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C.1.2.20


Indice ARTE E PSICHE

 
Dibattito - Incontro n° 18

Vittorio M.
Ecco, questi sono i quadri che volevo farvi vedere stasera. Come sempre vi chiedo se qualcuno di voi ha qualcosa da dire...

Livio Z..
L'ultimo quadro è il più affascinante..

Vittorio M.
Quando io dipingo gli angeli che mi parlano, non vorrei che pensaste che io sia un po' matto e neppure che abbia qualche speciale potere. Viviamo tutti in una sfera - il seminario era cominciato con la metafora della caverna oscura - una sfera di oscurità, e tendiamo alla luce. Questa luce è non solo qualcosa di visivo, ma è fatta di suono, di parola, è come se il cosmo intero, il divino in noi ci parlasse, ci parlasse per svegliarci, per condurci alla luce, a un'altra dimensione, che secondo me è la vera dimensione, oltre quella temporale, provvisoria, futile, della nostra vita e della nostra morte, una dimensione che va al di là. E' questa che possiamo immaginare come un angelo che ci parla. Per tutta la vita ho poi sperimentato istintivamente che, accanto a quest'angelo che ci parla, di fronte ad esso, c'è qualcosa in noi che lo rifiuta. Io mi volto dall'altra parte, non ne voglio sapere, mi copro, dormo...Gesù stesso diceva: Effatà!, svegliati, apri gli occhi. In questo quadro, finalmente mi volto e guardo l'angelo, è arrivato il momento dell'incontro!... No, no, non ancora, perché io non ho gli occhi per vedere, il mio viso è impastato di terra, di ombra.

Pat Sophie G.
E' come se tu avessi voglia di specchiarti, però lo specchio non riflette...e allora tutta questa foga di andare nell'azzurro, di lanciarti in quell'onda....è proprio come un'aspirazione che rimane bloccata ...è un desiderio veramente forte ma non è ancora arrivato il momento.

Vittorio M.
.E' un quadro di molti anni fa, non so se nel frattempo ho fatto dei progressi....comunque, io ho affrontato questo seminario mostrando spudoratamente la mia ombra, non come un fatto personale, ma perché penso che sia un fatto comune a tutti noi. Io, in qualche modo, ho percorso la strada della pittura per aiutarmi a prenderne coscienza, ma molti non sospettano neanche di vivere nell'ombra, pur risentendone ogni giorno gli effetti negativi.. E' questa la nostra situazione. Quindi, c'è una condizione materiale e una spirituale, c'è un'ombra e una luce, il transito dall'una all'altra è l'argomento non dico della nostra condizione individuale, la mia e la vostra, ma di tutta l'evoluzione cosmica. Quindi non c'è da meravigliarci che non si arrivi così facilmente alla luce. L'importante è di essere in cammino, di partecipare come si suol dire, ai diversi livelli in cui ci è possibile farlo. Per consolarmi mi dico che, almeno, non mi volto più dall'altra parte, ed è già qualcosa...

Francesco R.
Io vorrei sottoporre due domande. Innanzitutto devo dire che sono veramente sorpreso dalla bellezza e dalla pregnanza della tua pittura, che non conoscevo assolutamente. La prima domanda che volevo farti è se c'è un principio geometrico dietro la tua costruzione pittorica, e la seconda è che, sentendoti adesso dire nell'ultima parte del tuo discorso che hai unito il senso di due fenomeni, cioè suono e luce, volevo chiederti se hai sentito dire che in sanscrito, luce e suono sono uniti da una loro affinità fonetica, bar e sbarr, sono quasi la stessa parola. e quindi è molto attinente a quello che dicevi.

Vittorio M.
Ti ringrazio molto della tua osservazione. Non ho mai approfondito questo fatto, ma sappiamo che
il fiat lux della bibbia equivale all' Om dell' induismo, è la stessa cosa, la luce o il suono primordiale. Qui non vorrei scomodare un concetto così importante, però tutto si lega, è la parola che è luce che fa uscire dall’oscurità, l’oscurità che potrebbe equivalere al silenzio. Non lo menziono però in un senso negativo, come se il silenzio equivalesse all'essere privati di luce. E' piuttosto dal silenzio che viene il suono come dall'oscurità viene la luce. Il silenzio ha una sua meravigliosa realtà: silenzio, vuoto e oscurità mi sembra che vadano proprio insieme se sono compresi come il bacino vivo, germinante dell’essere, non come un'oscurità negativa, non come un essere messo a tacere, non come un cadere nel vuoto.

Luisa G.
Infatti è molto bello che tu metta il vuoto al centro dei tuo quadri. Se non sbaglio, hai detto prima che il vuoto lo vivi con serenità e non paura, come un'apertura. Si può vedere nel tuo quadro (1990.08.22 Aurora), che mi è piaciuto molto, mi sembra di vedere in esso anche un sipario, non so se è così..
Le braccia fanno poi concentrare l'attenzione sul vuoto che è al centro del quadro.

Vittorio M.
Il sipario ti fa pensare a una certa teatralità ed è vero. Sono tante le fonti di una piccola ispirazione, fra cui la poesia degli antichi in cui si parlava sempre del sole che giungeva in una biga trainata da cavalli d’oro, oppure dell'aurora con cui si alzava il sipario del giorno, come in un teatro. Quanto al vuoto, in quasi in tutti i quadri si troverà la sua centralità, intorno a cui le forme vengono in qualche modo generate. Bisognerebbe inventare una teoria astronomica ad hoc, per spiegare questa idea che il vuoto sia come una centrifuga che genera delle forme tutt' intorno, ma non mi avventurerei troppo in questa supposizione.
Roberto, scusa se ti provoco, ma hai qualcosa da dire?

Roberto P.
Sinceramente no

Vittorio M.
Ma in un incontro precedente avevamo discusso di un altro quadro (1989.11.09 Proserpina) in cui avevi notato una discordanza di colori, riferendola a un conflitto fra l'apollineo e il dionisiaco. Io uso i colori in modo molto istintivo, non certo per adattarli a una storia, mentre è proprio dal colore che, per qualche strana alchimia, nasce la storia. Se il colore è discordante vuol dire che la storia è discordante, ma io comunque non vedo negli opposti una discordanza ma solo la grande dualità della vita che è presente in tutto, non solo nel maschile e femminile, ma nell'ombra e nella luce, nella vita e nella morte, e anche nelle due fasi della storia di Proserpina. Vedo anche la necessità dello sforzo di portare, nella misura delle nostre forze, questa dualità all'unità, riconoscendola anche nell’amore fra uomo e donna e in ogni altro aspetto della vita. La vedo anche nel rapporto fra i colori o fra i suoni, in cui armonie e dissonanze hanno la loro funzione, in un'ottica o una logica che non sono in realtà tali ma fanno parte di un impulso fondamentale, presente in tutto l'universo come nel nostro stesso animo.

Elisa M.
A me ha colpito invece molto il rapporto tra l’ amore e l’atto della creazione, quando dici che l’amore è un atto di creazione, che posso rappresentare l’amore con un atto di creazione

Vittorio M.
È una cosa che ha colpito anche me. L'ho notata riguardando questi quadri e mi ha fatto pensare. Se guardo un fiore, una rosa, o anche una semplice foglia, come faccio a non pensare che tutto questo è stato fatto con amore? Mi si dirà che è il risultato di un processo biologico, di un'evoluzione, ma non può non colpire che in esso, come in tutte le cose e in tutte le creature, ci sia una grazia straordinaria, una perfezione, una bellezza, proprio come nel viso di una bella fanciulla. La mia ingenuità è di pensare che c'è qualcosa o qualcuno che, in qualche modo, ha amato questa foglia, questa cosa e quindi l’ha fatta bella.
Lo stesso lo fa in fondo l’artista. Egli è un uomo particolare, in tante cose vale meno rispetto ad altri uomini, è meno serio, onesto, è vanitoso, narcisista, però in qualche modo è un mimo: è un dono prezioso perché, attraverso la mimica, egli ripete, anche se nei suoi e nostri limiti, l'atto della creazione. Quando l’artista fa un'opera d’arte, se è un vero artista la fa proprio con amore, non la fa per affermare una volontà o un concetto. Ce ne sono che si innamorano di un concetto di per sé, nello stesso modo in cui si innamorerebbero di una macchina, di un oggetto, di un effetto particolare, di una prospettiva di successo....ma non sono veri artisti perché non è appunto vero amore. Il vero amore richiede di dimenticare se stessi e di darsi totalmente a ciò che si ama. Un vero artista si applica alla sua opera con amore - lo si vede bene nei quadri di una volta, Leonardo per anni e anni ritornava sullo stesso quadro per una qualche sottigliezza - ma oggi il discorso è cambiato, non si lavora più per amore ma seguendo impulsi vitalistici, aggressivi, erotici, inconsci o, al contrario freddamente calcolati. Vorrei dire che l'idea dell'arte vera si lega all'amore, altrimenti è qualcosa di mercenario, proprio come il sesso e, purtroppo, proprio come accade in gran parte del mondo dell'arte di oggi.
Tornando all'uomo che si innamora di una donna, o viceversa, e come se si innamorasse della creazione tutta intera, vede nella persona amata il paradiso, la idealizza, proietta in essa i suoi archetipi, il suo sangue. Magari in questa persona non ci sono neppure le cose stupende che egli ci vede, ma è appunto come se lui la creasse, proprio come un artista crea la sua opera (in una tela o in una pietra in cui nessuno vedrebbe qualcosa di speciale), e soprattutto come il Creatore crea la sua creatura. Potete immaginare, nello stesso modo, che cose straordinarie Egli vede nell'uomo, che meraviglioso destino, quando noi non ne viviamo che
l'oscurità e l'ignoranza?

Pat Sophie G.
Scusami, Vittorio, tu hai detto che la persona amata non ha magari particolari qualità... L'artista non è poi che inventi qualche cosa, egli coglie ciò che esiste. Così, questo cogliere ciò che esiste si può riferire anche a una persona che ha magari poche qualità: si può sempre coglierne la parte non visibile, non espressa o
bloccata, e metterla in rilievo, non è che non ci siano delle qualità da mettere in valore, ma esse devono essere tirate fuori attraverso l'amore.

Vittorio M.
Si, in ogni cosa, in ogni persona c'è la più grande ricchezza, occorre trovarla, rivelarla. A proposito dell'artista che inventa, ricordiamo che in latino invenire vuol dire trovare, trovare quindi ciò che già esiste e richiede solo di essere riconosciuto e messo in valore. Insomma, il divino, la bellezza, l’amore sono in tutto, bisogna solo avere gli occhi per vederli. E' come se ci fossero in tutto il mondo i semi di tutto e che essi si risvegliassero nel momento in cui possono entrare in una relazione, in infiniti modi possibili, che sia il contatto del seme con il terreno, o quello di una persona con un'altra

Francesco R.
Se mi dai il permesso ricomincio a parlare. Innanzi tutto, di fronte a questa bellezza e ricchezza di provocazioni, io avrei grande piacere di rivedere il dipinto, non so come chiamarlo, mi viene da dire "coscia lunga"

Vittorio M
Coscia lunga? sei un intenditore...

Francesco R.
...non per il piacere erotico, ma c'erano due tornitissime, meravigliose colonne, due gambe rosa, con una luce stupenda. Visto da qui il quadro ha una luce, un cromatismo, che si fonde nel corpo di questa figura femminile che è veramente di una grande delicatezza, mi piace moltissimo. Però qui mi sono chiesto: qual'è il senso di quella spirale che tu metti e che poi ho rivisto in un quadro seguente, che è quello che mi ha portato a farti una domanda sul suo fondamento geometrico. Ne ho colto la distribuzione dei pesi ma solo istintivamente, perché io non ho le competenze per effettivamente affermare che ci siano, però in un quadro seguente ritorna questa spirale ma con dei pesi molto più forti che mi hanno costretto a guardarlo dinamicamente, cioè ne ho sentito più forte il suono, è li che ho visto un principio geometrico.
Mi viene poi da fare un'altra osservazione, intanto che riguardiamo questi bellissimi dipinti che, come tu dici, appartengono ad un periodo determinato della tua creazione, della tua produzione. Vedendoli cosi, in maniera disordinata per me, da osservatore occasionale, mi sembra che raccontino una storia, hanno una organicità nella loro sequenza, come ce li hai mostrati.

Vittorio M.
Tu purtroppo sei arrivato per ultimo, noi abbiamo già fatto sei incontri, che prima ho brevissimamente sintetizzato per Livio, non per te che sei arrivato ancora dopo. La storia che racconto ha un fondamento personale: tutti questi quadri sono relativi ad amori o disamori veri, reali, ma la storia più profonda che ne è nata e che ho cercato di spiegare è questa vicenda dell’anima umana di cui ho dato una lettura in diverse fasi. Scusatemi se devo ripeterla, è la storia di Euridice, di cui Orfeo va alla ricerca, poi la storia di Proserpina, in cui essa vive per metà del tempo nell’Ade e poi, dal prossimo incontro, la storia di Psiche. Il filo conduttore di questo percorso è che il rapporto fra uomo e donna è visto come metafora del rapporto del corpo con l’anima, la vicenda quindi del nocciolo del nostro essere al mondo. Nella prima parte del discorso tu assisti alla perdita dell’anima: c'è una serie lancinante di quadri che esprimono proprio la discesa agli inferi alla ricerca di Euridice che poi non troveremo mai, sarà persa per sempre. E' questa una concezione negativa del mondo, quella dell’uomo totalmente immerso nella materia e che ha perso la sua anima, mentre il mito di Proserpina sarà invece letto non solo nell'accezione classica dell'alternanza delle stagioni ma nell'analogia di una stessa alternanza fra giorno e notte, vita e morte, corpo e anima. Con la storia successiva di Psiche l'esperienza dell'anima si farà del tutto matura e autonoma, non sarà più né persa per sempre né dipendente da un'alternanza ma raggiungerà la sua consapevolezza. Non a caso Psiche vene accolta fra gli Dei ed è questa la fine della storia, quando l'anima umana scopre la sua natura divina. Questo comporta la ricerca, la scoperta di quel Sé interiore che in moltissimi quadri si vede sommerso, mutilato: è cioè il divino che è in noi, ma in un modo inconscio, che dovremo portare a consapevolezza e unità.
Questo è il filo conduttore del seminario e della mia pittura. Io ho la grande fortuna che, invece di fare analisi, come dovremmo fare tutti, ho avuto l'opportunità di lavorare alla mia consapevolezza attraverso i quadri. E' come se tu potessi vedere, su trenta, quarant'anni, tutti i tuoi sogni allineati uno dopo l'altro e non dimenticati- ci dimentichiamo i sogni di un'ora prima, figuriamoci se sono di qualche decennio prima - io invece vedo tutti i sogni allineati cronologicamente, hanno tutti un senso, un senso profondo, vero, sono perfettamente visualizzati e conservati. Questa è stata per me una grande fortuna, che cerco di condividere con voi, ma non è possibile farlo in una piccola conversazione...ci è voluto un seminario e bisogna almeno prenderne qualche dispensa per seguire meglio il lavoro fatto.

Francesco R.
Lo farò senz'altro e mi scuso. Purtroppo è molto umano di non poter partecipare come vorremmo e di essere quindi talvolta assenti. Penso a Orfeo e Euridice: lui si volta a guardare se lei lo sta seguendo. Quindi tu getti uno sguardo su una faccenda che è la tua vita, non ti preoccupi più dell'oggetto che è stato all'origine della tua creazione, ma non ne perdi la storia. Orfeo non perde la storia, perde Euridice.

Vittorio M.
Quello che mi ha fatto molto pensare è che, in tutti questi miti, c'è in comune una cosa, la vista. Orfeo si volta per vedere Euridice e, nel momento stesso in cui la guarda, lei scompare. Proserpina viene trascinata nell'inferno, nell'oscurità totale, dove non può vedere nulla. A Psiche accade la stessa cosa, viveva questo amore dolcissimo per Eros, però a condizione di non vederlo, poiché per qualche regola divina Eros non poteva esser visto da un mortale. Psiche lo ama comunque ma poi, messa su dalle sorelle che le dicono...ma come... fai l'amore con qualcuno che non conosci, magari è un mostro, ti racconta che è un Dio ma invece...la convincono così a munirsi di una lampada che Euridice accende per vedere questo Eros che però, una volta visto, scompare all'istante. C'è quindi in tutti e tre i miti questo fatto misterioso: che l'uomo vuole vedere ma nel momento in cui vede, scompare l'oggetto della sua vista e del suo desiderio. E' tragico, non ne so dare una spiegazione, anche se tenderei a dire che, se uno crede di vedere al di fuori di sé qualche cosa, oggettivandola, proiettandola, banalizzandola anche (Psiche, nonostante che vivesse un amore meraviglioso sia pure al buio, voleva vedere in carne ed ossa l'amato) ha perso il senso delle cose. Il senso delle cose, quello che c'è da vedere, o da udire, è la verità interiore, quella che è nel nostro cuore, non devo voltarmi a vedere se c'è Euridice, non devo accendere una lampada per vedere Eros, gli occhi e la lampada devono essere dentro di noi. Quindi c'è una specie di proibizione divina che però nello stesso tempo è l'esortazione a vedere veramente, a vedere cioè nel tuo cuore la divinità che tutto vede...non è un gioco di parole, ti è proibito di vedere la divinità all'esterno solo perché proprio non c'è, mentre è all'interno di te che devi trovarla.

Pat Sophie G.
L'amore era bloccato dalla cara "mammina", giusto? era la madre che non voleva...? Non voglio però farti una domanda personale, ma solo capire in che cosa consisteva il tuo blocco nel non poter vedere...il motore che bloccava e nello stesso tempo spingeva...in fondo è sua madre che aveva mandato Eros da Psiche per farla innamorare di un uomo brutto per punirla della sua bellezza. Si è visto poi che Eros, pur essendo un dio, ha paura della mamma e, a causa di questo, costringe Psiche in una situazione difficile. Chi era dunque la tua mamma....non parlo della mamma vera ma di ciò che ha causato questo blocco?

Vittorio M.
prima di tutto, anche se non vorrei parlare di cose autobiografiche, ricordo che mia madre condivideva la possessività di Venere, che è di tutte le donne, ...ma, credimi, mi sono larghissimamente, "globalizzatamente" liberato..
Quanto a questo blocco che ci impedisce di vedere, chiamiamolo così, bisogna pensarci profondamente. Penso che sia la condizione umana in generale di non riconoscere la felicità e di crearsi il dolore; poi, oggettivamente, noi viviamo in una condizione di dolore. Per quanto le giornate possano essere belle e luminose noi viviamo in una situazione di oscurità permanente, con la ricorrente illusione di uscirne. In ogni ciclo, che sia quello di un amore o di una vita, si giunge a un momento di luce, da cui poi si ritorna di nuovo nell'oscurità. Non accade forse anche al sole di splendere a mezzogiorno e poi spegnersi al tramonto? Penso che questa sia proprio una realtà ineludibile, la condizione di tutti. Se non ne fossimo condizionati, se fossimo liberi di "vedere" e di "udire", se fossimo illuminati, credi che saremmo in questo mondo a soffrire e a cercare di liberarci? Il blocco di cui parli è la forza che ci ha fatto nascere, al fine di poter giungere un giorno a liberarcene. Abbiamo parlato della reincarnazione poiché non basta certo una vita per questo. Altro che blocco della mammina! Io mi trascino questo blocco da milioni di vite, come tutti voi, e chi non lo sa vive nell'illusione. Bisogna tornare, ritornare, ogni volta sbattere il naso contro la morte, contro la giornata che finisce, la vita che finisce, contro la nostra cecità, contro la nostra sordità, sordi a tutto quello che è in un'altra dimensione ma che è la nostra vera dimensione! Tuttavia l'angelo ci parla, la luce ci inonda, c'è tutta una sostanza spirituale dell'universo di cui noi rappresentiamo una caduta, una polvere. La nostra vera madre è la polvere, è la terra. Poi c'è il padre che è invece un principio di spirito, di luce, è anzi "il" principio....

Pat Sophie G.
Nello stesso tempo, quando tu riesci a tornare all'anima, tendi a quello che si intende con il femminile, quindi concludi...si fa per dire perché poi ricomincia...

Livio Z.
Non capisco...l'anima è femminile?

Pat Sophie G.
Maschile o femminile sono concetti rigidi, tutto ciò in realtà è l'uno, però è anche vero che quando noi abbandoniamo il femminile, come fa la nostra religione, perdiamo l'anima...

Vittorio M.
Io sento l'anima al femminile, ma Jung associava l'animus al maschile, E' la stessa cosa, cioè è una parte interna di noi che noi tendiamo a investire, a proiettare all'esterno, ma la ricerca del femminile da parte del maschile, e viceversa, è sempre in rapporto al fatto di volerci ricongiungere in un'unità. Io penso che l'unità primigenia, l'unità divina, non ha né maschile né femminile, è Uno e non due.

Pat Sophie G.
Non è possibile dire che sia femminile o maschile l'anima o l'animus, in realtà chi si è materializzato al maschile, cerca l'anima al femminile, chi si è materializzato al femminile cerca l'anima al maschile. In questo senso non è possibile definire e separare il concetto di anima perché è un tutto.

Vittorio M.
La vera realtà è un'unità, noi cerchiamo sempre di dividerla in due e troviamo allora questa dualità in tutto

Pat Sophie G.
Tu nei tuoi quadri, poiché sei materializzato in un maschio, identifichi la tua anima con la donna amata.

Vittorio M.
Un'associazione particolare che vi ho raccontato. (dopo aver proiettato come diciamo la mia anima in una donna) è che, quando essa mi lascia, scatta in me la percezione che è l'anima che lascia il corpo, sento moltissimo questo fatto

Pat Sophie G.
Poi c'è anche la parte maschile che diventa anima nei tuoi quadri, in certi momenti. Lì vedi proprio che il percorso è continuamente a spirale...

Vittorio M.
Più che l'anima, i personaggi maschili dei miei quadri significano il Sé, Eros, il divino. Un uomo identifica la propria anima con la donna, con la madre, mentre il destino, il compimento dell'anima è nella linea di un principio maschile, come il sole, come il padre.
Ma vediamo la spirale a cui Francesco ha accennato prima. E' un segno che troverai nei miei quadri centinaia di volte. Pensando alla vita e alla morte, al giorno e alla notte , abbiamo riconosciuto che si tratta di una realtà ciclica. E' sempre la stessa esperienza che bisogna ripetere, non però in un cerchio chiuso, ma appunto in una spirale attraverso la quale evolviamo. Io però assumo la spirale non solo come cammino di sviluppo ma come principio motore dell'universo, una galassia è una spirale, il Dna è una spirale...Questo l'ho sentito sia a livello istintivo, sia a livelli estremamente più elaborati, come nel progetto della Città Nascente per il nuovo centro di Firenze, che è tutto costruito sulla spirale. Essa parte dal centro sacrale della città e poi da lì si apre e sviluppa in volute sempre più larghe fino a coinvolgere virtualmente tutto il mondo e, da tutto il mondo, se vuoi, ritorna al centro. E' una specie di molla con un movimento ritmico, così almeno lo sento. Dipingendo, non mi è mai venuto in mente di costruire geometricamente la spirale ma in quel progetto l'ho fatto, con una progressione geometrica che può essere anche una progressione armonica

Francesco R.
Comunque è una forza centrifuga quella che tu esprimi...

Vittorio M.
Centrifuga e centripeta, centrifuga perché, partendo da questo punto, da questo cuore, ti espandi in tutto l'universo, e anche centripeta perché la forza, l'energia di tutto l'universo giunge a te, con un movimento inverso ma uguale, come se ci fosse quindi un grande ritmo, un grande respiro...


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