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B.1.2.B6 |
MEDIOLANUM progetti per Milano e la Lombardia di VITTORIO MAZZUCCONI |
La Città a Immagine e Somiglianza dell'Uomo (6/6) Piano urbanistico per Milano, 1967 |
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La visione e la realtà
Questa visione ci ha portati un po’ lontano e ci si può quindi dire: che bell’utopia, ma che cosa ha essa in comune con la città reale? In primo luogo, se ne può derivare una serie di misure ragionevoli, alcune delle quali sono state addirittura messe in atto nel frattempo: gli sforzi per rivitalizzare la periferia mediante dei piani regolatori delle cittadine dell’ hinterland che ne preservino l’identità e la “forma”, degli spazi verdi che ne evitino la saldatura in una massa urbana indifferenziata, una rete autostradale che assicuri la più grande mobilità e interdipendenza fra di loro e con il comune centro, necessariamente composta di radiali e circolari data la morfologia di Milano.. E’ questo il piano utopistico? Esso si è invece rivelato e si rivelerà sempre di più come del tutto ragionevole e, anzi, ineluttabile. . |
preservati. Ma un male profondo corrode sia il nuovo che l’antico svuotandoli di senso, a meno di considerare sensato un centro abitato in futuro solo dalle banche, dai ricchi, dai turisti e…dai parcheggi, da proteggere non con l’anello del progetto ma con un recinto di filo spinato… Alle soglie di un mondo con problemi spaventosi, viviamo in una città che vive come se essi non esistessero, ignara del futuro come del passato, o consapevole solo dell’inquinamento o dei primi assaggi delle conseguenze dell’immigrazione La storia va avanti e, nella storia, come abbiamo visto nella prima parte del libro, ci sono anche le catastrofi, la morte, le trasformazioni violente, che bisogna comprendere come aspetti della vita, anzi come impulsi di vita, nella città come in ogni altra cosa. Bisogna quindi imparare a pensare alla città in modo più profondo e vedendo più lontano, per prepararci al giorno in cui la Milano che ci è cara nonostante i suoi difetti scomparirà o sarà comunque sottoposta a radicali trasformazioni, perché, in suo luogo, sorga la città di una civiltà nuova. La grande scommessa è che essa possa essere non un mostro come tante megalopoli del nostro tempo, ma anzi una città così stupenda che il libro già ne ha anticipato da quarant’anni il nome:“Ambrosia”.
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