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C.1.2.15

Arte e Psiche
PROSERPINA
Il Corpo e l'Anima


La VICENDA DELL'ANIMA
in dialogo con Vittorio Mazzucconi
e la sua pittura
Incontro n° 17 del 28 ottobre 2009


Indice ARTE E PSICHE

 

Nel dibattito sono intervenuti anche: Gerardo Plamieri, Kendal Katzke, Luisa Gonella, Silvana Olmo, Aviva Setton, Pat Sophie Graja, Elisabetta Carmignani, Elisa Merli, Paolo Manasse, Alberto Floriani.

Vittorio Mazzucconi

Buonasera, grazie a tutti di essere venuti.
Il problema è che diversi vengono per la prima volta, quindi è probabile che non sappiano quello che facciamo. Allora, chi è già venuto mi scuserà per le ripetizioni, ma chi non è mai stato presente gradirà forse di essere informato sul nostro lavoro, proprio con due parole.
Questo seminario porta il titolo“Arte e Psiche”, è cioè incentrato sul rapporto tra l’arte e, come qualcuno direbbe, la psicanalisi, la psicologia, ma la chiamiamo “psiche” intendendo con questa parola l’anima, che può essere letta in chiave psicologica, filosofica o anche semplicemente umana. Il discorso è stato poi articolato secondo una certa linea espositiva, che ha messo l'accento sull'eros, come forza propulsiva della nostra vita. Non è una lettura artificiosa: il progetto è di presentare le vicende dell’anima umana attraverso la pittura, ed in particolare attraverso la pittura che io ho fatto, registrando i movimenti della mia vita interiore nell’arco di 30-40 anni, e vedendo così come il vero motore di questo lavoro, di questa ricerca, è stato proprio l’amore, ovvero l’eros. Non in un modo molto felice, come in una storia a lieto fine, ma proprio in quella sequenza di infelicità di cui è fatta la storia sentimentale di ciascuno di noi: si ama una persona, e poi dopo ci si deve misurare con la possibilità di una rottura, cui segue uno stato di grande depressione, per poi riaversi con un nuovo amore, e poi di nuovo ...
Questo mi è accaduto diverse volte, per cui alla fine ho cominciato a diventare un pochino saggio. Vedendo quanto fosse illusoria la ricerca della felicità proiettata in un’altra persona, uno finisce per fare attenzione a qualcosa di più permanente, che è il nostro nucleo profondo, il nostro nucleo interiore, che si chiama Sé, il Divino in noi.
Ora, anche se è più facile innamorarsi di una bella donna o di un bell’uomo, che non di questo nucleo interiore, si comprende a poco a poco che la vera verità, il vero approdo delle nostre tribolazioni è proprio il Divino in noi, o comunque lo si chiami: gli orientali lo chiamano Sé, lo chiamano l’Atman, i cristiani lo chiamano il Cristo. Bisogna proprio rivoluzionare la nostra vita, in modo da capire che, al di là delle apparenze che fanno parte della nostra personalità illusoria e temporanea, c'è un'essenza che va al di là della vita individuale e al di là della morte, per comprendere e animare altre vite, in uno sviluppo infinito, per il quale è già stata evocata più volte l'immagine della spirale.
Limitando questo cammino all'amore, appunto, ognuno può proiettare e personificare nella persona amata questa ricerca di un'essenza, di un'unità, come il ritorno all'Uno primordiale, cioè al Divino da cui ci siamo
separati e che si opera attraverso il congiungimento del maschile e del femminile. Si opera anche attraverso la nostra nascita, quando si congiunge il corpo all'anima, si congiunge la materia e lo spirito. Quindi, tutto quello che accade nella vita fisica, nell'amore, sono tutte forme di ricongiungimento a quello che noi abbiamo perduto, cioè l'unità originaria. E' stato molto evocato il fatto che noi viviamo come in una caverna, come diceva Platone, cioè viviamo in una situazione di oscurità, anche se crediamo che sia luminosa la vita, che dà anche tante gioie e felicità, che sono però illusorie. Platone diceva appunto giustamente che sono come ombre della vera luce, della vera felicità, che sono invece al di fuori della caverna.
Allora, partendo da questa situazione di oscurità, ne abbiamo esplorato nei tre incontri precedenti alcune situazioni: abbiamo innanzitutto parlato del mito di Euridice, che muore per un incidente, come accade che finiscano magari i nostri amori, e di Orfeo che va disperatamente alla sua ricerca negli Inferi. Questa ricerca dell'anima perduta, il fatto che quando si volta Orfeo, essa scompare per sempre, è un trauma dai risvolti psicologici molto profondi, ma, nell'ambito di quanto discusso in questo seminario, l'esperienza è letta soprattutto come una discesa agli Inferi. In tutta la tradizione classica, essa era considerata come una specie di cimento, un compito richiesto agli eroi, a chi voleva conseguire la saggezza. Non si può infatti giungervi se non passando appunto dagli Inferi, non si può cioè acquistare una consapevolezza della nostra coscienza senza aver conosciuto e riconosciuto più volte la propria ombra. Quindi, gran parte del discorso che si può fare sull'uomo, e di conseguenza anche sulla mia pittura, è proprio il discorso dell'ombra: una realtà che non è possibile eludere se si vuole percorrere un cammino di crescita spirituale.

Euridice si perde nell'ombra, e questo ciclo l'abbiamo visto e terminato. Oggi, cominciamo invece il discorso su Proserpina. Il mito lo conosciamo tutti. Proserpina, o Persefone come la chiamavano i Greci, era una bellissima fanciulla che giocava con altre fanciulle in un campo pieno di fiori. Un giorno Plutone, che voleva fare due passi fuori dall'Inferno perché vivere sempre in questo ambiente così nero non era piacevole neanche per lui, esce e vede queste fanciulle. Allora, di primo impulso, corre verso Proserpina per cercare di abbracciarla, di possederla, il suo approccio era certo un po' rozzo, e la fanciulla ne fu terrorizzata. Plutone era nero come la pece, con gli occhi di fuoco, era il dio degli Inferi, e potete quindi immaginare come Proserpina l'avesse accolto. Lui allora la rapisce d'impeto, la getta sul suo carro che era trainato da quattro cavalli, neri anch'essi come la pece, e la trascina negli Inferi. Quando lo seppe Demetra, la madre di Proserpina, potete immaginare la sua reazione: lanciò le più alte grida al cielo, non solo, ma il suo dolore e la sua rabbia si tradussero in tremende catastrofi e disastri in tutta la terra - Demetra, che i Romani chiamavano Cerere, era infatti la dea della terra - finché Giove non decise di sistemare la cosa e si addivenne così a un compromesso. Si decise che Proserpina, che era ormai diventata la sposa di Plutone, dovesse passare metà del tempo con lui negli Inferi ma, nell'altra metà, potesse invece vivere sulla terra. Così i Greci espressero con questo mito l'alternanza delle stagioni: quando Proserpina ritorna sulla terra è l'estate, la stagione del sole, delle messi; mentre poi, durante l'inverno, ci si immaginava che Proserpina rimanesse nell'inferno, a scaldarsi un poco ...

Oltre a questo paragone con le stagioni, tenterei però di farne altri, un po' più avanzati. Prima di tutto, estenderei il rapporto con le stagioni, per analogia, a quello fra il giorno e la notte. Durante il giorno noi viviamo un aspetto della vicenda di Proserpina e di notte ne viviamo un aspetto diverso, simile a quello dell'inverno. Un paragone ancora più bello, in fondo, è poi quello fra la vita e la morte. In esso, l'estate corrisponde alla vita, l'inverno o l'inferno (non a caso le due parole si assomigliano...) allo stato della morte. Ma la cosa più bella non è tanto di rincorrere queste analogie, pari pari, ma di capire che ci istruiscono tutte sul fatto che siamo in presenza di un ciclo. Questa è la cosa importante, il capire che la vita è ciclica. Come abbiamo il giorno e la notte, l'estate e l'inverno, così abbiamo la vita e la morte. Noi che siamo così attaccati alla nostra vita, al quotidiano, alla personalità, dobbiamo renderci conto che siamo attaccati a una soltanto delle due parti della vita, ignorando l'altra. Il comprendere invece il ciclo totale della vita equivale a chiedersi qual'è l'essere permanente che vive questo ciclo. Questo essere, appunto, è il Sé interiore, il divino in noi, di cui dobbiamo prendere coscienza. E come, per diventare saggi nella vita o perlomeno abbastanza esperti, occorrono migliaia e migliaia di giorni - ogni mattina ci svegliamo, poi facciamo le nostre esperienze quotidiane, e ogni sera ci addormentiamo - così, anche per conquistare questa superiore saggezza spirituale, occorreranno migliaia di vite, anzi milioni di vite. Questo ciclo è infinito e, come è stato detto molte volte in questo Seminario, si svolge come una spirale.

Io però adesso vi farò vedere la pittura che è nata da queste intuizioni.