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C.1.2.23

Arte e Psiche
PSICHE Disunione

La VICENDA DELL'ANIMA
in dialogo con Vittorio Mazzucconi
e la sua pittura

Incontro n° 20 del 18 novembre 2009


Indice ARTE E PSICHE

 

Nel dibattito sono intervenuti anche: Pat Sophie Graja, Gerardo Palmieri, Aviva Setton, Luisa Gonella, Danilo Gava, Gaetano Marchisio, Elisa Merli, Giulio Rentocchini, Paolo Gonella.

Vittorio Mazzucconi

In questo nostro seminario abbiamo percorso la vicenda dell'anima umana attraverso diversi momenti, che non mi è possibile ripercorrere uno ad uno al fine di informarne i nuovi venuti, che prego quindi di leggere, se lo desiderano, le dispense che ne sono state fatte.
Siamo adesso nella storia di Psiche, vicino alla fine di questo percorso dell'anima, che abbiamo visto partendo dal suo lato più oscuro e andando verso quello più luminoso. Però quello più luminoso ci fa aspettare e dovremo aspettare ancora; neanche stasera lo raggiungeremo. In un precedente incontro Pat Sophie mi ha quasi criticato :..."sembra sempre che si realizzi questa luce e invece poi non si realizza mai". Io le ho fatto notare che noi rinasciamo innumerevoli volte, senza mai raggiungere quella che gli orientali chiamano l'illuminazione e i cristiani la resurrezione. Lo stesso Buddha, che ci è arrivato, lo ha fatto, sembra, dopo 560 vite, quindi per 559 vite non ci era arrivato neanche lui. Lo stesso succede anche a noi e a maggior ragione, poiché, ne sono convinto, abbiamo vissuto milioni di vite. Forse Buddha aveva contato solo le vite umane, mentre le nostre vite cominciano molto prima, quando eravamo animali, animaletti, granelli di polvere, bollicine di gas. Attraverso tutte queste forme l'anima segue un lunghissimo cammino per andare oltre, e poi ancora oltre, e tornare infine all'unità originaria.

Questo Seminario è stato articolato in tre fasi: Euridice, cioè l'anima umana che si perde come, con ogni evidenza, si perde anche la nostra vita nella morte; il mito di Proserpina che ci fa vedere invece l'alternanza fra vita e morte; e quindi ci dà una speranza di ritorno dei giorni, di ritorno delle stagioni, di ritorno della vita; e infine il mito di Psiche in cui siamo entrati adesso. La sua caratteristica è che, dopo un intensissimo amore, e dopo anche la sua perdita, Psiche torna infine a riunirsi col suo amato, non però in un modo banale come si dice degli amanti "che vissero felici e contenti", ma in un modo sublime, perché Psiche viene assunta fra gli Dei. Si risolve quindi così questa dicotomia della vita, fra unione e divisione, amore e non amore, vita e morte, si risolve quando l'anima scopre finalmente la sua natura divina. E' questo è il nostro destino: è il ritorno a Dio che si compie appunto attraverso innumerevoli tappe. Nell'ambito della storia di Psiche, abbiamo parlato la volta scorsa dell'unione e oggi parliamo della divisione. Un momento successivo potrà essere quello di una catarsi. Però, ripeto, questa non sarà una conclusione nel senso del conseguimento di una felicità assoluta ma, almeno per ciò che riguarda l'esperienza che sto condividendo con voi, sarà un ulteriore e faticoso processo di sofferenza.
Un processo, quindi, che è sempre in fieri. Anche la volta scorsa, in cui ho parlato di unione, non è che fosse poi un'unione così felice. E' stato notato che quasi tutti i miei quadri mostrano la sofferenza di questo processo...qualcuno mi ha chiesto "ma come mai non ci fai vedere i quadri dei momenti felici"?... e io ho risposto che nei momenti felici non dipingo, ho altro da fare, sono felicemente occupato, mentre è dopo, quando giunge la pena della divisione, che la esprimo col pennello come altri potrebbero farlo con la penna o semplicemente piangendo. Quindi anche il discorso sull'unione era variegato da spunti di dolore, sempre più frequenti, sempre più acuti, finché, senza soluzione di continuità, si accrescono sempre di più le difficoltà di una crescente disunione, per poi sfociare nella disunione totale, che non ammette alcun ricongiungimento. Io paragono sempre, l'ho detto mille volte, il rapporto fra donna e uomo a quello fra anima e corpo, a quello fra vita e morte. Quindi, quando noi moriamo, non è che sia possibile pensare che l'anima ritorni e si ricongiunga nello stesso corpo. L'esperienza finisce una volta per sempre e solo dopo l'anima, nel suo viaggio, alternativamente celeste e terrestre, potrà entrare in un nuovo corpo, ma sarà appunto una situazione interamente nuova. Quindi, anche le storie di amore, che per me sono state ispiratrici di questa piccola cosmologia o metafisica, chiamiamola così, sono tutte storie che sono giunte alla loro fine. Dopo è rinato il bisogno di amare ma non è rinato lo stesso amore; penso che questa sia un'esperienza del tutto condivisa.

D'altra parte il discorso sull'unione e la divisione ha altri aspetti, poiché tutte le cose sono collegate. C'è un piano normale, quotidiano, in cui un uomo ama una donna, una donna ama un uomo, poi possono litigare e lasciarsi....ma c'è un altro piano in cui questa separazione è metafora di qualcosa di più grande: l'unione fra anima e corpo genera la vita, la disunione fra anima e corpo genera la morte. Su un piano ancora più alto, c'è la Creazione che in qualche modo è una disunione, cioè un processo che crea una molteplicità, mentre si può pensare a un ritorno all'unità originaria come a un processo di riassorbimento della Creazione.
C'è una bellissima intuizione orientale che io condivido con tutta l'anima, che concepisce l'universo come un respiro, proprio come il nostro respiro, poiché tutto quello che vediamo in piccolo è vero anche in grande, e viceversa. Il respiro di Dio, di un immenso demiurgo, è quello che crea la Creazione, l'espansione dell'universo, e poi la dis-creazione, perdonate il neologismo, che ne è invece il riassorbimento. Quindi il processo di unione e di divisione è un processo universale e tutto lo scopo della natura, della nostra vita, delle nostre esperienze è quello, vivendo in una stato di dualità e anzi di infinita molteplicità, di riportarci all'unità primigenia. E questo si fa nascendo, in cui si uniscono corpo e anima, si fa amando, quando due persone si uniscono, si fa con ogni tipo di progetto o di azione, anche con la più semplice, come il mangiare. Mangiando, sperimentiamo un'unità con quello che mangiamo, ci uniamo a un mandarino, a una fetta di carne, all'animale che ci fa dono della sua vita ....E' un primo modo, che sembra semplicemente legato alla sopravvivenza, anche se è un atto di amore, per ricostituire un'unità, fino poi ai modi più sublimi dell'illuminazione e della resurrezione, eventi che vanno intesi come l'uscita dalla ciclicità dell'esperienza. Tutto quello che abbiamo visto fino a adesso è ciclico: si nasce e si muore, si rinasce e si muore di nuovo, si ama e ci si separa, mentre invece, se si giunge alla resurrezione, nel senso cristiano,o all'illuminazione (anche se non sono la stessa cosa), si esce da questa ruota, la ruota del samsara come la chiamano gli induisti, e si passa a un livello superiore più vicino a Dio. Un livello superiore che non bisogna poi immaginare come qualcosa di situato a un primo piano, a un secondo piano o ancora più in alto, ma che è dentro di noi. Quindi è tutto un modo di pensare, di vivere, che deve portare alla scoperta della nostra natura divina, che è anche quella adombrata nella storia di Psiche.
Una volta superato l'amore e il dolore della separazione, e dopo aver ripetuto questa esperienza svariate volte (Psiche magari no, ma Eros avrà senz'altro avuto molte storie, con tutte le donne innamorate del mondo, e ognuno di noi, nel nostro piccolo, ha fatto del suo meglio...) dicevamo che, dopo tanti tentativi, uno finisce col rendersi conto che non può più continuare a sognare e proiettare su una donna o su un uomo questo ideale di unione divina ma deve riconoscerlo in sé stesso, nel proprio cuore. Questo è il processo.

Stasera ci occupiamo però ancora di divisione, mentre la volta prossima vedremo se sarà possibile di avvicinarci a questo nucleo interiore, però vi dico subito: non sarà un nucleo che troveremo in una luce sfavillante, ma piuttosto in una tenebra, perché è questa la nostra condizione. Anche Gesù, quando si è realizzato come Cristo nella morte in croce, è morto nella tenebra, è morto nel punto più basso, più profondo del dolore umano. Solo dopo gli uomini lo vedranno nella luce della resurrezione, esempio sublime anche per il nostro cammino, anche se è una meta molto lontana, come il finale ritorno a Dio. .

Ma procediamo adesso con i nostri piccoli passi, attraverso la lettura di qualche quadro.