

Vittorio Mazzucconi

Abbiamo terminato l'ultimo incontro parlando di magia... Potremmo chiamarla anche poesia, anche se sembra fuori luogo evocare la poesia a proposito della città.
Cos'è la poesia? Un percepire l'essenza delle cose, la loro relazione in forme che la ragione non sa vedere,  un riferirsi all'anima, un sentimento personale e insieme globale, olistico,  una consonanza, un vibrare all'unisono, il senso di altre dimensioni, una grazia... 
Ed è anche un vedere insieme il presente, il passato e il futuro, con uno sguardo verso il centro dell'essere (che, essendo appunto atemporale, permette questa sintesi).

Cos'ha in comune la poesia con la città reale?  Può aiutare a comprenderla, o addirittura a trasformarla? Quello che una volta facevano la natura, la storia, il caso, l'arte, può essere compreso (per un misterioso processo di identificazione) e rivissuto nell'animo di un poeta. Le qualità che facevano la bellezza della città antica sono le stesse che il poeta ha in sé: non c'era forse nella città la centralità del tempio o della cattedrale come riferimento fondamentale a un ordine spirituale, non c'era l'opera di forti personalità che erano però espressione dell'identità di tutta la città e addirittura di un'universalità? E non c'era forse consonanza, comune vibrazione fra gli edifici, le arti, la vita della città, il senso religioso che la permeava, la continuità storica che si esprimeva così bene nella successione delle epoche e degli stili, e nella loro compresenza come appunto se il passato, il presente e il futuro a cui guardavano le visioni e le opere, fossero una cosa sola...Si, tutto ciò faceva parte dell'anima di una città così come può farlo dell'anima di un artista, di un poeta.

Nella città attuale, esistono forse queste qualità?....il senso religioso, la continuità storica, l'emergere di grandi personalità interpreti della città, un senso del tempo che era permeato di aspirazione all'eternità....pensate invece solo al tempo per noi cortissimo degli investimenti economici o degli impegni elettorali, alla corsa all'esteriorità, al potere, agli affari, alle ambizioni...In una città simile si brucia tutto, non si costruisce per le future generazioni ma per l'interesse immediato, non si fanno monumenti a un ideale umano o divino ma solo al denaro, al potere,  al successo.
A fronte di tutto ciò, che ne è del purismo riformatore del razionalismo? O della cosiddetta architettura organica o del post-modern? Il momento è ai grossi affari, le amministrazioni locali fanno appello alle archistar per ricavarne prestigio, qualunque ideuzza architettonica si materializza nel computer, qualunque stravaganza può essere permessa dalla nostra tecnologia.. La tecnologia ossia, per dirla con semplicità, la tecnica con cui si costruisce, è diventata in sé un ideale, invece di servire come deve fare uno strumento. Sarebbe come se il valore e il significato dell'opera di un Fidia o di un Michelangelo fossero nel loro scalpello  e non nel genio interiore che li animava.
Non a caso, una gran parte della cultura contemporanea la pensa proprio così, non crede al genio interiore, o allo Spirito o a Dio, comunque lo si chiami, ma allo scalpello, sia pure in versione elettronica, allo strumento, all'atto materiale, pensando che sia esso a produrre l'evoluzione, la civiltà, il mondo...Infatti, materialmente lo fa, ma come si può pensare che uno scalpello lavori da solo, un colpo dopo l'altro in successione, da causa a effetto, senza che ci sia qualcuno o qualcosa che lo guidi? La ragione dello scultore, certo, ma anche il suo sentimento, la sua passione e, al di sopra o nella sua essenza interiore, un intento, un livello superiore di ispirazione.
L'abbiamo chiamato “il Lavoro Spirituale”

Come si svolge esso nella città? Come possiamo svolgerlo o ispirarci ad esso?
Ne abbiamo parlato, più con delle allusioni che con delle teorie, in diversi momenti di questo Seminario.  Volendo concluderlo, che cosa possiamo ricordare e ritenere?
L'idea di una rifondazione, in primo luogo di noi stessi e quindi della città. Abbiamo rievocato la  sacralità degli antichi riti di fondazione delle città, e l'abbiamo assunta come immagine della sacralità vera, che risiede nel nostro cuore.
Abbiamo visto nell'unione fra mente e cuore il rimedio ai problemi del mondo contemporaneo, che sono causati dalla scissione, in ogni campo di questo fondamentale binomio.
Abbiamo cercato di conoscere la città non con delle teorie artificiose ma “per identità” ossia mediante una identificazione con l'anima della città. E' troppo generico? Ma che cosa vedete negli antichi monumenti se non l'espressione di questa identità? In certi progetti, io li ho anche vissuti come una presenza, un medium che ha suggerito nuove forme per uno stesso e perenne spirito.
 
Tutto ciò è pura immaginazione? Certo, ma è proprio un'immaginazione creativa che può cambiare la città. Essa è sempre stata all'opera per costruire le nostre più belle città, attraverso l'opera inconscia della natura, degli uomini, del tempo, ma oggi può essere consapevole e illuminata, come l'opera di chi sa amare la città, e quindi pensarla, immaginarla, ricrearla in sé, come si fa di una persona amata.
Per giungere non solo a questa sensibilità  ma alla maestria capace di porsi al suo servizio, occorre formare dei giovani, al di fuori degli schemi della devastante ignoranza che viene oggi impartita. Il principio dell'educazione ci è anzi sembrato il fondamento di tutto: della conoscenza di sé, della società in tutte le sue forme, della città, che proponiamo addirittura di ridisegnare secondo un parametro educativo.
Di fronte all'espansione mostruosa delle megalopoli, abbiamo lavorato sul concetto di una metropoli intesa come federazione di piccole città, ognuna con una sua identità, e non come una massa indifferenziata.
Nel progetto di Milano, (vedi Incontro n.3 La Città a immagine e somiglianza dell'uomo ) abbiamo appunto delineato una grande metropoli federativa nel cui ambito far vivere le piccole cittadine di tutta la regione, oltre a riconoscerne e svilupparne il comune centro. Abbiamo poi distinto in questo centro una parte contemporanea e rivolta alle attività economiche e amministrative, e una antica da dedicare invece alla sacralità delle memorie e all'università, sempre con l'intento di porre l'educazione al centro di tutto il nostro pensiero.  L'effettiva realizzazione di questo progetto sembra ovviamente da relegare nel mondo dell'utopia, ma un'utopia ancora più grande e vicina alla follia sarebbe di credere che lo stato attuale possa rimanere tale per sempre, mentre sono alla porta le forze che richiedono cambiamenti radicali. Un pensiero cosiddetto utopistico ha appunto la funzione di comprenderne la natura, di orientarne lo sviluppo, di simularne le possibili soluzioni.
Infine, abbiamo indicato nel diagramma della crescita, fisica e spirituale, un concetto che farà la sua strada nel futuro, sostituendo l'infantile credenza in una crescita illimitata e l'ancor più sciocco pensiero che la crescita debba essere solo economica, mentre è la consapevolezza che deve crescere, è la spiritualità che deve realizzarsi pienamente nell'uomo.
Infine, per ciò che riguarda l'architettura, con cui si fanno le città, siamo partiti da lontano o piuttosto dall'essenza: la colonna classica che si dà fin dall'origine come il prototipo  sia di una effettiva funzione costruttiva che di una sua idealizzazione nella bellezza e addirittura in  una meravigliosa fioritura dell'anima umana. Siamo poi giunti  al nostro tempo, se si vuole quello del pilastro in cemento armato, anch'esso prototipo ma solo di una funzione pratica e razionale, oltre che dell'appassimento dell'anima e della rinuncia alla bellezza.
Dal pilastro ai pilastri molto più grandi che si chiamano grattacieli, è questa l'esperienza dell'architettura del nostro tempo, a cui si incammina anche Milano, cercando di emulare anche se con ritardo le altre grandi città del mondo. 
Cosa dire di questo sviluppo? Abbiamo visto che ha le sue ragioni e le sue qualità ma, al di là del valore delle opere e dei loro architetti, io sono portato a vedere tutto ciò in una prospettiva storica e interpretativa che mi fa pensare a un esito drammatico del nostro tempo. E' forse inutile e tardivo di costruire questi monumenti alla modernità, come lo fu la realizzazione  nel 600 di possenti cinte murarie, quando ne stavano per venire meno le ragioni a causa di un mutamento nelle strategie militari e nell'ordinamento degli stati. E' invece tempo di pensare a una nuova civiltà, cercando di delinearne e servirne i nuovi e veri valori. Questo può richiedere non degli interventi di rettifica o un'ordinata evoluzione del presente, ma un suo drammatico rovesciamento.
Anche questo è il significato dell'Arca del Duomo, che è appunto una piramide rovesciata, e di tante mie altre opere che esprimono appunto l'istanza del rovesciamento, non in un senso rivoluzionario o provocatorio, come si è sempre creduto di capire, ma in un senso simile a quello con cui si rovescia la clessidra quando un tempo è finito e occorre cominciarne un altro. E soprattutto nell'intento interiore di una purificazione, di una rifondazione, di una nuova nascita.
Alla base della piramide, c'è anche la forma di una culla, o di un fonte battesimale, che mostra la vocazione segreta di questo edificio. Esso si rifà con devozione alla memoria dell'antico battistero in cui Sant'Ambrogio battezzò Sant'Agostino in anni così simili ai nostri, che vedevano appunto la crisi mortale di una civiltà e la nascita di una nuova, non certo con mega programmi edilizi o con esposizioni universali, ma con un segreto raccoglimento in cui far nascere e onorare un nuovo principio interiore.



L'Arca del Duomo

Dibattito

Lucio C.

La proposta dell'Arca mostra una grande attenzione al cuore, all'anima della città. E' una testimonianza contemporanea di fronte alla storia e al sacro.
Il senso della nostra vita non si esaurisce nella frenesia del fare ed essere contemporaneo, ma nel porne la testimonianza, l'esperienza di fronte a ciò che va al di là della vita, sia nel tempo che nell'essenza. A questo servivano i templi, i monumenti, ma noi che cosa lasceremo, oltre a montagne di rifiuti e a una natura devastata? Mobili ed altri oggetti cult? I vestiti smessi degli stilisti? Strutture fuori uso, monumenti  al denaro, alla tecnologia, all'ambizione, al sesso...?

Vittorio M.
Una delle cose più tristi è proprio il chiedersi che cosa lasceremo ai nostri figli. Chi si occupa di politica o di economia non si pone neppure il problema. Se non guarda neppure al di là di un paio d'anni, con un'economia che naviga a vista e una politica che è ridotta alle scadenze elettorali, come potete immaginare che pensi alle prossime generazioni?

Il  mio progetto per un nuovo centro di Firenze (vedi scheda LA CITTA NASCENTE) si pone invece il problema, nel contesto dell'insieme dei problemi della città e del mondo di oggi, e lo fa riconoscendo a  Firenze una funzione di primo piano nella cultura dell'arte, al punto di potersi trasformare in  una delle grandi università del mondo. Dico “trasformarsi in  un'università” e non solo “ospitare un'università”. C'è a Firenze un centro storico degradato dalle costruzioni dell'8-900, che sorge nell'area dell'antica Florentia, la città di fondazione romana in cui si potrebbe realizzare un campus universitario in luogo dei brutti edifici attuali.  Un progetto assolutamente pazzesco, anche per tanti padri di famiglia che sarebbero pronti a ristrutturare la casa per far posto ai loro figli ma che non riuscirebbero neanche a immaginare di poter fare lo stesso nella loro città.
Il fatto poi che questa città dei giovani sia progettata nel luogo dell'antica Florentia e ne voglia recuperare la memoria nello spirito di una nuova fondazione, mostra che il pensare ai giovani, cioè al futuro,  dev'essere tutt'uno con il ritrovamento della radice. E' questa la rifondazione della città a cui abbiamo dedicato la prima parte di questo Seminario, è questo il principio di un'educazione capace di saldare il cuore all'intelletto. Dove il cuore è appunto l'antica radice storica, e insieme l'amore dei figli da cui germinerà il futuro, mentre l'intelletto si apre a una visione universale, consapevole delle problematiche del nostro tempo e pronta a elaborarne la soluzione.
Questa visione comporta un rovesciamento di molti falsi valori. Oltre all'esempio dell'Arca del Duomo, il progetto di Firenze ne esemplifica l'urgenza con una serie di forme piramidali rovesciate,
fino al Fiore, l'edificio-piazza centrale che rovescia addirittura il Cupolone. In tante manifestazioni, i giovani rovesciano le macchine e io faccio lo stesso, non certo per vandalismo ma per un irrefrenabile bisogno di apertura, di fioritura spirituale.
Utopia? Poesia? Io ho fede che, sia pure attraversando un mare di ignoranza, interessi e stupidità, si giungerà un giorno a pensare la città su parametri più elevati di quelli attuali e soprattutto su quello dell'educazione che, come è stato detto molte volte nei nostri incontri, deve essere il pilastro portante di una nuova civiltà. Ma l'educazione è una cosa molto seria e, in fondo, non può essere nemmeno impartita. Deve essere assunta dai giovani come un impegno di auto-educazione.


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il dibattito può proseguire on line scrivendoci: arcadelduomo@gmail.com