Nel dibattito sono intervenuti anche Giorgio Fedeli, Anna Lucina, Bernardo Tomi.
Vittorio Mazzucconi
Nei due cicli precedenti di incontri sulla Città e sull'Architettura, abbiamo molto insistito su quella scissione fra cuore e intelletto, che è all'origine della crisi del nostro tempo.
Bisogna intendersi sulle parole: parlare di cuore a proposito della città può sembrare strano, ma io intendo ciò che è alla radice della città, il luogo in cui è nata, la sua storia, il suo popolo, la sua identità profonda, l'arte, mentre riferirei alla ragione le sue attività economiche e politiche, i problemi tecnici e amministrativi, tutto quello che fa oggi parte di una società adulta, attiva, al maschile, tanto quanto invece il cuore ha a che vedere con la casa e la vita famigliare, l'educazione dei figli, la tutela dell'ambiente, e anche l'amore del passato, anzi l'amore nel senso più ampio del termine. E' sotto gli occhi di tutti il conflitto fra queste due categorie e la necessità di risolverlo in una nuova integrazione.
Se vogliamo parlare adesso di arte e in particolare delle arti visive, la scissione fra cuore e intelletto è ancor più evidente. Per “cuore” intenderemo le stesse cose dette prima e, in più, l'inconscio, i sentimenti, la natura e la terra in noi, la nostra parte femminile. Mentre per “intelletto” vorremmo intendere una luce, una comprensione illuminata, ma troveremo più spesso in noi un'arida razionalità, irrigidita in varie conformazioni culturali.
L'unione fra sentimento e ragione, come quella fra femminile e maschile, genera la vita e, nello stesso modo, l'opera d'arte. Se non avviene questa unione, un'arte intesa come opera vivente è impossibile, proprio come sarebbe impossibile la nascita di ogni creatura. Se poi si pensa che, nel momento in cui viene concepito un essere umano, ci sia un quid, un'anima che entra nell'embrione, riteniamo che la stessa cosa debba accadere nella nascita di un'opera d'arte.
Questo quid è l'ispirazione artistica. Ogni vero artista ne sente la presenza e anzi, più è grande, e più sarà conscio di non essere il vero autore della propria opera, perché c'è una forza superiore, chiamiamola Spirito, che entra in lui e, attraverso di lui, si esprime.
L'arte del nostro tempo, ahimè, è figlia di una società e di una cultura che non vogliono sentir parlare di Spirito. Sarà quindi un'arte senza ispirazione, un'arte che non sarà un messaggio o un'incarnazione dello Spirito ma un' invenzione intellettuale. Crederà di trovare la sua ispirazione in tanti aspetti della vita, anche nell'attenzione all'uomo, a dei problemi sociali, o in una militanza culturale, ma tutto ciò non è appunto ispirazione (che a che fare con un soffio, un respiro, un impulso spirituale) ma solo informazione: come leggere il giornale invece che un grande poeta.
La grande, vera arte ha sempre espresso il sacro, beninteso anche quando non raffigurava soggetti religiosi. Il sacro è appunto in questo mistero della generazione, in cui due opposti si congiungono e ne nasce il figlio, che non è però la loro opera ma quella dello Spirito, che in essa si incarna. Non vogliamo sentir parlare di questo mistero? Invece di pensieri fecondi avremo allora delle mere invenzioni intellettuali, invece di creature viventi delle macchine, invece di un'arte vera, sacra nel suo principio al pari della vita, avremo giocattoli, mode, design, mercato e quant'altro ci viene proposto in un mondo alla deriva.
Il nostro Seminario, che ha il titolo “Il Lavoro Spirituale”, è articolato in una serie di incontri di cui questo è dedicato all' ARTE COME CAMMINO INTERIORE. Cos'è?
Noi viviamo in un mondo di oscurità e di ignoranza e cerchiamo di sollevarci da esso verso la luce, la conoscenza. Tutta l'umanità procede in questa direzione, compiendo sforzi immani in tutti i campi, in tutti i tempi. Non c'è bisogno di pensare a un Dio, si dice, per vedere e condividere un cammino che non è la sua creazione, ma la fatica, la sofferenza e anche il merito di quest'umanità che, a poco a poco, si solleva, creando opere straordinarie, la cultura, la scienza e, almeno fino a poco tempo fa, anche l'arte.
Il percorso che l'uomo compie dall'oscurità alla luce è però anche un cammino interiore, quello che riguarda la nostra coscienza, un nostro segreto destino. I grandi progressi dell'umanità non ci aiutano a comprenderne la direzione. Dobbiamo guardare al nostro cuore per tentare di decifrarla e qui, in questo centro interiore, che cosa troviamo? Troviamo qualcosa che non avevamo accettato come un Dio onnipotente, autore dei cieli e della terra, con un suo progetto incomprensibile, ma che questa volta non possiamo eludere poiché siamo noi stessi questo Dio, o almeno una sua scintilla. Nel cammino dall'oscurità alla luce, essa ci può essere molto utile...Qualunque sia la nostra attività, la consapevolezza di questa verità interiore può farci infatti da guida e dare un senso alla nostra vita. Ma se poi ci occupiamo di arte, la guida è davvero preziosa perché, anche se non crediamo a un Creatore, ci troviamo ad essere noi stessi dei procreatori. L'opera d'arte, nel suo farsi, nel suo significato, è un esercizio, o se volete un esperimento di laboratorio, in cui si ricrea la vita. Si unisce infatti il maschile e il femminile, cioè il sentimento e la ragione e da questa unione nasce un'opera vivente, proprio perché si è prodotta la scintilla.
Dallo scoccare di questa scintilla procede l'elaborazione dell'opera, fino alla sua realizzazione. L'arte, ossia il farsi di tale opera, è proprio come un cammino, e sarà un cammino interiore se coinciderà con la vita interiore, con la verità dell'anima dell'artista. E' questo che oseremo perciò chiamare un “lavoro spirituale” anche se un vero artista saprà che il grande e vero lavoro spirituale è quello del “padrone”, nella cui bottega egli fa il garzone o al massimo l'apprendista.
Detto questo, come si fa a sapere se un'opera d'arte è tale o se non è un falso? Parlo evidentemente di falso in un senso diverso da quello del mercato. Guardando alla sua spiritualità? Ma qui il pericolo di imbatterci in dei falsi è ancora maggiore. Vediamo quindi un po': l'arte era giudicata una volta sul metro dell'imitazione della natura, più la raffigurazione del soggetto era fedele e più un quadro veniva lodato; successivamente se ne sono apprezzati i valori esclusivamente formali, non solo la fedeltà al soggetto ma le qualità più propriamente pittoriche o plastiche con cui veniva raffigurato; quindi i valori astratti, senza alcun soggetto, ma per il puro piacere delle forme e dei colori; per giungere infine all'annullamento di ogni valore. A questo punto, basta una tela bucata o qualunque altro segno a cui, a mio avviso convenzionalmente , si attribuisce un significato, un pregio, per parlare di un'opera d'arte e anche per venderla ad altissimo prezzo.
Come potremmo proporre oggi un'arte ad “imitazione” dell'anima”?, un'arte che non voglia cioè imitare alcun soggetto, né esprimere dei valori formali né liberarsi anche di questi ma essere solo l'espressione dell'anima? Ci sono due risposte. Una, polemica, è che l'anima non c'è più. L'altra è che la vera arte è sempre stata un'espressione dell'anima. A questo punto si tratterebbe solo di eliminare la falsa arte. L'arte contemporanea che non è espressione dell'anima ma di falsi valori è quindi una falsa arte? o al massimo una produzione di oggetti decorativi, o un' espressione dell'inconscio dei suoi autori, o una serie di costruzioni concettuali? Stiamo aprendo un vaso di Pandora, da cui possono uscire infiniti tentativi di dare una risposta a questa domanda.
La risposta più semplice e che io ritengo vera è che una vera arte non può che essere il frutto di una integrazione fra sentimento e ragione, beninteso servita da un'adeguata disciplina tecnica, altro punto dolente in un panorama artistico invaso da chi non sa affatto dipingere o scolpire, anche se saprà magari fotografare o fare delle installazioni. Dal vaso di Pandora esce adesso un nugolo di proposte..E' d'altra parte evidente che le tecniche cambiano, la pittura non è certo l'unica possibile, ci sono moltissime e diverse strade.
Ma a noi interessa una sola strada, quella del cammino interiore di cui parlavamo prima. Senza smarrirne la direzione, come possiamo scegliere fra tante possibilità e in tanta confusione? Quali sono i modi contemporanei di realizzare in noi l'eterno binomio sentimento-ragione e di metterlo al servizio di una vera arte?
E che cos'è l'arte, al di là delle forme che essa può assumere in tempi e contesti diversi?
E' l'espressione dell'anima umana, dai suoi impulsi profondi e inconsci a delle forme in cui la ragione ha un ruolo complementare, costruttivo e illuminante. Quando gli impulsi sono però negativi, quando la ragione scade o al contrario si auto-glorifica, quando manca una disciplina tecnica, quando prevale la logica del mercato, quando manca una committenza illuminata o anche un'utilità pratica ....l'arte decade.
E' quanto accade nel nostro tempo, per una serie di ragioni che non è possibile esplorare a fondo in questa sede, mentre possiamo e dobbiamo chiederci: cosa si intende per “arte come cammino interiore”?
Un'arte che ritrovi la radice profonda dei sentimenti umani, che giunga alla chiarezza e al rigore dell'intelletto, che ne esprima l'unione con i sentimenti mediante la padronanza della tecnica (non per nulla, in greco, arte si dice: tekné), e la sua continua evoluzione. E che, attraverso questo cammino, sappia accogliere, esprimere, incarnare lo Spirito. Il cammino interiore (per distinguerlo da quello esteriore, nel mondo, nell'ignoranza, nella libidine, nella lotta per il potere e il successo...) è il cammino dell'uomo, anzi di tutta la creazione, dalla materia allo spirito.
Dibattito
Giorgio F.
Mi domando se è lecito giudicare l’arte da un punto di vista spirituale. A mio parere la risposta è sì, però non solo e non sempre: ci sono altre concezioni dell’arte altrettanto sostenibili, a sostegno di artisti che veramente sono tali, sono stati determinanti nella storia dell’arte (e quindi dell’uomo) e sono sentiti come tali, non solo dal mercato dell’arte.
Vittorio M.
Il punto di vista spirituale non è quello del sacro o di una sua rappresentazione, ma quello di una verità interiore e della sua espressione. Se l'artista l'ha in sé e la esprime, questo è arte.
Giorgio F.
Per esempio, non si può negare l'importanza storica di un Manzoni nel mettere in discussione il sistema dell’arte
Vittorio M.
Sarebbe come dire: se il mondo dell'arte oggi è una m. ecco la mia m.: una provocazione, una denuncia (anche se si è rivelata in pieno accordo con quello che voleva denunciare, come ha subito riconosciuto il mercato), non arte. Un conto è poi la storia dell'arte e un altro la storia delle provocazioni, un conto la storia della filosofia e un altro quella delle stupidaggini, sarà semmai una storia del malcostume o, in generale della commedia umana, in cui ci sono le cose più alte e le peggiori. Certi dicono poi che l'arte è spesso una provocazione ma io penso che questo non debba mai accadere per partito preso ma solo perché delle opere intense e rivoluzionarie possono sembrare delle provocazioni a dei ben pensanti. Comunque, non per questo ogni provocazione sarà arte!
Giorgio F.
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L’arte è stata definita anche in base ad altre logiche che non siano quelle del connubio tra ragione e sentimento. Posso così apprezzare Manzoni come stimolo al pensare cosa può essere l’arte. Arte è (anche) il modo migliore per capire l’epoca in cui vivo, per trarne le logiche più intime, il sentire più vero del mio tempo, dove, e questo è verissimo, lo Spirito è assente, dando i risultati di degradazione morale e culturale che tutti conosciamo.
Mi dà anche la possibilità di sentire questa assenza, queste difficoltà, quest’ingrigirsi dell’anima e per me questo è uno dei valori (delle concezioni, delle ipotesi) dell’arte di oggi.
Vittorio M.
Arte come espressione del proprio tempo, come lo è sempre stata in ogni tempo, una registrazione, una interpretazione (come quella di un attore) Quando parlo di un'arte da riportare alla spiritualità, lo faccio in nome dell'istanza di riportare l'uomo e il mondo a tale spiritualità. Arte non solo come espressione di un mondo in terribile crisi, ma come anticipazione di un mondo che esca da tale crisi e ritrovi la bussola dello spirito..
Giorgio F.
Accanto a questa, c’è poi l’arte come ricerca puramente pittorica, che mi affascina per l’investigazione in sé del medium pittorico. Non è imparando ad amare le diversità che ci si congiunge all’unità?
Vittorio M.
L'arte contemporanea è piena di ricerche in sé interessanti e valide, di diversità, di esplorazioni ma il fatto è che si cerca più nei modi del linguaggio che nel contenuto. Si cercano le parole ma non si sa che cosa dire. Si cerca ma non si trova perché la sola vera ricerca è quella che uno compie nella propria anima, è il cammino interiore di cui parlo.
Anna L.
Quali sono gli artisti che hanno percorso questo cammino e l'hanno indicato come il significato dell'arte? Con quali risultati, per quale pubblico? E' poi una ricerca personale o è qualcosa di condivisibile, universale e che, come tale, abbia una possibilità di espressione artistica?
Vittorio M.
Girerei la domanda a tutti i veri artisti, in ogni tempo, che hanno espresso nella loro opera la loro autentica, interiore verità. Questa è la risposta, che molti artisti e critici del nostro tempo purtroppo non conoscono.. E, per ciò che riguarda il vero artista di un nuovo tempo, mi piacerebbe che meritasse le parole di Aurobindo:
“Più la sua visione sarà ampia e comprensiva, più conterrà in sé il senso del Divino celato nell'umanità e in tutte le cose; più si eleverà alla vita spirituale, più l'arte che scaturirà da questo alto motivo sarà luminosa, fluida, profonda e potente. Ciò che distingue tale artista (che è uno yogi) dagli altri uomini è il fatto che egli vive in una più alta e più vasta coscienza spirituale; tutta la sua opera di conoscenza o di creazione attinge a quella fonte e non ad un'idea prodotta unicamente dalla mente. C'è una verità ed una visione più grandi di quelle dell'uomo mentale che egli ha da esprimere e che insiste per essere espressa attraverso di lui, onde egli modelli le sue opere non per la sua soddisfazione personale, ma per un fine divino”.
Giorgio F.
Io ritengo che arte sia semplicemente “comunicazione”, il dono di comunicare qualcosa di diverso elargito a pochi fortunati.
Vittorio M.
Si parla molto oggi di comunicazione, ma che cosa si vuole comunicare? Il nulla, poiché ci si è persi in mille aspetti ingannevoli e si è perso di vista il nocciolo dell'essere.
Giorgio F.
Un qualcosa che cambia appunto identità nel tempo, nelle culture, a seconda dei punti di vista, che può scuotere ragione e intelletto nei secoli, mutando pelle a seconda di chi vi si avvicini.
Le grandi opere d’arte si trasformano anche nell’istante stesso in cui il fruitore vi si pone in ascolto, a sua volta trasformato da quelle, nei modi e tempi a lui personalmente concessi, accedendo ad un mondo oltre ed altro da se stesso e dalle consuetudini.
Vittorio M.
Questo qualcosa è l'uomo, la sua mente, le sue passioni, i moventi elevati o deteriori che le suscitano, e attraverso l'uomo è pur sempre lo spirito che si manifesta, come attraverso e al di sopra delle nuvole c'è pur sempre il sole, ma è questa la realtà prima, illuminante, assoluta, e non le nuvole che ce ne coprono la vista. Quanta arte di oggi è “nuvola”, grigiore, assenza di luce.
Che poi ci sia interazione, reciproca trasformazione e fecondazione, non c'è dubbio, ma io tendo a credere che ci sia appunto una luce, un'ideale a cui, attraverso infiniti mutamenti, l'arte cerca di dar corpo. Se si incontra anche il brutto in questo cammino, non sarà compito dell'arte mostrarlo in modo morboso e magari amarlo come tale, come si fa spesso oggi, ma il trasformarlo in bello.
Anna L.
Il bello mi sembra una categoria desueta e comunque vaga. Oltretutto, ne può cambiare la percezione in diversi tempi, luoghi, culture.
Giorgio F.
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Anche l'idea del sacro può essere discussa, e comunque l’arte non è necessariamente l’espressione del sacro, ma semplicemente dell’uomo, ai più alti livelli di ingegno e creatività.
Quanto a un intervento del sacro nell'opera dell'artista, come una “partecipazione divina”, per così dire, non credo che, per molta critica ma anche da parte degli stessi autori, ce ne sia alcun riconoscimento.
Vittorio M.
Infatti, se essa non c'è, come si potrebbe riconoscerla? Ma un artista autentico (non un critico, non l'artista che cerca, cerca, mentre un vero artista trova e, anzi, è “trovato”) saprà che non è lui il vero autore della sua opera, ma che c'è dietro o dentro di lui una mano, una voce che lo ispira. Il fatto che questo non sia normalmente percepito ci riporta a un discorso sull'ego, di cui molti artisti sono dei narcisistici assertori. E' un fatto molto esasperato nel nostro tempo, in cui l'assenza di un potere, un ideale o una fede al cui servizio operare, porta l'artista ad essere al servizio di se stesso e delle proprie pulsioni. Il recupero di una spiritualità nell'arte vuol dire ritrovare la guida dello spirito, sentirla dentro di se, dimenticare se stessi, talvolta anche ridimensionando quegli alti livelli di ingegno di cui parlavi prima.
Giorgio F.
Vi è comunque anche una possibilità di arte come ascolto ed espressione di un nocciolo mistico, di un cammino interiore, che sto imparando a conoscere nelle sue varie forme e forze nei Suoi dipinti.
Vittorio M.
Altro che una possibilità! E' una necessità che l'arte si ponga in ascolto della verità interiore e la esprima nel mondo. Altro che nocciolo mistico! E' l'essenza divina che anima l'uomo e tutta la creazione, e che le opere umane (e quindi anche l'arte) devono sforzarsi di realizzare. (I miei dipinti sono un altro discorso: non pretendo che essi realizzino questo impulso, se non in modo quanto mai imperfetto, né che siano i soli a farlo, né che non ci siano altri modi di farlo)
Giorgio F.
Così ritengo che lo stesso proporre una concezione dell’arte come unione tra sentimento e ragione possa divenire l’interessantissimo tema di questo Seminario, che però sia aperto ad altre interpretazioni dell’arte
Vittorio M.
Sentimento e ragione è come dire cuore e intelletto. Non c'è dubbio che questa sia la costituzione dell'uomo e che le sue migliori espressioni, sia su un piano interiore che su quello delle opere, si conseguano in quanto equilibrio fra questi due fattori. Essi si ritrovano poi ad ogni livello: femminile e maschile ne sono l'equivalente.
Arte come risultante di questo equilibrio, di questa congiunzione e della vera e propria genesi che ne risulta. Un'opera solo tecnica, o solo intellettuale non è arte, perché non è “nata”. Quando qualcosa nasce, si manifesta e vive in essa lo spirito. Senza lo spirito, senza l'anima non potrebbe nascere.
Quanto ad altre interpretazioni dell'arte, cosa dire ? Non parlerei di forme ma del contenuto dell'arte. Dove esso non c'è e non si esprime, non vive nell'uomo, ci sono solo varie forme di attività para-artistica: ricerche, invenzioni, concetti, manualità, tecniche, applicazioni nel design, nella fotografia, nella grafica ecc. o anche provocazioni che smuovono dei tabù e fanno pensare .....
Qual'è l'atteggiamento della critica rispetto a queste forme?
Anna L.
Direi che è per lo più un criterio storicistico, un artista va sempre collocato nel suo tempo. Poi il linguaggio, che si apprezza sia per il suo proprio valore che per la novità che può rappresentare. Si fanno poi molti riferimenti incrociati ad altri artisti, o anche delle costruzioni intellettuali auto-referenti, in cui l'opera in sé diventa marginale. Infine l'arte viene vista come denuncia socio-politica, o anche come provocazione...
Vittorio M.
Una volta, si guardava ad altri valori: la forma, ossia la bellezza; la funzione, ossia la verosimiglianza, la rappresentazione, l'appropriatezza, l'utilità; e infine l'esecuzione tecnica.
Sono proprio gli stessi valori che, nell'architettura, venivano chiamati: venustas, utilitas, firmitas
Quanto al contenuto più vero e interiore, ossia il più vicino allo spirito, non è definibile in sé (come non lo è l'anima senza un corpo) ma è presente e trasmesso attraverso questi valori. Lo avverti subito in una vera opera d'arte.
Si può dire che i valori attuali (storicismo, linguaggio, riferimenti incrociati, intellettualismo, denuncia sociale) siano ugualmente vicini allo spirito anche se in altre forme? O non sono invece valori di segno negativo, falsi valori di un tempo di terribile crisi? A dire il vero, rispetto alle dimensioni e alla drammaticità di questa, tali valori sembrano, più che falsi, dei piccoli trastulli, dei giochi da bambini. Infatti le opere contemporanee mi sembrano in gran parte dei giocattoli.
I musei di arte contemporanea sono pieni di questi giocattoli. Sono bambini sia gli artisti che i visitatori, come gli “uomini bambini” di cui parlava Sidharta. La condizione di immaturità e ignoranza dell'umanità c'è sempre stata, ma oggi viene accentuata perché c'è un rifiuto dell'insegnamento religioso e una volgarizzazione della cultura elaborata dalle classi più elevate. Ne risulta una cultura molto più estesa e generalizzata di quella di una volta, ma appiattita sulla massa, diventando quindi il campo d'azione di pulsioni incontrollate, sciolte da una visione universale e spirituale.
Non parliamo poi del mercato, espressione di una deviazione globale in cui vengono creati, venduti, scambiati i falsi valori. Si vede in questi giorni come questo sia vero, non solo nel campo dell'arte, ma in tutta l'economia mondiale, in tutta la tragedia del nostro tempo.
D'altra parte, è anche vero che la società di massa non può che avere un'arte di massa, fatta di opere-beni di consumo, opere-etichetta, opere che rispecchino i valori del materialismo.
E' quindi arte anche questa? Arte espressione del nostro tempo, storicizzata in tempo reale, arte comunicazione, arte provocazione, arte stimolo, arte giocattolo per uomini che hanno perso i veri valori, arte bene di consumo.
Giorgio F.
E' comunque un valore anche la denuncia sociale che è spesso dietro queste forme di arte. Anche se indirettamente, può portare a capire meglio la realtà..
Bernardo T.
Oltre al valore di denuncia, io metterei in evidenza il fatto che l'arte contemporanea è un'arte democratica. Entra o può entrare nelle case di tutti, almeno con le riproduzioni. Guardiamo poi ai suoi soggetti: fanno parte di un immaginario vicino a quello della televisione e della pubblicità o a quello più assente ma non molto distante da noi delle astrazioni o delle immagini oniriche. Non santi, madonne, scene della bibbia o della mitologia che evocano una dimensione ormai così lontana da noi, e tanto meno rappresentazioni dell'opulenza e del potere, come quelle che ornavano i palazzi di una volta. La ricchezza di oggi, quando si interessa di arte, lo fa attraverso il collezionismo e il mercato, certe volte con investimenti enormemente più grandi di quelli dell'acquisto di qualche riproduzione, ma senza alcuna differenza quanto alle immagini collezionate: gli originali magari in un caveau e le riproduzioni in un appartamentino di periferia, cosa cambia nella sostanza?
Nello stesso tempo, la gente va nei musei, soprattutto in occasione di esposizioni a tema, per ammirare l'arte del passato, la grande arte (grande nei nomi, nelle tematiche, nelle tecniche, spesso anche nelle dimensioni), un'arte che appartiene a tutti, a beneficio di tutti. Quindi tutta l'arte è diventata democratica, non solo quella contemporanea: è diventato democratico l'approccio all'arte.
Vittorio M.
Io son d'accordo su questo. Allargherei anche il discorso ad altri tipi di arte, che non siano pittura o scultura. Se queste sono in crisi, per una serie di fattori a cui abbiamo accennato, non dimentichiamo la letteratura e il cinema che ci offrono invece opere straordinarie. L'arte contemporanea esprime senza dubbio il nostro tempo, ma in modo diverso nei suoi diversi campi: risentendo della scissione fra cuore e intelletto nelle arti visive, al punto da chiederci se è possibile oggi una vera arte, o al contrario vivendo tale scissione o le problematiche umane della sua dolorosa elaborazione con altri e potenti mezzi espressivi, come appunto quelli della letteratura e del cinema.
E perché lo possono fare? Perché esse sono in fondo delle arti “figurative”, che pongono l'uomo al centro di una “rappresentazione”, proprio così, mentre le arti visive sembrano essersi dimenticate dell'uomo, sostituendolo con delle astrazioni concettuali ed altre deviazioni.
Alla domanda “se è lecito giudicare l'arte da un punto di vista spirituale?” io risponderei chiarendo una volta per tutte che il punto di vista spirituale è quello dell'uomo, della più intensa aderenza all'uomo, alle sue vicende ma soprattutto al suo nucleo interiore, che mi ostino a chiamare divino.
Io sono impegnato in prima persona in questo lavoro attraverso la mia pittura, oltre che con l'architettura, ed è quindi in questo lavoro la mia vera risposta.
Se poi guardo al di fuori del mio mondo, vedo che ci sono e continueranno ad esserci molte altre forme di attività artistica che serviranno al bisogno di comunicare per immagini, in mille diversi campi. Se credo, come fermamente credo, allo Spirito, so anche che esso può prendere le forme più diverse, anche apparentemente lontanissime da un intento cosiddetto spirituale. Prende le forme che gli uomini hanno creato nella loro storia, una volta magnificate in grandi ideali politici e religiosi, oggi adattate alla modesta vita di ognuno di noi, una volta forme di una élite, oggi della società di massa.
Ma se, fra tante forme, che siano in uno o in altro campo, dell'una o dell'altra tendenza, di una o di un'altra epoca, ci sarà una vera opera d'arte, essa dovrà parlare al mio cuore e alla mia mente, dovrà mostrarmi il senso della vita, la vera immagine dell'uomo, ossia del Dio che è in noi.
Sarà questo il punto di vista spirituale.
il dibattito può proseguire on line scrivendoci:
arcadelduomo@gmail.com